Era
notte fonda quando Rupert aprì gli occhi. Intontito dal
sonno ma con la giusta
dose di rabbia e irritazione, si destò dal caldo tepore del
suo letto e balzò
in piedi. L'intera stanza era immersa nel buio, nemmeno i flebili raggi
lunari
riuscivano ad attraversare le tapparelle abbassate poche ore prima.
L'uomo
infilò i piedi dentro le ciabatte e trascinò il
suo corpo fino in cucina, poi
accese la luce, si versò una tazza di caffè e
risalì nella sua stanza.
Non
era un buon momento per bere un caffè, l'orologio segnava le
tre di notte
quando Rupert guardò l'ora. Ma per lui non era un problema,
non sarebbe stata
una tazza di caffè a privarlo del sonno. Adagio,
poggiò la tazza sul comodino,
alzò lentamente le tapparelle della sua stanza e
aprì le finestre. Una ventata
d'aria fresca riempì l'intera stanza facendo rabbrividire
l'uomo che, con
sguardo affilato e duro, osservava il panorama davanti a sé.
Portò gli occhi
sul paese, ne scrutò alcune vie e passò in
rassegna le poche case che riusciva
a vedere dalla sua finestra: avevano tutte le luci spente.
A
Maple Town regnava il silenzio e la calma: solo i fumi del panificio
correvano
veloci verso il cielo. Rupert seguì con gli occhi la piccola
striscia grigia e
la guardò scomparire sotto l'influsso della luce lunare.
Amava abitare in
collina, era il suo colle: nessuno lo avrebbe mai sradicato da
lì. La sua anima
era legata a quel posto quasi quanto le radici degli alberi lo erano
alla
terra. Gli alberi, proprio gli alberi che avevano reso Maple Town
così famosa
in tutta la nazione. Rupert sorrise, alcuni aceri erano stati piantati
dai suoi
genitori quando lui non era ancora nato. Quella era una delle cose che
lo
faceva sentire veramente parte di quel paese, oltre Rachel ovviamente.
«Rachel»
sussurrò Rupert.
Le
labbra dell'uomo si incresparono in uno dei suoi rari sorrisi poi,
lentamente,
afferrò la tazza del caffè poggiata sul comodino
e iniziò a sorseggiarlo.
Chiuse gli occhi e, accompagnato dal frinire delle cicale,
immaginò il volto
della donna che non vedeva dal giorno precedente. Rachel era abbastanza
indaffarata in quel periodo, cercava disperatamente una ricetta con cui
partecipare a quella stupida gara. Già, la famosa gara di
cui tutti parlavano:
era sulla bocca di ogni paesano, quando non si parlava del ragazzo
aggredito e
portato all'ospedale. Rupert poggiò le braccia sul davanzale
della finestra e
osservò la distesa di alberi davanti a sé.
L'oscurità della notte lo trascinò
in un turbinio di emozioni e pensieri contrastanti. Lui odiava il
fermento
creatosi in città, odiava la gara e quella maledetta targa
ricomparsa. Con
l'amaro in bocca, e nel cuore, Rupert diede un'ultima sorsata al
caffè,
richiuse la finestra e si diresse nell'unico posto dove si sentiva
tranquillo:
il laboratorio in soffitta. Rupert afferrò la maniglia della
porta e uscì dalla
stanza senza accorgersi che c'era qualcuno di fronte a lui. Una figura
non
molto alta, dai capelli lisci e fluenti, si scontrò contro
il suo addome.
«Zio,
sta attento quando cammini!»
«Nora...
Cosa ci fai sveglia a quest'ora?» pronunciò l'uomo
guardando la nipote nei profondi
occhi azzurri.
«Ti
ho sentito quando, pochi minuti fa, sei uscito dalla stanza.»
La voce di Nora
era apprensiva, ma aveva gli occhi persi nel sonno.
«Mi
dispiace di averti svegliato. Torna a dormire, è
tardi» disse Rupert facendo
appello a quel poco di gentilezza che conosceva.
«Va
tutto bene?» chiese Nora strofinandosi gli occhi.
