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Autore: la luna nera    21/12/2020    3 recensioni
La Duke of Kent Music Academy è una delle più prestigiose scuole di musica dell'intero Regno Unito. Per Charlotte e Sophie, selezionate per un semestre di studi, è un'occasione unica e partono assieme all'insegnante per questa avventura. Ma l'Accademia non è solo musica e melodia, è anche un luogo in cui esistono storie inghiottite dallo scorrere del tempo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gary era seduto al pianoforte con le cuffie collegate allo strumento da un bel po’ di tempo, non aveva neanche notato i numerosi messaggi di Charlotte, tanto era preso dalla musica. Stava infatti registrando alcune sue arie composte appositamente per la sua ragazza al fine di donargliele alla fine del semestre. Già, perché mancavano poco più di tre settimane al termine della loro esperienza in accademia, un’esperienza unica che aveva permesso a tutti di crescere sia professionalmente che caratterialmente. Lui stesso, nonostante fosse nato e cresciuto in un ambiente intriso di musica e per questo quasi un privilegiato, si era sentito invece apprezzato per quello che era veramente e cioè un ragazzo innamorato perso della musica. Fuori dagli schemi imposti dalla sua famiglia era stato semplicemente se stesso, con il risultato di avere una ragazza ed un gruppo di amici veri. E in cuor suo non aveva poi così tanta voglia di tornare a casa.
 
“Ehi, oggi ti fai desiderare!” Charlotte esasperata dalle sue mancate risposte, aveva seguito il suo sesto senso: se Gary non dava cenni, sicuramente era seduto al pianoforte. E così era. “Yu-hu, ci sei?” Gli passò la mano davanti agli occhi poiché non l’aveva notata.
“Oh, Charlotte…” Tolse le cuffie e le depose sul pianoforte. “Non ti avevo sentita entrare.”
“L’ho notato.” Prese posto accanto a lui. “Che stai facendo di così interessante da non accorgerti dei miei messaggi?”
“Mhm, non te lo posso dire, è una sorpresa.” Raccolse le sue cose in modo che la ragazza non potesse sbirciare.
“Fai il misterioso, eh? Lasciami indovinare: stai facendo una compilation per Iris.”
“Ovvio!” Ribatté lui scherzosamente.
“L’ho sempre saputo che lei ti piace più di me.” Gli voltò le spalle facendo l’offesa.
Gary ridacchiava divertito. “Per forza, lei è bionda e tu no!”
Si voltò di scatto. “Ah sì? E da quando stai a guardare il colore dei capelli?”
“Posso avere delle preferenza?” Scoppiò a ridere e l’abbracciò forte. “Dai, sto scherzando. Sei adorabile quando fai la gelosa e ti arrabbi così.”
“Stronzo”
Si scambiarono un veloce bacio.
“Andiamo a bere qualcosa al bar prima che inizino le prove?” Propose lui.
“Sì, volentieri. Però…” Charlotte abbassò la testa leggermente. “C’è una cosa di cui volevo parlarti.”
“Dimmi, c’è qualche novità?”
“A dire il vero no, però ho notato che ultimamente Sophie si comporta in modo strano.”
“In che senso?”
“Stanotte ad esempio, quando mi sono svegliata a causa di un incubo, lei non era nel suo letto. E non era nemmeno in bagno.”
“Forse era uscita?”
“Probabilmente sì, però stamani ha negato tutto.” Notò le perplessità nello sguardo del ragazzo. “Le ho chiesto perché non era a letto e lei mi ha detto che non si era mai mossa dalla stanza e che sicuramente l’avevo sognato.”
“Strano. Conosco Sophie dall’inizio del semestre e mi è sempre apparsa come una ragazza seria e matura, non capisco perché ti abbia detto una cosa simile.”
“Lei non c’era stanotte, non me lo sono sognato.”
“Io ti credo.” La rassicurò. “E mi viene da pensare che nasconda qualcosa: sarà una coincidenza, ma anche Ethan è rientrato in camera molto tardi.”
“Se avessero una tresca, non vedo che motivo avrebbero per tenerla nascosta, in fondo siamo amici.”
“Già.”  Sfiorò un paio di tasti del pianoforte. “Dai, hai il flauto? Suoniamo qualcosa assieme prima di andare in caffetteria?” L’aveva vista molto giù di morale e ritenne opportuno riaccenderle il sorriso cambiando discorso e concentrandosi su ciò che più amavano: la musica.
“D’accordo.” E come sperato, le sue labbra si piegarono in un sorriso. “A patto che suoniamo Knockin’ on Heaven’s Door.”
“Andata!”
 



