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Autore: Chiara PuroLuce    01/12/2020    18 recensioni
Ernesto scopre un segreto sulla sua vita che gli sconvolgerà completamente l'esistenza... e non solo a lui!
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei mesi dopo
 
 
«E così, finalmente oggi ci presenterai tuo fratello» esordì Mara.
 
«Era ora, cavoli. Ce ne parli sempre e così tanto che ci sembra già di conoscerlo da una vita» rincarò la dose Gemma.
 
Ah, le sue amiche. Le adorava, le conosceva a menadito dalle superiori e sapeva che erano emozionate quanto lei per quell’incontro voluto fortemente da Ernesto.
Ernesto. Il suo gemello. Il suo unico legame con un passato che non sapeva di avere e che aveva iniziato a conoscere da poco.
Prima di presentare lo zio alle sue figlie – Daniela e Angela – lei, Elisa, aveva voluto aspettare qualche mese e per la precisione quattro. Si era preposta di conoscere meglio il gemello, da sola e aveva iniziato a frequentarlo sempre più spesso, sia fuori che all’interno del corso di cucina.
Sì, perché era tornato e lei, gli aveva proposto di affiancarla. Ernesto attirava gli allievi più giovani con la sua goffaggine e la sua simpatia e così, ora erano complici.
Lei spiegava e lui eseguiva, o meglio, faceva vedere agli allievi cosa non fare e la loro collaborazione funzionava molto bene. Gli iscritti erano aumentati.
Elisa aveva proposto un compenso al fratello, ma lui…
 
 
«Non ci pensare neanche e non ridirmelo più, per favore.»
 
«Ma perché? Alla fine, è come un secondo lavoro per te, non è più una serata di svago.»
 
«Sbagli, Elisa. Per me è un divertimento e quello che mi interessa veramente, lo sai, è potere passare del tempo con te per recuperare i decenni perduti, per conoscerti meglio e visto che ci siamo ritrovati al tuo corso…»
 
«Va bene, se la vedi così… grazie… fratello!»
 
«Di nulla… sorella!»
 
 
Sorella. Per lei era ancora strano sentirsi chiamare così e le scappava sempre un sorriso tutte le volte che Ernesto lo usava.
Arrivare a cinquant’anni e scoprire di essere la gemella di qualcuno che, a sua volta, non sapeva niente della tua esistenza, era qualcosa di destabilizzante e… e sì, anche di magico, perché no.
Elisa aveva sempre sentito di non essere completa, ma non aveva mai saputo spiegarsene il motivo. Pensava di essere una tipa semplicemente incontentabile, ma non aveva mai preteso troppo dalla vita e non aveva mai cercato il superfluo e quindi, si era domandata spesso, da dove arrivava quel leggero malessere dell’anima.
Ora aveva la risposta che aveva sempre cercato. Non doveva chiedersi cosa, ma chi le mancava… Ernesto!
Tante erano le domande che l’assillavano da quando lui aveva sganciato la bomba.
Perché a loro? Perché, i loro genitori, avevano dato via lei e tenuto lui? Perché erano stati tenuti all’oscuro della reciproca esistenza? Perché erano stati privati di tante di quelle esperienze, che nemmeno la Stele di Rosetta sarebbe bastata a contenerle tutte?
Se lo chiedeva di continuo. Ai suoi genitori biologici non poteva più domandarlo ormai, almeno avessero lasciato un messaggio o una traccia… niente. Tabula rasa.
Era incredibile come in pochi mesi, si fosse legata così tanto a Ernesto. Anche lui non riusciva a comprendere quel comportamento assurdo dei genitori. Nonostante alla fine avessero deciso di indagare sulla loro vita – per capire come mai avessero compiuto quel gesto estremo e da che cosa fosse stato dettato – non erano ancora giunti a una soluzione.
Lo stesso investigatore privato – tale Redaelli Giacomo, un brianzolo tenace che non mollava mai la presa – che Ernesto aveva ingaggiato per seguire le sue di tracce, era stato ora contattato di nuovo per mettere la parola fine a tutta quella storia.  Il signor Redaelli si era detto entusiasta di quella nuova sfida e poi, parole sue…
 
«Sono curioso anch’io, come voi, di scoprire la verità e non mi darò per vinto fino a che non l’avrò scovata. Dovessi andare fino in Patagonia per scoprirla.»
 
