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Autore: Mary P_Stark    16/11/2020    1 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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13.

 

 

 

 

Recarsi a scuola con la faccia pesta, corredata da due occhiaie terribili, stava diventando un’abitudine davvero discutibile ma, dopo la nottata appena trascorsa a parlare di mostri, come stupirsene?

Pur se non aveva più avuto incubi – non aveva proprio sognato, in effetti – il ricordo di ciò che aveva visto attraverso lo specchio della mente di Huginn e Muninn, era ancora ben chiaro in lei. Mark, steso a terra in quello che le era sembrato un bosco, e circondato da una marea di sangue.

Chelsey si era preoccupata molto nel vederla così sbattuta ma, imputandone il motivo soltanto alla notizia della morte dell’escursionista, l’aveva pregata di non pensarci troppo.

Liza aveva preferito non metterla al corrente del resto della storia perché, in tutta onestà, l’amica si sarebbe soltanto innervosita inutilmente. Finché Iris e Dev non fossero tornati, era superfluo che anche Chelsey sapesse proprio tutto.

I lupi alfa erano stati allertati, così come le sentinelle sparse in tutta la contea, e Chuck Johnson aveva fatto scorta di bendaggi e aconito per eventuali interventi d’urgenza, perciò quel che si poteva fare era già stato fatto. Il dottor Cooper, a sua volta, aveva dato la sua disponibilità per aiutare il collega veterinario, qualora fosse servito, perciò tutto era stato predisposto al meglio.

Ora, dovevano soltanto attendere che la situazione si evolvesse da sola.

Nell’oltrepassare la porta a vetri della scuola, Liza incrociò lo sguardo di Sasha a poca distanza e, tra loro, passò un tacito assenso.

Si sarebbero spalleggiate in qualsiasi frangente e, se fosse servito, avrebbero protetto Mark. Ormai, era assodato che i Sullivan non stessero cercando loro, perciò avrebbero fatto del loro meglio per proteggere l’amico, ordini o non ordini di Fenrir.

Sapere chi sarebbe stata la vittima di quell’assassino, però, era solo in parte un vantaggio. Nessuno di loro, infatti, aveva idea se le premonizioni di Huginn potevano cambiare o significare altro e, anche chiedendo a Branson, non aveva ottenuto risposta.

I pochi Huginn a possedere il dono della preveggenza erano ormai morti da tempo, e nessuno dei loro Geri aveva mai avuto modo di sperimentare premonizioni così infauste.

Fu Fergus a strapparla forzosamente da quei pensieri, dandole una pacca sulla spalla e facendola letteralmente strillare per la paura.

Voltandosi con una mano già levata per difendersi, Liza si ritrovò a grugnire di fronte alla faccia ridente dell’amico che, tenendosi la pancia con le mani, la stava bellamente prendendo in giro per il suo attacco di panico.

«Scusa, scusa… ma eri così assorta nei tuoi pensieri che mi è venuto spontaneo…» ridacchiò il ragazzo, asciugandosi una lacrima di ilarità.

«Fergus… una volta o l’altra ti ammazzerò…» sibilò Liza, assicurandosi di far sparire alla svelta lo stiletto retrattile che portava attaccato al polso, ben nascosto dalla manica della sua felpa.

Era stato più forte di lei. Quando si era sentita sfiorare all’improvviso, i suoi istinti avevano mosso le dita della mano destra perché agissero in risposta a una minaccia.

Come testato mille e più volte con Rock, il mignolo aveva fatto scattare la sicura, mentre indice e medio avevano protetto da sguardi indiscreti la lama d’argento fuoriuscita dal fodero.

Inconsapevole del rischio corso, Fergus le batté altre pacche sulla spalla, accompagnandola poi verso l’aula di chimica e, divertito, asserì: «Su, su… non essere permalosa. Capisco che tu abbia passato una nottataccia, almeno a giudicare dalla tua faccia pesta, ma questo non vuol dire che tu debba diventare She-Hulk, ti pare?»

«Se avessi il ciclo, capiresti» si inventò lì per lì Liza.

«Oh… sei in fase ‘questa è Sparta!’, quindi» chiosò il giovane, levando leggermente un sopracciglio per la sorpresa.

Liza strabuzzò gli occhi a quell’uscita davvero assurda ed esalò: «E chi la chiama così, scusa?»

«Chanel. Dice di sentirsi sempre un po’ Leonida in ‘300’, quando è in quei giorni, perciò ha coniato questo modo di dire» scrollò le spalle Fergus.

«Bene, visto che hai afferrato il problema, se non vuoi finire nel pozzo anche tu1, niente scherzi simili nei prossimi giorni» sottolineò Liza, approfittando subito della cosa. Non voleva davvero rischiare di accoltellarlo per sbaglio, e solo perché aveva i nervi a fior di pelle.

«Signorsì, com…» iniziò col dire Fergus prima di bloccarsi a metà della frase per poi fissare basito Mark, a poca distanza da loro.

Impegnato in una chiacchierata con Chanel, che gli stava carezzando divertita la nuca ora libera dai lunghi capelli, Mark appariva vagamente imbarazzato, ma anche soddisfatto dal risultato ottenuto grazie al suo nuovo taglio.

Liza si sentì formicolare le mani, nel vedere Chanel così vicina a Mark ma, trattenendosi dal dire qualsiasi cosa, si limitò a celiare: «Oh, non l’avevi ancora visto, vero?»

«Amico! Che taglio spettacolare!» esclamò Fergus dopo qualche istante di sorpresa, gettandoglisi praticamente addosso e avvolgendogli le spalle con un braccio. In quel modo, riuscì in un colpo solo a salutare l’amico e ad allontanarlo di fatto da Chanel.

Quella manovra fece ridere sommessamente Liza. Fergus aveva trovato un modo simpatico e indiretto per distogliere l’attenzione di Chanel da Mark e, al tempo stesso, aveva fatto un complimento all’amico.

