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Autore: throughmyhead    06/01/2021    1 recensioni
Hirugami Sachiro, studente modello di veterinaria, vince una borsa di studio e si ritrova catapultato nella realtà dei salvataggi in mare.
L’oceano non sarà l’unica cosa a rubargli il cuore.
(Una piccola storia che ha la pretesa di cantare, per quello che può, le bellezze e i dolori del mare e dell’amore.)
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kourai Hoshiumi, Sachiro Hirugami
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.


Il capitano Murphy aveva avuto ragione: già solo passando per i corridoi della clinica veterinaria Sachiro si era sentito a casa. L’odore del disinfettante e le persone vestite con camici e casacche gli erano stupidamente rassicuranti.
Lo staff lo aveva accolto molto amichevolmente: il direttore sanitario era un certo Kuroo Tetsuro, un uomo sicuramente affascinante che sembrava avere una passione insulsa per le battute sulla chimica; la caposala si chiamava Shimizu e Sachiro aveva notato che il suo ufficio era tappezzato di fotografie di una squadra di pallavolo in divisa nera e arancione; l’unico degli specializzandi di cui si ricordava il nome, poi, era un certo Shirabu, un biondino dall’aria pretenziosa, con un taglio di capelli progettato con tutta probabilità con righello e squadra.
Il signor Kuroo gli aveva dato carta bianca: avevano già avuto studenti del suo corso di studi e sembrava non si facesse problemi a lasciar gestire loro interi reparti, visto il livello di competenza per cui l’università che frequentava era famosa.
Shimizu gli mostrò le vasche con gli animali in guarigione, gli fece cambiare dei bendaggi, somministrare antibiotici e anestetici, e dopo averlo visto suturare una ferita con un perfetto punto a materassaio interno incrociato, decise che Sachiro poteva occuparsi delle prossime emergenze veterinarie che sarebbero capitate.         
La prima ad arrivare fu una tartaruga. Una caretta caretta, portata nientedimeno che da Gao e Hoshiumi.
La poverina aveva ingerito qualcosa che non avrebbe dovuto; una radiografia al torace mostrò sacchetti di plastica, cavi e cannucce, che ostruivano il suo esofago e la stavano lentamente condannando a morire di fame. Sachiro sapeva che più che dalla forma simile alle meduse, le tartarughe sono tratte in inganno dall’odore che la plastica ricoperta da alghe e microorganismi assume dopo qualche tempo in mare.
“Deve essere operata per liberare il tratto gastrico da tutta questa sporcizia” sentenziò, guardando poi Shimizu per avere una conferma. Lei sorrise e annuì. L’operazione, vista la frequenza preoccupante con cui si verificavano episodi simili, era considerata di routine, e Sachiro ne conosceva alla perfezione i passaggi. Brevemente riunì l’equipe e discusse con loro del planning chirurgico. Tutti confermarono la strategia operativa proposta da Hirugami e Shimizu gli propose di fare da primo operatore.
Mentre si incamminavano verso il blocco operatorio Sachiro posò meglio lo sguardo su Hoshiumi, il quale era in maglietta e pantaloncini, completamente fradicio.
“Ti sei tuffato senza muta?” chiese, intuendo già la risposta.
“Si è buttato in mare direttamente dal ponte della Kamomedai per recuperarla! Poi siamo tornati in gommone e non ha voluto perdere tempo a cambiarsi, per portarla subito qui” spiegò Gao.
Sachiro ridacchiò. “La cosa non mi sorprende”.
“AHH?!” Hoshiumi lo guardò come se avesse appena offeso la sua intera stirpe. “In che senso non ti sorprende?! Guarda che è un tuffo altissimissimo! Dovresti mostrare almeno un pizzico di stupore!”
Stavolta Sachiro rise apertamente. “Scusa, hai ragione. Non credo che io ne sarei capace”
“Ecco, quindi la prossima volta voglio sentire un bel wow!” gracchiò il ragazzo dai capelli bianchi, mentre finalmente entravano nella sala preoperatoria. “Uhm, Hoshiumi, sicuro che noi possiamo stare qui?” gli domandò Gao guardandosi intorno spaesato.
“Beh, suppongo di no, ma io sono curioso di vedere il miglior studente di veterinaria all’opera, quindi resterò qui” fu la sua risposta. Sachiro per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Hoshiumi aveva davvero tutte quelle libertà in clinica, o stava solo facendo il gradasso? Mentre seguiva la procedura di vestizione, cercò di trovare il miglior compromesso. “Beh, visto che la sala è a vetri potete stare qua fuori e riuscire comunque a vedere. Disinfettatevi in ogni caso le mani!”
“Wow, con mascherina, cuffietta e tutto il resto sembri decisamente più serio” lo canzonò Gao mentre si imbrattava di gel disinfettante.
