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Autore: Helen_Book    22/11/2020    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Un rumore di stoviglie svegliò Eileen. Aprì leggermente gli occhi. Era da poco passata l’alba, per fortuna aveva la possibilità di riposare un’altra oretta.
Cambiò posizione e richiuse gli occhi.

Il rumore proveniva dalla cucina: mamma è in casa.

Quel pensiero fu come una doccia fredda. Spalancò gli occhi, si alzò bruscamente, rischiando di perdere l’equilibrio. Non c’era tempo da perdere, doveva riuscire a parlarle.

Stordita ancora dal sonno, scese le scale il più in fretta possibile.

La mamma era di spalle, intenta a lavare i piatti. Era sicura che avesse notato la sua presenza, eppure continuò a darle le spalle. Eileen, allora scosse il campanello appeso al collo, aspettando che si girasse.

“Vuoi che ti prepari qualcosa?” le chiese con tono piatto, senza guardarla.

Eileen continuò a muovere il campanello, questa volta con maggiore intensità. Era abituata ad essere ignorata, stranamente anche da sua madre. Tuttavia, quel giorno non le andava bene. Si sentiva più energica, più arrabbiata.

“Hai finito di scuotere quel maledetto campanello? Non è da te”, le disse dopo essersi girata.

Eileen la guardò in cagnesco: “Smettila di ignorarmi, allora”, le segnò in risposta.

“Non ti sto ignorando, sono semplicemente indaffarata” affermò, abbassando subito lo sguardo. “Se vuoi qualcosa da mangiare, dimmelo che te la preparo. Tra dieci minuti devo andare”, aggiunse, ridandole le spalle.

Fino a pochi secondi prima, Eileen si riteneva una persona calma e pacata, eppure la sua reazione fu tutt’altro che tranquilla, tanto che finì per stupire se stessa.

Si tolse il campanello dal collo e con forza lo scagliò nel lavello, sfiorando di pochi centimetri il volto di sua madre. Subito dopo, affondò insieme ai piatti sporchi.

“Ma sei impazzita?!” le gridò, dopo essersi girata di scatto.

Eileen era già pentita, eppure la rabbia continuava a bruciarle dentro: “Finalmente ho la tua attenzione” le rispose muovendo le mani.

“Ti sembra una reazione normale la tua?” mantenne un tono di voce alto.

“Ti sembra normale che mi eviti da giorni?”

“Non ti sto evitando” disse abbassando la voce e lo sguardo.

“Non sai proprio mentire. Qual è il tuo problema?” le mani si muovevano freneticamente, seguendo una logica che sfuggiva perfino a lei.

“Qual è il tuo di problema! Vuoi uccidermi con un campanello?”

“Smettila di fare la melodrammatica e rispondi alla mia domanda… per favore” decise di utilizzare la carta della diplomazia, sperando fosse efficace.

La guardò per qualche secondo senza parlare e poi aggiunse: “Tu invece sei una bravissima bugiarda.”

Come se avesse ricevuto uno schiaffo, il suo primo istinto fu quello di indietreggiare. Non lo fece. Rimase salda nella sua posizione: “Che significa?”

“Lo so che hai incontrato qualcuno nel bosco. Non eri sola. E per giunta non con qualcuno del nostro branco.”

Eileen non era pronta a reagire: l’aveva colta di sorpresa. Sapeva di non essere brava a nascondere le proprie emozioni, e questo sua madre lo sapeva.

Non provò neanche a negare. Rimase in silenzio.

“Non hai nulla da dire? Sai come l’ho scoperto? Non ti interessa saperlo?” le chiese sollevando il mento.  

Eileen scosse la testa. Oltre Mala e Shura, nessuno sapeva di Roman. Dubitava che avessero parlato.

Era troppo orgogliosa per chiederglielo direttamente.

Ad un tratto, le venne in mente la piccola cordicella che Roman le aveva donato prima di partire. Voleva che avesse qualcosa di suo e allora, agilmente si era sciolto i capelli, lasciandoli cadere sulle spalle. Eileen aveva seguito tutta la scena, senza togliergli gli occhi di dosso.

“Lo so che ti piacciono i miei capelli” aveva aggiunto lui ammiccando, prima di lasciarla andare. Le sue guance si erano colorate di porpora e per l’imbarazzo aveva abbassato lo sguardo sulla cordicella.

