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Autore: hirondelle_    31/12/2020    1 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Arrivarono alla bancarella quando la maggior parte degli amuleti era già stata venduta. Kariya giocherellò con le monete che Ryuuji gli aveva dato prima di uscire e che ora rotolavano dentro la tasca del suo giubbotto tintinnando appena al suo tocco. I suoi occhi si posarono incerti su quel poco che era rimasto, perlopiù portafortuna per i viaggiatori e nastrini di preghiere per un parto sicuro. Kyosuke brontolò un po’, ma non si perse d’animo e iniziò a cercare con una pazienza che non gli apparteneva realmente.
“Pare che per l’amore non sia rimasto niente, che peccato” osservò Kira al suo fianco. Kariya gli buttò un’occhiata di sbieco, imbarazzato dal fatto che il primo pensiero del suo insegnante fosse stato qualcosa del genere… ma doveva ammettere che era la prima cosa che aveva notato.
“Io prendo questo, per la mia nonnina,” cinguettò Hikaru pescando dal mucchio un auspicio per una pronta guarigione. Kariya osservò i pochi amuleti che erano ancora rimasti e lesse distrattamente le formule, rigirandoli tra le mani nervosamente. Non sapeva se avrebbe preso qualcosa. Per la verità, non gli importava, ma segretamente sperava di poter prendere qualcosa per Hikaru.
Lasciò che Hiroto lo guardasse in silenzio.
 