Era proprio vero che le dinamiche giovanili erano assurde ma a lei, in quel momento, sarebbe davvero piaciuto parteciparvi appieno come avrebbe fatto solo un anno prima.

Adesso, invece, doveva soppesare ogni movimento, ogni parola e, più di tutto, badare a che il suo ruolo di Geri non passasse mai in secondo piano.

Avvicinandosi più lentamente al trio di quanto non avesse fatto Fergus, che stava animatamente chiacchierando di fronte all’aula, Liza esordì dicendo: «Allora… i capelli sono piaciuti?»

Mark le tributò un sorriso più sicuro del solito e, annuendo, disse: «Ehi, ciao! Sì, sono stati apprezzati. Persino mio padre ha detto che mi stanno bene. Credo soprattutto perché, finalmente, può guardarmi in faccia senza che le ciocche dei capelli mi cadano davanti agli occhi.»

Liza rise di quella battuta assieme agli altri ma, tra sé, non riuscì a togliersi dalla testa il ricordo di Mark ricoperto di sangue e morente dinanzi a lei.

«Sai, Liza, stavo giusto dicendo a Mark che tu e lui dovreste partecipare ai nostri prossimi incontri di orienteering, visto quanto vi piace fare trekking per i boschi. Sarebbe un buon modo per impratichirvi con mappe e bussole» intervenne Chanel, tributando un sorriso tutto fossette a Mark, e scatenando per diretta conseguenza la reazione di Fergus.

Quest’ultimo, infatti, assentì con vigore, sorrise tutto denti a Liza e dichiarò: «Ma sì, dai! Noi ci andiamo da anni, e ci piace un sacco. Sarebbe forte avere dei nostri compagni di classe nel gruppo, visto che sono quasi tutti o più grandi, o più piccoli di noi.»

Liza soffocò a stento una risata divertita – a che gioco stava giocando, Chanel? – e, annuendo, lanciò un’occhiata ammiccante a Mark e dichiarò: «Non mi sembra male, come idea. Che dici?»

«A me sta bene» assentì lui, sorridendole complice e, ancora una volta, Liza dovette mettere tutta se stessa per non confondere l’immagine della Visione col volto in carne e ossa dell’amico.

Doveva fare in modo che quella maledetta premonizione non si avverasse. Non importava come, ma vi sarebbe riuscita.

Quando la prima campanella suonò, avvertendoli di entrare in aula, Liza si affrettò a prendere posto ma, non appena Mark la imitò e le si accostò per sussurrarle qualcosa, raggelò.

«Dobbiamo parlare di questi occhi pesti. Non me la dai a bere, sai?»

Liza sollevò uno sguardo dubbioso al suo indirizzo ma, quando trovò le smeraldine profondità di Mark fisse su di lei, preoccupate e piene di ansia, non ebbe dubbi; non si sarebbe accontentato di una scrollata di spalle. Avrebbe preteso sincerità da lei, o almeno qualcosa che le si avvicinasse.

«Perché?» si limitò a domandare, accomodandosi.

«Non mi piace vederti così turbata» borbottò lui, fissando la cattedra con espressione torva mentre un piccolo accenno di imbarazzo gli imporporava le gote.

Liza allora sorrise, annuì al suo indirizzo e, nell’aprire il libro di chimica, provò un assurdo moto di gioia nonostante la situazione incasinata in cui si trovavano.

Adorava i suoi rossori, soprattutto quando era lei a causarli.

***

Approfittando della mancanza di Chelsey – rimasta a scuola per le lezioni pomeridiane – Liza si incamminò lungo il marciapiede assieme a Mark per accompagnarlo a casa.

Forse ingelositosi per le attenzioni di Chanel rivolte a Mark, Fergus aveva invitato l’amica a pranzo allo Strawberry Moose, la loro base operativa, e la ragazza aveva accettato. Che la tattica di far ingelosire Fergus fosse voluta, o il tutto fosse capitato per casualità, Liza non lo sapeva.

Non aveva chiesto lumi a Chanel ma, a giudicare dal suo sorriso furbo, era stata felice del risultato.

Quanto alla loro passeggiata quotidiana, per lei e Mark era divenuta un’abitudine da più di un mese a questa parte, un appuntamento praticamente irrinunciabile.

Raggiungendo ogni giorno il negozio di Beth, per Liza e Chelsey era normale imboccare quella via e, trattandosi dello stesso percorso di Mark, era divenuto spontaneo percorrerlo assieme.

Per i due ragazzi, quindi, quel tratto di strada in comune era diventato speciale, quasi una loro proprietà, da non condividere con alcun altro.

Camminando più lentamente rispetto al solito, forse per dilungare il più possibile il tempo passato assieme, Liza deglutì a fatica prima di ammettere: «Ti ho sognato, stanotte.»

Mark non parve contento di saperlo, perché disse: «Da come ti ha ridotta quel sogno, deve essere stato più un incubo, che altro.»

«Non per colpa tua» ci tenne a dire Liza. «Ti ho… ti ho visto steso a terra, coperto di sangue, e io non potevo fare niente per salvarti, e…»

Il ricordo ancora la staffilò con la sua prepotente violenza e la ragazza, interrompendo i propri passi, si coprì la bocca con una mano per non singhiozzare.

Mark, allora, dopo un attimo di tentennamento le avvolse protettivo le spalle con un braccio e, turbato, le domandò: «Vuoi che ti accompagni io, a casa? Non è necessario che dici altro. E’ chiaro che le notizie in TV di ieri sera ti hanno turbato moltissimo, se hai sognato una cosa simile.»

Sapendo bene a cosa stesse riferendosi, Liza assentì e Mark, gentilmente, la accompagnò fino a un muretto sporgente perché si sedesse un momento, così da riprendersi dalla crisi.

