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Autore: KikiWhiteFly    21/11/2020    0 recensioni
[L\\\'Allieva]
[ L'Allieva | Tributo dedicato ad Alice Allevi e Claudio Conforti ]
"La scena non potrebbe essere più comica, ai limiti dell’assurdo, se solo ad Alice non sfuggisse con un fil di voce una frase che avrebbe segnato il proseguo della sua intera giornata.
«Tu hai del potenziale per farmi così male...».
È una frase volutamente incompleta, come lasciata in sospeso sulla corda di un equilibrista, che lo lascia per l’appunto sul filo del rasoio.
Il rumore metallico dell’anta che sbatte lo riporta alla realtà e Claudio pensa che sanno entrambi dove colpire e sarebbero potenzialmente in grado di scatenarsi delle guerre interiori l’uno contro l'altro – è questo il prezzo da pagare quando ci si dà in pasto alle emozioni?".
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Alice lancia il velo alla rinfusa in modo alquanto teatrale, come liberatasi da un pesante
fardello; la sensazione, in fondo, è grossomodo quella: la fine di un lungo e tortuoso percorso,
nonché l’inizio di un altro nuovo, misterioso capitolo.
Di tutti i misteri risolti da Alice, Claudio rimane forse il più enigmatico e l’unico capace di
tenerla col fiato sospeso fino all’ultimo: non si sarebbe mai sognata, infatti, un’imboscata
così ben riuscita, né avrebbe mai immaginato che una giornata del tutto ordinaria si potesse
trasformare nella più memorabile della sua vita.
«A questo punto, la tradizione prevederebbe che tu mi prendessi in braccio oltrepassando la
soglia di casa».
«Eh no, Sacrofano, mi sembra di aver già dato a vita in quanto a tradizioni...», chiosa lui,
sbottonandosi il polsino della camicia.
Alice sorride in sua direzione senza motivo alcuno, si sente ubriaca di felicità e non riesce
ancora a credere che il perimetro che stanno occupando sia lo stesso nel quale, solo qualche
anno prima, discutevano la natura del loro rapporto.
Aiutandolo a sbottonare l’altro polsino, Alice cerca tacitamente il suo sguardo: «Non è
l’unica tradizione da osservare, però...».
Evento più unico che raro, pare che Claudio non abbia risposte sarcastiche da elargirle
stavolta, il tempo delle parole è finito anzi, si stupisce ancora che ne abbia trovate così tante
e che le abbia proferite in modo così plateale poc’anzi –, ma dei gesti concatenati e delle
carezze, dei baci lascivi e dei momenti che saranno sempre e solo loro, a riparo da qualsiasi
interferenza esterna.
Alice solleva appena le punte, facendosi leva sulla giacca di Claudio, carezzandogli con le
labbra il collo e imprimendogli baci leggeri e fuggitivi in prossimità del colletto. È un gesto
che lo rabbonisce e lo punzecchia, ormai Alice l’ha imparato col passare degli anni, ed è
proprio quell’intimità speciale ciò che ama di più nella loro relazione.
«Tu vuoi davvero rovinarmi...», la redarguisce con quel suo fare sardonico, sciogliendole i
capelli.
«Già fatto, a dire il vero», commenta altrettanto sagacemente Alice.
Ed è in quell’attimo, mentre si muovono in maniera ben poco coordinata in direzione di
un’altra stanza, che nella mente di Alice si affaccia un pensiero fuggiasco e si rende
effettivamente conto di quanto Claudio sia la miglior rovina capitatale e che ripeterebbe
quella giornata infinite volte, ora che non deve più sognarla.
Indissolubilmente
I take a walk, but thoughts are louder than the cars”.
Può ancora avvertire l’aura di egocentrismo che ha lasciato sul cosiddetto luogo del delitto il
medico legale e le nocche delle mani le prudono ancora se ripensa al trattamento che le è
stato appena riservato.
Alice gli restituisce in maniera assai impacciata la telecamera, stando ben attenta a non
incrociare il suo sguardo per non perdervisi, mentre la mente vaga verso scenari ben poco
probabili e destinati a venir catalogati nelle sue fantasie più fulgide.