Quando Afuro passò a distribuire le birre, fresche di minifrigo e tenute precariamente tra le braccia, Kariya pensò che avrebbe voluto dimenticarsi di avere solo quattordici anni. Aveva davvero l’impressione che l’uomo gli avrebbe dato una lattina senza pensarci troppo su se non avesse notato il suo atteggiamento imbarazzato. Gli allungò la lattina, poi la ritrasse, indeciso. Kariya lo guardò negli occhi rossi per attimi interminabili, e capì che era confuso.
Reize,” gridò infine a suo padre, che stava da tutta un’altra parte. “Posso dargli una birra, vero?”
“Certo che no,” fu l’ovvia risposta, “ha quattordici anni”.
Kariya si sporse dal suo posto per scoccare un’occhiata infuriata a Midorikawa, maledicendosi quando lo vide abbarbicato contro il braccio di Hiroto. Si ritrasse subito.
“Non preoccuparti,” gli sussurrò Afuro chinandosi su di lui, i lunghi capelli davanti alla faccia. “Dopo ti faccio avere un sorso lo stesso”.
Kariya decise che il migliore amico di suo padre era proprio un tipo simpatico.
Suo padre non era dello stesso avviso. “Aphrodi,” lo ammonì, perché probabilmente lo aveva sentito pure da laggiù.
“Ma dai, è Capodanno!” protestò la Musa, però continuò con il suo giro senza insistere. Kariya sospirò e Kyosuke gli sorrise beffardo, quasi volesse prendersi gioco della sua disgrazia. Hikaru scosse la testa.
“Allora, siamo pronti?” esclamò la voce di Endou, in piedi davanti a loro e le braccia incrociate. “Posso iniziare a sfoggiare il mio futuro marito come si deve?”
“Ma smettila,” bofonchiò qualcuno, però Kariya non avrebbe saputo dire chi, perché ancora non conosceva quasi nessuna delle Muse. Dopo la cerimonia dei 108 rintocchi, si erano riuniti tutti in un parchetto vicino al tempio e Kariya aveva notato delle facce nuove, ma nessuno si era ancora presentato perché tutti gli occhi erano puntati sul suo allenatore e questo fantomatico Gouenji Shuuya.
Kariya avrebbe potuto cercarlo su internet, ma non aveva voglia. Per la verità lo sguardo sognante che Hikaru gli aveva rivolto per tutta la serata era già abbastanza da dargli sui nervi: nessuno al mondo, per quanto capace, meritava davvero un’adorazione simile, e qualsiasi cosa avesse fatto quella sera non avrebbe reso la situazione meno ridicola.
“Capirai di cosa parlo quando lo vedrai,” lo rassicurò Hikaru, ridotto a quel punto a un fagottino di eccitazione pronto a scoppiare come un petardo.
Kariya si sistemò meglio sugli scalini di cemento che erano diventati gli spalti improvvisati di quell’assurdo teatrino (c’era qualcuno che si era dovuto sedere sull’erba, perciò non poteva realmente lamentarsi). Rimase a guardare mentre Gouenji si sistemava i capelli in una coda bassa e si toglieva il cappotto, rivelando che al di sotto portava un non meno scomodo completo elegante.
“Si strapperà il cavallo dei pantaloni, vedrai,” mormorò Tsurugi al suo orecchio con fare maligno, ma tradendo una nota di curiosità.
Gouenji era un tipo silenzioso, ma fu in quel momento che Kariya realizzò quanto fosse apparentemente imperturbabile. Non gli importava di avere tanti occhi su di sé; non sembrava nemmeno preoccupato di fallire, o fare una figuraccia di fronte a tutti. Kariya dovette ammettere che invidiava quella sicurezza, e in un certo senso lo faceva sentire a disagio, come se non fosse all’altezza di assistere a qualunque cosa stesse succedendo.
Gouenji si allontanò da Endou, tanto da coprire la distanza di una metà campo.
Ci fu uno strano silenzio.
“Quando vuoi!” esclamò Endou, battendo furiosamente le mani.
Gouenji sorrise e aprì le braccia. Kariya fu abbagliato da una luce intensa, e per un attimo si chiese se non fosse un fuoco d’artificio acceso nelle vicinanze; ma sembrava piuttosto provenire da una sfera al di sopra della testa di Gouenji.
Hikaru gli arpionò il braccio e lo scosse leggermente. “Last resort!”
“Che?” gli chiese confuso, temendo il momento in cui si sarebbe girato verso di lui e avrebbe perso anche solo il minimo dettaglio di quella tecnica.
Ora doveva ammetterlo: era curioso. E la curiosità si trasformò in fascinazione quando Gouenji si librò in aria e con la punta del piede diresse la sfera verso terra. Con la gamba sinistra disegnò un ampio arco per fermarla a mezz’aria.
“È come se ci fossero più Gouenji,” osservò Kyosuke, malgrado tutto incantato quanto lui. Ma a colpire Kariya era stata piuttosto la gestualità del tiro, così elegante e senza peso, quasi fosse stato un rituale. Quell’apparente delicatezza, così misurata e armoniosa, lasciò spazio alla potenza di un tiro che non avrebbe definito in altri modi se non draconico: Kariya osservò la traiettoria del pallone e trattenne il respiro anche dopo che andò a scagliarsi contro il muro dal lato opposto del parcheggio. Gli sembrò quasi che il ruggito di un drago stesse morendo con esso.
