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Autore: Kaayyn    02/12/2020    0 recensioni
BL - boy x boy - Yaoi
Storia originale
Generi: Fantasy, Angst, Drammatico.
Note: Lemon.
Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate, Violenza.
(Lista in aggiornamento)
Trama:
Sett è un giovane adolescente che viene trovato privo di sensi tra le macerie di un villaggio raso al suolo da un attacco dell'esercito nemico dell'Impero. Adottato da due cavalieri Imperiali e privo di ricordi riguardo la sua vita fino a quel momento, verrà iniziato suoi nuovi genitori alla vita da nobile.
Durante il ballo che segnerà il suo debutto in società, Sett incontrerà suo cugino acquisito, il principe Agustus. Dopo una convivenza durata appena una stagione, la guerra, i ricordi, il sangue ed un tentato omicidio porteranno a galla l'autentico volto dei due, i quali scopriranno che il loro vero primo incontro risale ad un passato ben più remoto.
Attenzione!
Questa non è una storia d'amore.
Non approvo e non incoraggio il comportamento dei protagonisti.
Non considero l'opera come "lgbtq+" perché non è rappresentata una relazione degna di essere chiamata tale.
Genere: Drammatico, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Per molto tempo fui convinto che il nostro primo incontro risalisse a quella notte d'agosto. Non potevo sapere che in realtà già conoscevi il mio nome.

Quella sera osservavo le costellazioni con i gomiti puntati sul parapetto freddo che separava l'immensa balconata da uno dei giardini della reggia. Il naso all'insù, verso la luna che tingeva d'argento la pietra e di blu le ombre.

A quel tempo ero ancora convinto che le stelle, al cui interno erano incastonati i desideri luminosi degli dei, mi avrebbero protetto per sempre. Non mi chiedevo come fosse possibile, anche se se stavano lì, immobili, lontane, irraggiungibili.

Una sottile malinconia si era impadronita dei miei pensieri distanti, che si perdevano nelle note di una canzone lontana, intonata dai bardi che animavano la festa che si stava svolgendo appena qualche stanza più in là.

Un venticello fresco mi accarezzava il viso, riempiva i miei polmoni dell'aria dell'estate. Di tanto in tanto un brivido mi risaliva lungo la schiena lasciata scoperta dal taglio particolare della camicia che mi avevano fatto indossare. Era leggera, di un bianco perlaceo. Le maniche erano morbide, mi piaceva sentire la seta scivolare sulla mia pelle.

Mi passai una mano sulla guancia: era calda. Il mio viso si era arrossito all'improvviso.

L'alcol aveva iniziato a circolare nel mio sangue, le mie palpebre si erano fatte più pesanti e la mia lucidità stava lentamente svanendo.

Mi venne quasi da ridere. Non so perché, tutto ad un tratto, mi fosse venuto in mente di afferrare un calice colmo di vino, approfittandomi della confusione. Noia, curiosità, non lo so. Forse mi aveva affascinato l'effetto che quella bevanda aveva sugli invitati, le risa che faceva sbocciare sui loro volti.

Senza troppi sforzi, ero riuscito ad agguantare un bicchiere mezzo pieno. Spalle al muro, avevo costeggiato le pareti della enorme stanza da ballo, sparendo di tanto in tanto dietro le tende di velluto scuro, confondendomi con gli arazzi. A volte, il movimento delle lunghe gonne colorate delle ragazze, che piroettavano in mezzo alla sala mi distraeva, come lo scintillare dei loro gioielli, dei loro sorrisi, illuminati dai candelabri che pendevano dal soffitto come gocce di pioggia. I miei occhi, pieni di meraviglia.

Mi ero allontanato dal rumore, avventurandomi per le stanze lì intorno, sempre più silenziose. Avevo vagato un po' nei corridoi bui del castello, perdendomi più volte nell'oscurità. Avevo provato ad aprire qualche porta chiusa a chiave e poi, ero tornato suoi miei passi, guidato un po' dal suono della musica, un po' dalla luce bianca che trapelava dalle finestre.

Una sensazione di inquietudine mi aveva attanagliato lo stomaco improvvisamente. Mi ero voltato, più e più volte, mentre tornavo indietro. Da quando avevo messo piede nella sala da ballo, era come se qualcuno mi stesse osservando. Uno sguardo che però non avevo ancora incontrato. Mi erano venuti i brividi, più e più volte, ogni qualvolta che le ombre si facevano più fitte o che i suoni si facevano più attutiti. Avevo accelerato il passo, dopo che l'adrenalina aveva iniziato a pizzicarmi i nervi.

Avevo tirato un sospiro di sollievo quando mi ero ritrovato su una balconata di marmo, inondata dalla luce della luna. Mi ero guardato intorno un'ultima volta, prima di accasciarmi su una panchina di pietra poco distante.

Bevvi un sorso di vino. Lasciai che il liquido amaro si disperdesse nella mia bocca. Una smorfia appena accennata distorse il mio viso: arricciai il naso. Non mi piaceva.

