Fanfic su artisti musicali > Nothing But Thieves
Segui la storia  |       
Autore: Soul Mancini    28/12/2020    3 recensioni
Due coinquilini, due amici che condividono tutto: ansie, risate, faccende domestiche, battibecchi, camera da letto, cibo e momenti indimenticabili.
Conor, Dom, un appartamento troppo piccolo e un milione di motivi per sorridere.
DAL CAPITOLO 2:
“Hai steso tu questa roba?” gracchiò lui. [...]
“Qui ci abitiamo in due: se non sei stato tu, sarò stato per forza io.”
“Ecco, lo sapevo! Ma è possibile che alla tua età non sai nemmeno stendere?” sbottò indignato. [...]
Aggrottai le sopracciglia. “Cos’ho fatto questa volta? Se non faccio niente in casa ti lamenti, se mi adopero per fare qualcosa di utile ti lamenti…”
Lui prese a sventolare la maglietta bianca davanti al mio viso e vi batté sopra con la mano. “Avresti dovuto posizionare meglio la roba: ora è tutta piena di pieghe!”

[Spin-off della mia long "Ten friends, one big mess", ma leggibile senza conoscere la suddetta storia.
- Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da me.
- Il secondo capitolo è dedicato a Carmaux ♥
- Il terzo capitolo si è CLASSIFICATO PRIMO, ha vinto il premio speciale "Smarties Colorati" al contest "StoryCake" indetto da Laila_Dahl e partecipa alla "Real life challenge" indetta da ilminipony sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Conor Mason, Dominic Craik
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tanti piccoli disastri, un'unica grande amicizia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Stirare
A Carmaux,
per la pazienza, il supporto,
gli scleri, le risate,
per essere parte del mio mondo ogni giorno
anche se siamo lontane.
Perché è mia amica, perché è una persona speciale.
Buon compleanno! ♥









[Dom]




Lanciai un’occhiata scettica allo specchio mentre mi sistemavo i capelli all’indietro e li fissavo con un’abbondante dose di gel. Ultimamente mi stavano facendo impazzire; sarei dovuto andare dal parrucchiere, ma puntualmente mi dimenticavo di prenotare, assorbito dai mille impegni della giornata.
Un gemito frustrato proveniente dalla piccola zona giorno dell’appartamento ruppe il silenzio e io inarcai un sopracciglio. Quando sentivo il mio coinquilino lamentarsi in quel modo, non era mai un buon segno.
Non ebbi nemmeno il tempo di formulare un’ipotesi su quale potesse essere il dramma giornaliero che Conor comparve sulla soglia spalancata del bagno, poggiandosi con la spalla allo stipite; il suo viso delicato era distorto in un’espressione corrucciata, al limite della disperazione, e tra le dita stringeva una maglia che doveva appena aver raccolto dallo stendino.
“Che faccia! Un uccello ha cagato sul nostro bucato pulito?” lo interrogai, continuando a sistemarmi i capelli in modo da non sembrare un reduce di guerra.
“Hai steso tu questa roba?” gracchiò lui, spostando lo sguardo da me all’indumento che aveva in mano.
“Qui ci abitiamo in due: se non sei stato tu, sarò stato per forza io.”
“Ecco, lo sapevo! Ma è possibile che alla tua età non sai nemmeno stendere?” sbottò indignato, concludendo la frase con uno sbuffo.
Aggrottai le sopracciglia. “Cos’ho fatto questa volta? Se non faccio niente in casa ti lamenti, se mi adopero per fare qualcosa di utile ti lamenti…”
Lui prese a sventolare la maglietta bianca davanti al mio viso e vi batté sopra con la mano. “Avresti dovuto posizionare meglio la roba: ora è tutta piena di pieghe!”
“Oh, ma che tragedia” lo sbeffeggiai ironico, scompigliandogli i capelli con le dita ancora impiastricciate di gel. “Io so che per stendere il bucato devi prendere i vestiti e appenderli con le mollette, punto. Non conosco nessun altro trucchetto da casalinga frustrata.”
Lui si ritrasse e incrociò le braccia al petto, mettendo su un broncio offeso. “Giù le mani! Sai cosa vuol dire questo?”
“No.”
“Che ora mi toccherà stirare tutto, ed è solo colpa tua!”
Sgusciai fuori dal bagno con l’intento di recuperare chiavi e giubbotto – si stava facendo tardi, il bus che mi avrebbe portato al lavoro sarebbe passato dieci minuti più tardi – e Conor mi seguì, prima in camera da letto e poi all’ingresso; continuava a fissarmi con un’espressione sconsolata, probabilmente con l’intento di farmi sentire in colpa.
Riusciva a essere una vera palla al piede quando ci si metteva.
“E qual è il problema? Tu adori fare le faccende domestiche, sarai felicissimo di stirare” cercai di uscirne mentre riponevo in fretta il cellulare in tasca.
“Punto primo: non è che sgobbare per casa sia il mio passatempo preferito, semplicemente mi danno fastidio il disordine e la sporcizia. E visto che a te non importa niente…”
“Ehi, io sto andando a lavorare onestamente per portare a casa la pagnotta” mi finsi offeso, ma non potei evitare di ridacchiare.
“Sì, sì…”
“Punto secondo?” incalzai. “E parla in fretta che sono in ritardo.”
Nel frattempo mi ero già infilato una manica del giubbotto e avevo aperto la porta.
“Punto secondo: io detesto stirare. Se stendo il bucato in un certo modo, ci sarà pure un motivo!” Mentre parlava, si voltò a osservare la pila di indumenti spiegazzati, che aveva appena raccolto e che ora giaceva sul divano, e si era battuto una mano sulla fronte.
Lo scrutai con attenzione e mi sentii un po’ in colpa. Avrei voluto dargli una mano – per quanto lottare contro la mia pigrizia mi venisse difficile – ma dovevo correre al bar e non sarei rientrato prima delle otto e mezza di quella sera.
Gli sorrisi incoraggiante, lanciai un’ultima occhiata all’orologio da parete e uscii in corridoio, imboccando subito le scale. “Buona fortuna!”
Lo sentii borbottare qualcosa, ma ormai ero già troppo lontano per capire le sue parole.