«Non
proprio. Ma ti prego, ora dormi. Ne parleremo domattina.»
«Promesso?»
«Promesso.»
L'uomo scandì quella parola con un leggero imbarazzo. Non si
era mai comportato
con nessuno in quel modo, nemmeno con Rachel. Nora si
avvicinò e avvolse lo zio
in un tenero abbraccio, l'uomo ricambiò con qualche
tentennamento, ma alla fine
si sciolse e accompagnò la nipote nella sua stanza. Le
rimboccò le coperte e le
diede un bacio sulla fronte.
«Buonanotte.»
«Buonanotte,
zietto» disse Nora abbozzando una leggera risata.
Mentre
si dirigeva in soffitta, Rupert pensò a Nora. Lei era
l'unica nipote della
quale avesse un vago ricordo. Era entrata nella sua vita da qualche
settimana,
come un fulmine a ciel sereno, distruggendo la sua intera routine.
Odiava
ammetterlo, ma quella piccola peste aveva portato una boccata d'aria
fresca
all'interno della sua esistenza. Odiava tutto ciò che poteva
mettersi tra lui e
la tranquillità, era una cosa risaputa da tutti, ma, in
fondo, avere una
ragazza in casa lo faceva sorridere. Un pensiero veloce e sfuggente gli
riportò
alla mente il breve passato della ragazza e il cuore di Rupert si
riempì di
rabbia e tristezza a quel pensiero. Sua sorella era morta e il cognato
era uno
sporco ubriacone. Non vedeva la sorella da ben tre anni quando la
notizia della
sua morte lo aveva sconvolto. Rupert provava un amore profondo per
Mary, uno di
quelli che non si rompe mai, un legame di sangue saldo, immune al
passare degli
anni. Ma il destino gli aveva lasciato una nipote, Nora era tutto
ciò che gli
era rimasto della sorella. Ed ecco perché aveva promesso che
avrebbe avuto cura
di lei, anche se significava cambiare la sua vita e parte del suo
carattere.
Assorto
da quei pensieri, Rupert salì le scale che lo avrebbero
condotto alla soffitta.
Quando vi arrivò, facendo attenzione a non far rumore,
aprì la porta. L'odore
stantio della stanza invase le strette narici dell'uomo che, palpando
l'oscura
parete alla ricerca della luce, stava già pregustando il
momento in cui si
sarebbe seduto a visionare i suoi oggetti antichi. La luce
rivelò l'intero
contenuto della stanza dal soffitto basso: pile di vecchi libri e
lettere
ammassati nella libreria e un grande bancone con un lume accanto,
posizionato
accanto alla finestra. Rupert si avvicinò al mobile per
prendere uno dei suoi
cimeli: un orologio risalente al milleottocento. Quell'orologio era uno
dei
lasciti del suo prozio, aveva un valore di circa diciottomila dollari
americani. Avrebbe potuto fare una fortuna, se solo avesse avuto il
cuore di
venderlo. Ma Rupert amava riempirsi di vecchie cianfrusaglie, in
particolare,
di cianfrusaglie mega costose.
Ma
Rupert credeva che quell'orologio avesse qualcosa di particolare, anche
se non
aveva ancora capito cosa fosse. Durante le sue numerose revisioni agli
ingranaggi, aveva notato un piccolo incavo sotto la corona. Non era una
cosa
normale, Rupert se ne era assicurato parecchie volte confrontandosi con
alcuni
suoi colleghi del mestiere. Sapeva che quel particolare non doveva
esserci, ma
non sapeva spiegarsi il perché. Aveva provato a girare la
rotellina parecchie
volte, ma nulla. Non poteva permettersi di smontare quella particolare
parte
dell'orologio, erano necessarie attenzione e precisione. Non avrebbe
rischiato
di rovinare un ricordo della sua famiglia, così aveva
lasciato perdere.
Si
limitò a guardare l'incavo anche quella sera, poi, pose
l'orologio sul tavolo e
continuò a rovistare tra le vecchie chincaglierie.