Sempre standole accanto, Mark le massaggiò la schiena con movimenti circolari della mano e, accennando un sorriso timido, mormorò: «Dopotutto, mi fa anche piacere essere finito nei tuoi sogni, pur se in modo così cruento.»

Liza arrossì a quell’accenno e, reclinando il capo, borbottò: «Beh, io avrei preferito vederti in un altro modo, onestamente.»

Mark rise sommessamente, annuendo divertito, e chiosò: «Chiaramente, anch’io.»

«Non scherzare! Mi sono spaventata sul serio!» sbottò Liza, fissandolo con aria arcigna.

«Lo so. Si vede dalle tue occhiaie, così come dalle lacrime che hai tentato di non versare al solo ricordo di quell’incubo» assentì lui, tornando serio e sfiorandole il bordo di un occhio per raccogliere una perla lucente sfuggita alla sua palpebra.

Mostrandogliela, Mark aggiunse: «Sei la prima persona, al di fuori della mia famiglia, che si preoccupa così per me. E’ bello, credimi, ma preferirei non stessi così male.»

Liza sbuffò, borbottando: «Anche Fergus e Chanel si preoccupano per te. O Sasha. Hai tanti amici, qui.»

«E’ vero… e anche questo è strano» ammise lui, accentuando il proprio sorriso. «Ma tu sei diversa.»

Ciò detto, rise imbarazzato, si grattò nervosamente una guancia e si chiuse in un mutismo teso che portò Liza a sentirsi male.

Era un mostro. Aveva mentito a Mark per tutto il tempo e, anche se provava effettivamente qualcosa per lui, tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento, era stata una menzogna bella e buona.

Gli era stata accanto in primo luogo perché aveva ricevuto l’ordine di farlo, e solo in seguito aveva trovato quel compito al tempo stesso interessante e straziante. Mentirgli, poi, l’aveva devastata, e sentire da lui quelle parole che, alle sue orecchie, potevano voler dire una cosa sola, la fece sprofondare nell’abisso della disperazione.

Coprendosi il viso per non mostrargli tutto il disgusto che provava per se stessa, Liza mormorò roca: «Sono orribile… orribile.»

«Perché devi dirlo?» replicò lui. «Ti ho forse messo in imbarazzo? Sai, non sono molto avvezzo a questo genere di cose.»

Lei scosse furiosamente il capo e Mark, proseguendo nel suo discorso, aggiunse: «Mi sono sempre tenuto in disparte, in passato, sapendo bene che il peregrinare di mio padre mi avrebbe impedito di farmi delle amicizie sincere. Inoltre, è inutile negarlo, il colore dei miei capelli ha cospirato contro di me, tirandomi addosso le attenzioni non richieste dei bulli.»

Liza si concesse di tornare a guardarlo e, scostando le mani dal volto, lo vide sorridere con aria rassegnata mentre mormorava: «Cominciai ad allenarmi in palestra, da solo, per fortificarmi ed essere in grado di difendermi dagli idioti, all’occorrenza, ma era frustrante non potersi confidare con nessuno. Di mio, c’è che non sono mai stato molto ciarliero, perciò…»

«Fa schifo essere presi di mira» replicò mogia Liza. «A me non è mai capitato, però mi sono messa in mezzo un paio di volte per difendere una mia amica, la cui unica colpa era quella di avere qualche chilo di troppo.»

Ripensare a Candice McNamara, un’amica che aveva avuto al fianco fin dalle elementari, la fece stare anche peggio. Chissà come se la stava cavando? Qualcun altro la stava aiutando? Era rimasta di nuovo sola, dopo la sua partenza?

Le lacrime tornarono più feroci di prima, a quel pensiero, e Liza mormorò straziata: «Sto facendo del male a un sacco di persone.»

«Perché la pensi così?» mormorò lui con tono accorato.

«Perché è vero!» esclamò Liza prima di afferrarlo a una mano e, avanzando con lui lungo il marciapiede, borbottare: «Non ce la faccio più. Io mollo.»

Sapeva che Sasha l’avrebbe udita, permettendole così di scegliere come meglio comportarsi. Non voleva che Lucas dovesse incolparla di non essere intervenuta per tempo, e farle capire le sue intenzioni era il modo migliore per metterla nelle condizioni di agire.

Lei però non si avvicinò mai, né tentò di dissuaderla, chiamandola al cellulare. Mark, dal canto suo, si limitò a seguirla, lo sguardo pervaso dal dubbio e dalla curiosità.

Fu così che i due giovani attraversarono la strada per raggiungere il campeggio di Lucas e lì, interrompendo all’improvviso la sua avanzata, Liza si volse a mezzo verso il giovane e disse roca: «Aspettami qui un minuto, per favore.»

«Cosa sta succedendo, Liza?» domandò Mark preoccupato.

Liza allora lo abbracciò con forza, sentendolo irrigidirsi e sorprendersi nel momento stesso in cui vennero a contatto, e mormorò contro il suo petto: «Non volevo ferirti. Voglio che questo sia chiaro. Ora, però, concedimi un minuto.»

Ciò detto, entrò in tutta fretta nella piccola baita di tronchi dove si trovava la reception del campeggio, lasciando Mark ad attenderla, pieno di domande e di dubbi nel cuore.

***

Quando entrò, il fiato corto e la minaccia delle lacrime a seguirla come un’ombra, non fu sorpresa di trovare Lucas pronto ad attenderla. Appariva guardingo, ma non necessariamente arrabbiato.

«Sasha ti ha chiamato?» esordì Liza, vedendolo annuire muto in risposta. «Mi spiace di averti deluso, Fenrir. Pensavo di essere più forte di così, ma proprio non ci riesco. Mentire ancora a Mark sarebbe impossibile, per me.»

Ciò detto, le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento debordarono e Lucas, affrettandosi a raggiungerla, le offrì una scatola di Kleenex e commentò divertito: «E’ una prerogativa della vostra famiglia, quella di piangere qua dentro.»

