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Autore: __Dreamer97    07/01/2021    7 recensioni
(FANFICTION INTERATTIVA, ISCRIZIONI CHIUSE)
“Durante l’ottobre del 1995, quarantatré donne nel mondo partorirono. Il problema? Semplice: nessuna di queste donne era incinta, all'inizio della giornata.”
Durante il 31 ottobre 1995, molti bambini nacquero in circostanze misteriose. Venivano tutti da luoghi differenti, ma avevano due cose in comune: erano maghi e streghe e avevano capacità speciali. Cercando di capire cosa fosse successo in quel determinato giorno, Richard McKinnon, famoso mago che aveva combattuto entrambe le guerre contro il Signore Oscuro, decise di prendere con sé dodici tra bambini e bambine, con lo scopo di studiare i loro poteri e di creare una squadra che combattesse contro il male. Anni dopo, la cosiddetta “Umbrella Academy” si è sciolta e ognuno dei ragazzi è andato per la propria strada. Tuttavia, la morte del loro padre adottivo sarà motivo di ritrovo per loro: chi ha ucciso Richard McKinnon? Qual era il movente? Nel frattempo, un altro gruppo sta indagando, cercando di capire cosa stia succedendo. Riusciranno i due gruppi a collaborare? Non c’è tempo da perdere: l’Umbrella Academy è stata convocata.
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO 7

 

“Danza la vita, canta e cammina.”

 elaija

 

 

 

 

 

 

1999, San Mungo, Londra

 

 

            Si sentiva stanco, gli occhi faticavano ad aprirsi. I suoni attorno a lui erano ovattati, un debole ronzio che aleggiava nelle sue orecchie. Facendosi forza, Elaija aprì gli occhi, richiudendoli subito dopo per la troppa luce. Dopo qualche minuto, riuscì ad abituarsi e si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse: notando le pareti bianche, capì di trovarsi in un reparto medico, ma la presenza di altre persone gli fece capire di non trovarsi all’Accademia. Vide un’infermiera sistemare il letto accanto al suo e fece per chiamarla, ma un bruciore a livello della gola lo costrinse a chiudere la bocca. Si portò una mano al collo e sussultò leggermente sentendo una benda. Ad un tratto, l’infermiera si accorse di lui e, dopo avergli passato un bicchiere d’acqua e aver ricevuto un cenno di gratitudine, uscì dal reparto. Tornò qualche minuto dopo, accompagnato da una signora e un signore, che Elaija riconobbe essere la Signora Davis e il Signor McKinnon.

- Oh, mio tesoro, sei sveglio! - esclamò la Signora Davis con le lacrime agli occhi, mentre gli correva incontro per abbracciarlo. Elaija provò di nuovo a parlare, ma il bruciore tornò, facendolo tossire. Il Signor McKinnon, che lo guardava impassibile, si voltò verso l’infermiera.

- Cos’è successo? - domandò l’uomo.

- Il piccolo Elaija ha avuto una brutta Meningite Magica. La Meningite è una malattia di origine infettiva, che colpisce le meningi e può essere causata da funghi, batteri o virus. E’ molto contagiosa e i batteri di solito stazionano nella zona della faringe. - spiegò l’infermiera. La Signora Davis fece per parlare, ma in quel momento arrivò un medico.

- Signor McKinnon, Signora Davis, salve. Sono il Dottor Thompson e sono il medico che ha in cura il vostro ragazzo. - si presentò l’uomo. Il Signor McKinnon fece un cenno del capo come saluto e si voltò verso Elaija, per poi sospirare.

- Dalle cartelle che tiene in mano suppongo che non abbia buone notizie. - replicò, facendo riferimento alla cartella che teneva in mano il Dottor Thompson e il medico annuì.

- Purtroppo sì. Vedete, la Meningite ha colpito fortemente il sistema immunitario, abbassandone così le difese. Questo ha portato ad una grave infiammazione delle corde vocali e abbiamo dovuto operare, con conseguente rimozione. - a quelle parole, la Signora Davis sgranò gli occhi.

- Vuol dire che… Non potrà più parlare? - domandò in un lieve sussurro. Elaija, che nonostante i suoi quattro anni era molto sveglio, aveva capito perfettamente dove volesse andare a parare il dottore. Inconsciamente, si portò una mano al collo, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Una mano sulla sua testa lo costrinse ad uscire dai suoi pensieri e il bimbo portò lo sguardo sulla figura del Signor McKinnon.

- Non importa, - disse l’uomo, - l’importante è che tu stia bene. –

 

 

 

 

 

20.30, Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

-Quindi è così un ballo organizzato dal Ministero. – eslamò Harry non appena mise piede nella Sala Principale del Criterion Restaurant: l’intera sala, che per l’occasione era stata ingrandita per ospitare almeno il doppio delle persone, era stata decorata con alcuni mazzi di crisantemi, il fiore simboleggiante il lutto; sulla parete di sinistra vi si trovavano i tavoli del buffet e delle bevande, mentre alcuni camerieri avevano già cominciato ad offrire champagne agli ospiti. Sulla parete opposta all’entrata, vi si trovava il passaggio per la sala da ballo e, sul lato destro della sala, era stato innalzato una specie di palco, dove erano stati posizionati un leggio e un pannello commemorativo per Richard McKinnon. Nel notarlo, Oberon sbuffò.

- Per quanto dovremmo sorbirci questa pagliacciata? – domandò Numero Sei, ricevendo come risposta una gomitata da parte di Fëdor. Dopo essersi scambiati uno sguardo, il numero uno si voltò verso il resto dei suoi fratelli.

- Ricordatevi che questa è una cerimonia in onore di nostro padre, quindi evitate commenti inopportuni e maleducati. Per il resto del mondo noi eravamo una famiglia felice e siamo addolorati per la sua perdita. Tutto chiaro? – Gli undici membri dell’Umbrella Academy annuirono alle parole del maggiore.

- Noi controlleremo se ci saranno movimenti sospetti o qualcosa di strano. In caso succeda qualcosa vi avvertiremo. – fece Emanuel mentre, di fianco a lui, Katrina e Jem osservavano attentamente la folla di persone che si stava accomodando. Dopo essersi messi d’accordo, i membri dei vari gruppi si dispersero nella sala, dirigendosi in direzioni differenti. Oberon fece per andare verso il palco, ma venne fermato da Fëdor e si voltò verso di lui.

- Dimmi che mi stai per chiedere quello che penso. – fece Numero Sei e l’altro accennò un sorriso.