Per la parcella, aveva poi detto loro, non avevano di cui preoccuparsi, visto lo sconto famiglia che gli avrebbe applicato e un ulteriore sconto perché era la seconda volta che lo contattavano.
A distanza di due mesi, nessuna novità si era ancora vista all’orizzonte.
 
«Elisa ci sei ancora?» La voce di Mara la riportò alla realtà.
 
«Sì. Sì, scusate, ma…» si guardò in giro, come mai erano solo loro due? «E Gemma, dov’è finita?»
 
«Ha dimenticato il cellulare sul cruscotto. Siamo alle solite, ha il vizio di lasciarlo andare a zero e caricarlo in auto e poi se lo dimentica in bella vista. Prima o poi qualcuno glielo ruberà, te lo dico io» sentenziò l’amica.
 
E, in effetti, non aveva tutti i torti.
Aveva conosciuto Gemma alla scuola alberghiera. Era un paio d’anni avanti a lei e avevano legato da subito. Casinista fino al midollo, spontanea e chiacchierona. Aveva una memoria quasi inesistente ed era capace di dimenticarsi qualsiasi cosa nel giro di poco tempo, ma quando si parlava di lavoro… ah, lì era un caterpillar.
Di contro, Mara, era il suo opposto. Era nella sua stessa classe e si erano ritrovate in banco assieme. Lei era un tipo perfettino, riservato, amava organizzare tutto fino alla nausea e odiava gli imprevisti.
Elisa, invece, era una via di mezzo tra le due amiche e forse era per questo che si trovavano bene insieme.
A guardarle da fuori potevano ricordare le famose Charlie’s Angel. Lei era la bruna, Mara la bionda e Gemma la rossa.
In seguito al diploma avevano preso tre strade diverse. Mara aveva aperto una piccola pasticceria, Gemma si era donata al catering ed era riuscita, dal nulla, a farsi una bella clientela. E lei insegnava in un istituto alberghiero e, a tempo perso, teneva corsi serali per gente comune che, il più delle volte, non sapeva distinguere una patata dolce, da una rossa adatta per friggere o da una bianca, ideale per purè. Gente come suo fratello, appunto. Elisa si divertiva moltissimo con loro, tanto che stava pensando di dedicarsi a tempo pieno e lasciare la scuola. Le sue figlie l’appoggiavano in pieno, suo marito e suo fratello un po’ meno. Quei due avevano legato moltissimo e la pensavano quasi allo stesso modo su tutto, al punto che sembravano più fratelli loro che lei stessa. Incredibilmente si era scoperta gelosa del loro legame quando erano insieme.
 
«Se lo lasci dire, lei è proprio un gran cafone e poi, scusi, ma deve proprio andare nella mia stessa direzione?»
 
Gemma? Gemma che discuteva con qualcuno? Che novità era mai quella. Da dove si trovava non riusciva a vedere con chi ce l’avesse, ma la voce che le rispose… oh, no, non con lui.
 
«Veramente è lei che sta andando dove sono diretto io.»
 
«Certo, come no.»
 
«Le giuro che è così. Ho appuntamento con tre donne.»
 
«Tre? Lei? Ah ah ah, ma non mi faccia ridere. Maleducato e permaloso com’è è già tanto se ce ne sarà una ad aspettarla al tavolo.»
 
Iniziamo bene. Dannazione, questa non ci voleva. Ma che cosa sarà successo?, pensò dopo un attimo di smarrimento.
 
