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Autore: hirondelle_    13/12/2020    1 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Persino in quel momento, con i nervi ancora un po’ tesi per tutto quello che era successo negli ultimi giorni e nelle ultime ore, riconobbe nel sorriso di Midorikawa qualcosa che si era negato per troppo tempo e che anche ora lo stava accogliendo a braccia aperte, senza dubbi o rimpianti. Kariya era al sicuro. E voleva sprofondare in quell’amore, ora più che mai. Ma sapeva anche che una parte di lui ricercava la verità, prima di tutto.
Perciò anche se in quel momento avrebbe tanto preferito andare a dormire rimase ancorato alla sedia, mentre suo padre versava l’acqua del bollitore in entrambe le tazze poste sul tavolo di fronte a loro.
L’appartamento e l’intero condominio erano immersi nel silenzio, perché per quanto fosse ancora presto, tutti sembravano essere piombati nel sonno. In qualche modo, era come se li avessero lasciati opportunatamente soli a parlare, come aveva fatto anche Hiroto-sama nel momento in cui li aveva accompagnati a casa, ma non era sceso dalla macchina. Kariya aveva tante domande.
Ma doveva procedere con ordine.
Quando Midorikawa si sedette di fronte a lui e appoggiò le mani fredde sui lati della tazza, gli rivolse un piccolo cenno con la testa. “Vai, sono pronto”.
Kariya non aveva ancora uno schema preciso, ma decise di partire dalla domanda che gli premeva da più giorni. “Per prima cosa…” borbottò, “esci tutte le sere e dici di essere un cameriere, ma cosa fai di preciso?”
Midorikawa arrossì e gli rivolse un sorriso timido. “Beh, non il cameriere… ma immagino che questo lo avessi già intuito”.
Kariya annuì. L’uomo sospirò e si grattò la nuca, visibilmente in imbarazzo, ma Kariya sapeva che questa volta non si sarebbe tirato indietro… perché gliel’aveva promesso.
“Il venerdì e il sabato mi esibisco, mentre il resto dei giorni solitamente mi alleno”.
Kariya aggrottò le sopracciglia. “Allenarti per cosa? Cioè, cosa fai?”
“Sono un ballerino,” gli rispose suo padre. “E canto pure, anche se in questa stagione è abbastanza difficile mantenere un tono di voce limpido e devo fare un sacco di esercizi anche solo per tenerla in riga”. Per un attimo, sembrò porsi sulla difensiva, forse perché aveva intuito quanto poteva suonare strano. “So che non sembra, ma c’è molto lavoro dietro… perciò gli incontri con gli altri ragazzi sono molto importanti per me”.
Masaki ci pensò. Non ne sapeva tantissimo. Ma di certo le spiegazioni di Midorikawa avrebbero colmato la maggior parte delle sue perplessità. “Chi sono questi altri?” chiese, prendendo un sorso di tè.
A quella domanda, l’uomo sorrise. “Sono i miei colleghi. E la mia famiglia. Alcuni lavorano con me al minimarket”.
“Li ho mai visti?” chiese Kariya, anche se sapeva già la risposta.
Midorikawa infatti scosse la testa. “No,” mormorò.
“Posso incontrarli?” chiese.
L’adulto lo guardò sorpreso, come se non si aspettasse una domanda simile. “Vorresti?”
Kariya fece spallucce. “Hai detto che è la tua famiglia, no? Sono solo curioso”.
Midorikawa annuì. “Lo capisco. Non c’è nessun problema, allora. Un giorno di questi, potrei portarti con me agli allenamenti… ma non puoi avere accesso al locale, spero sia chiaro”.
Masaki annuì lentamente. Sapeva che anche lui aveva qualcosa da confessare, in particolare cosa ci facesse nel quartiere a luci rosse e come fosse arrivato ad ottenere quel volantino, ma suo padre non sembrava intenzionato a mettergli pressione e del resto avrebbero avuto ampio tempo per discuterne più avanti.
Poi un pensiero lo colpì, e arrossì imbarazzato. “Anche Hiroto-sama… insomma…”
Midorikawa scosse la testa. “No, Hiroto-sama da quello che so è solo il tuo insegnante,” gli rispose. A Kariya non sfuggì il modo in cui si morse il labbro, titubante, come se si stesse pentendo amaramente di qualcosa. Poi aggiunse, quasi sottovoce: “Beh, non è solo il tuo insegnante, a essere precisi…”
Kariya sbatté le palpebre. In un certo senso, non era sorpreso: forse aveva capito che c’era qualcosa sotto ben prima che tutto ciò avvenisse. Però... Però
Era proprio necessario?” borbottò, contenendo a stento l’irritazione. “Cioè… davvero? Il mio insegnante di scienze? Tra tutti?”
Midorikawa arrossì, ma non riuscì a contenere una risatina. “Andiamo… una materia in meno per cui preoccuparsi, no?”
“In che sens-… Oh…” Kariya, dopo un attimo di confusione, parve realizzare, ma questo non bastò a contenere la sua indignazione. “Ma io in scienze vado bene! A che mi serve! Come faccio con le altre?!”
Midorikawa incrociò le braccia. “Non puoi davvero aspettarti che ti dica tutto quello che devi fare, dovrai affinare le tue tecniche come tutti quanti,” Fece una pausa, come se si fosse reso conto di qualcosa. “Ok, per prima cosa, studia”.