- So che probabilmente non ne avrai voglia, ma ho bisogno che mi aiuti a controllarli. Sai che molti di loro non sanno gestire situazioni di questo tipo e potrebbero scattare molti casini. – spiegò Numero Uno e Oberon annuì.

- Stai tranquillo, puoi contare su di me. D’altronde, ti ho mai deluso? – il commento fece ridere Fëdor e, dopo un piccolo cenno del capo, i due si separarono.

 

 

 

 

 

20.45, Sala da Ballo

 

 

            Charlotte osservava intimorita quello che accadeva intorno a lei: diverse coppie volteggiavano al centro della sala, seguendo un valzer eseguito alla perfezione da un piccolo quartetto di archi. La rossa fece per uscire dalla sala ma, nel voltarsi, si scontrò con qualcuno.

-Per Morgana, mi dispiace tantissimo! – cominciò a scusarsi senza nemmeno guardare in faccia la persona con la quale si era scontrata.

-Ehy calma! Sembri un treno in corsa! – esclamò quella persona. Non appena Charlotte alzò lo sguardo, incontrò il viso sorridente di Fëdor.

- Mai stata ad un ballo? – le domandò il ragazzo, mentre lei iniziava a torturarsi la treccia.

- In realtà non ne ho frequentati moltissimi. Durante quelli organizzati dalla Loggia stavo lì solo per i saluti e poi scappavo. – confessò, facendolo ridere.

- Erano davvero così male? –

- Non hai idea. Odio tutto questo. E’ pieno di gente falsa che fa la carina solamente per ingraziarsi qualcuno. – nel momento in cui finì la frase, Charlotte si rese conto di quello che aveva detto, diventando improvvisamente rossa in viso.

- Cioè… Non è che lo siete anche voi… Dicevo in generale… - farfugliò ma venne subito rassicurata da Fëdor.

- Tranquilla. Sinceramente, non è che piacessero molto anche a noi. Eravamo lì a fare le belle statuine per nostro padre, poi ci rifugiavamo da qualche parte utilizzando Elaija e Gabriel come scusa, visto che loro erano molto timidi e si rifiutavano di partecipare. – Questa volta fu il turno della ragazza di ridere. Il ballo finì, mentre i vari danzatori applaudivano per il pezzo appena concluso. Non appena il quartetto ricominciò a suonare, Fëdor tese una mano a Charlotte.

- Vuoi ballare? – le chiese. Alla domanda, la rossa lo guardò allibita.

- Non so neanche come muovermi. – replicò dispiaciuta e il ragazzo le sorrise.

- Non preoccuparti per questo: ti insegno io. -

 

 

 

 

 

20.53, Sala Principale

 

 

            -Santa Morgana, siamo qui da neanche dieci minuti e in quanti saranno già venuti a parlarci? Cinque? – domandò esasperato Travis, mentre Sheryl rideva per la sua reazione.

-In verità sette. E non possiamo farci niente, siamo comunque i figli dell’uomo che viene commemorato stasera. – rispose lei con tono gentile, mentre sorrideva a un uomo che l’aveva appena salutata. Numero Dodici la guardò scioccato.

- Come fai ad essere così tranquilla? –

- Semplice, faccio quello che mi ha sempre detto papà: sorrido, sono gentile e rispondo educatamente alle persone. Poi ci siete anche voi, quindi sono calma. – disse sorridendo, mentre Travis si passava una mano tra i folti capelli.

- Io ho smesso di ascoltare i suoi consigli a dieci anni. – replicò, ottenendo solo un altro sorriso dalla sorella, che lo fece tremendamente arrossire. Girò la testa, cercando di non farsi notare e si mise ad osservare la sala, notando poi la gente che ballava nell’altra sala. All’improvviso gli venne un’idea e si voltò verso la numero undici.

-Ehy Sheryl, ti andrebbe di ballare? – alla domanda, Sheryl si voltò verso di lui, per poi osservare un punto dietro Travis.

- Accetto volentieri la tua richiesta, ma prima dovremmo evitare che scatti un putiferio. – disse, facendo cenno al ragazzo che si voltò: Mathias era tampinato da alcune persone, probabilmente giornalisti della Gazzetta del Profeta a giudicare i taccuini e le macchine fotografiche. Tuttavia, quello che preoccupava i fratelli era un’altra cosa: sapevano benissimo come potevano reagire gli Altri se tallonati in quel modo e il ricordo del loro quarto ballo era ancora limpido nelle loro menti. Velocemente, Travis si avvicinò al fratello, notando che questi aveva già iniziato a cambiare il colore degli occhi e, lasciando che Sheryl prendesse il posto del fratello con i giornalisti, lo trascinò via. Non appena furono lontani da occhi indiscreti, si voltò verso Mathias.

- Con chi ho l’onore di parlare? – chiese Numero Dodici, ricevendo solamente un’occhiata stizzita. In quel momento, Travis notò che anche i capelli erano cambiati, passando dal castano scuro al biondo.

- Evan. Santa Priscilla, non li sopporto proprio quegli idioti, mi fanno venire voglia di cruciarli. – pronunciò Numero Dieci. Travis rabbrividì per quella minaccia velata, rassicurato però che a presentarsi fosse stata una delle personalità più gestibili: avevano avuto occasione di incontrare Evan altre volte, quando Mathias si trovava in mezzo a situazioni di forte stress. Fortunatamente, Evan era capace di gestire queste situazioni, evitando che altre personalità più ribelli uscissero allo scoperto. Dopo qualche minuto, i due vennero raggiunti da Sheryl.

- Sono riuscita a convincerli a lasciarvi stare. Ho detto loro che Mathias è ancora troppo colpito dalla perdita di nostro padre per parlarne. – spiegò la ragazza, ricevendo uno sguardo di ringraziamento da parte dell’altro.

- Ti ringraziamo molto, Sheryl. Ora, se volete scusarmi, vado in un posto isolato e cerco di far uscire Mathias. – Evan li salutò e si diresse verso l’uscita della sala, lasciando i due da soli. Dopo qualche minuto, Numero Undici si voltò sorridente verso l’altro.

-Allora, questo ballo che mi devi? -

 

 

 

 

 

2007, Villa Olympus

 

 

-          Cosa ci fai qui tutto solo? –

A quella domanda, Elaija sobbalzò leggermente. Tirò su con il naso e, cercando di asciugarsi il viso bagnato di lacrime, si voltò verso la sorella, leggermente infastidito: si trovava nel suo posto preferito, sotto l’ombra del vecchio salice piangente che si trovava nel giardino sul retro e mai nessuno era andato a disturbarlo. Tuttavia, la piccola Lauren si trovava di fronte a lui, la divisa dell’Umbrella Academy addosso e un cerchietto nero a tenerle in ordine la lunga chioma castana. Elaija, cercando di nascondere il foglio che teneva nella mano destra, le fece cenno di andarsene, dicendole che stava bene e che non doveva preoccuparsi. Nonostante le parole del fratello, la numero otto era cocciuta, motivo per il quale veniva chiamata dai fratelli – soprattutto da Elaija, Felikz ed Emerald – Lauren la Dura. Perciò, si sedette di fronte a Numero Nove, osservandolo poi con i suoi grandi occhi.