«Wow, che bel tipo. Lo vedi Elisa?» la distrasse Mara «E quell’allocca della nostra amica non trova di meglio da fare che litigare con lui, invece che flirtare un pochino. Peccato che io sia felicemente sposata, altrimenti un pensierino ce l’avrei fatto volentieri. Ah, che impiastro di donna che è, ovvio sia ancora single alla sua età» sentenziò l’amica scuotendo la testa sconsolata.
 
Mi domando se la penserai ancora così tra un minuto scarso!, pensò ancora lei.
Ebbene sì, le sue amiche non avevano la benché minima idea di che faccia avesse Ernesto. Solo dopo avergli fatto conoscere la sua famiglia, aveva parlato di lui alle sue amiche storiche e non aveva voluto mostrare loro nessuna foto.
Aveva resistito nonostante le loro insistenze e, per fortuna, suo fratello non aveva nessun account social.
Ernesto era molto alto, le aveva detto che si aggirava sul metro e ottantacinque – che faceva a botte con il suo metro e sessantacinque scarso, ma non erano gemelli? –  di corporatura muscolosa – grazie al nuoto che praticava due volte a settimana – aveva i capelli sale e pepe corti e mossi e una leggera barba curata che, a suo parere, gli donava e che gli incorniciava perfettamente le belle labbra carnose. Occhi marrone scuro, come i suoi e un naso importante, completavano il tutto.
Era il classico uomo dal fascino virile che le donne si giravano ad ammirare, peccato che lui non se ne accorgesse nemmeno e non si valorizzava più di tanto.
 
«Ecco, io sono arrivata, lei non deve proseguire oltre? O vuole sedersi con noi, visto che sarà tutto solo al suo tavolo?» stava intanto dicendo Gemma.
 
«Ma come, non doveva essercene almeno una ad aspettarmi?» la pungolò Ernesto.
 
«Ho mentito. Per non ferirla troppo, sa? Allora, visto che vuole sfidare la sorte… buona fortuna e addio» gli disse ancora lei prima di scostare la sedia e guardarle come se si fosse appena liberata di una zecca fastidiosa.
 
Ernesto a quell’uscita scoppiò a ridere. Ah, la sua capacità di non prendersela mai per nulla, come gliela invidiava. Ora toccava a lei.
Suo fratello non accennava ad andarsene, Gemma lo fissava con fastidio, Mara se lo mangiava con gli occhi e lei…
 
«Benarrivato, ti aspettavo con ansia» gli disse sotto lo sguardo allibito delle amiche. «Ragazze, vi presento Ernesto, il mio gemello.»
 
«Piacere di conoscervi» esordì lui e subito dopo la guardò «Ansia dici? Addirittura. Ciao bellissima» le disse prima di chinarsi a baciarla sulla guancia e poi rivolto a Gemma «vede signora? Le avevo detto che mi aspettavano tre donne, ma non immaginavo che una fosse lei.»
 
Per tutta risposta, dopo un attimo di smarrimento, l’amica intensificò il suo cipiglio.
 
«Ma… ma che è successo? Ernesto, sei riuscito nell’impresa storica di fare arrabbiare la nostra Gemma» gli disse indicandola «e lei è Mara» aggiunse infine indicando l’altra amica che lo fissava con un sorriso a trentadue denti in pieno stile pubblicità del dentifricio.

 
                                                                                   


Ecco, bella domanda, sorella. Mi ha preso in antipatia e tutto perché…
 
«Tuo fratello ha pensato bene di insultarmi.»
 
«Cosa? Impossibile, non è da lui» lo difese a spada tratta sua sorella.
 
«Il mio voleva essere un complimento che lei ha travisato, Gemma» le rispose lui fissandola negli occhi grigi.
 