 
 
La Stanford uscì dalla caffetteria, si era lasciata alle spalle una nottata da dimenticare ed aveva sperato di riacquisire la necessaria lucidità sorseggiando la calda bevanda, ma invano. Salì al piano di sopra non senza difficoltà e si sedette in una delle poltroncine del corridoio, estrasse il cellulare dalla borsa ed iniziò a controllare alcune app riguardanti la sua vera professione. Alzò per un attimo lo sguardo e si passò una mano sugli occhi. Vide il professor O’Connor venire dalla parte opposta, si avvicinava con tranquillità alle scale, teneva il tablet e delle carte in mano, evidentemente stava raggiungendo i suoi studenti per la lezione. Lo fissò, notando al contempo che anche lui la fissava: erano sguardi di sfida, poiché entrambi sapevano e intuivano l’uno dell’altra, ma ignoravano le reciproche conoscenze.  Lui la salutò con un cenno di mano al quale lei rispose con un sorrisetto, poi scese le scale e scomparve dalla vista della donna.
“Salve Sandra.” La voce del direttore la destò dai suoi pensieri. “Che brutta cera!”
“Oh, buongiorno.” Si alzò massaggiandosi il viso. “Stanotte non ho chiuso occhio.”
L’uomo comprese immediatamente il motivo della sua insonnia. “Venga, andiamo nel mio ufficio.”
Non appena la porta fu chiusa, la Stanford si diresse di fronte al camino, poggiò per qualche secondo le mani sulla mensola e fissò lo sguardo sul quadro appeso sopra, quadro raffigurante il Duca di Kent dietro cui era nascosta la cassaforte contenente i documenti a lungo cercati dagli studenti ficcanaso. “No.” Emise un profondo respiro. “Non sono riusciti a violare questo luogo, gli spiriti glielo hanno impedito.”
“Dice davvero?”
“Sì, lo percepisco molto nettamente.” Si spostò dal camino, sedendosi in una delle due poltrone di fronte al tavolo del direttore. “Ad ogni modo stanotte qualcosa è accaduto, c’era una fortissima attività paranormale qui attorno ed è per questo che non ho quasi chiuso occhio.”
“Riesce ad essere più precisa?”
La donna sospirò profondamente e rifletté bene prima di rispondere. “Arthur e Mathilde si sono manifestati, non all’interno ma all’esterno dell’edificio ed hanno conversato a lungo. Ho la sensazione che abbiano raccontato la loro storia a chi potrebbe liberarli.”
“Mhm, ciò significa che esiste veramente una relazione fra un insegnante ed una studentessa.” Confermò Cowen. “E quell’insegnante potrebbe essere proprio Thomas O’Connor.”
“Esatto. Le mie percezioni mi portano a lui, ma non ho prove concrete. Se mai dovessimo coglierlo sul fatto, riusciremmo a identificare anche la studentessa.” Le rodeva il non aver ancora individuato la ragazza, evidentemente Mathilde aveva un debole per lei e stava facendo il tutto e per tutto per proteggerla. “Potrei tentare di nuovo un contatto con le due entità.”
“Per cosa?” Il direttore fu spiazzante. “Se mai dovesse riuscire a capire di chi si tratta, cosa vorrebbe fare? Espellere O’Connor, se davvero fosse lui, e la ragazza?” Lesse lo stupore negli occhi della donna. “Sandra, noi ci conosciamo da tempo ed ho una grande stima nei suoi confronti, la ringrazio di tutto cuore per aver accolto la mia richiesta di venirmi in aiuto, tuttavia credo sia opportuno abbassare i toni e vivere le poche settimane che ci separano dal termine del semestre in tranquillità.”
“Cioè mi sta chiedendo di lasciar perdere? Di non scoprire chi ha risvegliato i due spiriti mettendo a repentaglio l’incolumità di tutti quanti oltre che al buon nome dell’accademia?”
“Le sto solo chiedendo di utilizzare le sue facoltà medianiche per tenere a bada Mathilde e soprattutto Arthur. Questo gruppo di studenti è uno dei migliori che abbiamo mai avuto, nonostante il loro altissimo livello di preparazione sentono molto la tensione per il grande concerto di fine semestre perché c’è un’enorme aspettativa nei loro confronti. Gradirei solo che fossero lasciati più tranquilli possibile di modo che possano concentrarsi solo sulla musica e nient’altro, lei mi capisce, non è vero?”
La donna non era proprio d’accordo con quanto espresso da Cowen, ma capiva benissimo che non aveva scelta: con lui non poteva più trattare. “E sia, faremo come lei dice.” Si alzò dalla poltroncina. “La saluto, direttore. Adesso ho una lezione in compresenza, ci vediamo più tardi.” E scomparve dietro la porta con la consueta eleganza avvolta dal mistero che le conferiva un aspetto del tutto particolare.
Quando fu solo, l’uomo chiuse a chiave per evitare di essere disturbato spostò il dipinto del Duca di Kent, digitò il codice numerico sulla tastiera della cassaforte e questa si aprì con un leggerissimo rumore metallico. Ai suoi occhi apparvero i due registri contrassegnati dallo scorrere del tempo: contenevano carte ingiallite ma che a distanza di anni ancora permettevano di leggere i segreti che avvolgevano la sfortunata vicenda di Mr Chapman e Miss White, incluso il referto dell’autopsia che sanciva la morte dell’uomo per cause non riconducibili ad alcuna patologia scientificamente provata e conosciuta e riportava il luogo di sepoltura dei due corpi, luogo molto più vicino di quanto molti potevano pensare. Lui sapeva tutto, conosceva la maledizione che teneva i due fantasmi legati alle mura della Duke of Kent e come lui anche i direttori precedenti sapevano, tramandando il segreto di volta in volta. Sapeva cosa doveva accadere perché ogni cosa finisse, per permettere agli spiriti di trovare la pace e la felicità, sapeva che attendevano da anni e, nonostante una parte di lui desiderasse averli ancora lì, l’altra voleva la loro libertà. Arthur e Mathilde erano i quell’ambiente da oltre un secolo e per certi aspetti apparivano come amici di vecchia data e il giorno in cui se ne sarebbero andati, probabilmente avrebbe sentito la loro mancanza. Doveva comunque mettere da parte i sentimentalismi e fare di tutto per aiutarli. Ripose le carte nella cassaforte, chiuse tutto quanto e riposizionò il quadro al suo posto prima di uscire dall’ufficio e scendere al piano inferiore per un piacevole giro fra le sale prova dove gli studenti continuavano i loro esercizi in vista del concerto finale.
 
