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Autore: Roxanne Potter    16/11/2020    7 recensioni
Le mani di Harry e Ginny che si intrecciano nella notte sono mani gemelle, mani da cui la vita ha strappato troppo presto l'innocenza, mani di vecchi guerrieri intrappolati in giovani corpi scarnificati da cicatrici invisibili agli occhi ma mai dimenticate dall'inconscio.
[Questa storia partecipa al contest “Angst, Potter?” indetto da Nemesi01 sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ci sono notti in cui Harry si sveglia di colpo con un urlo soffocato in gola, il respiro affannato e i volti di coloro che hanno trovato la morte nell'ultima battaglia di Hogwarts ancora impressi a fuoco nella mente; nel flusso dei suoi incubi scorrono il piccolo corpo senza vita di Colin Canon, il fantasma dell'ultima risata di Fred, le mani pallide e fredde di Remus e Tonks che si sfiorano sul pavimento ricoperto di detriti della Sala Grande, file di cadaveri senza nome dagli occhi sbarrati e neri come la pece, i vermi che strisciano fuori dalle loro labbra e ricoprono la pelle grigiastra dei loro visi.
-È colpa mia se sono morti. È colpa mia, solo colpa mia.- singhiozza Harry mentre Ginny gli stringe la mano, affonda il viso nell'incavo del suo collo e gli sussurra parole di conforto che pian piano riescono a calmare il battito impazzito del suo cuore e sciolgono le sue viscere contorte dal terrore.
Ci sono notti in cui è Ginny a infrangere il silenzio con le sue urla, notti in cui Harry è ben lieto di abbandonare il sonno per portarsi vicino a lei, baciarle gli zigomi bagnati di lacrime, sistemarle delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Pensavo che fosse reale. Pensavo di essere ancora lì in quella dannata camera. E di avere le mani sporche di sangue.- mormora Ginny, i grandi occhi scuri contorti e macchiati dalla paura.
-Non è reale, lo sai.- risponde Harry, stringendola a sé fino a sentire il corpo di Ginny combaciare con il suo. -Lui non è più nella tua testa come non è più nella mia. È tutto finito. È finita per davvero.
Ci sono notti in cui Harry si rende conto di non aver mai permesso a se stesso di dare ascolto al dolore che si è trascinato dietro per tutta la vita; il bisogno di labbra confortanti sulla sua tempia e di braccia che lo stringano e lo cullino come se fosse ancora un bambino.
Perché Harry Potter non ha mai potuto davvero concedersi di essere solo un bambino, di scaricare su qualcun altro i pesi che si porta sulle spalle da quando aveva undici anni, di cercare conforto nell'intimità di un letto sfatto in una notte d'inverno e dimenticare di dover essere lui stesso simbolo di conforto e sicurezza per l'intera comunità magica, persino dopo la caduta di Voldemort.
È stata Ginny a fargli capire ciò di cui ha sempre avuto bisogno. Ginny, la sua roccia, l'unica ragazza e poi l'unica donna che lo abbia stretto a sé e gli abbia fatto mettere a nudo paure e debolezze taciute per una vita intera.
Ginny, che lo tiene ancorato alla terra quando i fantasmi del passato tornano a farsi sentire e minacciano di trascinarlo nel fondo del baratro, come dita gelide di Inferi avviluppate intorno alla sua gola, pronte a sospingerlo sott'acqua, lontano dall'aria e dalla luce.
Le mani di Harry e Ginny che si intrecciano nella notte sono mani gemelle, mani da cui la vita ha strappato troppo presto l'innocenza, mani di vecchi guerrieri intrappolati in giovani corpi scarnificati da cicatrici invisibili agli occhi ma mai dimenticate dall'inconscio.
Guerrieri che hanno posato le armi per ricominciare a coltivare la pianta verdeggiante ma gracile del loro amore sulla terra arida che la guerra ha lasciato dietro di sé.