Liza scoppiò in una risatina isterica, rammentando il racconto di Iris in merito al suo primo incontro con Lucas e, annuendo, la ragazza gracchiò: «Scusa… pensavo di farcela.»

«Liza…non ti faccio una colpa per quello che è successo. In fondo, abbiamo stabilito che loro non sono Cacciatori. Inoltre, so cosa significa avere un cuore che batte in un’unica direzione» cercò di consolarla Lucas, carezzandole la schiena come, poco prima, aveva fatto anche Mark. «Il paese intero credeva che Rock mi avesse traviato, che io non fossi in grado di riconoscere la verità e che mi illudessi e basta di sapere cos’era l’amore. Eppure, siamo ancora insieme, e nessuno ha più nulla da dire.»

«Ma io… io non so se…»

Lui la azzittì con un bacetto sul capo, aggiungendo: «Non sto dicendo che domani dobbiate giurarvi amore eterno. Se anche dovessi scoprire che non lo ami come io amo Rock, non conta. Ora, in questo preciso momento, tu provi dei forti sentimenti verso di lui, ed è questo che guida il tuo cuore, e che ti impedisce di agire in modo freddo e calcolato.»

«Ma dovrei pensare al branco!» protestò Liza, combattuta tra il dargli ragione e l’autoflagellarsi.

«E l’hai fatto. Hai permesso a Sasha di decidere come comportarsi, facendole capire che avresti mollato. E’ stata lei a lasciare che tu venissi qui da me, forse perché anche Sasha pensa che sia ormai inutile mantenere questo segreto, soprattutto perché Mark è legato a doppio filo con coloro che stiamo cercando di fermare» replicò Lucas.

«Quindi…» esalò lei, piena di dubbi.

«Fallo entrare. Gli parlerò, e vedremo se merita tutta la fiducia che hai riposto in lui.»

Ciò detto, la invitò ad avviarsi verso la porta e Liza, non potendo fare altro che quello, raggiunse il battente e, dopo averlo aperto, fece segno a Mark di raggiungerla.

Cosa sarebbe successo in seguito, neppure lei lo sapeva.

***

I segni del pianto sul viso di Liza misero subito in allarme Mark che, raggiuntala con grandi falcate, le poggiò protettivo le mani sulle spalle e domandò turbato: «Cos’è successo?»

«Non preoccuparti e, se puoi, perdonami» mormorò lei, attirandolo all’interno dell’ampio locale per l’accoglienza clienti prima di chiudere a chiave la porta alle sue spalle.

Sorpreso da quel gesto, Mark inquadrò subito dopo l’altra persona presente nel locale, un uomo alto, piacente e dalla folta chioma bionda che aveva visto al matrimonio della cugina di Liza.

Era il proprietario del campeggio. Lo aveva incrociato spesso, in quei mesi, mentre girovagava per il paese, o quando lui si avventurava – in solitaria – lungo il sentiero che circumnavigava il Dutch Lake.

Gli era parsa una persona disponibile e dal sorriso pronto, ma vedere Liza in lacrime glielo fece riconsiderare immediatamente. Se l’aveva fatta piangere, si sarebbe vendicato in ogni modo possibile.

Lucas lo invitò ad accomodarsi su uno dei divanetti e, atono, esordì dicendo: «Liza ritiene che tu sia degno di fiducia e non se la sente più di mentirti, perciò io ti chiedo; sei in grado di onorare ciò che lei sta facendo proprio ora? Quanto sei disposto ad accettare, per lei?»

Mark lanciò un’occhiata dubbia e preoccupata all’indirizzo di Liza che, accomodandosi accanto a lui, aggiunse: «Ti stiamo chiedendo il silenzio, Mark. Potrai accettare qualsiasi cosa ti diremo adesso, e tenerlo per te?»

«Cosa sta succedendo, Liza?» esalò Mark, iniziando a preoccuparsi sul serio.

In che guaio si era cacciata, per chiedergli un tale rispetto della privacy? Faceva per caso parte di qualche setta, e la loro amicizia l’aveva messa nei guai?

«Se quest’uomo ti minaccia…» iniziò col dire Mark fissando ombroso Lucas, che però si limitò a sorridergli.

Liza lo afferrò a un polso prima che potesse fare qualsiasi atto inconsulto e, lesta, disse: «No, Mark. Non mi minaccia affatto. Io, in un certo qual modo, sono ai suoi ordini diretti.»

«Liza aveva l’incombenza di spiarti a nome mio, e riferire a me tutto ciò che avrebbe eventualmente scoperto sulla tua famiglia e sulle vostre ricerche in merito all’assassino di tuo zio» espose senza mezzi termini Lucas, sorprendendo il ragazzo oltre ogni ragionevole dubbio.

«Cosa… ma cosa c’entrate, voi due, con mio zio?!» esclamò Mark, fissando del tutto sconvolto sia Liza che Lucas.

Di cosa diavolo si stava parlando, in quel posto? E perché sia Liza che il gestore del camping apparivano mortalmente seri e preoccupati?

«Temevamo poteste essere una minaccia per me e la mia gente, visto ciò che stavate cercando, perciò vi abbiamo tenuto d’occhio, e Liza si è occupata di te su mio ordine» sottolineò Lucas con tono grave.

Sempre più confuso, Mark tornò a volgere lo sguardo in direzione di Liza in cerca di spiegazioni e lei, con un sospiro, ammise: «Ero nel bosco, quando tu e tuo padre avete parlato di ciò che accadde a tuo zio e alla sua famiglia, facendo riferimento a dei lupi che avrebbe ucciso tutti loro. Io l’ho riferito a lui perché era mio dovere farlo.»

Sgomento, Mark esalò confuso: «Ma… ma non c’era nessuno, lì! Ne sono certo! Eravamo in un punto assai lontano da qualsiasi sentiero!»

