Un’altra mattinata era trascorsa tra schiacciate, alzate e ricezioni e le Olimpiadi incombevano inesorabili.
Chi l’avrebbe detto che si sarebbe ritrovato a giocare in nazionale, e non solo con qualche vecchia conoscenza come Atsumu, Bokuto e Kourai ma anche, e soprattutto, col suo inseparabile rivale che tanto aveva atteso quel momento.
Forse più di tutti
I dubbi e gli interrogativi sulla buona uscita del torneo erano molti ma si era imposto di essere ottimista, impegnandosi a dare il massimo.
Come sempre
Stava allacciandosi le scarpe quando la suoneria lo distolse da quel turbinio continuo di pensieri, portandolo a inarcare un sopracciglio.
“Tadashi?”
Quella telefonata era decisamente inattesa.
“Tutto bene?”
“Si tratta di Hinata.”
Non seppe spiegarsi il motivo - l’avrebbe compreso poco dopo - ma si sentì male.
Qualcosa non andava
“E’ in ospedale, ci vediamo lì.”
Avrebbe voluto domandargli di più ma non gli diede modo di replicare.
Di una cosa tuttavia era certo.
La voce dell’amico non era mai stata tanto tremula
E questo non era un buon segno
Afferra il borsone, dirigendosi all’uscita; Shoyo era peggio di un bambino, riusciva sempre a cacciarsi nei guai e a impensierirlo.
Aveva un nervoso addosso
Probabilmente non era nulla di cui preoccuparsi, Tadashi dopotutto era il solito ansioso.
Ingigantiva sempre tutto
Già immaginava la scena.
Hinata che gli sorrideva impacciato,
scusandosi per il trambusto causato
Oltrepassa la soglia d’ingresso mentre corre col fiatone in gola.
Si, sarebbe andata proprio così
Raggiunge la sala d’attesa, chiedendo alla prima signorina di passaggio.
“Ultima stanza, in fondo a destra.”
“Grazie.”
Iniziò a preoccuparsi, specialmente di fronte allo sguardo impensierito di lei
Si guarda attorno interrogativo, prestando attenzione a proseguire lungo il corridoio, quando si trova a soffocare un gemito.
Non poteva essere
Accosta le mani al vetro mentre sente il respiro venirgli meno.
Non poteva essere vero
Oltre la lastra cristallina - in un misero lettino - giaceva un ragazzo dal volto fasciato, legato a fili e macchinari che parevano volerlo tenere stretto a questo ingiusto mondo.
Non riusciva a vederne i lineamenti, non riusciva a scorgerne la chioma rossiccia che l’aveva da sempre contraddistinto.
Solo un paio di palpebre
chiuse
in un sonno profondo
Abbassa il mento mentre sente la rabbia crescergli in corpo.
Doveva trovarsi in un incubo
Improvvisamente vide le Olimpiadi e i sogni futuri andare in frantumi, tutto il lavoro degli ultimi anni dissolversi come fumo al vento.
Cosa avrebbe fatto?
Stringe i pugni mentre tenta di ignorare gli occhi lucidi e la schiena scossa.
Cosa avrebbe fatto senza di lui?
Ancora una volta era stato lasciato solo.
“Non ti azzardare …”
Il suo era stato poco più di un sussurro.
Sarebbe stato perso
“Sei il solito combina guai.”
Adesso aveva alzato la voce; al diavolo i medici e i dottori che lo osservavano straniti.
“Non ti azzardare a lasciarmi solo o non te lo perdonerò mai.”
Ancora non riusciva a crederci.
“Abbiamo un Olimpiade, non vorrai abbandonarmi proprio adesso?”
Scuote la testa il genio della Pallavolo.
“So di non essere stato molto amichevole in tutti questi anni.”
Mai avrebbe pensato di dirgli certe cose.
“Non volevo essere da meno, non l’avrei sopportato.”
Ed era la verità.
“Sei sempre stato il mio punto di riferimento, uno stimolo per non demordere, nonostante litigassimo dalla mattina alla sera.”
La vista si faceva sempre più annebbiata.
“Non lo ripeterò una seconda volta perciò ascoltami bene.”
Quello era davvero Kageyama?
“Ho bisogno di te, io come il resto della squadra e tutti gli altri.”
Stringe i pugni, soffocando un rantolo.
“Perciò, non azzardarti …”
Non ci provare Hinata
Asciuga le guance quando si sente chiamare.
“Tobio?”
Quella voce
Sgrana gli occhi, un colpo al cuore, voltandosi lentamente.
“Mi spieghi che stai facendo?”
Shoyo lo scrutava interrogativo dalla porta accanto; aveva una fasciatura alla mano sinistra, qualche sbucciatura qua e là ma sembrava tutto intero.
Alza lo sguardo, il re del campo, rendendosi conto che l’ultima stanza era nascosta in fondo, subito dopo una rientranza, difficilmente visibile a occhio nudo.
“Non avresti dovuto interrompere gli allenamenti, Tadashi è il solito ansioso.”
Almeno su questo erano d’accordo
Kageyama d’altro canto non aveva ancora aperto bocca tanto era basito.
“Sono caduto in bicicletta ma nulla di cui preoccuparsi.”
Sorride, il piccolo gigante.
“Un paio di giorni e la mano sinistra sarà come nuova.”
Lascia ricadere i polsi lungo i fianchi mentre si appresta a raggiungere gli altri, in camera.
“Comunque non vado da nessuna parte, non temere.”
Evidentemente Hinata doveva aver sentito tutto.
E non solo lui
“Vieni? I ragazzi ci stanno aspettando.”
Il genio della pallavolo lo fissa rosso in volto, furiosamente imbarazzato e Shoyo pare averlo capito.
“Dovevo finire in ospedale per sentirti dire certe cose.”
Ecco che ricominciava a stuzzicarlo.
“Non una parola, stupido.”
Abbassa il mento il piccolo gigante, per poi specchiarsi negli occhi dell’amico.
“Grazie.”
Sorride Hinata, con tutta la genuinità e la spensieratezza che lo contraddistinguono, mentre gli dà le spalle.
E Kageyama lo segue, come era sempre stato solito fare.
Perché era così tra loro.
Fianco a fianco
A guardarsi le spalle