Kariya sospirò, rassegnato. Passò qualche secondo prima che tornasse a parlare. “Lui sa già tutto, vero?” mormorò. Midorikawa annuì, l’espressione un po’ contrita, forse dal rimorso. “È successo un po’ per caso. Volevamo entrambi aiutarti e abbiamo unito le forze… il resto è venuto da sé. Se non fosse venuto al mio locale quella sera e avesse scoperto tutto quanto... le cose sarebbero andate diversamente, immagino. Beh, non per te… Credo che a quel punto Hiroto avesse preso la questione molto a cuore, nonostante tutto”. Sorrise, come se si fosse ricordato qualcosa. “In un certo senso, siete molto simili…”
Kariya alzò gli occhi al cielo. “Ne parli come se foste insieme da tre anni,” si lamentò. “Ti prego, dimmi che non mi aspetta veramente questa tortura”.
“E invece stiamo insieme,” rise Midorikawa, per poi ammutolire. “Beh, a essere sinceri, è giusto che tu possa esprimerti a riguardo. E se ti crea dei problemi… possiamo trovare una soluzione. Non sei costretto a…”
“Accettarlo? Ti prego,” sbuffò Kariya, con fare lagnoso. “Non sono più un bambino, lo hai detto tu, posso sopportarlo”.
Midorikawa sorrise, stavolta dolcemente. “No, non lo sei”.
Il ragazzino sviò il suo sguardo, imbarazzato. Non si sarebbe mai abituato a tutto quell’affetto e probabilmente non avrebbe mai dimenticato quelle parole. Per quanto si sentisse compiaciuto dal fatto che suo padre riuscisse a riconoscerlo come un suo pari, la cosa lo lasciava ancora un po’ interdetto. Sapeva di non essere un uomo. E forse una parte di lui era ben consapevole di quanto certe sue uscite dovessero suonare ridicole alle orecchie di qualcuno con il doppio dei suoi anni. Arrossì, sentendosi particolarmente sciocco: ci fosse stato Hikaru al suo fianco, probabilmente gli avrebbe tenuto la mano e in qualche maniera sarebbe riuscito ad elaborare meglio ciò che sentiva, ma l’unica cosa che poteva fare in quel momento era… chiedere. “Papà, prima ti ho detto che… mi piace Hikaru. Ma non lo so davvero, non ne sono certo, io… come faccio a capire se sono davvero gay?” mormorò.
“Fossi in te non mi preoccuperei di questo,” gli sorrise suo padre. “Sei molto giovane. Avrai tutto il tempo per farti domande e ottenere le risposte che cerchi”.
Kariya alzò appena gli occhi dalla tazza. “Quindi non sono gay… se mi piace Hikaru?”
“Se ti piace Hikaru, ti piace Hikaru,” gli rispose Midorikawa, serafico.
A quel punto, il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Che risposta sarebbe?”
Midorikawa scosse il capo, come se anche lui stesse cercando le parole giuste da dire. E le trovò. “Quella che ti vorrebbe suggerire che le persone da cui siamo attratti nella nostra vita… non necessariamente si possono far rientrare in compartimenti standard,” spiegò, “Possiamo notare una tendenza, certo, riconoscere delle preferenze, osservare dei tratti in comune… ma tutto ciò che sai, ora, è che ti piace Hikaru, e basta. Non c’è niente di male,” Gli sorrise, portandosi la mano alla testa e picchiettandola leggermente. “Non metterti fretta, Kariya. Dico sul serio. Hai tutte le carte in regola per capire cosa sei e cosa diventerai… tutte qui dentro”.
Quelle parole lo sorpresero. “… Quindi è ok… se ora non ci capisco niente?”
“Mi stupirei del contrario, a essere sinceri,” gli rispose Midorikawa.
“E tu, quando lo hai capito?”
L’uomo fece spallucce, “Non ricordo,” osservò, “In un certo senso, l’ho sempre saputo”.
Kariya aggrottò le sopracciglia, e borbottò: “Questo non mi aiuta”.
Dalle labbra di Midorikawa riaffiorò una risata leggera. “Ti sarà tutto più chiaro quando arriverà il momento. Capirai cosa intendo dire. È così per tutti,” lo rassicurò. “E tutti trovano in quel momento il conforto di cui hanno bisogno. Però, Kariya…”
Il ragazzo alzò lo sguardo e vide che Midorikawa aveva allungato il braccio sul tavolo. Avvicinò la mano e suo padre la prese tra le sue. Era gelida e sottile e il ragazzino rabbrividì a quel contatto. Guardò suo padre negli occhi.
“Nel frattempo, io sarò qui per te… a ricordarti che non sei sbagliato. Non lo sei mai stato. Neanche per un istante”.
Kariya annuì lentamente. Non sapeva se fosse più il sonno o il suo stomaco in subbuglio a fargli vedere Midorikawa sotto una luce strana, sconosciuta ed eterea. A Kariya spaventò la facilità con credette a quelle parole, per la prima volta senza l’ombra del dubbio e della commiserazione.
Kariya aveva tante domande, certo. Ma senza più nessuna parola per esprimerle.
Andava bene così.
Forse per la prima volta, e non sarebbe stata ultima, Kariya si affidò alle braccia di suo padre, tese per lui fin dal primo istante. Non le avrebbe lasciate mai più.
   
 
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