«Mi trovavo a venti metri d’altezza, sopra le vostre teste, assieme al… al mio maestro» tentennò Liza, prima di ricevere l’assenso a parlare da parte di Lucas. «E’ un licantropo, Mark, per questo sentirvi parlare di lupi ci ha messi in allarme.»

A quel punto, il ragazzo la fissò con occhi fuori dalle orbite, fece per scostarsi da lei ma Liza, agendo d’istinto, lo bloccò a un polso, estrasse il suo stiletto da braccio e glielo mostrò, affermando subito dopo: «Io non lo sono! Ma sono addestrata a cercarli e ucciderli, se sono un pericolo per il mio branco.»

Ciò detto, reclinò lo stiletto e glielo pose sulla mano libera perché potesse vederlo meglio.

Mark lo sollevò con dita tremanti, ne sfiorò l’affilatura perfetta, le bulinature arabescate sulla lama e sulla piccola elsa ricoperta di cuoio e, sempre più turbato, domandò: «P-perché parli di branco, se dici di non essere un … un licantropo? E perché indossi quest’arma? Cosa mai potresti fare, con essa?»

«Perché nel branco esistono sia lupi che umani e perché, nel caso specifico, l’arma che stai maneggiando è letale, per noi lincantropi» intervenne Lucas. «Temevamo poteste cercare noi, così ordinai a Liza di tenerti d’occhio, e allo stesso modo feci con Iris e Devereux, perché tenessero d’occhio sia tuo padre che tua madre.»

Il ragazzo lasciò andare di colpo il coltello, a quelle parole, e l’arma tintinnò sul tavolino da salotto dinanzi a lui prima di cadere con tonfo sordo sul tappeto. Passandosi poi le mani sul volto, esalò con voce roca e graffiante: «Non… non ha senso! Tutto ciò che state dicendo non ha alcun senso

«Mark… tuo padre aveva ragione. Era riuscito a centrare la pista giusta per intercettare l’essere che ha ucciso tuo zio, ma sta correndo un rischio enorme, in questa ricerca. Si è messo contro un nemico che, se è come temiamo, potrebbe essere troppo forte anche per noi» mormorò Liza, sfiorandolo a un braccio con la mano.

Lui però la scansò con violenza, portandola a mordersi il labbro per il dispiacere, ma ugualmente non demorse.

«Arrabbiati pure, sfogati contro di me, ma ascoltami! Abbiamo dovuto controllarvi perché potevate essere una minaccia per noi, perché non sapevamo quale lupo steste cercando ma, quando abbiamo capito a chi vi steste avvicinando, abbiamo cominciato a indagare per conto nostro, e abbiamo scoperto quanto pericoloso sia l’assassino che uccise la famiglia di tuo zio.»

«Come posso crederti, se tu stessa ammetti di… di essermi stata vicino per interesse?!» sbottò Mark, ferito e offeso da quelle notizie tutt’altro che facili da comprendere e accettare.

Forse, avrebbe anche potuto accettare tutto ciò che gli stavano dicendo… ma sapere che Liza gli era stata vicina solo perché le era stato ordinato, era davvero troppo da digerire.

Una schiera di bulli, al confronto, sarebbe stata preferibile. Ma questo no, davvero no.

Questo calpestava il suo amor proprio, quel tenero sentimento che aveva sentito crescere in quelle settimane e che, forse, avrebbe potuto sfociare in qualcosa di più serio, se non fosse emersa questa orribile realtà.

«Lei è una mia sottoposta, e deve prendere per buoni i miei ordini» sottolineò Lucas con tono freddo e lapidario e Liza, pur non essendo un licantropo, avvertì il cambio di intonazione del suo Fenrir. Quella era la Voce del Comando che, pur non avendo alcun effetto fisico o psichico su di loro, metteva comunque una paura del diavolo.

Mark, infatti, si immobilizzò, forse intimorito da quel tono perentorio e Lucas, levandosi in piedi, sguainò un autentico arsenale di zanne che fece sobbalzare persino Liza, mentre aggiungeva: «Ti paiono abbastanza credibili, queste? Credi a quello che ti ha detto, ora?!»

Il ragazzo imprecò senza tanti complimenti e fece l’atto di alzarsi per andarsene ma Liza, più veloce di lui, gli gettò le braccia al collo per poi spingerlo lungo riverso sul divano. Era vitale che rimanesse, od ogni cosa sarebbe andata in malora.

In quella posizione scomodissima, oltre che oltremodo imbarazzante, la ragazza quindi esclamò: «Fermati, ti prego! E ascoltalo! Non stiamo mentendo su niente! Né vogliamo farti del male!»

Lucas tornò a sedersi, i denti nuovamente normali e Mark, nel risollevarsi assieme a Liza, la fissò turbato e tremante prima di spalancare gli occhi, colto da un dubbio improvviso.

Senza chiederle il permesso, allungò una mano verso di lei a sfiorarle il bordo della felpa e, subito dopo, la allontanò turbato quando le sue dita tastarono qualcosa di solido sotto il tessuto.

Lei abbassò il capo, subito confusa, prima di rammentare cosa si trovasse sotto l’indumento e, senza più alcun riguardo, lo sollevò per mostrargli la particolare cintura che indossava.

Evidentemente, nell’urto, doveva aver sentito il contorno metallico delle armi affisse a quella sorta di cinturone da guerra che indossava sotto gli abiti, e ne era rimasto meravigliato.

Appeso in piccoli foderi di pelle, stava infatti un piccolo arsenale di armi da taglio di diverse forme e misure e Liza, estraendo la sua preferita – una lama a forma di foglia della lunghezza di cinque centimetri – disse atona: «Lui è il mio Fenrir, il capobranco, e prendo ordini da lui poiché io sono Geri, il sicario umano del clan. Mio compito è indagare su coloro che possono essere un pericolo per il mio branco e, nel caso, prendere dei provvedimenti, siano essi umani o mannari coloro che io devo predare.»