Mi chiusi la porta alle spalle, scalciai via le scarpe e mi lasciai andare a un profondo sbadiglio.
Anche quella giornata di lavoro era andata e mi aveva distrutto: al bar era stato un inferno.
Entrai nella zona giorno, intenzionato a pescare dal frigo la prima cosa commestibile che avessi trovato, ma mi ritrovai davanti una scena inaspettata.
Sul divano torreggiava ancora la pila del bucato pulito; Conor, con la faccia di qualcuno che era appena stato mandato al patibolo, distendeva sull’asse da stiro una camicia azzurra mentre controllava che l’acqua all’interno del ferro si riscaldasse al punto giusto.
“Ciao” lo salutai, dirigendomi verso il frigo. “C’è qualcosa di pronto?”
“Ma che cazzo!” sbottò lui.
“Grazie per l’accoglienza.”
“Non dicevo a te.” Mi voltai giusto in tempo per vederlo chinarsi per raccogliere la camicia, che era scivolata dall’asse. “Stiamo già cominciando male!”
“Ah, stai cominciando ora?” indagai.
Lui sospirò. “Beh, durante l’arco della giornata ho avuto altro da fare: sono andato a fare la spesa, poi di pomeriggio avevo una lezione, una volta rientrato ho ripassato Linguistica…”
“Che tradotto sarebbe: ho temporeggiato. Conosco bene queste scuse.” Gli sorrisi sornione mentre mi accomodavo al tavolo, sbocconcellando un tramezzino che avevo fortunatamente trovato già pronto.
“Certo, tu sei il re delle scuse” ribatté in tono lugubre, cominciando a passare la lastra calda sul tessuto azzurro.
“Non mi chiedi com’è andata al lavoro?” lo stuzzicai.
“Com’è andata al lavoro?” domandò Conor in tono piatto.
“Ma che carino, grazie per avermelo chiesto!” ribattei ironico, addentando l’ennesimo boccone – stavo facendo fuori quel sandwich senza nemmeno accorgermene. “Il delirio! Oggi è stato il fottutissimo delirio! Una lezione universitaria del pomeriggio è stata annullata e tutti gli studenti hanno ben pensato di accalcarsi al bar durante le due ore buche, c’era gente ovunque e avevamo il turno soltanto io e altri due colleghi, che dovevamo dividerci tra bancone e servizi ai tavoli… penso di non aver mai corso così in vita mia. L’anno prossimo mi iscrivo alla maratona, mi sto già abbondantemente allenando!”
Mentre parlavo, osservavo Conor che continuava a stirare con movimenti bruschi e di tanto in tanto afferrava la camicia e la sollevava per capire se ci fossero altre pieghe da appianare, un’espressione accigliata sul viso.
Continuai a riassumere la mia giornata lavorativa colma di disavventure mentre lui, indumento dopo indumento e sbuffo dopo sbuffo, svolgeva il suo incarico tanto odiato.
“Quando è venuto a trovarmi Phil e mi ha visto tanto incasinato, era sul punto di unirsi allo staff e darmi una mano” dissi a un certo punto con una risatina.
Conor si finse indifferente, ma lo vidi sgranare gli occhi e mordicchiarsi il labbro inferiore nel sentir nominare mio cugino. “Ah sì? È passato al bar?”
“Era in zona ed è entrato per un saluto. Mi ha chiesto anche di te” aggiunsi con nonchalance, stringendomi nelle spalle. Sospettavo già da qualche tempo che il mio coinquilino si fosse invaghito di Phil e mi divertivo a parlargli di lui apposta per metterlo in difficoltà.
Infatti, come c’era da aspettarsi, Conor arrossì appena e poggiò bruscamente il ferro da stiro sul bordo dell’asse, rischiando di farlo cadere. Per evitare che si schiantasse al suolo, lo afferrò al volo e posò per un istante un polpastrello sulla parte rovente. Lanciò un grido di dolore e si esaminò il dito arrossato, imprecando tra i denti.
“Tutto questo casino solo perché Phil ha chiesto di te? Se ti saluta che fai, ti butti dal terzo piano?” lo sbeffeggiai, alzandomi e accostandomi a lui per verificare i danni.
Lui soffiò sulla parte lesa, forse nel tentativo di darsi un po’ di sollievo, poi fulminò con un’occhiata l’asse da stiro e la maglietta che vi era poggiata sopra. “Ma che c’entra? È colpa di questo fottutissimo arnese… ‘fanculo, non stirerò mai più nella mia vita! E mi fa anche male la schiena a furia di restare in piedi. Ma può esistere un’attività più odiosa ed esasperante?”
