Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: lapacechenonho    23/11/2020    2 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12: 001: Things you said when you were scared (Le cose che hai detto quando avevi paura).
 

Ginny si affrettava per i corridoi della scuola con fare furtivo. Indugiare troppo fuori dalle aule non era più sicuro. Hogwarts era cambiata, non era più quel luogo accogliente e caldo che era stato fino all’anno prima; Silente era morto, Piton era il Preside e i Mangiamorte avevano preso il controllo del Ministero e della scuola. La luce era stata sostituita dalle tenebre, il caldo accogliente dal freddo pungente. Era un freddo che dall’esterno passava all’interno, piano piano, anche gli studenti avevano sentito la spensieratezza lasciare posto alla tristezza, alla paura.
Arrivò all’aula di Pozioni, dove il professor Lumacorno aveva appena iniziato la sua lezione. «Signorina Weasley!» esclamò gioviale. «Iniziavo a temere non sarebbe venuta!»
Ginny sorrise debolmente e si andò a sedere vicino alla sua compagna di dormitorio, l’unica che era tornata quell’anno. Aveva un livido sullo zigomo sinistro, evidentemente la “lezione di recupero” con Alecto Carrow non era andata troppo bene. Le appoggiò una mano sulla spalla per darle conforto ma lei si ritrasse con un’espressione dolorante che fece preoccupare Ginny ancora di più.
«Devi andare da Madama Chips» disse in un sussurro mentre l’amica continuava a guardare Horace Lumacorno che spiegava qualcosa di poco interesse.
Improvvisamente sentì un odore conosciuto, un odore così buono, capace di farla stare bene, di farle dimenticare quello che succedeva fuori da quell’aula di Pozioni. Era l’odore dello stadio di Quidditch, l’odore dei prati di Hogwarts in fiore durante la primavera e infine l’odore del bagnoschiuma al muschio bianco che lei amava e che riconduceva ad una sola persona: Harry. Non si era mai resa conto di quanto le mancasse, di quanto avesse paura per lui fino a quel momento.
Bastò che il professor Lumacorno ricoprisse il calderone che la sensazione di pace provata poco prima scomparve, sostituita dall’angoscia di non sapere se avrebbe mai risentito quell’odore che tanto amava.
Inspiegabilmente, per la prima volta dopo quella volta durante estate, i suoi occhi divennero lucidi. Fissò il calderone chiuso e poi alzò la mano: «Mi scusi professore, posso andare in bagno?» chiese. Lumacorno acconsentì e lei lasciò l’aula in fretta, respirando a pieni polmoni l’aria fredda del sotterraneo.
Senza sapere dove andare iniziò a correre per la scuola, sentendo l’aria invadere i polmoni che iniziavano a bruciare. Voleva provare un dolore fisico, un dolore talmente forte che potesse sostituire quello lancinante che provava dentro e che sembrava poterle strappare l’anima. Si fermò di botto quando incrociò Amycus Carrow che teneva per il colletto della divisa un ragazzino del primo anno.
«Che sta facendo?» quasi urlò vedendo la scena. «Lo metta giù, non vede che è un bambino ed è pure spaventato?» continuò.
Era consapevole che non era opportuno mettersi contro i Carrow, ma non poteva manco permettere che un bambino venisse traumatizzato così. «Guarda chi c’è» mormorò mellifluo il professore lasciando il ragazzino che scappò prima di essere fermato nuovamente. «La Weasley. Non dovresti essere a lezione con quello zotico di Lumacorno?» chiese avvicinandosi piano piano alla ragazza.
Ginny rimase ferma al suo posto, sapeva di non avere via di scampo. «Dovevo andare in bagno» rispose senza mostrare la paura che la stava divorando dall’interno.
«Non mi risulta che i bagni dei sotterranei siano al secondo piano». Ginny non rispose, si limitò a guardarlo in quegli occhi così malvagi da far venire i brividi anche alla persona più temeraria. «Seguimi nel mio ufficio, ti rinfrescherò la memoria» aggiunse lapidario. La ragazza dai capelli rossi deglutì, le lacrime che prima aveva messo a tacere ricomparvero appannandole la vista per qualche secondo. Poi le ricacciò indietro, non era il momento della debolezza.
 