Con delicatezza, l’aveva presa dalle sue mani, sfiorandogli il palmo. Si era soffermata volutamente qualche secondo in più, godendo di quel breve contatto.

“Mi stai ascoltando?” chiese sua madre destandola dai suoi pensieri.

Alzò lo sguardo in segno di sfida, ma non disse nulla. Sapeva che aveva rovistato tra la sua roba e questo la faceva infuriare ulteriormente.
Non si meritava nessun tipo di spiegazione.

“Va bene, ora chi di noi due sta evitando il discorso?” incrociò le braccia esasperata.

Eileen non aveva intenzione di interrompere il suo monologo.

“Va bene, fai come vuoi. Escludimi come fai sempre. Scommetto che sono l’unica a non sapere la verità. Immagino che Bentlam ne è già al corrente, vero?”

Era invidiosa di Bentlam?

Non ce la faceva più ad ascoltarla. Era arrivata al limite. Scosse la testa e fece dietrofront, risalendo le scale.

“Dove stai andando?” disse provando a raggiungerla.

Prima che ci riuscisse, Eileen sbatté la porta.
Sentì i suoi passi sulle scale, tuttavia nessuno bussò.
Nonostante fosse arrabbiata, ci aveva sperato che la rincorresse. Ci aveva sperato che le importasse.

Pochi minuti dopo, sentì la porta principale chiudersi. 
 
La rabbia scemò e la tristezza prese il sopravvento.

Si diresse verso il cassetto della scrivania e tirò fuori la piccola cordicella. L’avvicinò alla guancia, con la speranza di frenare le lacrime.

Invano.
 
 


Uno, due, tre, giù. Uno, due, tre, su.

Nel bel mezzo dell’allenamento, Mala ripeteva quella formula come un mantra, sforzandosi di mantenere la concentrazione il più a lungo possibile. Di recente, stava diventando un’impresa.

“Concentrati, fiocco di neve, non voglio spaccarti la faccia involontariamente” la richiamò al presente il ragazzo con cui stava combattendo.

In quei giorni, Noah si era rivelato un vero rompiscatole. E un amico. Nonostante avesse notato il suo umore nero, non aveva provato ad impicciarsi nei suoi affari. In compenso, continuava a sfotterla. Il nomignolo che le aveva affibbiato ne era la prova.

“Tesoro, potrei batterti ad occhi chiusi e farti il culo come ho fatto con quei tre novelli nella foresta” affermò Mala, assestandogli un colpo sul fianco.

Noah reagì spostandosi di lato, cercando, subito dopo, di riconquistare terreno.

“A proposito, lo sai che Gun sta aspettando il momento giusto per vendicarsi, vero?” aggiunse leggermente preoccupato.

“Sa dove trovarmi” sicura di sé, provò a colpirlo in viso, ma questa volta, lui fu più veloce. Le afferrò il braccio, facendole perdere l’equilibrio.
Per non cadere, si ritrovò ad appoggiare entrambe i palmi sul suo petto, annullando totalmente le distanze.

Wow, che muscoli!

Nonostante avesse compiuto da poco 18 anni, Noah aveva un fisico invidiabile e ora ne aveva una prova concreta.

Sbaglio, o non sta più respirando?

Alzò lo sguardo per accertarsene. Le gote tinte di rosso non lasciavano dubbi. Era riuscita a lasciarlo senza parole.

Con un sorriso ammiccante, ruppe il silenzio: “Tesoro, ora chi ha perso la concentrazione?”

Bruscamente Noah si ricompose ed allontanò le sue mani come se scottassero.

“Fiocco di neve, ci vuole ben altro per farmi perdere la concentrazione” le rispose, cercando di sembrare il più disinvolto possibile.

“Se lo dici tu…Quindi hai detto che Gun vuole farmi il culo, giusto?” gli chiese cercando di spostare l’argomento su un terreno più sicuro.

“La scorsa settimana ero nell’altro gruppo ad allenarmi e l’ho sentito vantarsi delle sue prodezze nella foresta, senza sapere che tutti i novelli l’hanno visto con un coltello infilato nella gamba”, scosse la testa “è una causa persa, ormai lo sanno tutti.”