Gli afferrai il polso per osservare meglio il polpastrello infortunato. “Non ti conviene metterla sotto l’acqua fresca?”
“Macché, non è niente! Lasciami finire qui e poi giuro che distruggo asse e ferro! E tu non ti azzardare mai più a stendere!” continuò a sproloquiare, afferrando una camicia dalla pila di vestiti che, seppur dimezzata, era ancora piuttosto consistente.
Gliela strappai di mano e lo spinsi via, posizionandomi davanti all’asse. “Lascia fare a me e vai a sederti, ci manca solo che ti arrostisci qualche altro dito.”
Il mio amico sbatté le palpebre, confuso. “Mi stai dicendo che tu, Dominic Craik, sai stirare?”
Gli lanciai un’occhiata in tralice. “Molto divertente. Posso provarci, ma non sono molto bravo.”
La verità era che mi sentivo in colpa: in fondo i vestiti erano completamente sgualciti a causa mia e vedere Conor così contrariato mi era dispiaciuto troppo; non si lamentava mai e quando gli capitava era un chiaro segnale che detestava davvero tanto l’attività che stava svolgendo.
Anche se ero a pezzi e in genere ero una gran testa di cazzo, almeno per una volta volevo dare una mano.
Distesi l’indumento sull’asse – una discutibile camicia color panna con tanti piccoli ananas che Conor aveva acquistato qualche mese prima – e lanciai al ferro da stiro uno sguardo di sfida. “Bene… che cosa si deve fare adesso?”
Il biondino sospirò e andò a sedersi sul bracciolo del divano. “Se cominciamo così, domani mattina sarai ancora qui a contemplare il bucato.”
“Grazie per il supporto morale, sei il coinquilino migliore del mondo” replicai sarcastico, poi afferrai l’impugnatura dell’apparecchio rovente e cominciai a passarlo cautamente sul tessuto. Non che avesse tutti i torti: forse mi ero prodigato in quella faccenda una o due volte in vita mia prima di allora.
“E comunque ammettilo che hai reagito così solo perché ho menzionato Phil e ti sono venute le gambe molli!” lo provocai, visto che aveva allegramente sviato il discorso.
“Ma vaffanculo! È che non mi piace stirare, te l’ho detto!”
“Sì, certo…”
“Senti, nel frattempo io potrei fare una tisana rilassante, così non rimango con le mani in mano. Che dici, ti va?” cambiò di nuovo argomento, mettendosi in piedi e stiracchiandosi.
Ci riflettei su per qualche secondo. “No, credo che opterò per una birra…”
“Dom!” strillò all’improvviso il mio amico, precipitandosi verso di me.
“Le mie povere orecchie! Ma che cazzo…?” Abbassai lo sguardo e solo a quel punto mi resi conto di ciò che stava succedendo.
Sollevai il ferro da stiro e Conor afferrò il suo indumento, portandoselo davanti al viso per osservarlo bene. “Mi hai rovinato la camicia con gli ananas!”
Mi sporsi appena per vedere con i miei occhi: all’altezza del petto, sulla sinistra, era rimasto impresso un gigantesco alone a forma di ferro da stiro. Gliel’avevo praticamente bruciata.
Mi battei una mano sulla fronte. “Ma di cos’è fatta questa camicia, di zucchero filato?”
“No, è che non bisogna lasciare la piastra bollente per troppo tempo sullo stesso punto.” Conor sollevò gli occhi al cielo e gettò la sua camicia sulla spalliera di una sedia. “Adesso è inutilizzabile!”
Sorrisi innocente e gli battei una pacca sulla spalla, senza sapere bene come porre rimedio all’ennesima stronzata che avevo commesso quel giorno. “Avevi ragione, amico mio: stirare è un’attività terribile.”
Lui mi trucidò con lo sguardo e per un attimo temetti che mi sarebbe saltato al collo per strangolarmi. “Io avevo capito che tu lo sapessi fare.”
Mi strinsi nelle spalle. “Beh, dai… ti ho fatto un favore, dopotutto. Quella camicia era veramente inguardabile! Come puoi sperare di conquistare Phil vestito da fruttiera?”
Conor sbuffò. “Sei veramente una testa di cazzo, Dominic.”