«Hai capito?», la interrompe il Dottore, distogliendola di botto.
Alice è quasi certa che le abbia spiegato un dettaglio scientifico del massimo valore e
annuisce con insistenza, forse anche troppa, guadagnandosi un’occhiata truce da parte del
diretto interessato.
«Libererei la mia agenda solo per vedere la pessima figura che farai all’esame di Medicina
Legale», la rimbecca divertito.
Almeno potrei rivederti, pensa in cuor suo Alice, preoccupandosi ben poco dell’esame che
dovrebbe affrontare da lì a breve.
Il Dottor Conforti pronuncia un veloce: ‘Vabbè, qui ho finito’, defilandosi dalla scena in
qualche istante e lasciandosi dietro la scia di una colonia sicuramente molto costosa.
Alice rimane imbambolata di fronte al corpo esanime di Tamara, rendendosi effettivamente
conto dell’accaduto, ma aprendo anche la mente alla consapevolezza di essersi appena
risvegliata da un incantesimo e di sapere, per la prima volta nella sua vita, quale svolta
imprimere alla sua carriera.
I cannot clear my mind at all. Nothing works at 5 o' clock, nothing works when morning
comes”.
Alice sfiora ossessivamente i margini della bocca, come se potessero prendere fuoco da un
momento all’altro, mentre ripercorre in sequenza le azioni che li hanno condotti a ritrovarsi
labbra contro labbra, per un lasso di tempo non indifferente ora che ci ripensa devono
essere trascorsi minuti, non le sentiva così infiammate da una vita.
Quel che è appena accaduto non ha un senso logico, non è altro che un inciampo involontario
e non si dovrà ripetere mai più; Alice si sgrida mentalmente, ma viene distolta dalla chiamata
che compare sul suo display.
Ecco i sensi di colpa che si materializzano, pensa Alice, sentendosi sporca e più infida che
mai.
Arthur, il fidanzato che ama e che la rispetta, la sta chiamando da chissà quale paese o, anzi,
chissà quale nazione, ritagliandosi un po‘ di tempo appositamente per aggiornarla, mentre lei
è talmente poco originale da cedere alle lusinghe dello scampolo più bramato del Regno.
È con questo umore che Alice preme sul tasto verde, mordicchiandosi nervosamente il labbro
inferiore, mentre la voglia di scavarsi un fosso e immergercisi dentro non le sembra un’idea
così paranormale.
«Amore, ciao», l’inflessione è quasi caricaturale e se ne accorge solo qualche secondo dopo.
Arthur non sembra averci fatto caso, poiché risponde un sonoro: «Alice, finalmente ho
trovato il tempo di chiamarti. Ti sembrerà assurdo, ma ti stavo immaginando qua... hai
presente quei luoghi che ti ricordano una persona, per puro caso? Ecco, io ti immagino qui.
Tu occupi i luoghi e la mente, ovviamente...».
Le parole di Arthur sono tenere e lusinghiere, sebbene l’effetto che provocano sia lo stesso di
una lama affilata e finisce col sentirsi ancor più in colpa nell’udirle la coda dell’occhio si
dirige inevitabilmente in direzione dell’altra parte della sala, laddove c’è sempre lui,
indaffarato nell’atto di commissionare ordini e ricerche.
Tu occupi i luoghi e la mente... e il cuore, aggiunge Alice, riprendendo la sua citazione.
Dall’altra parte sente un sonoro cenno di assenso, ma nel pronunciare quelle parole non può
fare a meno di osservare con fissità la scontata ordinarietà della scena che si svolge dall’altra
parte del corridoio e, in men che non si dica, le certezze vacillano un po’.
The light is off and I toss and turn in bed”.
Le prime luci dell’alba si levano alte, accompagnate dai rumori che solo in prima mattinata si
possono udire; Alice contemplerebbe quella scena, se solo la realtà non le apparisse più nitida
che mai e il senso di colpa non le montasse dentro strenuamente.
