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Autore: _deleted    23/11/2020    1 recensioni
Cecilia è prigioniera di una madre delirante e violenta, che l'ha isolata da tutti, facendola crescere nella paranoia. Ma la libertà agognata non è così facile da conquistare e le sfide da superare sono ancora molte. Insormontabili, forse, senza un aiuto al momento giusto.
Storia partecipante al contest “Le note del dramma” indetto da Sabriel_Little Storm sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao Ceci, come stai? Tanti auguri per i tuoi vent’anni, spero saranno splendidi come te. Io ti vorrò sempre bene, non dubitarne mai!
Mi manchi!
Anche zio Giacomo e zia Teresa ti salutano, ti scrivo dalla loro mail perché io non ne ho una, ma puoi rispondere qui.
Un bacio grande, tuo padre.
 
Cecilia legge queste righe la mattina presto, prima di iscriversi all’appello per un esame.
Sbatte più volte le palpebre, incredula: suo padre le vuole bene, suo padre si ricorda di lei! Forse non è ancora troppo tardi per ricucire il rapporto brutalmente troncato cinque anni prima, per esclusiva volontà di Lei, che ha deciso di farle cambiare città perché frequentasse una scuola migliore. Di fatto, cercava solo la scusa buona per trasferirsi con Cecilia e farle terreno bruciato intorno. La sua prigionia è iniziata progressivamente, ma inesorabilmente. Ancora si chiede perché non si sia opposta prima, perché non l’abbia fermata in tempo. Forse non se n’è accorta o ha minimizzato i segni della sua follia; forse ha avuto paura, pensava che non fosse così grave e che tanto valeva sopportare in attesa che finisse. Magari questa è la sua ancora di salvezza, l’unica che le rimane e che potrebbe non ripresentarsi mai più.
Decisa, preme il tasto rispondi.
Scrive tutto ciò che ha passato e che sente dentro in un flusso ininterrotto.
Non ha mai avuto un ragazzo, sua madre gliel’ha impedito. L’ha picchiata e le ha urlato contro, chiudendola a chiave in casa per giorni, tutte le volte che tornava tardi da scuola per vedere un’amica. Poi, Lei ha preso l’abitudine di appostarsi fuori dalla scuola prima e dopo l’uscita, per controllare che ci rimanesse e che non perdesse minuti preziosi. Minuti esclusivamente per loro due, in cui scontare la sua condanna con Lei, perché “è pronto il pranzo”, “sono stanca, voglio andare a casa a dormire”, “sei un’irresponsabile”. 
 
Cecilia allega le foto dei lividi risalenti a pochi giorni prima.
Mi ha spaccato un piatto sulle le ginocchia, era molto arrabbiata.
Riflette sulla frase appena scritta e la cancella: troppo melodrammatica.
Non vuole fargli pena, vuole risultare credibile.
Ti prego, dammi la possibilità di avere una vita normale prima che sia troppo tardi. Anch’io ti voglio bene, mi manchi.
Conclude la mail con le lacrime agli occhi e attende, ansiosa.
Non ottiene risposta prima della sera inoltrata.
Ceci, stiamo venendo a prenderti. Non preoccuparti di niente, segui le nostre istruzioni. Sii forte, tempo due giorni e ti portiamo via da lì.
Papà.
 

Cecilia si preoccupa, invece. Teme che Lei possa intercettarla. Già la sovrasta, le urla contro, diffida delle sue intenzioni.
“Stai troppo zitta, che fai con quel telefono? Dammelo.”
È costretta a consegnarlo per non destare sospetti, sconsolata. Per fortuna, ha fatto in tempo a uscire dal suo account. Aspetta e si mangia le unghie, corrosa dall’ansia. Lei la scoprirà, farà arrestare suo padre. Coinvolgerà avvocati, polizia, tutte le sue “conoscenze”, che sanno “la verità” sul padre di Cecilia. E a quel punto, cosa farà? Forse le porteranno via insieme…
Suona il campanello. Silenzio tombale.
Lei va ad aprire, si aspetta il capo di un sedicente gruppo di preghiera locale che ha invitato.
Si blocca prima di farlo, corrugando la fronte davanti allo spioncino. Aziona la telecamera e borbotta, contrariata: “Non conosco questo tizio. Ha una cartellina scura. Forse è un emissario della setta di tuo padre. Beh, oggi non si esce.”
Inarca un sopracciglio e aggiunge, ancora sovrappensiero: “Meglio non uscire per tutta la settimana.” Ora è soddisfatta.
Cecilia non si muove e non parla, sconfitta. Non riusciranno mai a portarla via di lì, non rivedrà mai più suo padre…
 
Il mattino dopo, Lei riceve una telefonata. Inveisce, pensando a un collega che ha cambiato numero. In genere la rimproverano per assenze e ritardi non giustificati, e lei li insulta di rimando.
“Non rischio niente, ho l’indeterminato nel pubblico. Appena ti laurei sistemo anche te”, ripete sempre a Cecilia, e questo pensiero basta a riempirla di orgoglio e determinazione.
Lei riattacca, apparentemente contrariata, e il cuore della ragazza perde un battito. Qualcuno ha fatto la spia?
Poi, con sua estrema sorpresa, Lei sorride, rinvigorita.
“Mi ha convocato la Questura!” annuncia, come se avessero appena dichiarato una nuova festa nazionale in suo onore. “Hanno preso quei bastardi, finalmente! Devo andare subito a rendere la mia deposizione, la mia testimonianza sarà essenziale per farli condannare!”
Cecilia non l’ha mai vista così trionfante. Lei va talmente di fretta che dimentica perfino di sequestrarle il cellulare. Non riesce a credere a tanta fortuna, specialmente quando il telefono vibra pochi minuti dopo.
È la voce di suo padre, più rauca di quanto se la ricordava.
“Ceci, scendi! Ti stiamo aspettando con una macchina bianca qui sotto. Stai tranquilla, torniamo dopo a prendere tutto quello che ti serve. Sei libera!”
   
 
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