Riportò alla luce alcune
carte del fondatore di Maple Town: la famosa ricetta vincitrice del
concorso di
cucina del 1889, rubata dal suo prozio, e dei vecchi fogli di giornale.
Rupert
ripose tutto sul tavolo dimenticando di avervi appena poggiato
l'orologio. Tra
un movimento di fogli e una botta al piede del tavolino, l'orologio
capitolò
per terra mandando il cuore di Rupert in aritmia per qualche secondo.
Pregando
ogni divinità esistente, l'uomo riprese l'orologio e lo
esaminò attentamente:
era ancora in perfette condizioni, salvo un piccolo dettaglio che
mandò Rupert
in brodo di giuggiole. Dall'incavo dell'orologio era fuoriuscito un
piccolo
biglietto. In tutti quegli anni, Rupert non era mai riuscito a
scorgerlo. Ma
non poteva mai immaginare che, nonostante le spesse dimensioni
dell'orologio,
qualcuno ci avesse nascosto un biglietto. Rupert posò
l'oggetto sul tavolo e
aprì delicatamente il biglietto.
«Cara
Harriet Carter, ce l'abbiamo fatta. Il piano è riuscito.
Sapville avrà quello
che si merita. Tuo, Fred Rootweet.»
Rupert
lesse tutto ad alta voce e rimase incredulo e sconvolto non appena
lesse la
data che riportava il foglietto.
«Cinque
maggio mille-ottocento-ottantacinque» disse, scandendo ogni
parola. «Ma è il
giorno in cui si svolse la gara... Non è possibile. Cos'ha a
che fare il mio
prozio con quella gara?»
L'uomo
ci pensò un attimo, ma riuscì a riunire solo
pochi pezzi di quel grande puzzle.
La targa era stata vinta dal paese, magari suo zio era andato
lì per
assistervi. Però non riusciva a capire cosa intendesse dire
con "Sapville
avrà quello che merita". Inoltre, che legame c'era tra i
Rootweet e i
Carter? Rupert non capiva, ma di una cosa era certo: per fare chiarezza
sull'accaduto, avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di sua nipote. Quella
roba che
lei chiamava "inter coso" l'avrebbe aiutato.
Le
ore passarono e il buio lasciò spazio alla luce. I caldi
raggi del sole
colpirono gli alberi e ne doravano le foglie, avvolgendo tutto il
paesaggio in
una straordinaria luce calda e viva. Anche Rupert, addormentato con la
schiena
ricurva sul tavolo, venne colpito da quell'esplosione di luce. Il sole
baciò le
sue guance destandolo dal sonno. Rupert alzò il viso, si
scollò dalla fronte
qualche foglio di giornale e poi scese dalla soffitta per raggiungere
la
cucina.
«Buongiorno,
zio» esplose Nora mentre preparava la colazione.
«Buongiorno
anche a te.» Rupert la guardò e per un attimo,
accecato dalla troppa luce
mattutina, rivide il volto della sua amata sorella. Sorrise, dentro di
sé.
Sapeva che era un effetto dovuto ai giochi di luce, ma non era solo
quello.
Nora assomigliava molto a sua madre, sia nell'aspetto che nel
carattere. L'uomo
fece qualche passo, raggiunse la nipote al tavolo e consumò
la colazione.
«Allora,
zio, è arrivato il momento di mantenere la
promessa» disse Nora, scrutando lo
zio e mostrando un leggero sorriso.
«Ah,
giusto. La promessa. A proposito di questo, hai ancora quel tuo strano
aggeggio
portatile? Potrebbe tornarci utile.»
Qualche
ora dopo, l'ufficio di Rupert venne invaso da articoli di giornale,
foto e
notizie riguardanti il 1885. L'orologio trovato in soffitta era legato
alla sua
famiglia, lasciato in eredità dal suo prozio, era chiaro
come il sole che
qualche suo parente fosse invischiato in quella pessima situazione. Fu
Nora,
dopo ore di ricerca, a scovare un indizio importante, l'unico davvero
rilevante. Non riguardava il luogo in cui era stata nascosta la targa,
ma
avrebbe potuto aiutare a scovare il colpevole.