“Intanto è riuscito ad entrare nell’addestramento per diventare guerriero.

“È normale, il suo paparino è nella Corporazione 1” spiegò alzando le spalle.

“Jax è suo padre?” conosceva tutte le persone con cui il suo Padrone lavorava, era strano che le fosse sfuggita quella parentela.

“Patrigno, se possiamo definirlo così. Lui se la fa con sua madre, quindi…Ci avrà messo una buona parola, ne sono certo. Purtroppo, non tutti abbiamo la fortuna di avere un papà influente” concluse con una risata amara.

Scese il gelo. Mala non rideva più. Dopo qualche secondo, il ragazzo sembrò accorgersene e provò a rimediare: “Non mi riferivo a te, naturalmente. Si vede che…”

Prima che potesse concludere la frase, Mala si era già avventata su di lui. Un grido di rabbia accompagnò i suoi primi attacchi. Noah riuscì ad evitarli, ma al terzo tentativo, un calcio sul fianco lo mise ko.  

Cadde a terra con un tonfo, coprendosi con le mani la parte dolorante.

Arrabbiata, ma soddisfatta di aver vinto, incrociò le braccia, aspettando che il suo compagno si rialzasse.

Il corpo rimase immobile.

“Noah, non fare lo stupido, rialzati dai. Non ci casco” cercò di scorgere la sua espressione.

Con lentezza, il ragazzo provò a rialzarsi, ma perse l’equilibrio, ritornando al punto di partenza.

Preoccupata, si precipitò al suo fianco, offrendogli la spalla: “Su, appoggiati a me, ti do una mano a rialzarti” gli cinse la vita con il braccio, aspettando una sua reazione.

“Mi sento un po’ stordito, mi gira la testa” sbiascicò Noah, appoggiando parte del suo peso sull’amica.

La mano libera gli sfiorò la fronte. Scottava.

Ecco perché aveva le guance rosse. Devo portarlo da Eileen il prima possibile.

“Su amico, alziamoci. Però devi collaborare, non sono fatta per sollevare un bestione come te” i muscoli tesi iniziarono a bruciarle.

Noah sembrava aver perso quasi completamente i sensi. Prima che potesse rimanere schiacciata dal suo corpo, qualcuno le alleggerì il carico, sollevandolo dall’altra parte.

“Oh mio Dio, grazie. Stavo per finire spiaccicata a terra. Sei la mia…” prima che potesse concludere la frase, la voce le morì in gola.

Se uno sguardo avesse potuto uccidere, ci avrebbe rimesso le penne proprio lì, in quel preciso istante.

I due occhi appartenevano all’uomo dei suoi incubi. E dei suoi sogni.

“Cosa ci fate voi due soli nel bosco? Dove si trova l’altra parte del gruppo?” la rimproverò, senza neanche salutarla.
 
“Ehi, Muso Lungo, ti sei svegliato anche oggi dalla parte sbagliata del letto? Scarica il tuo malessere su qualcun altro. Come puoi vedere in questo momento sono abbastanza impegnata” gli rispose scocciata, senza guardarlo.

Ci mancava solo questa. Che qualcuno mi aiuti.

Prima che lui potesse controbattere, continuò a parlare: “Dai, sbrighiamoci, devo assolutamente portarlo all’ambulatorio” l’aspetto dell’amico non le piaceva per niente. Da rosso, era diventato verde.

Senza dir nulla, entrambi avanzarono verso la destinazione stabilita.

Che situazione imbarazzante. Odio sentirmi a disagio in sua presenza, mi ricorda che tempo fa le cose erano diverse.

“Non sei tornata a casa in questi giorni” l’affermazione di Shura interruppe il silenzio e il flusso dei suoi pensieri.

“Sono stata parecchio impegnata” fredda e distaccata, Mala si morse la lingua, cercando di non far trapelare nessuna emozione.

Un’altra pausa. Trasportare il corpo dell’amico e quel tipo di situazione che da giorni cercava di evitare, iniziarono a sembrarle insopportabili.
Sospirò pesantemente e rafforzò la presa intorno la vita di Noah.

Dai, manca poco.

“Torna a casa” la dolcezza nella voce dell’uomo, la colse di sorpresa.