“Hey” esclamò Hoshiumi per attirare la sua attenzione. “Salverai quella tartaruga, vero?” Domandò, improvvisamente serio.
Sachiro sbatté le palpebre un paio di volte e poi ridacchiò nuovamente, prima di entrare in sala operatoria.
“Ovviamente”.
Era il momento di lasciare che la logica prendesse la guida. Era il momento di mettersi all’opera e fare ciò che era più bravo a fare: anestesia, bisturi, scollatore, pinze. Era completamente immerso nella procedura e tutto il resto del mondo era scomparso. C’era solo quella vita nelle sue mani e nella sua testa l’elenco preciso delle cose che doveva fare per salvarla. Le sue dita lavoravano con precisione e i suoni del monitor confermavano che stava tutto andando bene.
Una volta terminato l’ultimo punto di sutura, Hirugami alzò gli occhi verso la vetrina.
Hoshiumi lo stava osservando e sorrideva.
Quello sguardo pulito lo percorse da capo a piedi, come una scossa elettrica. Forse l’adrenalina che gli era salita per via dell’operazione gli stava annebbiando un po’ la vista. Hoshiumi sembrava non aver intenzione di interrompere quello scambio di sguardi, e lui rimase a fissarlo a sua volta, incantato.
Appena uscì dalla sala operatoria il ragazzo gli si fece incontro e gli mollò un pugno dritto nello stomaco.
Ouch! Ma cos…?”
“Sa-chi-ro!” esclamò pomposamente. “Credo proprio sia questo il tuo habitat naturale!”
Hirugami lo guardò stralunato.
Lo aveva appena chiamato per nome?
Habitat naturale? Ma come diamine parlava?
Lo aveva davvero appena chiamato per nome?!
“Sembravi proprio uno di quei medici delle serie tv, devo ammetterlo” aggiunse Gao. “Eppure non te la tiri così tanto fuori da qui!”
“HAH! Sachiro un po’ mi assomiglia! Chi mi sottovaluta per il mio aspetto alla fine rimane sempre sbalordito!” dichiarò Hoshiumi alzando il mento e incrociando le braccia.
Hirugami rise. “Questo sarebbe un insulto o un complimento?!”
Come era passato da quello sguardo silenzioso, carico di ammirazione e di qualcos’altro che non era ben riuscito a classificare, a tornare il vanitoso che gli era sembrato la prima volta che gli aveva parlato?
Davvero non ci poteva a credere. In un secondo tutto gli fu più chiaro: Hoshiumi Korai era allo stesso tempo un piccolo mostro di talento ed un perfetto imbecille.
I momenti che passarono insieme nei giorni seguenti non fecero che confermarglielo.
Hoshiumi Korai era una contraddizione.
Era chiassoso ed esuberante di fronte al mondo, al punto che ad un occhio superficiale sarebbe facilmente apparso antipatico ed esibizionista - sempre in cerca di attenzioni e validazioni, sempre al lavoro per dimostrare quanto sapeva fare... Ma c’erano poi certi momenti, come quando i suoi occhi si posavano sul mare all’orizzonte, in cui si scopriva che Hoshiumi in realtà era molto più maturo di quanto amava mostrare. Quei momenti in cui, come un’eclissi di sole, quel suo lato espansivo scompariva per lasciar emergere un Hoshiumi silenzioso e discreto, quasi riflessivo; quei momenti in cui con lo guardo scavava nel cuore delle cose e apriva bocca solo per dire quelle verità che si conoscono da sempre ma che nessuno riesce mai a formulare in parole, come quando lo aveva fermato per le stradine del porto e gli aveva ricordato che avere delle debolezze era umano, mentre gli tamponava le nocche.
Hoshiumi era così, due poli opposti racchiusi in un metro e settanta centimetri di sfacciataggine. Sachiro si ritrovava a pensare questo genere di cose e ridacchiava fra sé, quando quelle ondate di affetto improvviso verso il piccoletto lo avvolgevano e lo sorprendevano nei momenti più impensabili. Man mano che i giorni si susseguivano, si rese conto troppo tardi di come quell’affetto fosse completamente sfuggito al suo controllo, finché non poté che arrendersi alla consapevolezza di essere arrivato ad apprezzare Hoshiumi davvero da tutti i punti di vista, compreso il lato prettamente fisico.
Si scoprì a pensare che Hoshiumi aveva addosso una bellezza insospettabile. Si ritrovava a guardare le sue gambe toniche mentre si infilava la muta da sub, o a fissare la linea scavata che divideva la sua schiena in due metà perfette, quando la maglietta bagnata si appiccicava alla sua pelle, o ancora le braccia in apparenza esili ma capaci di tirare reti da pesca e qualsiasi altra cosa senza fatica. Hoshiumi Korai lo stava mandando in tilt.