«Se per complimento intende avere urtato il mio sedere mentre scendeva dalla sua auto – facendomi finire lunga distesa di pancia sul sedile – e poi scusarsi dicendomi…» e qui si schiarì la voce e cercò di imitare la sua baritonale «mi scusi signora, non volevo, ma il suo posteriore sporgeva così bene dalla portiera che non ho potuto evitarlo.»
 
«Ernesto!» esclamò sorpresa sua sorella.
 
E che colpa ne aveva lui se aveva cercato di fare un complimento scherzoso a quella bella donna. Rossa, capelli corti, alta un metro e un pocket coffee, formosa e con un volto davvero molto bello, quei due enormi occhi grigi e la bocca piena l’avevano sconvolto da subito. No, meglio non mentire a se stesso, la prima cosa che aveva visto di quella Gemma era stato il suo morbido fondoschiena che spuntava dall’auto. La seconda cosa i suoi stupendi occhi che lo fissavano con rabbia e la terza erano state le sue labbra che lo apostrofavano come maleducato, cafone e burino.
Oh, insomma, le donne non le avrebbe mai capite lui.
La sua ex moglie Gianna l’aveva lasciato per uno più giovane di quindici anni perché, a suo dire, la faceva sentire viva e lui invece no. Come se invecchiare fosse una colpa e poi, a dirla tutta, erano mesi che a stento si rivolgevano la parola e che lei aveva smesso di attrarlo anche fisicamente.
Quella Gemma, invece, era una calamita per i suoi occhi e quel caratterino così focoso invece di allontanarlo, lo attraeva.
Il cameriere arrivò e ordinarono. Lui e Gemma – che scoprì essere la guidatrice per quella sera – delle birre analcoliche, Mara uno spritz ed Elisa un prosecco.
 
«Non vedo cosa ho detto di male. È vero, Gemma ha un bel fondoschiena, inutile negarlo e forse mi sono espresso male, ma ha urlato così tanto che sono stupito abbia ancora la voce e io le orecchie.»
 
Suo malgrado, quel commento dovette farla divertire perché quella strana donna scoppiò a ridere e poi gli disse con voce seria:
 
«Per il suo bene, non dica più a nessuna donna, che ha il culone e che è molto ingombrante.»
 
«Ripeto, io volevo solo dirle che era notevole e che mi dispiaceva di averla urtata. La prego di perdonarmi la rudezza, non mi piace offendere le donne, specie se belle come lei.»
 
Quella frase doveva averla colpita perché l’espressione del suo volto mutò del tutto, facendosi aperta e sorridente – pur con un certo riserbo – e lui le sorrise di rimando. Poteva giurare di averla vista arrossire, anche se fingeva distacco. Wow, era in guai seri. No, si era ripromesso niente più storie dopo Gianna, neanche fugaci, figuriamoci serie – sì, perché con quella Gemma ci avrebbe fatto volentieri un pensierino – e così doveva continuare a essere. Oh, ma se quella donna in particolare continuava a guardarlo così… fu Elisa a distoglierlo da quei pensieri inappropriati.
 
«Bene, sono contenta che si sia chiarito tutto in fretta perché ci tengo andiate d’accordo» disse guardandoli «per tornare a noi, ragazze, mi avete sempre chiesto perché abbiamo deciso di aspettare a uscire allo scoperto, bè… è perché…»
 
«… prima volevamo avere del tempo tutto per noi» concluse Ernesto al suo posto «capirete che cinquant’anni da recuperare non sono pochi e avevamo bisogno di conoscerci meglio, da soli. E ho l’impressione che continueremo a scoprire cose di noi fino alla morte» intervenne lui facendo ridere tutti. «Due mesi fa ho conosciuto la famiglia di Elisa e lei ha visto mio figlio Bruno via Skype trovandosi a Londra per l’Erasmus.»
 
«Sì e ora è il turno degli amici più cari. Oggi voi e domani quelli di mio fratello, che ho già visto di sfuggita, come sapete.»
 
E che non se l’aspettano minimamente, pensò lui ridacchiando tra sé per lo scherzetto che avevano architettato per loro.
 