Ciò detto, gli consegnò anche quell’arma e, stavolta, Mark la tenne sulla mano per scrutarla con attenzione e paura assieme.

«La gerarchia del branco è piramidale, e a guidarlo sono Fenrir, Hati e Sköll. Hati è Iris, ed è la guardia del corpo di Fenrir. Sköll, secondo in comando, è Devereux e, prima che tu me lo chieda, sì, Iris è dannatamente in grado di proteggere Fenrir, anche se è una donna» precisò Liza, vedendolo ancora piuttosto confuso.

«Quindi, chi vi mette i bastoni tra le ruote, voi lo uccidete?» commentò amaramente Mark, restituendo comunque l’arma a Liza.

Lucas scosse il capo, comprendendo appieno le paure del giovane – che avvertiva come un profumo amaro e asprigno sul palato – e, cercando di non apparire troppo duro, replicò: «Esiste una cerchia di uomini e donne chiamata Cacciatori, che predano noi al solo scopo di sterminarci. Sono loro gli unici a cui prestiamo orecchio e che, in casi estremi, subiscono le nostre attenzioni. Il compito principale di Geri, e cioè di Liza, è quello di indagare. Le armi servono soprattutto per la sua difesa personale visto che, per l’eliminazione degli elementi più forti, esiste un sicario mannaro, e cioè Freki.»

«Mi sembra assurdo che lei, che è sicuramente più debole di voi – almeno a giudicare dalle zanne che ho visto – sia deputata alla vostra ricerca e predazione» borbottò sprezzante Mark, mantenendo il suo sguardo smeraldino puntato su colui che Liza aveva identificato come Fenrir.

Fino a quel momento, la ragazza che gli piaceva, che aveva saputo trascinarlo fuori dal buco in cui era solito rintanarsi – e che lo aveva appena calpestato con le sue bugie – aveva usato solo nomi della mitologia norrena. Perché? Che significato avevano, in realtà?

«Non è sola, nel suo ruolo» sottolineò a sorpresa Lucas.

Questo, unitamente ai nomi che fin lì aveva udito, lo portarono a volgere sgomento lo sguardo verso Liza per poi esclamare: «I… i tuoi corvi… non si chiamano così per caso

Lei annuì lentamente, ammettendo: «Sono i miei occhi e la mia memoria… e non solo.»

Le lacrime tornarono a ferirle gli occhi e Mark, con tono maggiormente calmo, mormorò: «Il sogno che hai fatto…»

Liza scosse il capo con veemenza, gorgogliando spaventata: «Non era un sogno! Huginn può avere visioni premonitrici. Ti ho visto. Lui ti ha visto. E non siamo stati noi a ridurti così, ma credo sia stata la creatura che insegue tuo padre, ora ne sono quasi del tutto certa. Per questo ho voluto dirti la verità. So che non sei un pericolo per noi, ma tu sei in pericolo. Non potevo mentirti anche su questo!»

Ciò detto, si levò in piedi e, senza più dire nulla, uscì di corsa dalla baita.

Lucas la lasciò fare e Mark, già sul punto di seguirla, rimase però fermo a guardare colui che Liza aveva chiamato Fenrir e che, a quanto pareva, era il capo del branco di cui l’amica gli aveva fin lì parlato.

Non sembrava necessariamente pericoloso – pur se ricordava più che bene quelle paurose zanne – e, a giudicare dal suo sguardo contrito, aveva a cuore i sentimenti di Liza. Non aveva gradito vederla fuggire così turbata.

«Tutti… nomi norreni?» tentennò quindi il ragazzo, cercando di non pensare troppo alle zanne spaventose che aveva visto solo un paio di minuti prima.

Se avesse voluto divorarlo, o semplicemente farlo sparire, lo avrebbe fatto non appena aveva messo piede lì dentro, invece lui e Liza avevano fatto di tutto per perorare la loro causa. Avevano voluto che lui capisse.

Avevano tentato in ogni modo di spiegargli – anche coi fatti – come si fosse giunti a quel momento in stile Ai confini della realtà.

A quel pensiero, una risata spontanea quanto inopportuna gli salì alla gola, e solo a stento la trattenne. Per anni, suo padre era andato alla ricerca di un fantomatico lupo assassino e, per anni, lui aveva sempre creduto che il padre fosse pazzo. Ora, invece, si trovava davanti a quello che, inequivocabilmente, non era un essere umano e non poteva dirlo a suo padre.

Inoltre, a quanto pareva, i lupi erano almeno due, e quello che stava cercando suo padre sembrava essere il più pericoloso e sfuggente.

La vita era davvero assurda, a volte.

A ogni buon conto, se anche soltanto una parte del dolore che aveva visto negli occhi di Liza era vero, le doveva almeno il beneficio del dubbio. Così come ne doveva a quest’uomo, che aveva affidato a un perfetto sconosciuto il suo segreto più grande.

«I nostri antenati sono legati al culto norreno, ma non ti tedierò con storie che, al momento, non ti servirebbero per capire la gravità della situazione» disse dopo qualche momento Lucas prima di estrarre il cellulare e cercare qualcosa al suo interno. «Ti basti sapere che non siamo persone crudeli, anche se siamo in cima alla catena alimentare.»

Ciò detto, gli mostrò ciò che avevano trovato e Mark rabbrividì, riconoscendo nell’immagine mostratagli qualcosa che già aveva visto, e solo pochissimo tempo addietro.

Sgomento, quindi esalò: «Questa cartina… come l’avete ottenuta?»

«Seguendo la stessa pista che ha seguito tuo padre in questi anni… con alcuni controlli incrociati che tuo padre, ovviamente, non poteva conoscere, né fare» gli spiegò Lucas prima di mostrargli una seconda cartina. «Questa, invece, è antecedente all’assassinio della famiglia di tuo zio. Ripercorre, a nostro parere, la pista che ha seguito uno dei due mostri.»