«Fortunatamente,
il comune di Maple Town ha creato un cloud digitale atto a conservare
tutti gli
articoli di giornale più importanti. Ma, sebbene l'evento
dell'ottantacinque
sia abbastanza importante per Maple, questo è l'unico
articolo che ho trovato.»
Nora fece avvicinare lo zio allo schermo del computer portatile e
indicò una
lista di nomi accanto a una fotografia.
«Ma
guarda un po'. Questo è lui, mio prozio Fred. Tua nonna
aveva un album di
fotografie, ogni domenica ci costringeva a sederci sul divano e a
sfogliarlo
insieme. Conosco i volti di tutti i nostri parenti, più o
meno.» Rupert visionò
tutti i cognomi alla portata del suo occhio fino a quando
incontrò quello
appartenente alla sua famiglia. «Ci sono anche alcuni cognomi
a me familiari:
Price, Carter, Bluelight e Stealer.» Rupert rise,
«Guarda, c'è anche una
signora appartenente alla famiglia di quella vecchia pettegola della
Patty.»
«A
quanto pare, il tuo prozio, aveva un bel rapporto con questa signora.
Guarda
attentamente la fotografia.»
Rupert
si avvicinò ulteriormente allo schermo e rimase alquanto
sorpreso da quello che
riuscì a vedere. In quel momento, con tutta la
velocità a disposizione, corse
in soffitta a riprendere il biglietto letto durante la notte. Quando lo
trovò,
lo controllò attentamente scorgendo un nuovo e importante
dettaglio. Nella
parte posteriore del foglietto, scritto con una grafia singolare ed
elegante,
vi era la risposta al messaggio precedente.
«Mio
carissimo Fred» lesse Rupert «Il mio amore non
sarà mai sufficiente a
ricambiare quello che hai fatto per me. Ho nascosto la targa nel luogo
che
conosci. Ti amerò per sempre, Harriet Carter»
Ecco
qual era il legame tra i Rootweet e i Carter: l'amore. Non sapeva se il
suo
prozio fosse veramente innamorato di quella donna, ma lei lo era di
sicuro. In
quel momento, Rupert, ebbe la rivelazione. Sapeva cosa fare, doveva
solo
avvisare Nora.
«Nora,
io esco, torno tra poco» le disse, passando prima dal
soggiorno per prendere
una giacca leggera e poi dalla sala da pranzo.
«Va
bene, a dopo.»
Rupert
percorse il corridoio e, prima di aprire la porta, sentì il
telefono squillare.
Qualche secondo dopo, la voce di Nora esplose in un grosso e sonoro:
"Ciao
Sean". L'uomo sorrise, contento che la nipote avesse trovato buona
compagnia, e uscì di casa. Respirò l'aria
primaverile, si crogiolò nella luce
mattutina e si preparò a percorrere la discesa: aveva la
destinazione ben
chiara in mente. Per completare il puzzle e ricavare le ultime
informazioni
mancanti, doveva andare dall'unica persona che, in paese, sapeva tutto
di
tutti: Patty Stealer. In quella foto, oltre a suo zio, c'era anche un
componente della sua famiglia. La possibilità che la Stealer
fosse a conoscenza
della verità, o parte di essa, era sicura al cento percento.
***
Un
classico "din don" scosse la tranquilla routine mattutina della
donna. Ella si alzò dalla sedia, percorse il corridoio e,
con il suo ampio
sorriso, aprì la porta.
«Ciao,
Patty» disse Rupert mostrando il biglietto trovato durante la
notte «Dobbiamo
parlare.»
La
donna sorrise non appena scorse lo scambio di risposte sul biglietto.
«Tu
sai e io ho bisogno di sapere. Non negarmi questa richiesta, Madame
Stealer» la
stuzzicò lui, con un accenno di pronuncia francese.
Patty
invitò l'uomo ad entrare e raggiunsero la cucina.
«Non
ti nasconderò la verità» disse Patty
mentre offriva a Rupert una tazza di tè.
«Avrai tutte le tue risposte.»