- Non me ne vado finché non mi rispondi e sai che non me ne andrò facilmente. - replicò la bambina ed Elaija sbuffò, sapendo che la bambina non avrebbe mollato facilmente. Così, con gli occhi che si riempivano nuovamente di lacrime, le passò il foglio che aveva cercato di nascondere in tutti i modi: si trattava di un disegno, raffigurante i bambini dell’Umbrella Academy, la Signora Davis, Libby e, al centro, il Signor McKinnon sorridente. Lauren lo osservò attentamente, per poi portare di nuovo lo sguardo sul fratello.

- L’uomo al centro chi sarebbe? – domandò lei e Numero Nove disegno nell’aria la risposta, scrivendo in caratteri maiuscoli la parola “papà”. A quella vista, la bimba, sgranò gli occhi.

- Vorresti dire il falso papà? – replicò. Nel sentire quelle parole, Elaija andò su tutte le furie, cominciando a gesticolare degli improperi rivolti a Lauren, che lo guardava impassibile. Ad un certo punto, la bimba gli afferrò entrambe le mani, fermando così i suoi insulti gesticolati.

- Mi dispiace, ma non capisco cosa stai dicendo, vai troppo veloce. Mi sembra però di capire che ce l’hai con me, giusto? – domandò e Numero Nove annuì vigorosamente. Stava per ricominciare ad urlarle contro quando lei si alzò di scatto, facendolo sussultare

- Ti arrabbi con me invece che con lui? Non lo capisci che da quando siamo qui non ci ha mai trattato come dei bambini ma solo come esperimenti? Non dovresti piangere per un uomo così. Non ci vuole bene. – rispose secca Lauren. Per tutto il discorso, Elaija aveva ascoltato attentamente, rendendosi conto man mano che la sorella aveva ragione: mai una volta il padre aveva rivolto loro dei sorrisi o dei complimenti, se non quando ottenevano dei buoni risultati negli allenamenti, ma anche lì non si allargava mai. Ad un certo punto, una mano spuntò nel suo campo visivo e guardò la sorella, che gli sorrideva dolcemente.

- Forza andiamo, gli altri ci staranno cercando. – disse, aiutando il fratello ad alzarsi. Così, i due bambini si recarono insieme verso il grande salone della Villa dove, seduti sul pavimento, i suoi fratelli giocavano insieme, chi con le carte, chi con qualche costruzione, sorvegliati dalla presenza costante della Signora Davis. Fu in quel momento che Elaija capì la sua fortuna: sapeva che non avrebbe mai ottenuto l’approvazione del padre, ma aveva cinque fratelli e quattro sorelle che gli volevano bene e questa era la cosa più importante.

 

 

 

 

 

21.36, Sala Principale

 

 

            Caleigh osservava meravigliata le decorazioni della Sala, appoggiata ad una colonna vicino al tavolo del buffet. Stava aspettando Charlotte, che era finita chissà dove nella sala da ballo e non era ancora tornata, cosa che aveva stranito la ragazza. Fece per muoversi per andare a cercarla, ma l’apparizione di un viso noto la costrinse a fermarsi, osservando scioccata l’uomo che si trovava a pochi metri di distanza. L’uomo, che non si era accorto di essere fissato, stava parlando con un gruppo di Auror, la mano stretta in quella di una giovane donna, che rideva probabilmente per una battuta appena detta. Non appena gli Auror se ne furono andati, questi si incrociò, incrociando così lo sguardo di Caleigh, rimanendo paralizzato per lo stupore. Disse qualcosa alla donna che, dopo aver fatto un lieve sorriso, si allontanò e l’uomo iniziò a camminare verso di lei, leggermente titubante. Non appena si ritrovarono faccia a faccia, si creò subito tensione, che venne poi spezzata da lui.

-Caleigh, sei cresciuta tantissimo dall’ultima volta che ti ho vista. E’ un piacere per me vederti. – disse abbozzando un leggero sorriso. Tuttavia, il viso di Caleigh rimase serio.

- Peccato che io non possa dire lo stesso, padre. – rispose la ragazza, cercando di risultare il più brusca possibile. Il tono ottenne l’effetto desiderato, poiché il padre sobbalzò leggermente.

- Senti, Caleigh, perché non ci buttiamo tutto alle spalle? Volevo presentarti una persona… - cominciò a dire l’uomo, ma la ragazza fu veloce ad interromperlo subito.

- Non se ne parla proprio! Hai almeno una minima idea di quanto dolore tu abbia causato a me? O alla mamma? – esclamò la ragazza, cercando sempre di contenere i toni della sua rabbia. Non appena vide Charlotte in lontananza, cercò di allontanarsi senza dire niente, ma il padre provò a fermarla.

- Caleigh, per favore, almeno ascoltami… - continuò a lui, continuando a pronunciare parole a vuoto. La ragazza si voltò verso di lui.

- Sei pregato di non rivolgermi più la parola. Hai deciso anni fa di uscire dalla mia vita, quindi sei pregato di non tornarci. – pronunciò queste parole con astio e, dopo aver dato ancora un’occhiata di disprezzo all’uomo, si recò dalla sua amica, lasciandosi il passato alle spalle.

 

 

 

 

 

21.20, Piano Superiore

 

 

            -Dici che questo posto è abbastanza appartato? – domandò Ophelia alla sorella. Lauren si guardò intorno, per poi riportare lo sguardo sull’altra.

- Secondo me qui non verremo disturbate, ma non possiamo stare qui molto, anche perché non penso sia permesso. – rispose Numero Otto mentre entrava in una delle tante stanze, seguita subito dall’altra. Ophelia l’aveva trascinata lì senza dirle perché e, man mano che le due ragazze cercavano un posto dove stare, Lauren ampliava la sua curiosità. Una volta dentro la stanza, Ophelia la chiuse a chiave e si assicurò con qualche incantesimo di non essere disturbate. Dopo di che, si voltò verso la sorella, rivolgendole un timido sorriso.

- Io… Ti volevo chiedere scusa. – mormorò la bionda, lasciando Lauren completamente di stucco. Scusarsi? E di cosa? Lauren cercò di pensare, finché nella sua testa non comparve una sola cosa… Oh, per quello.