Interrompendolo prima che continuasse nella sua spiegazione, Mark esalò turbato: «Due? Credete che siano due?»

Annuendo, Lucas aggiunse: «Ci arriverò tra breve.»

Nei successivi venti minuti, Lucas spiegò a Mark le conclusioni a cui erano arrivati e le scoperte che avevano fatto grazie all’aiuto di non ben specificati interventi esterni.

A Mark non restò altro che ascoltare, veder collimare nella mente molte delle teorie paterne e scoprire, una volta per tutte che, non solo suo padre non era un folle, ma che aveva sempre avuto ragione.

Anche loro pensavano che suo zio fosse stato ucciso da un mostro, e che questo mostro sarebbe presumibilmente rientrato nella sua zona di caccia attraverso un corridoio territoriale che comprendeva anche Clearwater.

«Quindi… quindi non siete come loro?» domandò alla fine Mark, passandosi le mani tra i capelli, sconvolto da tutto ciò che aveva fin lì scoperto.

Lucas scosse il capo, replicando con una scrollata di spalle: «Stando alle ferite riportate dai tuoi zii, e alle testimonianze di tua madre e altre tre persone sopravvissute agli attacchi, sappiamo che la loro stazza è come quella di un lupo naturale. Noi, invece, abbiamo le dimensioni di pony, per intenderci.»

Quest’ultima notizia parve sgomentarlo non poco, ma Lucas preferì non indugiare oltre su quel particolare per concentrarsi su altro.

Al momento, la premonizione di Huginn aveva la precedenza su tutto, ora che il loro segreto era stato svelato.

«Liza ti ha accennato a ciò che ha Visto… ebbene, tendiamo a tenere in grande considerazione ciò che riesce a sapere quella ragazza dai suoi corvi, e averti visto così chiaramente in quella visione l’ha sgomentata non poco» dichiarò Lucas, fissandolo con estrema serietà. «Credimi. Liza non voleva affatto mettersi a ficcanasare su di te, o sulla tua famiglia, ma le esigenze del branco vengono prima, per un Geri. Essere venuta da me per chiedere questo incontro dovrebbe farti capire quanto, la sola idea di mentirti ancora, la facesse stare male.»

Mark annuì silenzioso, passandosi una mano sul torace contro cui, poco prima di entrare, Liza si era poggiata per chiedergli perdono, ben sapendo che lui probabilmente l’avrebbe odiata.

Sapere di quelle menzogne l’aveva ovviamente irritato e sì, ferito, perché sentiva per Liza qualcosa che non aveva mai provato prima. Ma, di fronte a quella marea di verità alternative, di realtà a lui finora sconosciute, come poteva colpevolizzarla?

«Perché lei è…» tentennò Mark, rivolgendogli uno sguardo pieno di domande.

«E’ una cosa complessa, e ha a che fare con il nostro retaggio, ma ti basti sapere che ho riconosciuto in lei delle doti che l’hanno assurta a questo ruolo e, a quanto pare, non mi ero sbagliato, visto quel che riesce a fare coi suoi corvi.»

«Anche se… anche se mi ha condotto qui?»

Lui assentì senza dire nulla, e ancora Mark si chiese quale peso portasse Liza sulle sue esili spalle. Quale enorme universo aveva tenuto nascosto, per proteggere coloro che amava? E quale enorme responsabilità si era presa, visto che non aveva più avuto cuore di mentirgli?

«Verrà punita… per questo? Per aver preteso che tu mi parlassi?» si interessò a quel punto Mark, colto da un dubbio atroce.

Lucas scosse il capo, sorridendo affabile, e replicò: «Non mi ha portato in casa un Cacciatore. Non ha sbandierato alla CBS il nostro segreto. Ha dato fiducia a un ragazzo a cui lei tiene moltissimo e che, a quanto pare, ha abbastanza coraggio da ascoltare anche le cose più strambe senza dare di matto. E’ ben diverso.»

Mark si limitò ad annuire a quell’accenno e, dopo alcuni istanti di incertezza, domandò: «Credete… credete che quella visione sia reale? Sì, insomma… abbastanza attendibile?»

«Purtroppo, le capacità di Huginn sono assai rare, e non abbiamo modo di sapere quanto siano effettivamente certe, queste Visioni, ma è la prima volta che quel corvo ha un’immagine così chiara del futuro, e questo ha preoccupato moltissimo Liza, e così anche noi ci siamo impensieriti.»

Lui annui più e più volte, pur non rendendosi ancora del tutto conto di stare parlando di se stesso, apparentemente in fin di vita in quella sorta di squarcio temporale nel suo prossimo futuro.

Era strano parlarne, e ancor più folle pensare che fosse stato un corvo ad averlo visto in sogno. Ma, tra tutte le pazzie fuori dal mondo che aveva udito in quell’ultima ora, davvero si stava scapicollando per un particolare così da poco?

Stringendo le mani a pugno sulle cosce, Mark tornò a scrutare in viso Lucas – ora più determinato che mai – e domandò: «Posso parlare con Liza? Tu sai dove…»

«Si è diretta verso il lago, lungo il sentiero che già una volta percorreste assieme e che tu stesso, in queste settimane, hai percorso più volte» gli disse Lucas senza alcun problema.

Mark assentì, ormai per nulla stupito che quell’uomo – ops, licantropo – l’avesse notato e, lasciandosi andare contro lo schienale del divano, mormorò assorto: «Cercavo di trovare pace dalle continue liti con mio padre e, tolto tutto il resto, a me è sempre piaciuto andare per i boschi. Ma ora mi rendo conto che, a sbagliare, ero solo io, e che ho accusato ingiustamente mio padre per tutto questo tempo.»