Era da tempo che non facevano altro che litigare, arrabbiarsi, inveirsi contro. Negli ultimi tempi, invece, lo evitava e basta. Non era pronta a quel cambio di direzione.

“I-io…ci proverò” balbettò imbarazzata, guardandosi le punte delle scarpe.

Com’era possibile che si sentisse una perfetta stupida solo con lui?

“May, guardami” il tono che utilizzò, la convinse ad alzare lo sguardo, senza pensarci due volte. Gli occhi scuri intrappolarono i suoi, e se negli ultimi tempi, avevano mostrato solo emozioni contrastanti, lì, in quel preciso momento, il messaggio che volevano trasmetterle era chiaro e limpido.

Torna da me.

Il cuore di Mala aumentò i battiti e per poco rischiò di uscirle dal petto. Era l’effetto Shura, lo conosceva alla perfezione.

L’intensità del momento fu interrotta bruscamente: “Fiocco di neve!” gridò Noah alzando la testa di colpo “ammettilo che ti piaccio” aggiunse strascicando le parole.

Oh, mio Dio, qualunque cosa abbia, gli ha dato alla testa.

Se fosse stata in compagnia di qualcun altro, gli avrebbe risposto a tono, scherzandoci su. Purtroppo, però, la presenza di Shura rendeva tutto più difficile. Non aveva il coraggio di guardarlo.

Toccò la spalla dell’amico e sorridendo provò ad allentare la tensione: “Stai proprio messo male, ora ne ho la certezza.”

Nonostante non fosse nel pieno della sua forma, il braccio di Noah che le circondava le spalle, si chiuse intorno al suo collo, avvicinando i loro visi a pochi centimetri di distanza: “Non perdere la…”

Un movimento brusco la fece sobbalzare. La mano di Shura si chiuse a pugno, afferrandolo per la collottola.

In pochi secondi, Mala si trovò libera dal peso dell’amico, ma preoccupata per la sua incolumità.

“Fermati! Non vedi che sta male?” disse mentre cercava di convincere Shura a lasciarlo andare. Si aggrappò al suo braccio e tentò più volte di farlo desistere.

“A me sembra pienamente cosciente di quello che fa e a chi lo fa” le rispose guardando in cagnesco il ragazzo quasi privo di sensi.

“BASTA!” gridò esasperata.

Finalmente la presa su Noah si allentò, facendolo cadere a terra con un tonfo. Sembrava morto.

Mala si accovacciò al suo fianco, non sapeva cosa fare, non era un medico.

Pensa, pensa, pensa. 

Avvicinò l’orecchio al viso del ragazzo per ascoltare il suo respiro. Lo sentiva a malapena.

Mio Dio, non provare a morire, stupido idiota.

Imitando Eileen, iniziò l’esecuzione del massaggio cardiaco.

Uno, due, tre, quattro…

Nonostante la stanchezza, continuò imperterrita ad alternare le compressioni toraciche alle respirazioni “bocca a bocca”. Era così concentrata su ciò che stava facendo che non notò l’arrivo di Eileen.

Di corsa, anche lei si era inginocchiata al fianco di Noah e con destrezza aveva preso il suo posto nell’esecuzione del massaggio.

Mala era stremata, le lacrime le offuscavano gli occhi.

Due braccia la aiutarono a rialzarsi e ad allontanarsi dal corpo, lasciando spazio agli altri medici.

Noah non dava cenno di riprendersi.

L’odore inconfondibile di Shura proveniente dalle sue spalle, la riportò al presente, destandola dallo stato di trance in cui si trovava.

Stava per perdere un amico, come aveva perso sua madre. Si sentiva disperata ed esausta.
L’unica cosa che desiderava con tutta se stessa era rifugiarsi e perdersi tra le braccia di Shura. Proprio come aveva fatto tanto tempo prima.

È tutta colpa sua.

Quel pensiero fu come una pugnalata.

La verità era una sola: non era più quella bambina indifesa che richiedeva le sue attenzioni. Le cose erano cambiate irreversibilmente.  

Con violenza si scrollò le braccia di dosso e avanzò, senza guardarsi dietro.  





Penso sia il capitolo più lungo che abbia scritto fino ad ora. Spero vi sia piaciuto! Al prossimo aggiornamento. 

Helen
  
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