- Ophelia… - provò a dire, ma venne subito interrotta dall’altra.

- No, lasciami parlare, altrimenti non finirò mai. Volevo scusarmi con te. Da quando siamo qui non abbiamo fatto altro che litigare o non parlare proprio e questa cosa mi sta uccidendo. – spiegò, non avendo il coraggio di guardarla negli occhi.

- Ophelia, tranquilla. E’ una cosa che è successa anni fa, ormai è acqua passata… - fece Lauren ma Numero Cinque scosse la testa.

- Me ne sono andata da sola, quando ti avevo promesso che, se mai ce ne fossimo andate, lo avremmo fatto insieme. Sono stata la prima ad andarmene, rovinando quell’equilibrio già precario che si era formato tra di noi. - continuò la bionda. Lauren, sorridendo dolcemente, andò ad abbracciarla, lasciando l’altra di stucco.

- Ophelia, non è assolutamente colpa tua! L’Umbrella Academy si stava già frantumando quando vi è stata la discussione tra Cameron e Fëdor e abbiamo preso le distanze l’uno dall’altro. Non posso negare di non esserci rimasta male e mi sono anche comportata da bambina in questi giorni. Sono io a dovermi scusare con te e non il contrario. – spiegò Lauren.

- Quindi siamo di nuovo amiche? – domandò Ophelia sorridendo e Numero Otto iniziò a ridere.

-Certo che lo siamo e lo siamo sempre state! Ora ci conviene tornare giù, magari ci stanno cercando. – Le due si diedero un ultimo abbraccio e poi, insieme, uscirono dalla stanza tornando dai loro fratelli con degli enormi sorrisi stampati in volto.

 

 

 

 

 andrew

21.38, Sala da Ballo

 

 

            Cercando in tutti i modi possibili di evitare la gente, Elaija camminava lungo la parete della sala, schivando ogni tanto qualche persona per non scontrarsi, mentre osservava le varie persone ballare. Vide con la coda dell’occhio Travis e Sheryl che ballavano insieme e sorrise teneramente, felice di come le cose si stessero evolvendo tra i fratelli. In effetti, da quando era tornato a Villa Olympus aveva cominciato a notare qualcosa di strano negli altri, come se la lontananza avesse migliorato quei rapporti che un tempo si pensavano distrutti.

Cercando di togliersi quei pensieri dalla testa, Elaija si mise a cercare per la sala Gabriel, che si era offerto di tradurre i suoi segni in caso di conversazioni. Il numero tre si era allontanato per andare a prendere da bere per tutti e due, costretto così a lasciare il fratello minore da solo. Il ragazzo fece per muoversi ancora, quando qualcuno gli picchiettò sulla spalla con un dito. Elaija si voltò, pronto ad insultare il giornalista impertinente di turno, ma per poco non si strozzò con la saliva: davanti a lui, Andrew McLagen lo guardava sorridendo, stretto nel suo impeccabile abito nero. Numero Nove si prese un attimo per ammirare il ragazzo – ormai uomo – che gli stava di fronte: non lo vedeva dai tempi della scuola, il suo fisico si era ancora irrobustito, perdendo quei tratti infantili che, un tempo, ne caratterizzavano il viso diciassettenne; aveva persino un accenno di barba. Dopo quella breve analisi, Elaija riportò nuovamente lo sguardo sul volto di Andrew, che non aveva perso il sorriso.

-Non ci vediamo dalla fine della scuola e non sei cambiato di una virgola. – disse il biondo continuando a sorridere, mentre Elaija sentiva la faccia in fiamme.

- Mi dispiace molto per la tua perdita, Elaija, Sarete sconvolti. – continuò lui, posando una mano sul braccio dell’altro. Numero Nove sorrise tristemente, ringraziandolo con un cenno del capo per le condoglianze.

Tu come stai? Chiese invece lui. Il ragazzo fece spallucce.

-Tutto bene, grazie per averlo chiesto. – rispose. Elaija fece per fargli un’altra domanda, ma la voce di Gabriel lo destò dalle sue intenzioni. Andrew si accorse dell’arrivo dell’altro fratello.

- Ti lascio parlare con tuo fratello. E’ stato davvero un piacere rivederti e spero di poterti ancora parlare più tardi. – fece il biondo e, salutandolo, si allontanò. Numero Nove lo stava ancora osservando, quando venne raggiunto dal fratello, che lo guardava sbalordito.

- Quello era Andrew McLagen? Quell’ Andrew McLagen? – domandò il rosso sottolineando la sua domanda. Elaija annuì e Gabriel rimase completamente senza parole. Fece per parlare, ma Elaija gli fece capire di cambiare argomento con un sorriso e, seppur controvoglia, fu costretto a rinunciare. Mentre si dirigeva verso la sala principale in compagnia del numero nove, si voltò nuovamente verso Andrew.

“Però, che strano modo di incontrare un ex…”

 

 

 

 

 

2009, Lago Nero, Hogwarts

 

 

            In quella piovosa mattinata di Novembre, gli studenti di Hogwarts si erano rifugiati all’interno del castello, a causa del brutto temporale che, verso le prime ore dell’alba, si era abbattuto sulla scuola. Tuttavia, due studenti del terzo anno, rispettivamente di Tassorosso e Serpeverde, si aggiravano nei pressi del Lago Nero, il secondo leggermente irritato.

- Sei sicuro che sia qui? - domandò Cameron togliendosi una ciocca di capelli bagnati dalla fronte. Felikz per poco non scivolò sul terreno fangoso e, dopo aver recuperato l’equilibrio, si voltò verso il fratello.

- Sono super certo. Sai, a casa El si nasconde sempre sotto il salice del nostro giardino e qui è l’unico posto dove può stare tranquillo. – rispose Numero Sette, riprendendo a camminare a passo spedito. Arrivato all’albero, cercò con gli occhi e, non appena notò la figura del fratello minore rannicchiata contro il tronco dell’albero, si illuminò. Gli corse incontro, notando subito l’incantesimo Ombrello che aveva effettuato il numero nove per proteggersi dalla pioggia.

- Elaija, sapevo di trovarti qui! – urlò il Tassorosso, spaventando Numero Nove e facendo sbuffare Numero Quattro. Il Grifondoro li guardò sbalorditi, chiedendo poi loro cosa ci facessero lì.

