9.
La casa di campagna, come la chiamava sua moglie, era un antico
casolare a due piani in pietra vista, risalente al periodo d’anteguerra.
Quella casa aveva resistito a tante cose: bombardamenti, guerre,
svalutazione economica… e ancora stava resistendo bene agli insulti del tempo.
Era ancora un bel posto dove passare un week-end in tranquillità o per
rifuggire allo stress cittadino.
Vegeta parcheggiò l’auto nel giardino antistante, dove Bulma aveva
tutti i suoi vasi di fiori appoggiati sul cemento di una verandina con le
strutture ornate di rampicanti di edera, che stava lentamente corrodendo il
ferro.
Aprì il bagagliaio: prima di venire lì era passato in banca a prendere
un computer portatile di quelli nuovi e il vecchio proiettore che veniva
utilizzato per le riunioni mensili. Velocemente scaricò la borsa con il
portatile, il telo bianco e il trespolo dove appoggiare il proiettore, con il
tavolino per il computer, e li condusse all’interno dell’abitazione.
Entrò nella sala: qui, era tutto in ordine e pulito come lo lasciavano
sempre. A sinistra rispetto alla porta, c’era un tavolo con un trenino
elettrico incorporato nel plastico di una località di montagna. Vegeta poggiò
delicatamente le carabattole in terra e l’osservò: l’aveva costruito lui stesso
insieme a Trunks, quando era più piccolo. Collegò la spina alla presa e il
trenino elettrico si mise in movimento, oltrepassando montagne e passaggi a
livello. L’ombra di un sorriso malinconico si dipinse sul suo volto, pensando a
tutte le ore passate a decorare il plastico con gli elementi migliori insieme a
Trunks che guardava la creazione con i suoi grandi occhi azzurri di bambino…
Tornando al presente, staccò la spina con un
sospiro e il trenino si fermò.
Si guardò intorno alla ricerca di un punto dove piazzare il trespolo
per il proiettore e, ovviamente, il telo bianco su cui proiettare le immagini.
Spostò un tavolino e vi piazzò il trespolo. E
il proiettore era sistemato.
Ora toccava al telo.
Guardò verso il camino: sulla parete superiore, c’era una fotografia
che li ritraeva tutti e tre, lui, sua moglie e suo figlio in posa. Una
famigliola felice.
Rimosse il quadro e lo poggiò al muro,
utilizzando il chiodo per appendervi il telo bianco. Dopodiché si mise a
collegare i cavi del proiettore con il computer, smanettò un po’ e si preparò
allo spettacolo.
*****
A qualche chilometro di distanza, Laura era in ufficio a compilare dei
moduli a mano, quando a un tratto squillò il telefono.
- Banca nazionale buongiorno – rispose – Oh, ciao Vegeta. –
- Ciao Laura, come va? –
- Tutto bene, ma… tu dove sei? –
- Sono alla casa di campagna. Ci starò per
almeno tre giorni, non lo sa nessuno. L’ho detto solo a te. –
- Va bene. Ho capito. –
- Se telefona mia moglie, dille che sono alla sede centrale, a fare i
bilanci. –
- Tua moglie ha già telefonato. –
- Oddio – mormorò Vegeta, dall’altro capo – E che le hai
detto? –
- Che eri alla sede centrale a fare i bilanci. –
- Brava… ti ringrazio. –
- Non c’è di che. –
- Adesso ti saluto, ho delle cose da fare. Ciao, Laura.
- Ciao Vegeta – disse, e riagganciò.
*****
L’interno della casa era freddo. Non potendo accendere i termosifoni,
dovette rimanere con la giacca addosso. Siccome non era abbastanza, andò a
cercarsi anche una coperta dalla stanza da letto al piano superiore.
Nel frattempo, sul video, scorrevano le immagini, che mostravano il
retro della Fiat Punto della signora C18, con la targa in bella vista. Socchiuse
gli occhi per vedere meglio.
- bi-erre, zero nove cinque, erre-ics – scandì,
leggendo la targa del veicolo – La macchina della signora C18. È lì che è
cominciato tutto. Ma dove sta andando…? –
Sul video, la macchina si fermò, e ne venne fuori sua moglie. Il
microfono ad altissima sensibilità catturò la sua voce e quelle intorno senza
che lei se ne accorgesse.
Bulma si era fermata a un bar di un quartiere malfamato. Due giovanotti
seduti al tavolino iniziarono a guardarla.
- E questa…? –
- E’ una falsa magra… guarda che
culo a mandolino… io me la inchiappetterei. –
Vegeta spalancò gli occhi e strinse i pugni, sentendo quegli
apprezzamenti.
- Ciao Jo – salutò la barista.
- Ciao Bulma. Che ti do? –
- Dammi un prosecco. Bello pieno.