Sospirai e poi, svuotai il calice, bevendone l'intero contenuto. Scrollai le spalle e mi alzai in piedi. I miei pensieri si persero nel cielo.

Era stato organizzato un ballo, quella sera.
Uno come tanti: fiumi di alcolici, chiacchiere frivole dei nobili e discorsi impegnati dei cavalieri, belle ragazze in vestito da sera. Risate, musica.

Solo dopo qualche anno avrei imparato a farmi piacere quel tipo di eventi. Mi sarei abituato alla frenesia delle danze, all'allegria degli invitati, alle risa sguaiate dei nobili alticci.

Ma, in quel momento, su quella terrazza, non riuscivo a smettere di ripercorrere con il pensiero la catena di eventi che mi avevano trascinato in quel luogo sconosciuto, fino a quell'istante sospeso, ormai confuso insieme agli altri, in un groviglio che non sembrava nemmeno avere un inizio.

Nemmeno in quel momento però, ero convinto di essere solo.
Poco dopo, ne ebbi la certezza. Non so quanto tempo passò prima che decidesti di uscire dal tuo nascondiglio.

Un tintinnio, un fruscio, un passo, poi un altro. Mi voltai, sussultando.

Vidi la tua figura avvolta in un mantello scuro emergere dalle ombre. Dall'oscurità emergeva lo scintillio dell'argento dell'armatura, delle fibbie degli stivali, il luccichio delle pietre azzurre che ti pendevano dai lobi.

Il mio sguardo scivolò su di te, lentamente. Indugiai sulle tue iridi, colpite dalla luce, così chiare da sembrare trasparenti. Da sembrare ghiaccio, fredde com'erano. Mi pietrificarono.

Ed in un attimo, ti riconobbi.

Ogni dettaglio urlava il tuo nome. Non so come fosse possibile. Il taglio allungato dei tuoi occhi, la tua camminata impeccabile, ogni ciocca dei tuoi capelli, di una sfumatura di rosso mai vista prima, color sangue. Il tacchettare dei tuoi pesanti stivali sul marmo. La spada dall'impugnatura vermiglia che tenevi al tuo fianco. Il tuo sguardo, che non riuscii mai a leggere davvero.

Eppure, il primo che mi rivolgesti, per quanto indecifrabile e distaccato, tradiva uno stupore che, seppur impercettibile, involontariamente mi avevi trasmesso.

Il suono del tuo avanzare quasi si confondeva con il vento.

Conoscevo il tuo nome, i miei genitori mi avevano parlato di te. Tutti lo avevano fatto. Principe Augustus, figlio del re di Ignis.

Non fu solo la tua improvvisa apparizione che mi fece gelare il sangue nelle vene. Fu quella familiarità che avevo avvertito nei tuoi tratti, nel sorriso accennato che mi avevi appena rivolto.

Velocemente, mi cimentai in un inchino, com'era consuetudine tra persone di un certo rango. "Principe", ti salutai.

Le fossette che ti segnavano appena le guance si fecero più evidenti.

Tendesti verso di me la tua mano, un istante prima poggiata sull'elsa della tua arma. Io la strinsi, forse con troppo poco vigore. Abbassai lo sguardo, quasi imbarazzato dello stato in cui mi avevi trovato. Così da vicino forse riuscivi addirittura a sentire l'odore dell'alcol.

"Sei Sett, vero?". Io annuii. Ancora non mi ero pienamente abituato a quel nome.

Sentivo la testa leggera, la tua voce sembrava lontana. "Rea ti stava cercando, voleva presentarci".

Rea era mia madre adottiva, nonché tua zia acquisita. Lei aveva deciso che, quella sera, mi avrebbe presentato al mondo come suo figlio. Al Re, alla famiglia, alla società, a te. In pratica, scappando lì, avevo rinunciato al mio debutto prima ancora che la serata iniziasse davvero.

Iniziai a sentirmi in colpa e, mentalmente, cercai di riafferrare i brandelli della mia sobrietà. Mi chiesi se tu fossi venuto lì solo per farmi la predica, se ti avesse mandato lei. Nonostante quel mezzo sorriso, incutevi un certo timore.

Rimasi qualche attimo in silenzio, indeciso su cosa rispondere. Riuscivo solo a pensare a quanto sentissi caldo.

"Avevo bisogno di un po' d'aria". Mentii. "Ho perso la concezione del tempo".

Tu inclinasti la testa, assumesti un'espressione incuriosita. Soffocasti una piccola risata.

"Tranquillo, la serata è arrivata a quel punto in cui nessuno fa più caso all'etichetta e alle convenzioni. Probabilmente Rea se ne sarà già dimenticata". Il tuo viso si distese appena.

Lanciasti una veloce occhiata alla luna, così vicina che quasi avrei potuto toccarla allungando un braccio. "Possiamo rimanere ancora un po' qui, se ti va".