- Siamo venuti a prenderti. Avevamo promesso che ti avremmo aiutato e così faremo. Voleva venire anche Mathias ma ha avuto qualche problema con gli Altri, quindi siamo solo noi due. – spiegò Cameron e Felikz annuì, confermando le parole del fratello. Vedendo però che Elaija non si alzava, il Tassorosso decise di inginocchiarsi di fianco a lui, ignorando la sensazione di freddo che lo avvolse non appena le sue ginocchia entrarono a contatto con il terreno bagnato.

- Senti, so che sei spaventato, lo capisco. Ma ne abbiamo già parlato: non devi dare retta a quello che dicono gli altri. Hai passato due anni nel baratro totale per colpa di quegli idioti che non facevano altro che prenderti in giro, mentre noi non ce ne siamo accorti. Ma adesso siamo qui con te a supportarti. Hai una famiglia intera che ti vuole bene. – Di fronte a quelle parole, Elaija aveva sgranato leggermente gli occhi: mai si sarebbe aspettato un discorso del genere da parte del numero sette, vista la sua indole poco seria che lo precedeva.

“Ma se fossi davvero sbagliato?” chiese allora disegnando nell’aria la sua domanda. A quel punto anche Cameron si inginocchiò di fronte a lui.

-Elaija, non c’è niente di sbagliato in te. Ti piacciono i ragazzi, così come agli altri piacciono le ragazze. Sei umano e non devi assolutamente vergognarti di quello che sei. –

Di fronte allo sguardo duro di Cameron e a quello più dolce di Felikz, Elaija annuì e, dopo essersi alzati, si diressero insieme verso il castello, con destinazione la Torre di Gridondoro. Tuttavia, arrivati nei pressi del terzo piano, i tre si scontrarono con un gruppo di ragazzi più grandi, appartenenti a Serpeverde. Il più alto del gruppo, da corti capelli biondi e gli occhi castani, li scrutò attentamente il trio, focalizzandosi poi sulla figura di Eliaja.

- Guardate gente, il moccioso ha delle guardie del corpo adesso. – disse quello sogghignando, mentre gli altri ragazzi scoppiavano a ridere. Felikz e Cameron si scambiarono un rapido sguardo: avevano immediatamente riconosciuto Ethan Parkinson, Serpeverde del quinto anno e colui che, ormai da due anni, bullizzava Elaija trattandolo come feccia. Numero Nove fece per indietreggiare, ma un rapido movimento lo costrinse ad alzare lo sguardo: Cameron si era fiondato subito di fronte a Ethan, fronteggiandolo con sguardo duro. Per i suoi sedici anni, Ethan era abbastanza alto, ma Cameron, nonostante fosse solo un quattordicenne, era già alto come il compagno di casa, complici anche la sua statura robusta per via del Quidditch e gli innumerevoli allenamenti svolti con il padre.

- Cosa hai detto, Parkinson? Non ti ho sentito. – disse Cameron, rispondendo a tono con un ghigno. Elaija vide un lieve lampo di paura negli occhi dell’altro Serpeverde, ma fu solo per un attimo.

- Hai sentito benissimo, McKinnon. E ti conviene sparire, non è una questione che ti riguarda. – A parlare questa volta fu Thomas Xaxley, un altro ragazzo della casa verde-argento. Ethan fece per avanzare ancora di più, ma Felikz si mise di fianco a Cameron.

- Ti conviene lasciare in pace nostro fratello, Parkinson, o potresti pentirtene. – fece il Tassorosso, mentre Elaija cercava di tirarlo indietro per una manica: il numero sette non era conosciuto per la sua altezza e, in mezzo a quei Serpeverde, sembrava ancora più piccolo. Ethan si mise a ridere, contagiando anche gli altri ragazzi, e guardò Felikz dall’alto in basso.

- Altrimenti? Andrete a chiamare papà? Non avete legami di sangue, né tra voi né con quell’uomo. La feccia, con o senza successo, rimane feccia. –

Quello che Elaija non si sarebbe mai aspettato di vedere, fu Felikz colpire in faccia Ethan con un pugno, facendolo indietreggiare di qualche centimetro. Cameron si voltò, sconvolto quanto il Grifondoro, verso il fratello, ma non ebbe tempo di reagire, poiché Ethan era già scattato verso il Tassorosso. Numero Quattro cercò di difendere il fratello, ma anche gli amici di Ethan si erano buttati per aiutare l’amico. Elaija osservava la scena con occhi spalancati. Ripensò a quello che gli avevano detto i fratelli qualche momento prima, ovvero del fatto di avere una famiglia. Sorridendo a quel pensiero, prese la sua decisione: si buttò nella mischia.

 

Quando i tre uscirono dall’Infermeria, chi con una micro-frattura al naso – Cameron – e chi con un occhio completamente nero e gonfio – Felikz - , trovarono ad attenderli il resto dell’Umbrella Academy.

-Voi siete completamente fuori di testa! – esclamò Lauren non appena li vide arrivare. Subito, Mathias e Travis si affiancarono ai fratelli.

- Cavoli, volevamo esserci anche noi, perché non ci avete chiamato!? – domandarono, venendo subito zittiti dallo sguardo duro di Numero Uno. Poi, Fëdor si volto verso i tre incriminati.

- Siete fortunati che non c’erano testimoni e non hanno dato colpa a nessuno, nonostante vi siate beccati una lunga punizione. – disse il ragazzo. Felikz e Cameron si guardarono e, contemporaneamente, misero un braccio attorno alle spalle di Numero Nove.

- Non preoccuparti, - rispose Cameron, - adesso quegli idioti non gli daranno più fastidio.-

 

 

 

 

 

21.22, Giardino

 

 

-E così è qui che ti nascondi? – A quella domanda, Katrina guardò dietro di sé, trovando Harry che la fissava attentamente. La ragazza sbuffò, ma non impedì al ragazzo di sedersi di fianco a lei sulla panchina di granito. Al momento, i due si trovavano nel giardino personale del Criterion Restaurant: era un giardino abbastanza piccolo, ma non per questo meno incantevole, con graziosi cespugli di rose e alberi appena potati, tenuti rigogliosi attraverso degli incantesimi specifici. AL centro, una grossa fontana, con La Temperanza che versava l’acqua che scorreva da una brocca all’altra. I due ragazzi si trovavano seduti su una delle tante panche che circondavano la fontana, in silenzio.

- Non mi hai ancora detto perché ti trovi qui da sola. – sussurrò il ragazzo, intimorito dal fatto di dover interrompere il silenzio che si era creato. Pensò di non essere stato sentito, visto che Katrina continuava ad osservare di fronte a sé, ma la vide prendere un lungo respiro, segno che era stato capito alla perfezione.