«Accettare una verità senza prove, sarebbe difficile per chiunque. Tu hai avuto testimonianza dell’esistenza dei licantropi perché io ti ho mostrato cosa essi possano essere, ma tuo padre ha fatto unicamente affidamento sulla propria convinzione e sulla propria tenacia» dichiarò Lucas con un mezzo sorriso. «Per quanto la cosa ci abbia causato più preoccupazioni di quante non desiderassi, non posso che ammirarlo per la sua costanza.»

Passandosi una mano tra i corti capelli – capelli che, in fondo, aveva fatto tagliare per piacere a Liza, per quanto si sentisse idiota al solo ammetterlo – Mark mormorò: «Sì, a questo punto, capisco quanto le nostre azioni vi siano parse sospette.»

Levandosi in piedi, Lucas raggiunse il bancone della reception, afferrò un cestino ricolmo di caramelle e, nel porgerlo a Mark, gli sorrise e asserì: «Chiarirsi è sempre una buona cosa.»

Lui assentì prima di alzarsi a sua volta e, dopo aver accettato una caramella, domandò ancora: «Ecco, parlando di chiarimenti… posso… sì, insomma, posso andare? Posso cercare Liza?»

Scoppiando in una risatina leggera, Lucas indicò la porta e asserì: «Non ti abbiamo condannato a morte, né alla prigionia. Sei libero di andare, ma ti prego di mantenere il segreto che Liza ha voluto concederti. Ne va della vita di molti.»

Il ragazzo annuì e, tra il serio e il faceto, chiosò: «Se tu avessi voluto mangiarmi, l’avresti già fatto, no?»

«Esatto» ammise con naturalezza Lucas.

Lui disse solo questo, e Mark non gli lasciò aggiungere altro. Non era davvero il caso di sfidare la sorte.

In fretta, perciò, corse fuori per poi dirigersi verso il sentiero che, solo alcune settimane prima, aveva imboccato assieme a Sasha, Liza, Chanel e Fergus e, mentre i suoi passi sempre più veloci lo avvicinavano a lei, si chiese come affrontarla.

Doveva ancora digerire metà delle cose che aveva sentito, ma più di ogni altra cosa doveva accettare quanto, per lui, Liza si fosse messa in gioco.

Non aveva la minima idea di cosa lei avesse rischiato in realtà, dicendogli ogni cosa, ma era certo che il suo capoclan non fosse stato del tutto onesto con lui. Dubitava che questa sorta di tradimento da parte di Liza sarebbe stato lasciato passare sotto silenzio, se le cose fossero state un po’ diverse.

Forse, nel caso specifico – trattandosi lui stesso di una potenziale vittima – il suo capoclan aveva chiuso un occhio, ma dubitava che in una società piramidale come sembrava essere quella del branco, le cose potessero filare così lisce.

«Deve avere rischiato più di quanto loro hanno voluto farmi credere» mormorò tra sé, sentendosi male al pensiero di come l’avesse respinta, quando la verità era venuta a galla.

Era stato davvero un codardo, a trattarla a quel modo, quando lei aveva messo in gioco tutta se stessa, per lui.

Certo, lui si era sentito tradito nel profondo, ma avrebbe potuto affrontare il tutto con maggiore calma. Sperò davvero di poterlo fare adesso.

L’arrivo in picchiata di due corvi, però, scacciò qualsiasi altro pensiero dalla sua mente e, solo per un soffio, Mark evitò di venire colpito da due coppie di zampe munite di pericolosi artigli.

L’attimo seguente, l’urlo irritato di Liza interruppe un secondo attacco e, dal fitto del bosco, fece la sua apparizione la ragazza. Il suo volto appariva scarmigliato e segnato dal pianto, ma i suoi occhi grigi erano sicuri e fieri, quando lei lo guardò.

Lanciata poi un’occhiata verso l’alto, Liza scacciò i corvi senza dire nulla dopodiché, preso un gran respiro, domandò roca: «Avevi bisogno di me?»

Lui assentì ma non parlò. Si mosse verso di lei, annullò la distanza che li separava e, allargando le braccia, la avvolse in un abbraccio soffocante, mormorando infine tra i suoi capelli: «Scusa. Scusa. Scusa.»

Liza tremò tra le sue braccia ma, ben decisa a non piangere ancora – per quel giorno, aveva sprecato più lacrime che in un solo anno della sua vita – replicò rauca: «Sono io a dovermi scusare. Ti ho mentito io!»

«Ma solo per proteggere coloro che tu ritieni essere la tua famiglia» ribatté a quel punto Mark, scostandola da sé per scrutarla negli occhi. «Tutto quello che mi avete detto… era ovvio che tu dovessi mantenere i loro segreti!»

«Ti ho ferito, però» sospirò lei, reclinando il viso.

«Sì» ammise lui, carezzandole il volto. «Ma avevi ottimi motivi… e io avrei dovuto ascoltarti senza ferire te per ripicca.»

Ciò detto, le sollevò il viso con una mano leggermente tremante e, tenero e insicuro, le diede un bacio leggero sulle labbra.

«Scusa» le sussurrò subito dopo, rosso in volto per l’imbarazzo.

Lei trovò quella visione la cosa più tenera del mondo e, con un sorriso, annullò di nuovo le distanze tra loro e lo baciò a sua volta, ma con maggiore decisione.

A Mark bastò quello. Domande, dubbi e risposte sarebbero venuti dopo.

 

 

1 (parlo della scena di 300 in cui Leonida getta l’ambasciatore di Serse in un pozzo nel centro di Sparta)


N.d.A.: Liza non è riuscita a mantenere oltre il suo segreto, con Mark, e ora anche lui è caduto nella Tana del Bianconiglio, per così dire. Riuscirà, a questo, punto a mantenere il segreto con i genitori o, messo di fronte a questa verità, Mark parlerà con il padre di ciò che - per poco - non era riuscito a scoprire? 

  
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