Si sente stretta in una mossa contorsionista e non riesce a comprendere come sia possibile che
si siano ritrovati accovacciati così: le lunghe, possenti braccia di Claudio sono incollate alla
sua schiena, mentre il capo di Alice è talmente vicino al suo cuore allora non lo ha
cristallizzato, pensa tra sé e sé da avvertirne il battito.
La sua mente riflette a lungo sul da farsi e forse, inconsciamente, vorrebbe bearsi di quella
sensazione finché dura; eppure la parte razionale di sé, quella che chiaramente qualche ora
prima deve aver scioperato, le fa notare quanto inconveniente sia stato l’intero accaduto.
Si muove in verticale, liberandosi da quella morsa, scivolando dal basso e servendosi di quei
pochi riflessi che sembra aver conservato; Claudio non pare dar cenno di volersi svegliare e,
osservandolo da quella prospettiva, tutto appare fuorché un diavolo tentatore.
Da un lato vorrebbe etichettare quella notte solo come il frutto di una tensione arrivata oltre i
limiti del sostenibile, una sorta di valvola di sfogo e un desiderio recondito, sepolto nelle sue
più sfrenate fantasie, compiutosi ed esauritosi carnalmente.
Alice vuole convincersi che si tratti di null’altro se non dell’estro della sua mente, dopotutto
ha sempre trovato Claudio Conforti attraente e bensì la sua personalità lo smonti
completamente, non si può certo negare che eserciti un certo fascino. Poi, però, si detesta
profondamente e pensa a quanto sia stata venale nel commettere quel passo falso,
contribuendo ad essere solo l’ennesima ruota di un lungo e affatto originale carro.
Riflette sul da farsi, forse dovrebbe semplicemente andarsene e infilarsi nella sua camera,
aspettando l’effettivo inizio di un’altra giornata congressuale per tenere la mente occupata.
Ma una parte di sé pensa che dovrà affrontare quella situazione prima o poi, allora si distende
nuovamente, con gli occhi aperti a studiare i lineamenti di Claudio stavolta ad una distanza
accettabile, sono separati solo da un raggio di sole che li divide esattamente nel bel mezzo del
letto , mentre ripercorre con la mente quanto avvenuto.
I loro movimenti, le mani che si sfiorano con tremore iniziale, trepidanti di ciò che avverrà, la
chiave nella serratura che ha bisogno di un paio di mandate, il vestito che le scivola pian
piano, la giacca di Claudio che getta con poco riguardo, la loro pelle che si tocca e si studia
per un attimo, prima di concedersi ad un altro lungo e disperato bacio, come se ne fossero
stati in astinenza sino ad allora.
Ma è tutta colpa del vino, si ripete Alice sommessamente, socchiudendo le palpebre. Il
dramma reale è che persino ora, in tutta la sua riappropriata sobrietà, quanto accaduto tra loro
si ripete come in una sequenza cinematografica nella sua mente e non ha più nessuna
giustificazione da potersi dare.
▪ “ Sometimes we hide, sometimes we just pass it by”.
È l’alba di un altro giorno in Istituto e ogni cosa le appare in maniera diversa, da quando
Claudio si è aperto con lei. È come se da quel momento avesse smascherato l’ultimo strato di
un fondale e ne avesse visto, di conseguenza, il vero volto per la prima volta.
Da quella mattinata, però, ogni situazione assume un significato diverso, come se ci fosse
qualcosa di non detto eppur inteso tra le righe; il fatto che Roma sia una canicola in pieno
agosto e che non ci sia anima viva, poi, non aiuta di certo la sua situazione.
Fino ad allora aveva sempre pensato a Claudio come ad un uomo difficile, dai modi spesso
bruschi e arroganti, ma soprattutto potenzialmente pericoloso per il suo cuore. Eppure, sin dal
primo giorno, qualcosa l’aveva attirata e spinta in sua direzione, un climax in crescendo, che
non aveva saputo o voluto frenare.
Possibile che la verità fosse sempre stata lì, sotto ai suoi occhi, ma che fosse solo troppo cieca
per affrontarla e darle una definizione?