«Strabiliante!» esordì Mara e poi specifico sentendosi fissata «Sì, strabiliante è vedere come ve la intendete e vi completate le frasi, dopo così pochi mesi.»
 
«È bello vedervi insieme» disse Gemma guardandoli a turno «un po' vi assomigliate, sapete? Il naso, la bocca, gli occhi…»
 
Era una sua impressione o le si era smorzata la voce mentre lo diceva e stava arrossendo? Il suo ego si galvanizzò non poco a quella vista.
 
«L’altezza!» specificò sarcastica Elisa causando l’ilarità generale.
 
Ah, sua sorella. Ogni tanto gli rinfacciava questa cosa dell’altezza, ma che poteva farci lui, se con l’adolescenza aveva iniziato a crescere a dismisura, mentre lei si era fermata?
 
Stava per risponderle con una battutina delle sue quando il telefono di Elisa squillò in borsa e lei si affrettò a prendere la chiamata.
 
«Pronto? Angela, che succede, ti sento agitata» disse con tono nervoso che mise sul chi va là anche lui «la macchina? Come siete rimaste in panne… e dove? Aspetta cara, ti passo tuo zio… sì, è qui con me, ciao!»
 
Zio. Ancora faticava a riconoscersi in quel ruolo, ma aveva due nipoti gemelle fantastiche e aveva scoperto che gli piaceva esserlo. Prese il telefono della sorella, si calò in modalità professionista e rispose.
 
«Ciao, che vi è successo?... Ah, ok e che rumore ha fatto prima di spegnersi?... Pum? E basta?... Ah, era partita, poi ha fatto pum ed è morta. Bè, così su due piedi posso dirti che potrebbe essere il fusibile dell’accensione, ma dovrei darci un occhio. Avete messo le quattro frecce e il triangolo che segnala che siete lì?... Brave, dove siete?... Ok, datemi un’ora scarsa e vi raggiungo. Prima devo passare in officina a recuperare delle cose. Ah, non lo so cosa potrete fare nel frattempo, forse cantare?... Ah, ah, ah… era solo un’idea Daniela, qualcosa la troverete di sicuro. Ciao.»
 
«Allora?» gli chiese la sorella, preoccupata appena le restituì il telefono.
 
«Non ti preoccupare, è un problema riscontrato in diverse Ford Ecosport, niente di grave. Per fortuna ho le chiavi dell’officina, mi basta mandare un sms al capo per avvisare. Vuoi venire con me così sei più tranquilla?» le propose alzandosi.
 
«Sì, ti prego. Avviso Beppe. Che dire, avere un meccanico in famiglia, è utile» gli disse facendolo ridere «vi dispiace tornare da sole?» disse poi rivolta alle amiche che le risposero di andare pure.
 
Ernesto salutò le amiche di sua moglie con un baciamano e si premurò di guardare Gemma negli occhi mentre lo faceva, fino a che la vide arrossire e, questa volta, vistosamente. Che l’nteresse fosse reciproco? Solo allora si ritirò e le sorrise scusandosi per l’inconveniente e dichiarandosi incantato di averla conosciuta.
 
«Breve, ma intenso» disse loro «piacere di avervi conosciute, ci rifaremo in un’altra occasione» concluse poi e uscirono.
                                                      
                                                                      
                                                                            

 
«Dì un po', tu, cos’era quella cosa che ho visto poco fa?»
 
Elisa non seppe trattenersi e appena entrati nell’auto del fratello dovette chiedere.
 
«Un attimo» rispose lui estraendo il cellulare, evidentemente per contattare il capo e poi la guardò incuriosito «di che parli?» chiese lui allacciando la cintura e inserendo la retro per uscire dal parcheggio.
 
«Oh, andiamo, non fare lo gnorri con me. Guardavi Gemma come se volessi mangiartela. Ti avverto, sta attento con lei, non è il tipo con cui divertirsi e basta, ok?» lo mise in guardia.
 