- Non sopporto i balli. Quando frequentavo Durmstrang, venivano fatti dei balli ogni anno, prima delle vacanze invernali e prima di quelle estive. Pregavo sempre di non essere invitata perché non volevo andarci, ma a volte non avevo questa fortuna. – spiegò la ragazza. Harry si sorprese, visto che non capitava spesso che la ragazza si aprisse sul suo passato.

- Non potevi semplicemente farti invitare da Emanuel? Cioè, si spargeva la voce, nessuno ti invitava e tu potevi poi rintanarti nel tuo dormitorio. – Il biondo notò un lieve sorriso spuntare sulle labbra della collega, ma sparì quasi subito. Katrina si voltò verso di lui.

- Volevamo farlo una volta, ma ad Ema piacevano troppo e mi sentivo in colpa ad impedirgli di partecipare. Così ho fatto un piccolo sforzo anche io. – continuò. A quelle parole, Harry fece uno sbuffo divertito e la mora lo guardò torva.

- Cosa c’è da ridere adesso? – domandò stizzita e lui scosse la testa.

- Nulla, mi sembra solo strano che una ragazza odi i balli. Non aspettate solo quello? L’abito bello, il trucco e l’acconciatura perfetti, un cavaliere per il ballo… Tu e Charlotte siete uguali sotto questo punto di vista. – spiegò e Katrina gli rifilò un’occhiataccia.

- Primo, non tutte le ragazze sono delle bamboline felici di mettersi in mostra. E secondo… non odio proprio i balli in sé, odio il fatto di essere guardata, il che succedeva spesso a scuola… Santi numi, così sembra che me la tiri. – farfugliò coprendosi il volto con le mani, mentre Harry scoppiava a ridere. Ad un certo punto, i due sentirono uno scroscio di applausi provenire dalla sala, segno che un altro ballo si era appena concluso. Non appena la musica ripartì, Harry si alzò, sotto lo sguardo confuso di Katrina e le porse la mano.

- Kat, ti va di ballare con me? – chiese con voce incerta. La ragazza, non sapendo cosa dire, guardò prima la mano e poi il suo proprietario.

- Intendi… Ballare qui? – domandò e lui annuì.

- Hai detto che non ti piace stare al centro dell’attenzione. Beh, qui siamo solo noi, quindi nessuno ti guarderà. – disse con un cenno della testa. Dopo qualche attimo di silenzio, la ragazza annuì, prendendo la mano del ragazzo. I due iniziarono a volteggiare e Katrina fu grata al ragazzo, anche se non glielo avrebbe mai confessato.

 

 

 

 

 gregor     lucy

21.40, Sala Principale

 

 

            Di fianco al piccolo palco rialzato, Jem e Scarlett parlavano animatamente, in quanto la donna stava cercando di convincere il collega a non uscire per fumare, nonostante sapeva che fosse un brutto vizio dell’insegnante.

-Fumare fa male! – disse Scarlett, nascondendo il pacchetto di sigarette che aveva rubato dalla tasca della giacca di Jem. L’uomo alzò gli occhi al cielo.

- Sai vero che sono un adulto e che posso scegliere, vero? – replicò lui, ma la donna scosse la testa.

- Niente da fare, è una brutta abitudine che devi toglierti. Che poi, cosa ti ha spinto a cominciare a farlo? – domandò la bionda. A quel punto, sul volto dell’uomo comparve un triste sorriso.

- Non c’è un vero e proprio motivo. In realtà, ho cominciato e non ho più smesso. Un po’ come con l’alcool. A volte, mi sembrano le uniche soluzioni. – spiegò, tornando a guardare la folla che li circondava. Scarlett l’osservò attentamente e, con un piccolo sbuffo, gli riconsegnò il pacchetto, ricevendo un sorriso di ringraziamento da parte dell’altro. Non appena questi si fu allontanato, Scarlett si ritrovò da sola ad osservare le persone.

- Cavoli, Scarlett, non sei cambiata di una virgola. Bella eri e bella sei rimasta. –

Scarlett rabbrividì immediatamente, perché aveva riconosciuto la persona che possedeva quella voce. Si voltò, trovandosi faccia a faccia con il ghigno di Gregor Sanders. La bionda fece per andarsene, ma l’uomo la afferrò per un braccio, costringendola a fermarsi.

-Lasciami. Adesso. – disse Scarlett, con uno sguardo di fuoco, ma Gregor fece finta di non capire.

- Scarlett, sii più gentile. Sono venuto qui per chiederti come stai. Volevo anche sapere come stava mio figlio… - l’uomo non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Scarlett cambiò completamente espressione.

- Non osare nominare Michael! Tu non devi neanche pensarci! – sbottò lei, chiedendosi come si fosse permesso quel verme di nominare suo figlio.

- Senti, mi dispiace per tutto quello che è successo, ma voglio rimediare. Quanti anni ha adesso? Nove, dieci? – continuò Gregor e Scarlett lo guardava incredula.

- Io non ti dirò un bel niente! Hai fatto finta che io non esistessi e la sera prima avevi detto di amarmi. Ora ti conviene allontanarti da me, o potrei non rispondere delle mie azioni. – la donna cercava di allontanarsi, ma lui non le aveva ancora lasciato il braccio.

- Senti… -

- Ha detto di lasciarla stare. – disse una voce. Scarlett si voltò e i suoi occhi si riempirono di gioia nel trovarsi di fronte Lucy, la sua migliore amica ai tempi della scuola. Gregor, dopo aver riconosciuto la nuova arrivata, si decise a mollare il braccio della bionda.

-Lucy, sei cambiata un sacco! –

- Peccato che tu non l’abbia fatto. Coglione eri e coglione sei rimasto. – rispose la ragazza e Scarlett ridacchiò, ricordandosi della “finezza” della sua amica. Gregor strinse gli occhi, ma decise di non rispondere alla provocazione. Fece un cenno alle due e, infuriato, se ne andò, lasciandole finalmente da sole. A quel punto, Scarlett corse ad abbracciare l’amica.

- Lucy, non sai quanto tu mi sia mancata! – disse lei, mentre la mora ricambiava la stretta.

- Fidati, posso sospettare. Diamine, non pensavo di trovare quell’idiota di Sanders qui! – esclamò Lucy e Scarlett sbuffò.

- Purtroppo è un Auror, quindi per forza di cose sarebbe stato qui, anche se speravo di non vederlo. Piuttosto, perdonami se ho perso un attimo la testa, non è da me. – a quelle parole, l’altra ragazza scoppiò a ridere.

- Oh tranquilla, sai che con me non devi farti problemi. Forza: hai un sacco di cose da raccontarmi! – Scarlett annuì e, prendendola a braccetto, la portò verso il tavolo del buffet, cominciando a raccontarle ogni cosa.