–
- Prosecco? Ma Bulma, tu sei astemia… -
Guardò sua moglie tracannare in un secondo il vino e poggiare il
bicchiere, per poi andare al telefono pubblico a gettoni vicino alla porta
d’ingresso, infilare degli spiccioli e comporre un numero.
-Eh, quest’anno ci vorrebbe un miracolo per la nostra squadra…
-
A quel punto, Bulma fece capolino dalla vetrata: - Ehi, “Mandolino”…
chi t’inchiappetti, tu? –
- Ce l’hai con me? –
- Sì, ce l’ho con te e con quello
stronzo del tuo amico. –
- Ma era un complimento… -
- Questi complimenti – riprese Bulma ancora
con la cornetta all’orecchio - li vai a fare a tua sorella. E andatevene a
fare in culo, tutti e due – concluse, e i due tornarono a occuparsi
dei loro affari, probabilmente abituati a essere trattati così da una bella
donna.
- Bulma, non hai mai parlato così, in casa…! –
- Pronto? Sì, sono io. – una pausa. - Non
faccia finta di non conoscermi, ha telefonato tante volte a casa nostra. Non mi
dica che non riconosce la mia voce. – altra pausa - No, non ho
chiamato per litigare. Vorrei solo… parlare. Sono qui, sotto casa sua. Se vuole
possiamo andare qui vicino, da “Mirafiori”. Va bene, l’aspetto lì. Grazie. –
- A chi avrà dato appuntamento? –
*****
La risposta alla sua domanda arrivò alcuni fotogrammi dopo: Bulma era
seduta al tavolo di un ristorante, quasi di fronte all’obiettivo della
telecamera.
Poco dopo, la raggiunse una persona. Quando vide chi era, Vegeta fece
un salto sulla poltrona.
- Laura?! –
- Buongiorno – salutò Laura, accomodandosi
vicino a sua moglie.
- Buongiorno a lei – la salutò di rimando Bulma
- Gradisce un’oliva, un po’ di formaggio? –
- No, grazie. Le dispiace se fumo? –
- Nessun problema. Senti… posso darti del tu, vero? –
- Certamente. Di cosa voleva parlarmi? –
Sul tavolo c’era una caraffa colma di vino, di cui Vegeta non si era
accorto. Da lì, Bulma si riempì un bicchiere quasi fino all’orlo, da cui bevve
prima di rispondere.
- Vedi, io so che tu, da tre anni, sei l’amante di mio
marito. –
Vegeta rimase a bocca aperta.
- Non… non so di cosa stia parlando. Io e suo marito abbiamo
un rapporto unicamente professionale, e… -
Bulma rise: - E’ inutile negare, mia cara. Io lo so. –
Laura sollevò le sopracciglie e non disse nulla, limitandosi a sospirare.
- Lo so perché mio figlio, l’estate scorsa, vi ha visti entrambi nel letto matrimoniale della nostra casa
di campagna. E siccome lui è una personcina educata, non vi ha disturbati. –
- Beh… se è suo figlio a dirlo… allora non posso negarlo. –
- Ma sì che devi negarlo, Laura! – esclamò Vegeta allargando le
braccia.
- Eh sì… però io me n’ero accorta
già molto tempo prima che me lo dicesse mio figlio, lo sa? –
- Ah sì? E da cosa l’aveva capito? –
- Sì, appunto. Da cosa l’avevi capito? – intervenne Vegeta contro
i fantasmi proiettati allo schermo.
- Devi sapere – riprese Bulma interrompendosi per
sorseggiare un altro calice di vino - Che i rapporti tra me e mio marito
sono sempre stati così… come dire? Tiepidi. –
- Tiepidi?! Tiepidi?!
Ma che… Ma che stai dicendo! –
- Poi a un certo punto, mio marito ha cominciato a essere
più… fantasioso, più spigliato. Una sera mi prese, mi
saltò addosso, mi accartocciò, mi buttò per aria…! Fu incredibile. E magnifico.
–
- Magari avrà letto una rivista porno – azzardò Laura,
tirando una boccata di fumo dalla sigaretta.
Bulma scosse la testa guardando negli occhi la sua interlocutrice -
No, no. Non aveva letto una rivista porno… aveva solo conosciuto te. –
- Ahahah… ma è ridicolo, dai. –
- Beh, se proprio vuoi saperlo – rispose Laura -
anch’io mi ero stancata di fare l’amore nella posizione del missionario. –
- La posizione del missionario? E sarebbe? –
Spegnendo la sigaretta in un posacenere lì vicino, Laura rispose -
E’ la posizione classica, canonica: l’uomo sopra, la donna sotto. Siccome mi
ero stancata, un giorno gli ho detto “Vogliamo cambiare un po’?” E gli ho
insegnato qualche nuova posizione. –
- Ecco cosa succede a mettere insieme la moglie e un’amica che parlano dell’uomo… - scosse la testa mestamente, soffocando
una risata – E adesso? -
- Mi porti un altro mezzo litro per favore? –
- Altro vino?! Amore, smettila di bere! –
- Io quelle posizioni le avevo imparate a mia volta da un
ragazzo russo che conoscevo… -
- …e le hai insegnate a mio marito. E poi sai cos’è successo? –
Laura scosse la testa.