Harry e Ginny hanno bisogno l'uno dell'altro perché solo loro possono capirsi – perché Ginny sa cosa significa veder morire una persona che ami, perché Harry sa cosa significa avere la voce di Lord Voldemort nella testa, perché entrambi sanno cosa significa tornare preda degli squilibri delle loro sinapsi, marionette in un teatro di incubi sui quali non hanno alcun controllo, paralizzati e impotenti tra le zanne di un serpente affondate nel collo di Arthur Weasley, un cadavere dal sorriso eternamente congelato sulle labbra e mani che sporcano il muro di sangue.
Entrambi sanno che qualcosa in loro rimarrà sempre spezzato, inquinato, impermeabile a quella cura imperfetta che è lo scorrere del tempo. Il tempo sarà sempre pronto a illuderli di essere guariti solo per gettarli a sorpresa nelle fauci dei mostri che han fatto delle loro teste nido, giaciglio, nutrimento.
Ma quando nel cuore della notte gli occhi verdi di Harry incontrano lo sguardo di Ginny, che ormai si è spogliato delle lacrime ed è tornato duro e splendente, qualcosa torna sempre al suo posto; i volti di coloro che non ci sono più svaniscono nell'oblio al quale sono destinati, il dolore si quieta e le promesse della vita tornano a farsi reali.
Harry e Ginny sanno che gli incubi rimarranno sempre intrecciati sotto le loro pelli – ma sanno anche che esiste un modo per dimenticarli.
Ci sono notti in cui Harry finisce di piangere contro la spalla di Ginny – concedendosi di lasciar defluire il catrame putrido del dolore che gli appesantisce le vene – e accoglie le dita di lei tra i capelli e quella bocca morbida che sfiora delicatamente la sua come un fiotto d'acqua fresca a una disperata gola arida.
-Ti amo.- le mormora sempre Harry prima di ricominciare a baciarla. Vede Ginny sorridere e sorride a sua volta mentre inizia a sbottonarle lentamente la camicia da notte, che presto finisce abbandonata sul pavimento.
Quando si spinge in lei, le dita apparentemente delicate di Ginny iniziano a graffiargli la schiena e la sua bocca a ricoprirgli il collo di baci roventi. Il profumo di lei gli crepita addosso e si intreccia alle sue vene al posto del catrame e lo manda fuori di testa e Harry ha dimenticato cos'ha visto negli incubi che lo hanno fatto svegliare con la gola raschiata dalle urla, ha dimenticato il colore del sangue e il sapore del dolore e del senso di colpa, li ha annegati e liquefatti nel piacere che lo avvolge mentre il corpo morbido di Ginny preme contro il suo e la vita torna a essere luce che splende nell'oscurità, lunghi capelli rossi sparsi sul cuscino come lingue di fuoco, la gioia selvaggia del sentirsi ancora vivi e brucianti di amore e di una giovinezza che non è mai stata veramente perduta.
La vita ha rubato loro la spensieratezza – ma loro, guerrieri spezzati che non hanno mai smesso di camminare a testa alta, sanno come ingannare la notte e sfuggire ai suoi artigli, agli scheletri che escono dall'armadio e ai mostri che strisciano da sotto il letto, per recuperare la loro natura di esseri umani consumati dal fuoco, dall'ebbrezza, dall'amore che più di una volta, in ogni sua forma e sfumatura, ha salvato le loro anime.


Note

La Harry/Ginny è la mia OTP (Insieme alla Grindeldore) per cui è strano che in anni di carriera da fanwriter io abbia scritto poco o nulla su di loro.
Questa storia è stata ispirata da un vecchio tweet della Rowling, secondo cui le morti nell'ultima battaglia di Hogwarts “will hunt Harry forever”, e dalla mia intenzione di esplorare un tema poco affrontato nelle fanfiction, ovvero il trauma di Ginny nell'essere stata posseduta da Voldemort durante il primo anno.
Trovo che sia questa la bellezza del pairing Harry/Ginny, la loro capacità di capire l'uno i demoni dell'altro e di farsi forza a vicenda. Ho provato a rappresentare il Post Traumatic Stress Disorder (ovviamente in maniera moolto accennata) in quanto trovo credibile che tutti i sopravvissuti alla battaglia di Hogwarts ne soffrano in un modo o nell'altro. Spero di essere riuscita a fare un buon lavoro a riguardo.
Grazie a chiunque recensirà :)
   
 
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