 


 
 
Ethan ripose il suo violino nella custodia, si era proprio divertito durante le prove assieme ad Oliver e, gli costava ammetterlo, a Jason. Aveva arrangiato assieme ad Oliver una loro versione di I was made for loving you dei Kiss, versione che era piaciuta a tal punto che il professor Taylor aveva invitato pure il mezzo vampiro e ne era venuto fuori qualcosa di davvero sorprendente.
“Devo farvi i miei complimenti, ragazzi.” L’insegnante era molto soddisfatto. “Credo che voi tre assieme potreste fare strada.”
Oliver abbassò la testa tentando di nascondere il suo divertimento nel vedere le facce disgustate degli altri due.
“Per quel che mi riguarda la lezione è finita.” Sentenziò il prof raccogliendo le sue cose. “Ad ogni modo, se volete continuare a suonare, la sala prove è a vostra disposizione.” Ed uscì salutando i tre studenti con un cenno di mano.
Ne seguirono lunghi secondi di silenzio totale. Oliver guardava gli altri due che gesticolavano con i rispettivi strumenti proprio per evitare di incrociare l’uno lo sguardo dell’altro. “Allora?” Spezzò la tensione. “Che si fa?”
Ethan chiuse il suo violino nella custodia. “Se volete suonare, fate pure. Io ho altro da fare.” Si avvicinò alla porta, afferrò la maniglia ed aprì, ma si bloccò all’istante perché davanti a sé comparve la Stanford.
“Salve, signor Foster. Va di fretta?” La donna lo salutò con un sorriso di circostanza.
“Diciamo di sì. Se ha bisogno di me, prego, dica pure, altrimenti sono sicuro che i miei colleghi potranno soddisfare egregiamente le sue richieste.”
“Innanzitutto la invito ad usare un tono più rispettoso, sono pur sempre una sua insegnante.”
Ethan si lasciò sfuggire un sorrisetto di disappunto. “Sì, come no.”
Tali parole, seppur sussurrate, non sfuggirono alla donna che avanzò con passo deciso costringendolo a indietreggiare. Oliver sentiva aria di guai, mentre Jason se ne stava in disparte in silenzio osservando con attenzione quanto stava accadendo. E in quel momento sulla soglia della sala prove comparve Emily.
“Salve ragazzi, scusate se…”  La rossa percepì immediatamente tensione nell’aria, amplificata dallo sguardo poco garbato della professoressa. “Ehm, forse è meglio se…”
“No, non se ne vada, Doringhton.”  La Stanford bloccò Emily che aveva fatto intendere di voler andare via. “Anzi, probabilmente lei potrà darmi delle risposte più soddisfacenti dei qui presenti signori.”
Non capiva il senso di quelle parole, tuttavia si avvicinò a Jason in silenzio mentre fra la donna e gli altri presenti volevano sguardi pesanti.
“So per certo che ieri sera voi due non avete assistito interamente al concerto del Maestro Ascott.”
“Lo può provare?” Oliver sentiva odore di sfida.
“Naturalmente, ma non in questa sede.” Incrociò le braccia. “Perché lei, Mitchell, assieme al signor Foster siete saliti al piano di sopra? Sapete bene che è proibito.”
“Certo che lo sappiamo.”
“Allora perché siete saliti? Perché avete tentato di entrare nell’ufficio del direttore?”
“Sembra che lei, professoressa, sia molto più informata di noi. Lei mi dica come ha saputo queste cose ed io le dirò se è vero o meno.”
La donna assottigliò gli occhi, sembrava volesse scrutare l’anima di Oliver: davvero quel ragazzo sapeva la verità sul suo conto? Le era salito il dubbio in seguito ad una sua percezione: osservando nel profondo le sue iridi scure vi aveva letto tutta la sicurezza di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico. “Va bene. Attendo lei e Foster fra mezz’ora nell’aula magna.” Girò sui tacchi, visibilmente stizzita, e scomparve dietro la porta.
Oliver scoppiò a ridere non appena smise di sentire i passi della prof. “Ora viene il bello! Avete visto come era elettrica? Sarà costretta ad uscire allo scoperto e a vuotare il sacco.”
“Tu pensi possa farci vedere i famosi documenti?”  Chiese Ethan.
L’altro si fece pensieroso. “E’ possibile. Se lei esce allo scoperto potremmo chiederglielo. Che ne pensi?”
“Penso che finirete per l’ennesima volta nei guai.” Irruppe Emily che, assieme a Jason, aveva assistito in silenzio alla scena. “Lo dico per voi. Al concerto vi siete dileguati come due ladri e poi si è scatenato il finimondo. Se la Stanford è davvero…ehn…” Si fermò giusto un attimo prima di rivelare la vera identità della professoressa, visto che l’amico dai capelli corvini ne era all’oscuro.
“Sì, la Stanford è una rompiscatole di prim’ordine.” Ethan completò la frase salvando la situazione. “E’ possibile che abbia pensato a noi come motivo scatenante di quel caos, per cui non vedo l’ora di sentire cos’ha da dirci.” Riprese la custodia con il violino e si avvicinò alla porta. “Andiamo, non vorrai farla attendere.” Richiamò Oliver ed uscì senza voltarsi.
“Mah, io proprio non lo riconosco.” L’amico era sempre più meravigliato dal suo comportamento, negli ultimi giorni era cambiato in modo radicale.
“Sta attraversando un periodo particolare della sua vita, ma stai tranquillo, ne uscirà presto e meglio di prima.”
Oliver ed Emily si voltarono stupiti verso Jason che aveva pronunciato quella frase. “E tu come fai a dire queste cose?”
“Ho un sesto senso molto sviluppato, se così si può dire.” Raccolse alcuni spartiti e li infilò nel suo zaino, ovviamente nero. “Ti va un caffè, Emily?”
“Sì… Sì… Arrivo.” Salutò l’altro con un sorriso sospeso. “Ci aggiorniamo dopo. Ciao!”
E pure lei scomparve, lasciando Oliver solo con mille interrogativi in testa.
 