Gemma ne aveva passate tante nella sua vita sentimentale e l’ultima esperienza non era stata idilliaca, quindi era sempre sul chi va là. Il fatto che Elisa avesse notato passare una strana corrente tra lei e suo fratello, l’aveva fatta scattare in modalità protettiva. 
 
«Ehi, se non l’hai notato, quella bellissima donna mi odia. Hai visto anche tu come mi ha trattato, no?»
 
«Io ho visto solo come le sorridevi e la guardavi e ho notato anche come lei cercava di evitare il tuo sguardo e arrossiva come una scolaretta quando non ci riusciva.»
 
«Alt, ferma. Anche se fosse vero, non ho intenzione di uscirci – non la conosco neppure per la miseria – e questo è tutto. Sai cosa mi ha combinato Gianna, credi forse che voglia ripetere l’esperienza dei mille tradimenti e della fuga con un toy boy? No. Le mie priorità ora sono mio figlio e tu. Non cerco altro.»
 
«Ma… ma…»
 
«Ammetto che è una donna notevole, con un caratterino niente male, ma ho già dato e anche troppo, per quanto mi riguarda. Il colpo di fulmine, mia cara, non esiste. Non alla nostra età, questo è certo. Poi che figura ci farei a chiederle un appuntamento dopo quello che è successo in parcheggio.»
 
Lei aspettò un po' prima di rispondere e poi fu colta da un’illuminazione e rise, guadagnandosi un grugnito da parte di Ernesto.
 
«E quindi ammetti che ci hai pensato, a uscirci insieme» gli disse vedendolo arrossire.
 
«Forse» le concesse lui «ma non ho intenzione di farlo. Non so nulla di lei e di certo non sono un ragazzino in preda agli ormoni impazziti. Ho cinquant’anni e non me la sento più di correre dietro a una donna.»
 
«Parli come se avessi già un piede nella fossa. Io ti dico solo di non fare nulla che possa ferirla, anche lei ha già dato e ora ha bisogno solo di serenità. Comunque, nel caso cambiassi idea, ti dico dove trovarla. Ma bada, che se vengo a scoprire che sta soffrendo a causa tua… ti pentirai di avermi cercata, chiaro?» gli intimò cercando di fare una faccia seria.
 
La reazione del fratello non fu quella sperata, visto che scoppiò a ridere fino alle lacrime, ma lei non era disposta ad arretrare di un solo millimetro.
 
«Tranquilla sorella, non accadrà e sai perché? Perché la mia vita è già fin troppo incasinata così com’è per preoccuparmi anche di una donna che si offende per un complimento innocente.»
 
«Se lo dici tu…»
 
«Lo dico io» confermò «e ora che abbiamo chiarito questo punto…» disse mentre parcheggiava davanti all’officina «aspettami qui dieci minuti e poi andiamo a recuperare le tue creature con l’auto che ha fatto pum e poi si è spenta. Ahahah, le donne e il loro modo di spiegarsi incomprensibile. Pum, hanno detto, ahahah e poi ti chiedono pure se hai capito e che cosa possa essere, neanche avessi la bacchetta magica» rise ancora più forte e poi scese dall’auto.
 
Quando di lì a poco lo vide tornare con una capiente borsa per gli attrezzi in spalla e il telefono all’orecchio, sorrise. Almeno fino a che non salì e sentì cosa stesse dicendo e a chi.
 
«Tranquillo Beppe, ci penso io a loro. Per sicurezza guiderò io la Ford a tornare e passerò la mia a tua moglie…. Sì, sì, confermo, ha fatto pum ahahahah… Infatti, lo dico anch’io che più chiaro di così si muore… ahahaha, ok, ciao a dopo!»
 
Ah, gli uomini… tutti uguali!, pensò, mentre alzava gli occhi al cielo e partiva con lui al salvataggio delle figlie.
   
 
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