Di lui gli piacevano anche tutte le piccole cose che sapeva fare con la naturalezza di qualcuno cresciuto in simbiosi con il mare, e che in un certo senso gli invidiava: sapeva capire dalla velocità in cui le nuvole si muovevano se sarebbe stato bello o cattivo tempo; si destreggiava al timone di motovedette, gommoni e persino della Kamomedai; conosceva le diverse specie di molluschi e sapeva sempre sotto quali scogli trovarli, cose così. Ma ancora di più, lo sorprendeva la mancanza di esitazione quando si trovava di fronte a una sfida, lo slancio sincero che aveva ogni volta che si imbatteva in un animale da salvare, e il modo sottile che aveva di stuzzicarlo, come se volesse sempre che Sachiro gli mostrasse il meglio di sé.
Quando andavano in ricognizione con la Kamomedai, Hoshiumi aveva iniziato a pretendere che Sachiro lo accompagnasse come un’ombra, perché gli piaceva insegnargli le piccole cose che non sapeva. Conosceva gli aneddoti più strani sull’oceano e sulla vita marina, e quando iniziava a parlare era impossibile fermarlo. Quando Hirugami era di turno in clinica, invece, si fermava a guardarlo dalla finestra di vetro della sala operatoria, ed era lui ad ascoltare le sue spiegazioni anatomiche e chirurgiche con occhi meravigliati.
Avevano iniziato a fare insieme la strada di ritorno dal porto verso le rispettive case. Si salutavano di fronte al muro dove erano rimasti i segni leggeri del sangue di Sachiro, e guardavano il cielo e il mare in silenzio.
Quel giorno erano seduti su una passerella di legno, al porto, guardando il mare mentre si gustavano un gelato durante la pausa pomeridiana.
“È incredibile se ti fermi a pensarci, Sachiro” disse Korai dopo aver addentato il suo ghiacciolo. “Sappiamo più cose della superficie di Marte che delle profondità dei mari. L’oceano copre quasi interamente la terra ma é ancora un mistero. Pensa a quante cose ci sono là sotto di cui ancora non abbiamo idea, specie da scoprire, comportamenti da spiegare…”
Quando rimanevano soli, Hoshiumi lasciava cadere ogni maschera e si lasciava trasportare dal suo entusiasmo sincero verso il mare.
“…crediamo di conoscerlo, di averlo un poco sotto controllo, ma non é vero. Non sappiamo nemmeno dove vanno gli squali balena a partorire, o dove vanno le tartarughe quando prendono il mare appena schiuse, prima di tornare dopo qualche anno sulla stessa spiaggia dove sono nate. Per non parlare dell’organizzazione sociale di balene, orche o delfini! Del loro modo complesso di comunicare!”
“Certo che sai più cose di alcuni miei professori, Hoshiumi” gli disse Sachiro con un sorriso. “Aspetta, tu che corso hai detto di aver seguito?”
Hoshiumi lo fissò impassibile.
“Non ho fatto l’università. Queste cose le so e basta.”
“Oh”.
Gli occhi olivastri di Korai non si staccarono un secondo dai suoi, mentre sentenziava quello che per lui doveva essere una cosa ovvia.
“Io voglio salvare il mare. Non mi interessa altro.”
Cavolo, pensò, com’è che Hoshiumi non manca mai di ricordarmi che è troppo prezioso per questo mondo?
“E tu, Sachiro, che vuoi fare?”
Hirugami sentì il gelato andargli di traverso. Hoshiumi lo chiamava per nome senza paura, come se si conoscessero da una vita e quella fosse la cosa più normale di sempre, e il modo in cui lo pronunciava gli faceva sempre saltare un battito. Diede un ultimo morso al suo cornetto e pensò alla risposta.
“Beh, io voglio soccorrere gli animali. E vivere una vita felice.”
Hoshiumi gli sorrise e i suoi occhi si illuminarono di una gioia sincera. Tutto il suo cavolo di viso, si illuminò.
“Allora ti porterò tutti gli animali che avranno bisogno delle tue cure”.
Sachiro pensò che le ciglia di Hoshiumi si curvavano in una maniera meravigliosa, come un paio di ali. E poi che il suo cuore, quando si guardavano in quel modo, aveva iniziato a bruciare come l’acqua salata su una ferita aperta, ma lui non conosceva nessuna medicazione o rimedio per quel sentimento.





 

Whey whey :D Buon anno a tutti! Questo capitolo è piuttosto breve ma spero vi piaccia comunque. Finalmente sono arrivati i sentimenti <.<
Non ho idea di come si operi una tartaruga, ma spero come sempre che la storia sia risultata abbastanza verosimile xD grazie a chi continua a seguirla nonostante gli aggiornamenti lenti TvT
Ho anche provato a disegnare these two dorks (non sono assolutamente un’artista e ci ho impiegato tipo 6 ore con le dita sul cellulare hahahah), qualcuno mi spiega come si inseriscono le immagini qua su EFP? Ho trafficato due ore con l'editor ma non si vede comunque :C lascio il link intanto -> https://imgur.com/caoWqgW
Se prendo un po' la mano magari butto qualche disegno brutto anche nei prossimi capitoli XD
Alla prossima!


   
 
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