Nel frattempo Ethan aspettava l’amico rimasto in sala prove, giocherellava con il telefono mentre la sua mente era confusa e divisa fra mille e più pensieri. Uno dei più pressanti era ovviamente il colloquio che avrebbe avuto di lì a poco con la Stanford, colloquio che avrebbe potuto dare risposte a tante domande. Poi c’era Emily: vederla sempre in compagnia del mezzo vampiro, vedere la loro incredibile sintonia e complicità lo avevano infastidito più di quanto avesse mai potuto immaginare. Chissà se lei lo considerava davvero solo un amico, chissà se poteva instaurare con lei un rapporto diverso una volta conclusosi il semestre. Gli dava fastidio pensare che una ragazza che si era presa una bella infatuazione per lui lo avesse messo da parte per un altro. Non era abituato a questo smacco e in cuor suo sentiva crescere sempre più il desiderio di riconquistare le attenzioni della ragazza dai rossi capelli. Alzò lo sguardo e vide Sophie che camminava lentamente, anche lei impegnata a guardare il cellulare. Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto tirato, decise di andarle incontro perché, nonostante tutto, l’istinto del latin lover non si era spento del tutto.
“Ehi, principessa.” Come la ragazza alzò gli occhi, lui notò immediatamente lo sguardo spento dell’amica. “Mamma mia, che faccia!”
“Buongiorno Ethan.” Rispose lei con voce titubante nascondendo immediatamente il cellulare nella borsa.
“Ti senti bene?”
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Hai una faccia che fa quasi spavento ed è un vero peccato perché non ti dona affatto.”
“Ho dormito poco stanotte.”
“Oh, Charlotte russa? Oppure ti sei emozionata al concerto?”
“Ti prego, non sono in vena di battute.”
“Se posso darti una mano, puoi contare su di me.” Sfoderò il suo sorriso da mascalzoncello rubacuori, ma ricevette un’occhiataccia piuttosto esplicita. “Ok, come non detto. Però…” Vide gli occhi rassegnati della ragazza.
“Cosa c’è? Ti avverto: niente inviti a prendere caffè o tisane, né ad uscire dopo le lezioni perché la risposta è no. Sono indietro con un sacco di esercizi e il concerto si fa sempre più vicino.”
“Tranquilla, tesoro, ho solo bisogno di un tuo parere.”
“Un mio parere?” Alzò il sopracciglio sinistro. “Sentiamo.”
“Ecco…” Si guardò furtivamente attorno ed usò un tono di voce più basso. “Si tratta di Emily. Almeno tu riesci a spiegarmi cosa ci trova di così speciale in quel soggetto cadaverico sempre vestito di nero?”
Sophie trattenne a stento una risata e lo guardò in faccia con espressione divertita. “Ma non mi dire! Il famoso conquistatore Ethan Foster si è preso una cotta per una ragazza che non se lo fila! Che notizia!”
“Ehi, ehi, ehi! Piano!”  La invitò ad abbassare i toni. “No, non intendevo questo!” Vide l’amica poco convinta. “E’ solo che…ehm… Insomma, da quando frequenta quello Emily ci snobba ogni giorno di più. Eravamo un bel gruppo con tante cose in comune, davamo la caccia ai fantasmi e adesso? Esiste solo il violoncellista cassamortaro.”
“E che c’è di male?”
“C’è che non esistiamo più per lei, ti sembra bello?”
“Vedi, io credo che non ci sia niente di male se adesso trascorre più tempo con Jason che con noi. Anzi, ti dirò un’altra cosa: da quando la conosco non l’ho mai vista così felice. Evidentemente con lui si sente se stessa, si sente apprezzata per quello che è, senza dover dimostrare niente a nessuno.”
“Perché? Con noi non era così?”
“Mhm, non proprio.”