Endou non aveva mosso dito. Il pallone si sgonfiò istantaneamente e scivolò a terra con un tonfo sordo.
Kariya tornò a respirare, ma non disse una parola, mentre attorno a lui le muse applaudivano. Non era la prima volta che vedevano quella tecnica e sicuramente non sarebbe stata l’ultima. Eppure non aveva lasciato nessuno indifferente: sebbene Hikaru la conoscesse già, sembrava sull’orlo delle lacrime. “È bellissimo,” piagnucolò, “Vederlo dal vivo… non so… è così bello…”
“Sembrava una ballerina,” lo motteggiò Kyosuke.
Kariya si voltò verso di lui e nemmeno si accorse di star parlando. “E allora?”
Kyosuke lo guardò sorpreso, come se non se lo aspettasse, e nemmeno lui avrebbe potuto spiegarsi da dove avesse tirato fuori il coraggio di dire una cosa del genere, ma Hikaru fu pronto a spalleggiarlo. “Già, è proprio per il fatto che si muova in maniera così aggraziata che rende il tiro così bello, e comunque non per questo è meno potente”.
Kyosuke sbatté le palpebre, forse poco abituato a essere punto così sul vivo, ma Kariya capì subito che non era rimasto offeso. “Sì, può darsi,” ammise. “Non ci avevo pensato… e comunque sì, è molto bello”.
Hikaru sembrò sorpreso quanto lui di vedere Kyosuke così remissivo. “Già… bello…” ripeté per l’ennesima volta, come se non concepisse l’esistenza di altri aggettivi.  
“Peccato per la palla,” intervenne Endou. I ragazzini si girarono verso l’allenatore per incontrare ancora una volta il suo sorriso entusiasta, mentre Gouenji alle sue spalle si avvicinava sistemandosi i capelli, quasi imperturbato. “Potevamo fare una partita”.
“È quasi mezzanotte,” osservò serafico Kidou, raggiungendoli. “Non ho rinunciato all’invito di Haruna per vederti giocare a calcio anche a Capodanno”.
Kariya poteva capire dalla risata di Endou che l’uomo non fosse davvero risentito come diceva, ma rimase a guardarli in silenzio mentre si ricongiungevano e tornavano a parlare tra di loro come se niente fosse successo. Anche il resto del gruppo tornò a sorseggiare la birra fredda e a chiacchierare, immersi in conversazioni noiose.
“Tutto bene?” chiese Hikaru, notando come fosse assorto nei suoi pensieri.
“Sì,” rispose onestamente Kariya. “Non… non me l’aspettavo così”.
Hikaru gli sorrise. Kariya si voltò verso di lui imbarazzato, incrociando il suo sguardo gioioso e ottimista. “Sono sicuro che anche tu arriverai a creare una tecnica così, senpai!”
“Io sono un difensore,” borbottò lui, arrossendo. “E non chiamarmi senpai!”
“Non deve essere per forza un tiro,” osservò Hikaru. Lo guardò per qualche istante: “Un momento, questo lo sai già, non serve che te lo dica…”
Kariya si strofinò il naso, borbottando qualcosa di incomprensibile. Quando Hikaru aggrottò le sopracciglia, incuriosito, decise che non se lo sarebbe potuto tenere dentro ancora per molto. “In realtà… ho parlato con Kirino,” confessò, ricordandosi vagamente di una conversazione avuta negli spogliatoi. La nebbia nasconde. Gli era sembrata una promessa valida quanto rassicurante, anche se forse non era più necessaria. “Stiamo cercando di combinare le nostre tecniche”.
Hikaru prese fiato e sgranò gli occhi, sorpreso. “Hai fatto pace con Kirino?! Quando avevi intenzione di dirmelo?!” quasi urlò.
“Non ho fatto pace con Kirino, lo facciamo per esclusivo interesse della squadra,” puntualizzò, quasi solenne. Esitò un po’, quasi imbarazzato. “Però, sì, diciamo che le cose tra di noi stanno andando un po’ meglio”. Lo irritava ancora quel suo modo di fare, così altezzoso e arrogante, quanto segretamente detestava la puntigliosità del loro capitano. Ma aveva deciso che non gli importava, non più perlomeno.
“Questo è lo spirito giusto!” esclamò Hikaru, ridendo, e inaspettatamente gli saltò al collo. Kariya rimase immobile, senza sapere dove appoggiare le mani, se ricambiare l’abbraccio o respingerlo… erano pur sempre di fronte a Kyosuke. Intimidito, lo guardò da dietro la massa informe dei capelli di Hikaru.
Kyosuke stava ridendo, scuotendo la testa. Non era una risata cattiva, né beffarda. Solo una risata. E Kariya seppe da quella che aveva trovato degli amici. Aveva trovato una famiglia.
Sorrise, davvero e forse per la prima volta, sentendo un pizzicore all’altezza degli occhi. Avvolse le braccia attorno al corpo di Hikaru e lo strinse a sé.
Sarebbe iniziato un nuovo anno.
 
 
ombrelli sotto la pioggia
FINE

 
 
 
>>> grazie a tutti per aver letto "ombrelli sotto la pioggia" :) mi rendo conto di aver tralasciato alcune cose, quindi se avete domande, perplessità o qualche curiosità a riguardo, chiedete pure! possiamo parlare con più tranquillità sul mio profilo twitter! in qualsiasi caso, buon anno a tutti voi! vi voglio bene~
fay
   
 
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