- A un certo punto, l’incanto è finito. Circa un anno fa, ha
smesso di toccarmi: s’è ingrassato… si sentiva depresso… tutte le sere si attaccava alla televisione e non c’era verso di smuoverlo.
La televisione… quel maledetto aggeggio infernale che c’impedisce di avere i
nostri rapporti! –
- Credo di sapere perché sia successo ciò… Vedi, un anno fa io ho lasciato tuo marito. Sapevo che la nostra relazione
non poteva avere un futuro, per cui… mi sono fatta da parte. –
- Ma perché l’hai fatto, santo dio,
perché? Almeno quando c’eri tu io e mio marito riuscivamo
a divertirci un po’…! –
- Te l’ho detto, non avremmo avuto futuro. Sarei stata per
sempre la sua amante, niente di più. –
Bulma aveva sospirato.
- In ogni caso, comunque, posso sapere che cosa vuoi da me? –
- Vedi, io ti ho invitata qui oggi,
perché devo chiederti un favore. –
- Che favore? –
- Fra due mesi, esattamente il due gennaio, io mi trasferirò in un’altra città, perché ho trovato un
lavoro. E lascerò Vegeta per sempre. –
Quando udì quella rivelazione, Vegeta si sentì le ginocchia di
pastafrolla. Il cuore cominciò a battergli all’impazzata, quindi crollò sulla
poltroncina.
- Ancora non capisco cosa vuoi da me. –
- Voglio… voglio che tu ti prenda
cura di lui. Che ricominci a frequentarlo, che vi fidanziate di nuovo – lo disse con la voce
rotta, come se stesse faticando a contenere le lacrime - Vegeta è come un
bambino… vive nel suo mondo, non vuole sapere niente… vuole
la sua vita tranquilla. –
- No, Bulma… - mormorò, portandosi le mani agli occhi umidi – No…
questo no. Dimmi che non è vero… - piagnucolò, mentre le immagini si sfuocavano
e lui si rannicchiava in sé stesso.
*****
Con la testa piena di domande, e gli occhi ancora umidi, alle sei e
mezza Vegeta uscì dal casolare, dopo aver sapientemente occultato i DVD e
l’attrezzatura in un posto sicuro della casa.
Quando fece per salire in auto, vide i fari di una macchina che si
avvicinavano. Poiché in quella strada l’illuminazione pubblica non era mai
arrivata, non riuscì a riconoscere chi era. Si augurò con tutto il cuore che
non fosse Bulma, perché altrimenti non sapeva cos’avrebbe fatto.
- Ciao, Vegeta – lo salutò la voce di
Laura, che avanzò reggendo in mano il blocco per le firme dei mandati. Era
vestita con un pesante cappotto di lana bianco, e i suoi capelli corvini erano
sciolti.
- Laura, ma che ci fai qui? –
- C’erano… dei mandati da firmare, e così ho
pensato di portarteli. –
Vegeta prese la penna dal taschino della giacca – Ma ero d’accordo con il direttore, che li firmava lui. Che sei
venuta a fare veramente? – domandò, mentre terminava di firmare.
- Mi era venuta voglia di vederti – rispose, guardandolo negli
occhi e sorridendo – Senti, che ne diresti di andarcene a cena insieme,
stasera? –
- No, grazie… - rispose mestamente.
- Vegeta, guarda che tua moglie ha deciso di lasciarti. –
- Lo so. Lo so che ha deciso di lasciarmi. E so anche che vi siete
viste! “Io lo lascio, tu lo riprendi…” Ma cosa sono io, un pacco postale!? –
- Vegeta… -
Ma lui non l’ascoltò, allontanandosi verso la sua macchina – Tu
non capisci, Laura! Io non posso vivere senza Bulma! Se Bulma mi lascia, io mi
ammazzo! - esclamò, puntandosi l’indice alla tempia, mimando una pistola
– Tu sei giovane, cercatene uno della tua età! – concluse, prima di
salire in macchina e dire un’ultima cosa: - Accidenti a me e a quando mi è
venuto in mente di prendere quei DVD… Almeno prima non sapevo niente, ero
felice! –
Ciò detto, avviò il motore e partì in sgommata, abbandonando Laura che lo guardò stupita andare via, con in braccio il blocco dei
mandati.