«Crucio!» esclamò il professore. Un dolore lancinante iniziò a trapassarle il corpo da tutte le parti, era come se le ossa volessero uscire fuori dal corpo, come se gli organi improvvisamente fossero stretti e volessero scoppiare per espandersi, la testa sembrava volesse spaccarsi tanto doleva e lei si contorceva e gridava di smetterla. Ma nessuno sentiva le sue urla. Era da sola con un Mangiamorte pazzo.
Improvvisamente il dolore cessò e si ritrovò contro il marmo gelido dell’ufficio del professore di Difesa Contro le Arti Oscure. Sapeva che gli stava dando solo un attimo di tregua prima di ricominciare a torturarla, Ginny sapeva che Amycus Carrow si divertiva a sentire le urla di dolore delle persone di fronte a lui.
Per uno strano gioco della mente, ripensò ai pomeriggi passati sulla sponda del Lago Nero abbracciata ad Harry o all’Amortentia di poco prima, al bacio che si erano scambiati il giorno del suo compleanno o quello nella Sala Comune. Una nuova ondata di dolore la fece contorcere, la risata del professore era solo un rumore lontano, sembrava tutto superfluo ormai, tranne la vita di Harry. Anche mentre soffriva l’unico suo pensiero era che Harry tornasse sano e salvo a casa. Il corpo le faceva così tanto male che le sembrava di essere in punto di morte. Era sdraiata sul pavimento, l’unica visione che aveva erano i piedi del professore, che si muovevano verso la porta su cui qualcuno aveva bussato. Solo adesso che nessuno la vedeva concesse a quella lacrima di scendere, nella testa solo l’immagine di Harry chissà dove. «Ti amo» mormorò debolmente, non sapeva se la voce era uscita o se era rimasta intrappolata in fondo alla gola, ma era tutto ciò che aveva bisogno di dire.
 
Quella stessa sera Harry aprì la Mappa del Malandrino e la fissò più del dovuto, voleva sapere cosa faceva Piton ma i suoi occhi finirono per cercare un’altra persona con i capelli rossi e gli occhi castani. La trovò nella Sala Comune, si disse che era tardi e che doveva essere al dormitorio. Eppure stava lì chissà a far che. Si era chiesto più volte se Ginny era preoccupata per lui almeno quanto lui lo era per lei. Chissà se stava bene, com’era andare a scuola con Piton come Preside e i Carrow come insegnanti. Rimase a fissare quel punto sulla pergamena per un tempo illimitato. La ricerca degli Horcrux era diventato un pensiero secondario, adesso avrebbe voluto essere tra le braccia di Ginny, essere stretto a lei e stringerla a sua volta per rassicurarla, per incoraggiarla a resistere perché lui non sarebbe più stato Harry senza di lei.
Rabbrividì sotto il freddo pungente di quella notte più scura delle altre. Richiuse la Mappa e sospirò producendo una nuvoletta di fiato, si appoggiò lentamente contro la tenda; non gli importava della sua missione o della guerra: voleva solo che Ginny stesse bene.
Si svegliò non molto tempo dopo, faceva freddo e il fuoco che aveva creato con la magia serviva a poco, riaprì la Mappa che aveva già osservato per tutta la serata. Ginny era sempre in Sala Comune ma accanto a lei c’era Neville ed Harry si sentì impercettibilmente meglio. Non poteva sapere se stava bene o meno, ma il pensiero che fosse con qualcuno, che non fosse da sola, fu come un palliativo per lui. «Prenditi cura di lei, Neville» mormorò contro la carta, mentre l’inquietudine che aveva provato verso di lei non accennava a sparire.
 
I due anziani rimasero a fissarsi per un bel po’ prima di parlare. Il silenzio della cucina era rotto solo dal ticchettio dell’orologio che segnava il tempo che inesorabilmente sfuggiva alle loro mani. Entrambi sapevano cosa era successo durante quell’anno in cui erano stati costretti a stare lontani, ma ricordarlo provocava sempre un po’ di angoscia. Pensare che entrambi avevano sofferto così tanto prima di ritrovarsi finalmente insieme li faceva sempre tentennare.
«Non mi avevi mai raccontato questo momento specifico» disse Harry schiarendosi la voce, Ginny alzò le spalle.
«Mi hai chiesto tu cosa ho detto quando avevo paura, e io te l’ho raccontato» osservò con tono semplice.
«La prima volta che mi hai detto “ti amo” io non c’ero» insistette Harry. Ginny a quel punto gli prese dolcemente una mano tra le sue e la strinse debolmente.
«Ci sei stato tutte le altre volte, ed è questo l’importante» chiarì. La sua voce aveva un tono duro e morbido allo stesso tempo. Rimasero in quel modo per un paio di minuti prima che Harry prendesse nuovamente parola. «Siamo arrivati a dopo la guerra…»
«Già, un altro periodo tutt’altro che semplice» commentò Ginny prendendo una mela dal cesto.
«Ricordo ancora cosa ti ho detto quando ti ho vista crollare tra le mie braccia».
«Lo ricordo molto bene anche io, signor Potter».  
 

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lapacechenonho