“Ehi bro! Corteggi dopo la gentil donzella! Non facciamo aspettare la strega!” Oliver diede due pacche sulle spalle di Ethan, invitandolo a seguirlo per andare all’incontro con la prof/sensitiva.
“Dov’è che andate?” Chiese la ragazza ignara dei retroscena.
“A colloquio con la Stanford, ci ha convocati poco fa. Forse uscirà allo scoperto, potrebbe pure darci informazioni su Arthur e Mathilde e magari riusciamo a svelare il mistero.” Il moro, eccitatissimo all’idea, moriva dalla voglia di trascinare via Ethan il quale aveva notato un repentino cambiamento di espressione della ragazza.
“Ehi, piccola, ci andiamo noi da quella, tranquilla.”  Sorrise. “Se vuoi, intanto puoi informare gli altri, poi vi aggiorniamo.” Le baciò la mano strizzandole l’occhio.
Lei non batté ciglio. Restò immobile per lunghi secondi, guardandoli allontanarsi e confondersi fra gli studenti. Restò immobile lei, ma non la sua mente che subito si ricollegò a quanto appreso la notte scorsa: Ethan ed Oliver stavano per parlare con la Stanford?  Avrebbe rivelato tutto? Se sì, i due non si sarebbero dati pace fino alla scoperta sulla verità su Arthur e Mathilde! Se la prof si fosse alleata con loro probabilmente li avrebbe aiutati in modo concreto e pericoloso! E allora? Se avessero scoperto tutto, la sua love story con Thomas O’Connor poteva uscire allo scoperto con tutte le conseguenze del caso. E i due spiriti? Avrebbero dovuto attendere chissà quanti anni ancora per essere liberi! No, oramai aveva promesso ed avrebbe mantenuto. Infilò la mano nella borsa frugando alla ricerca del cellulare, lo estrasse ed aprì la rubrica per chiamare ed informare immediatamente Thomas. Avviò la chiamata e qualcuno le diede un’amichevole pacca sulla spalla.
“Ehi Soph!”
La ragazza sussultò, per poco il telefono non le cadde di mano. “Oh…Ciao.” Era Charlotte in compagnia di Gary.
“Ti ho disturbata? Stavi chiamando qualcuno?”
Chiuse immediatamente la chiamata, spense l’apparecchio e lo buttò frettolosamente nella borsa. “Ehm…No, niente affatto. Stavo chiamando proprio te.”  Sorrise all’amica sperando di averla convinta.
“Ah sì? Beh, allora dimmi pure.”
Lei rimase come spiazzata per qualche istante, con Charlotte e Gary che la guardavano in attesa delle sue parole. “Ah..Ehm… Sì, io volevo dirvi che… Che poco fa ho incontrato Ethan ed Oliver.” Sorrise di nuovo. “Sono stati convocati dalla Stanford, non ho ben capito il motivo, ma a detta loro potrebbe uscire allo scoperto.”
“La cosa non mi stupisce.”  Affermò il ragazzo. “Ieri sera quei due hanno scatenato un caos allucinante, mi meraviglio che nessuno degli studenti abbia deciso di andarsene. Se la Stanford è una sensitiva sicuramente avrà percepito forze ed energie ed avrà tenuto d’occhio quei due volponi.”
“Quindi potremo scoprire davvero qualcosa di più.” Osservò Charlotte. “Mi piacerebbe molto, sapete? Soprattutto se ce la facciamo entro la fine del semestre, in un certo senso li sento come due presenze amiche.”
“Già.” Sophie strinse forte la sua borsa. “Ci vediamo più tardi, chiamatemi se ci sono novità.” E se ne andò a passo piuttosto svelto senza aggiungere altro.
“E’ strana, te l’avevo detto.” Sospirò Charlotte guardando l’amica allontanarsi.
“Già.”  Confermò Gary. “Che abbia paura dei fantasmi a tal punto?”
L’altra fece spallucce. “Non lo so, ma non è la stessa Sophie che conosco.”
“Dai, andiamo.” Cercò di farle pensare ad altro. “Più tardi ho le prove per l’omaggio ai Queen che dovrò suonare al concerto finale, ma prima ho voglia di prendere una boccata d’aria fresca. Stiamo un po’ assieme, ti va?”
Si strinse a lui: certo che le andava!
 