 

 

 

 

 

 dennis

21.45, Sala Principale

 

 

-Perché ci hanno chiamati tutti qui? – domandò Emerald, osservando la fiumana di persone che si dirigeva nella sala principale. A rispondergli fu Felikz, che si trovava di fianco a lei.

- Stanno per commemorare la memoria di papà. – rispose e Numero Due sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

- Tutte falsità. Insomma, chi amava veramente nostro padre? Era un tiranno e un despota. – replicò la ragazza, ricevendo un’occhiataccia da alcune persone di fianco a lei. Oberon rivolse loro uno sguardo di scuse, voltandosi poi verso la sorella.

- Non dire queste cose mentre siamo qui. Nonostante non ti piacesse, era sempre nostro padre. Mostra almeno un po’ di rispetto questa sera. – disse duro Numero Sei. Emerald annuì, capendo subito il concetto. Ad un certo punto, sul palco salì un Auror, che i ragazzi riconobbero subito come Jonathan Habbot, Segretario del Ministro della Magia e un collega di Richard. L’uomo prese subito il silenzio e, non appena l’attenzione fu su di lui, cominciò a parlare.

- Signore e Signori, siamo qui oggi per commemorare la memoria di un uomo straordinario e geniale. Il Signor McKinnon non era solo un Auror formidabile, ma era anche un ottimo amico e un padre di famiglia eccezionale. – A quelle parole, almeno la metà dell’Umbrella Academy alzò gli occhi al cielo.

- Davvero dobbiamo sorbirci tutto il discorso? – sussurrò Cameron a Fëdor, ricevendo in cambio una gomitata. Sheryl, Lauren e Ophelia ascoltavano attentamente il discorso, mostrandosi come il padre aveva insegnato loro. Oberon le osservò, per poi portare l’attenzione sul resto del gruppo. Tuttavia, il passaggio di una persona dietro ai suoi fratelli lo fece trasalire, riconoscendo immediatamente la ragazza che lo stava fissando. Senza farsi notare, iniziò a seguirla, uscendo dalla sala.

-… E per questo io vi chiedo di alzare i calici, in onore di Richard McKinnon! – a quell’invito, tutta la sala brindò, mentre alcuni mormoravano “A Richard!”.

- E’ stato un discorso inutile. – disse Ophelia lisciandosi le pieghe del vestito. Un ragazzo si avvicinò a lei sorridendo, senza che lei se ne accorgesse.

- Sempre a criticare tutto, mai una volta che ti senta dire qualcosa di positivo! – Ophelia si voltò e si gettò addosso al ragazzo, avendolo riconosciuto subito.

- Dennis, per Merlino! Che ci fai qui? – domandò la strega. Dennis era un suo vecchio compagno di scuola, suo grande amico, che però si era dovuto allontanare con la fine della scuola.

- Sono il più uno di uno degli Auror. Volevo venire a salutarti prima ma non riuscivo mai a beccarti da sola. Come stai? Il lavoro? – domandò il corvino e Ophelia sorrise dolcemente.

- Sto bene, grazie per averlo chiesto. Anche al lavoro va alla grande. Tu invece cosa mi racconti? – alla sua domanda Dennis cominciò a spiegare, mentre Ophelia ascoltava attentamente. Ad un certo, guardando un attimo dietro al ragazzo, Numero Cinque notò Emanuel che la fissava, con una strana espressione stampata sul viso. La ragazza arrossì immediatamente e Dennis parve accorgersene, voltandosi seguendo la linea del suo sguardo. Non appena notò il ragazzo, tornò a guardare Ophelia.

- Ehy, quello non è il ragazzo che ti piaceva ad Hogwarts? – chiese e lei sobbalzò.

- Cosa? Oh, ecco… Diciamo di sì. Ci siamo riavvicinati molto in questo periodo. – ammise arrossendo e il ragazzo si mise a ridere.

- E perché non ti sei ancora buttata? Forza, vai a parlargli! – la esortò e Ophelia lo osservò sbalordita.

- Dici sul serio? – domandò e lui annuì. Ophelia guardò lui e poi portò il suo sguardo sulla figura di Emanuel, che si stava dirigendo verso la terrazza. Dopo qualche attimo di incertezza annuì e, dopo aver salutato il suo amico, si avviò.

 

 

 

 

 

2014, Stanza Nove, Corridoio delle Camere, Primo Piano, Villa Olympus

 

 

            Era ormai pomeriggio inoltrato e in casa non era rimasto quasi nessuno. Non che fosse un problema, rifletté Elaija: da quando anche Mathias se ne era andato, appena un mese prima, in casa erano rimasti solo in cinque e, adesso, anche lui se ne stava andando.

-Non dimentichi niente? – domandò una voce alle sue spalle. Il ragazzo si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con il volto sorridente di Sheryl. Numero Nove la guardò interrogativo, non riuscendo a capire e la sorella tirò fuori dalla tasca un foglio di carta piegato.

- Come farai ad entrare al Conservatorio senza la lettera di ammissione? Penso che questo ti serva se vuoi accedere ai corsi. – rispose la rossa ed Elaija arrossì: senza dire niente a nessuno, il ragazzo si era iscritto al Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi”, situato a Milano e uno dei Conservatori più famosi al mondo.

Volevo dirvelo.

-Oh non preoccuparti, tanto ormai abbiamo smesso di dirci le cose da un bel po’ di tempo. – replicò Sheryl sorridendo. Aiutò il fratello a sistemare le sue cose nella valigia, cercando di fare attenzione agli spartiti del fratello, ponendoci sopra diversi incantesimi di protezione, p, er evitare che si danneggiassero. Non appena ebbero finito, i due si sedettero ai piedi del letto, immergendosi in un triste silenzio.

- Forza, ti conviene andare. Per fortuna papà ci ha fatto imparare un po’ di italiano*, altrimenti saresti perso!- disse la ragazza, mentre sul viso di Elaija spuntava un enorme sorriso, mentre faceva apparire nell’aria una frase.

E’ meglio che vada a salutarli.

Tuttavia, Sheryl lo fermò con una mano.

-Vai tranquillo, di loro mi occupo io. Se li salutassi, probabilmente cambieresti idea, quindi ti conviene partire subito. – Elaija rimase particolarmente colpito da quelle parole, ma sapeva che Numero Undici aveva ragione: se si fosse fermato anche solo per un minuto, sapeva che avrebbe deciso di non lasciarli. Con un cenno del capo si alzò e, dopo aver raccolto la sua roba e aver dato un abbraccio alla sorella, si smaterializzò.