Anche ora che Claudio è in laboratorio ad elaborare un test comparativo, pur non dicendo
nulla, percepisce l’atmosfera tesa che si erge fra loro e viene amplificata dai rumori prodotti
dai macchinari, dal computer in piena fase aggiornamento e dai rumori emanati dalle provette
di vetro alle quali Alice tenta di dare un ordine sensato.
Avverte una scossa, fisica e figurativa, quando Claudio le sventola davanti un foglio
incrociando il suo sguardo teso mentre quello del Dottor Conforti, com’è prevedibile del
resto, non mostra emozione alcuna e trasuda null’altro se non professionalità.
«Pensi che questi risultati si confronteranno da soli se non li analizzi, Allevi?», sbuffa con
quel suo fare superiore, indicando con la coda dell’occhio i documenti in coda nella
stampante.
«Ah, devo averli dimenticati. Grazie Claudio».
«Evviva le novità», incalza lui, poggiandosi col gomito sulla scrivania, a distanza ravvicinata.
Ora i suoi occhi la scrutano seriosi e Alice deve invocare tutto l’autocontrollo in suo possesso
per non lasciarsi incantare dalla profondità degli stessi e ricordarsi che sta lavorando, ha una
lista di ricerche da svolgere e potrebbe sempre riscoprire i bassifondi dell’Istituto e catalogare
una serie di reperti tenuti sottochiave, nel caso avesse bisogno di cambiare aria.
Distoglie forzatamente lo sguardo, prima di ribattere piena di dignità e di inusuale freddezza:
«Ora posso tornare a lavorare».
Sorprendentemente Claudio intende al volo e le lascia il suo spazio vitale, sebbene la sua
espressione sembri accompagnata da un sorriso amaro e da un’unica battuta, pronunciata
senza alcun fronzolo: «Prima o poi dovrai affrontarci, Alice».
▪ “I love your fingers pulling me high on that hill again”.
Stupida, stupida Alice. Sei proprio l’ingenuità per antonomasia.
Alice si continua a ripetere quelle parole da un’oretta, agitando nervosamente il composto che
sta analizzando tra le sue mani, tant’è che Lara interviene acidamente per placarla: «Ali,
anche basta. Accanna, oh. Vai avanti da un’ora».
In effetti non ha tutti i torti, basterebbe che prendesse semplicemente atto del fatto che certi
uomini sono destinati a rimanere uguali e nulla potrà mai cambiarli.
I suoi pensieri volano nell’aria quando il suddetto soggetto si presenta nella Sala
Specializzandi per un nuovo, entusiasmante caso da cui apprendere e sarebbe interessante e
formativo se solo la natura del loro rapporto non avesse superato qualsiasi sia la soglia oltre i
limiti dell’imbarazzo.
Alice tenta di evitare l’invito fuggendo letteralmente in Laboratorio, ma è Claudio a
inseguirla stavolta e a ricordarle quanto già temeva.
«Ti ricordo che non è un invito di cortesia».
Si tratta di una logica inoppugnabile, alla quale Alice può solo fare un cenno di assenso.
«E non rendiamola più difficile di quanto già non sia, Alice», sembra sul punto di sfiorarle la
guancia con una mano, poi però la ritrae di scatto.
Non sia mai che l’Istituto possa vederlo umano, pensa Alice, fingendo malamente
indifferenza.
Tuttavia, la sua risposta basta a darle l’impulso per tornare alla carica più forte di prima:
«L’unico a renderla difficile, tra noi due, sei tu».
Quindi prende la telecamera e si munisce del necessario, lasciandolo in una stanza a metà tra
il titubante e l’inferocito, ben sapendo che sta già meditando come fargliela pagare al
prossimo sopralluogo. E tuttavia, pensa spiandolo con la coda dell’occhio, lasciare di stucco
CC varrà qualunque tortura si prospetterà all’orizzonte. Peccato che si tratti di un’amara
vittoria, dal momento che ciò non cambia la natura del loro rapporto e, in particolar modo, il
subbuglio che continua ad essere capace di suscitare nel suo cuore.
▪ “I wonder why I feel so high”.