 
 


 
“Ok bro, o la va o la spacca.”  Oliver guardava la porta dell’aula magna con soddisfazione. ” Andiamo?”
“Andiamo.” Ethan bussò ed attese il consenso della donna che si trovava all’interno.
Poi aprì ed entrarono.
 
 









Buon inizio settimana a tutti!

Ho fatto i salti mortali per terminare il capitolo prima delle festività, non sono proprio convintissima di ciò che ho scritto, ma visti i tempi mi sono dovuta accontentare. E spero di aver accontentato anche voi, specie i fedelissimi, che non mi hanno mai abbandonata nonostante tutti i ritardi negli aggiornamenti a cui li ho costretti.
In questo capitolo c’è qualche piccola rivelazione riguardante soprattutto il direttore che pare ben informato sui due spiriti e deciso a spezzare la maledizione che li costringe a vagare in solitudine fra le mura dell’accademia. La Stanford non sembra dello stesso avviso ed è ben decisa a smascherare i due presunti amanti. Uscirà davvero allo scoperto? Come andrà il colloquio con Ethan ed Oliver?
 
Prima di salutarvi, permettetemi ancora una volta di dire un GRAZIE enorme a chi mi ha sostenuta fin ora ed augurare ad ognuno di voi un sereno Natale e un 2021 di rinascita. Ne abbiamo tutti troppo bisogno.


Buone Feste!
 


Un Abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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