🍍 🍍 🍍


Prompt per la challenge “Just stop for a minute and smile”:
7. "Grazie per il supporto morale..."
48. "Posso provarci, ma non sono molto bravo."

AUGURI CARMAUX!!!!!!!!!!!!! *__________*
Davvero, mi sento male ad averti dedicato questa schifezza per il compleanno, avrei voluto scrivere qualcosa di mooooolto più articolato e che magari avesse a che fare con i tuoi OC, visto che ci sono tutti i presupposti… ma questa è l’unica cosa che sono riuscita a mettere insieme XD e visto che non vedevi l’ora che io scrivessi qualcosa basato su quella foto, ho voluto provare! Spero davvero di non aver deluso le tue aspettative!
Le mie le ho deluse abbondantemente: questa storia nella mia testa aveva un gran potenziale e non sono per niente soddisfatta di com’è venuta fuori… ma eviterò di lagnarmi oltre XD
Come note di spiegazione, basterebbe ricondurvi alla foto che ho utilizzato come banner AHAHAH da quando la mia adorata Carmaux me l’ha inviata, mi è SUBITO venuto in mente quest’AU, in cui – come chi segue la mia long “Ten friends, one big mess” saprà – Conor è fissato con l’ordine e Dom è troppo pigro e incasinato per dargli retta XD
E come potevo evitare di lasciarmi sfuggire un’ispirazione del genere, ora che ho constatato che il mio headcanon è reale??? *-*
Solo che nello scatto Conor non sembra particolarmente entusiasta in realtà ^^ e questo mi ha dato modo di cucirci sopra una trama più elaborata (???)
Ah, mi scuso se ho scritto qualche imprecisione sull’arte (?) dello stirare, ma non è esattamente la mia attività preferita, non lo faccio mai ahahah!
Per chi invece non segue la long: in questo mio personalissimo AU giusto per non dire che è così anche nella realtà, anche se ormai lo sappiamo benissimo che è così, Conor è palesemente invaghito di Phil e non ha idea se quest’ultimo lo ricambia o meno, visto che lui sembra essere etero convinto. Questa shottina è ambientata quando ancora non si conoscevano benissimo, e non faccio ulteriori spoiler perché non sarebbe giusto nei confronti di chi segue la long principale o la volesse seguire ^^
Infine… non so se Conor abbia effettivamente una camicia con gli ananas, non gliel’ho mai vista addosso, ma visti gli indumenti discutibile che spesso usa, la cosa non mi sorprenderebbe! E poi vabbè… Kim, Sabriel, capirete ;)
Grazie di cuore a chiunque sia arrivato in fondo e spero davvero di rifarmi coi capitoli futuri, perché questo ha fatto un po’ (parecchio) pena XD
E ANCORA TANTISSIMI AUGURI, mia adorata Carmaux!!!!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Nothing But Thieves / Vai alla pagina dell'autore: Soul Mancini