I ‘ti amo’ di Claudio, pronunciati affondando il capo tra i suoi capelli, quasi come a volerli
nascondere, le provocano una serie di emozioni contrastanti: dall’ilarità più sguaiata alle
lacrime confuse, il tutto nel giro di qualche minuto. Potrebbe essere la notte giusta per
confonderlo più del solito, ma d’altro canto si è appena precipitata all’Aeroporto correndo coi
tacchi alti e ha appena trascorso il resto della serata a sincerarsi che le condizioni di Sergio
Einardi fossero davvero stabili, le sembra di aver giocherellato sin troppo col karma.
Sono le cinque del mattino, l’abbacinante manto notturno sembra voler cedere il posto alle
soffuse luci dell’alba e pur tuttavia non sembra loro che sia il momento di sgomberare la
mente e abbandonarsi all’oblio.
Le mani di Claudio la stringono ancora forte, come se temessero di perderla nuovamente,
mentre oltrepassano la soglia della porta; per la prima volta nella sua vita Alice non sa cosa
dire e, anche se non lo ammetterebbe mai, la mancanza di battute sardoniche sembra denotare
lo stesso piglio anche in lui.
Il rumore delle chiavi metalliche lanciate sul tavolino di vetro rimbomba come un’eco che
sovrasta ogni cosa e suscita l’effetto di un incanto che infrange la stasi del momento,
portandoli a cercare un confronto diretto, occhi negli occhi, a ritrovare quella complicità che
non hanno mai davvero abbandonato.
Alice non molla la presa dal suo sguardo e sfila quegli ostici tacchi che le hanno provocato
tante gioie quante afflizioni in una sola sera, poi afferra le mani di Claudio tra le sue dita e le
conduce verso i suoi fianchi e un po‘ più su, in direzione della zip del suo vestito
grossomodo, guidandolo in un gioco di sguardi e di baci rubati.
Stavolta Alice vuole crederci, vuol darsi in pasto al destino e farsi abbracciare
dall’imprevedibile sviluppo che sembra promettere la loro relazione le sembra persino
strano chiamarla così, a ben pensarci, dopo aver vissuto nella clandestinità per tanto tempo.
Il volto di Claudio sembra voler sposare i suoi pensieri e le loro labbra si lanciano in un tira e
molla incessante e molesto, mentre i loro respiri si confondono in un crescendo di emozioni
che sanno di attimi persi, partenze mancante e, soprattutto, di sentimenti falsamente negati.
Una sola, rapida occhiata al diamante che ora adorna alla perfezione il suo anulare e uno di
quei sorrisi autentici da parte di Claudio, più unici che rari invero, che gli ha visto in volto un
numero circoscritto di volte, dopodiché è tutto un susseguirsi di movimenti che conosce sin
troppo bene, di baci dissoluti che li conducono a doversi separare forzatamente per riprendere
fiato e di centimetri di pelle che si scontrano e si confondono.
Claudio continua a ripetere il suo nome con strascico, come se avesse la capacità di
infliggergli la peggior pena e il miglior antidoto al tempo stesso e forse la loro storia potrebbe
essere riassunta banalmente così.
“And I wonder, yes I wonder, why I feel so high”.
Alice si perde nei dettagli del suo diamante, beandosi di un’altra visione che la vede sposata
in cima alla Torre Eiffel deve decisamente mettere un freno alle sue fantasie e, soprattutto,
smettere di vedere a ripetizione Prima o poi mi sposo.
La sua mente è per l’appunto occupata da tutti quei pensieri che prendono forma, quando le
dita di Silvia che le schioccano davanti a più riprese interrompono il suo personalissimo
montaggio cinematografico e la fanno precipitare nella solita, ben poco esaltante realtà.
«Sei di nuovo in una dimensione parallela, Alice?».
Silvia le ricorda che la loro pausa dovrebbe essere equamente condivisa e se l’una dovrebbe
parlare delle visioni matrimoniali, l’altra dovrebbe distruggerle completamente – è un
equilibrio delicato, una di quelle Leggi di Murphy non scritte.
«Che poi quell’anello lo portavi anche da prima... non avrebbe dovuto chiedertelo prima e
poi dartelo? Le basi, Dio...», sentenzia argutamente Silvia.