Mi accorsi che mi piaceva la tua voce, da come pronunciasti quelle ultime parole. Sembrava provenissero direttamente dal tuo petto. "Lì dentro fa troppo caldo". Aggiungesti.

"Grazie". Mi sentii sollevato. Dopotutto si stava così bene lì fuori. Il silenzio, la penombra, le stelle.

Ti accomodasti. La tua armatura tintinnò appena. Io mi sedetti al tuo fianco. Il paesaggio davanti a noi si stagliava sconfinato. Potevo scorgere il vulcano sopito in lontananza, circondato dalle rocce laviche cosparse di un sottile strato di fili d'erba.

"Ti stavi annoiando lì dentro, vero?".

"Un po'". Ammisi, ancora un teso. Più che annoiato, forse ero solo spaventato. Da tutto, da tutti. Anche un po' da te.

Alzasti le spalle. "E' normale, anche io alla tua età mi annoiavo, non capivo perché i miei genitori non mi lasciassero in pace nella mia stanza. Me ne stavo tutto il tempo lì impettito a parlare con vecchi scemi che discutevano di cose incomprensibili.
Senza dimenticare le anziane signore che insistevano per farmi ballare con le loro figlie".

Mi strappasti una risata.

Un raggio di luna illuminava il tuo viso. Notai un piccolo puntino nero sotto il tuo occhio sinistro.

"Aspetta qualche altro anno, ti assicuro che ti divertirai. Conoscerai un sacco di gente che come te non vede l'ora di farsi una bella bevuta". Arrossii fino alle orecchie. Quindi te ne eri accorto. Affondai il viso tra le mani. "Si nota così tanto?".

"Tranquillo, sei quello messo meglio questa sera". 
Aggrottasti le sopracciglia. "A proposito, le tue sorelle dove sono finite?". Io alzai le spalle, ancora tremante per l'imbarazzo. "Non lo so. Loro vogliono ancora giocare, non ho la voglia di assecondarle, quindi sono andate con gli altri bambini".

Nonostante ci dividessero solo tre anni, non andavo molto d'accordo con mia sorella Calista, la più grande. Lo stesso potevo dire della più piccola, Arti.

"Immagino che tu non abbia conosciuto nemmeno Argo, vero?". Argo era tuo fratello minore, ed avevamo più o meno la stessa età. Tuttavia di lui mi ero completamente dimenticato. Come avevo potuto?

"Dannazione". Mi lasciai sfuggire un'imprecazione. 
Non ero riuscito a combinarne una giusta. Più il tempo passava, più entravo in confusione.

Mi rassicurasti, ancora una volta. "Tranquillo, datti tempo. Dopo tutto quello che hai passato è normale trascurare tutte queste frivolezze...".

Da lì in poi, non ricordo quasi più nulla di quella sera. Parlammo molto. Ore intere probabilmente. Ad una parola seguiva un'altra, con naturalezza. Dolcemente, mi ero abbandonato allo scorrere dei nostri discorsi. Un sorriso era sbocciato sul mio volto.

Ancora ricordo un brivido improvviso percorrermi il collo. Con le dita avevi sfiorato la mia pelle, quasi impercettibilmente. Avevi lasciato scorrere sul palmo della mano la treccia in cui erano raccolti i miei capelli e l'avevi fatta ricadere piano sul mio petto, carezzandola appena.

Avevi poi cercato i miei occhi.
Non c'era più niente, che il suono della tua voce ed il tuo profumo, vicino com'eri.

"Mi piace come ti sta". Ti eri sporto appena verso di me. Un dolore nel petto, per un istante.

Uno dei tanti ricordi, impressi per sempre nella mia memoria. Tanti, come le stelle nel cielo di quella notte.

Sotto quel chiaro di luna, mi persi, per poi non ritrovarmi più.

Dall'autore;
Salve a tutt*, io sono Cain.
È sempre un'emozione debuttare con un'opera nuova e sono molto felice di conoscervi!

Questo è il primo capitolo di questa storia originale, uno yaoi/bl fantasy, che ha come protagonisti Sett e Augustus. I nostri cari piccioncini qui sopra.

Sono qui per salutarvi e ricordarvi che, ahimè, non sarà una storiella d'amore rose&fiori (come spero abbiate letto in descrizione). Quindi, se volete dare una chance a questa storia preparatevi (i fazzoletti), perché tratterà di temi molto delicati che non verranno affrontati con le pinze, ecco.

In questi giorni, oltre a lavorare alla seconda parte, mi occuperò anche di aggiungere qualche capitolo per raccontarvi un po' dei personaggi e del loro mondo.

Vi chiedo, cortesemente, nel caso vi sia piaciuto ciò che ho scritto di commentare (anche se non vi è piaciuto, accetto critiche), in modo tale che io possa regolarmi per le prossime parti.

Grazie mille per essere arrivati fin qui, alla prossima ❤️

 

  
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