«Parliamo di CC».
È già molto che le abbia fatto una sorta di proposta, vorrebbe ribattere, ma preferisce tacere
circa le modalità per ora discutere della proposta in sé avvenuta di fronte ad un cadavere
fresco di Laboratorio non è l’ideale per la loro pausa pranzo.
Tuttavia, Alice non avrebbe potuto immaginare location più adatta, anche se non glielo dirà
mai a voce e continuerà a citare in sua presenza le migliori proposte cinematografiche giusto
per poterglielo rinfacciare, dopotutto la Sala Settoria è stata il teatro delle loro tappe
fondamentali.
Possibile che anche Claudio abbia pensato la stessa cosa?
Possibile che si sia angustiato, a suo modo chiaramente, pensando a come avrebbe trovato le
parole da proferire e che la Sala Settoria sia stata un simbolico punto di raccordo tra il vissuto
e ciò che dovrà avvenire?
Vista in tal maniera, Alice si convince di essere stata la protagonista di una memorabile
dichiarazione d’amore, nemmeno le sue fantasie più vivide sarebbero potute arrivare a tanto;
istintivamente, la mente balza alla pila di DVD accatastata nella sua stanza, immagina
Matthew McConaughey che la osserva in modo torvo, impartendole una ramanzina sulle basi
del romanticismo.
“ Everybody needs somebody”.
Accarezzando la fronte di Claudio e giocando con i suoi ciuffi ribelli, Alice è giunta ad una
conclusione: vedere chi si ama soffrire è ben più penoso della propria sofferenza, è qualcosa
di inconcepibile a cui assistere e il fatto che non si possa far nulla per alleviare quel dolore
non aiuta.
Il fioco bagliore dell’abatjour illumina il volto vagamente più disteso di Claudio e, come per
osmosi, anche la sua fronte si distende. L’inusuale espressione di serenità probabilmente è
conciliata dal mondo dei sogni, l‘unico universo nel quale ci si può abbandonare
completamente, il che porta Alice a dover fare i conti con quanto avvenuto poc’anzi.
Non aveva mai visto Claudio così fragile, non aveva mai visto nel suo volto tanta sofferenza
tutta assieme: quell’immagine indelebile era bastata, da sé, a toglierle il sonno e a riflettere su
un piano d’azione quanto più rapido possibile.
Tracciando un’immaginaria linea cronologica della loro storia d’amore, ciò che si stava
approcciando a fare avrebbe avuto del potenziale per essere fissato come un evento storico di
portata epocale.
Alice si prepara in fretta e furia, mossa da una trepidazione che la assale da capo a piedi,
mentre le sovviene una sospettosa citazione che deve aver letto in piena adolescenza: ‘Quel
che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male’.
Forse la coscienza le sta mandando un segnale o forse non è mai stata un portento nel
contestualizzare le parole o più probabilmente, come direbbe Claudio, è semplicemente
innamorata e non è una testimone oggettiva.
D’altro canto, è pur vero che svolgerebbe il suo lavoro al meglio se solo fosse algida e
calcolatrice, basandosi sui dati meramente scientifici, come la Professoressa Manes le ha
insegnato ma si è mai sentito parlare di un innamorato oggettivo?
Alice riflette sul fatto che non sembra serbar ricordi di un amore analitico, almeno non nel
bagaglio culturale del quale ha memoria, mentre lancia un’ultima occhiata ai piedi del letto di
Claudio e mormora con un fil di voce: ‘Lo faccio per te, amore mio’.
“We’ll sail and cross the world to see what’s going on”.
Potrebbe trattarsi della suggestiva atmosfera oltre continente, ma le sembra che persino il
cielo assuma altre sfumature in Australia o potrebbe benissimo esser colpa del bicchiere di
Martini di troppo che ha bevuto a cena.
Si ritrova con la schiena appoggiata allo stipite della portafinestra che divide quell’antro
dall’infinito spazio che occupa la spiaggia, accompagnata naturalmente dalla vastità
dell’oceano che si perde ben oltre il visibile. È una visione ben diversa rispetto a quella
trafficata e sonora, soprattutto sonora, alla quale è abituata a Roma e forse è per quel motivo
che fa più fatica ad appisolarsi.
È più difficile abituarsi alla tranquillità anziché al trambusto, soprattutto in considerazione
del fatto che recentemente le loro vite sembrano aver conosciuto quest’ultima facciata. I
pensieri si dileguano rapidamente quando incontra l’espressione vagamente sorniona di
Claudio, illuminato dal bagliore artificiale emanato dall’abatjour.
«Fammi indovinare, cerchi di farti passare la sbronza», ammonisce con tono di scherno, con
l’aria di chi sta trattenendo malignamente una risata.
«No. Sono sobrissima», inveisce, forse a voce un po’ troppo alta per poter essere creduta.
Poi, abbandona l’angolo che si era ritagliata e si avvicina cautamente al bordo del letto,
osservando con la coda dell’occhio la sveglia e convenendo che in effetti è un po’ tardi e
dovrebbe accarezzare l‘idea di sdraiarsi piuttosto che sognare ad occhi aperti.
Claudio le sfiora delicatamente la spalla con un bacio, poi mormora con tono mellifluo: «E
pensa se fossi stata brilla... Anche perché sappiamo come finisce la maggior parte delle volte
quando ci siamo di mezzo noi, un hotel e il vino».
Alice soffoca una risata abbassando il capo, in effetti l’intera situazione ha dei contorni
piuttosto familiari se solo non fossero in tutt’altro continente e, soprattutto, sposati; quindi, la
sua mano carezza la guancia di Claudio, come per tastare la realtà del momento, beandosi per
un lungo istante di quella sensazione di pura intesa.
«Sai a cosa stavo pensando?».
«Che quando mi hai sposato hai fatto proprio un bell’acchiappo?», tuona lui, invocando la
miglior dote in suo possesso, ovvero sia la modestia.
«Anche... ma soprattutto che ogni giorno è un nuovo giorno. Lo è davvero...».
Con te, vorrebbe dirgli, ma si rende conto di non aver bisogno di estrapolare quelle parole e
che Claudio gliele sta leggendo negli occhi. D’altro canto, anche lei può leggergli dentro e
rendersi conto di quanto vorrebbe dirle parole altrettanto profonde, se solo non sentisse
ogniqualvolta di doversi scontrare con la sua complicata personalità. Quindi, è molto più
semplice dimostrarglielo attraverso un gesto apparentemente innocuo e stringerle con forza la
mano sinistra, trattenendovi le labbra per un tempo indefinito.
Alice inclina docilmente il capo verso destra e pensa che siano proprio quei mansueti atti di
pura e complice vulnerabilità a farle perdere un battito, pur col passare degli anni. E nel
mentre quei pensieri prendono forma, ignari di qualsiasi dimensione spaziotemporale, le dita
di Alice gli arruffano dolcemente i capelli, come per contraccambiare quella delicatezza ed è
allora che, pur flebile e sussurrato, può udire le parole di Claudio: «Lo è davvero.
Tremendamente».
_____________
Note:
Le canzoni citate sono Nothing works at 5 O’Clock”, “Sometimes” e “Wonder”, dei The
Shalalalas.
“Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male”, è una delle mie citazioni
preferite (di sempre) di Friedrich Nietzsche e l’ho trovata calzante per quell’episodio in
particolare, pensando alle ragioni di Alice.
Vorrei anzitutto ringraziarvi per tutte le vostre belle parole e le vostre letture, mi hanno fatto
davvero piacere!
Sapere che non sono la sola che non ce la fa a superarli mi consola in qualche modo e dopo
aver scritto venti pagine di fan fiction forse potrei passare alla fase dell’accettazione...? La
vedo ancora dura.
In ogni caso, la storia è come sempre pensata in parallelo e fa riferimento alle prime volte di
Alice e Claudio, ma stavolta dal punto di vista di Alice. Che dire, ci mancheranno ma li
potremo sempre ritrovare negli episodi e nei libri della Gazzola.
Grazie ancora a tutti voi per il supporto!
   
 
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