Non appena aprì gli occhi, notò di trovarsi in un vicolo, poco lontano da una strada affollata. Non appena mise piede nella strada principale, notò di fronte a sé il Conservatorio, notando di trovarsi a Milano, e sorrise: un nuovo capitolo della sua vita stava per cominciare.

 

 

 

 

 

21.55, Bagni, Piano Superiore

 

 

            -Dici che è andato di qua? – domandò Felikz a Travis e il fratello fece spallucce. Da dieci minuti, i due stavano cercando Cameron in ogni angolo del locale, ma non erano ancora riusciti a trovarlo: Numero Sette aveva visto il fratello più grande uscire frettolosamente dalla sala principale e, preoccupato, aveva chiesto al numero dodici di aiutare a cercarlo.

- Non può essere sparito così, sarà nascosto da qualche parte. Sai com’è fatto. – disse Numero Dodici, ma Felikz scosse la testa.

- Impossibile, non lascerebbe mai Gabriel da solo, appunto perché lo conosco. – Ad un certo punto, i due sentirono un forte rumore provenire dai bagni e, dopo essersi scambiati uno sguardo, si fiondarono ad aprire la porta. Fortunatamente, aprirono in tempo per vedere il fratello crollare in avanti, contro i lavandini.

- Cam! – esclamò Travis, afferrandolo in tempo per evitare che picchiasse la testa da qualche parte. Poi, con l’aiuto del numero sette, lo appoggiò in terra, mettendolo seduto contro la parete: il rosso aveva il naso completamente sanguinante e la camicia una volta bianca ora era per lo più rossa. La pelle era bianca come quella di un cadavere e gli occhi erano solcati da profonde occhiaie.

- Ma che cazzo?! Cam, cos’è successo? – domandò preoccupato Felikz e Travis si alzò in piedi.

- Tienilo sveglio il più possibile, io vado a chiamare qualcuno. –

- No. – Sentendolo parlare, i due ragazzi si voltarono verso il fratello, che ora si teneva una mano alla testa.

- Come no? Cameron, stai sanguinando, dobbiamo trovare chi ti ha ridotto così! – fece Numero Dodici ma il numero quattro scosse la testa.

- Non è stato nessuno a ridurmi così, tra poco passa. Travis, chiudi la porta e fa’ in modo che nessuno si avvicini a questo bagno. – disse il rosso alzandosi, aiutato subito da Felikz. Il minore annuì e, dopo essersi assicurato dei giusti incantesimi di protezione, si voltò verso Numero Quattro, che aveva cominciato a lavarsi il viso per rimuovere ogni traccia di sangue secco. Poi, con un leggero colpo di bacchetta, tolse ogni macchia dalla sua camicia, rendendola nuovamente bianca.

- Che significa che non è stato nessuno? – domandò preoccupato Travis e il rosso, sospirando, si voltò verso i suoi fratelli.

- E’ una cosa che ancora non posso dirvi, mi dispiace. Prometto che ve lo spiegherò, ma non ora. – disse e i due si guardarono.

- Gabriel lo sa? – domandò Numero Sette e lui scosse la testa.

- No e non lo deve ancora sapere. Quindi vi prego, non ditelo ancora a nessuno. Per favore. – Cameron sembrava veramente disperato, cosa assai rara da vedere e Felikz, titubante, annuì.

- Va bene, per adesso non diremo niente. Ma entro la fine della serata dovrai parlarne con gli altri, altrimenti sarò io a farlo. -

 

 

 

 

 titania

21.42, Piano Superiore

 

 

            Oberon aveva seguito la ragazza verso il piano superiore, che lo aveva trascinato in una delle tante stanze presenti. In quel momento, i due si stavano osservando silenziosamente, cercando di capire chi avrebbe compiuto il primo passo. Dopo qualche minuto, fu lei a prendere parola.

-Se papà vedesse come sei ridotto, di sicuro ti prenderebbe a schiaffi. – la ragazza pronunciò queste parole con freddezza e scherno, con il solo obiettivo di attaccare il suo interlocutore. Tuttavia, Oberon non era persona che si offendeva facilmente e decise di rispondere a tono, con un piccolo ghigno stampato sul viso.

- Sai, Titania, a volte dovresti tirare via dal culo la scopa che ti ritrovi. Dicono faccia bene alla salute. – Dentro di sé, Oberon fu contento di vedere una leggera scintilla di rabbia negli occhi della bionda, ma decise di mostrarsi indifferente, sapendo di darla ancora più fastidio.

- Che ci fai qui? – chiese duramente.

- Si dà il caso che io sia un Auror, quindi automaticamente invitata. Piuttosto, sono sorpresa di trovare te qui. – rispose lei guardandolo dall’alto in basso, come era solita fare quando erano a scuola.

- Si dà il caso che Richard fosse mio padre. – replicò lui sul piede di guerra, in quanto sapeva dove lei volesse andare a parare. Infatti, a quelle parole era scoppiata a ridere.

- Non prendermi in giro, non lo sopportavi e non mancavi occasione di dimostrarlo. –

- Era pur sempre la mia famiglia, più di quanto non lo siate mai stati voi, sorella. – Oberon cercò di mantenere la calma, nonostante la faccia da schiaffi di Titania cercasse di convincerlo del contrario. Si voltò per andarsene, ma venne fermato dalla sua fredda voce.

- Come si sentirebbero i tuoi “fratelli” nel sapere che tu hai sempre conosciuto la tua vera famiglia, a differenza loro? Come reagirebbero nello scoprire che tu sei in realtà un Hamilton? – Titania aveva sempre saputo quali tasti toccare per infastidire le persone, ma fino a quel momento non aveva mai visto l’altro così infuriato.

- Non osare avvicinarti a loro! Se anche solo ti vedo osservare uno di loro giuro che non rispondo più delle mie azioni. E adesso addio, Titania, e a mai più arrivederci. – disse e, senza guardarsi indietro, uscì dalla stanza, sentendo in lontananza la risata della sorella.

 

 

 

 

 

21.57, Terrazza

 

 

            Ophelia, sorpassando la folla di gente che la circondava, era riuscita a raggiungere la terrazza, maledicendosi per non aver preso prima la giacca. Si guardò intorno e riuscì subito a trovare la figura di Emanuel, visto che era l’unico lì fuori. Lentamente gli si avvicinò e, appoggiandosi al parapetto, si mise ad osservare le stesse, imitando il ragazzo.

-Ho sempre cercato di capire dove si trovassero le varie costellazioni, ma non ci sono mai riuscito. – disse ad un certo punto il moro, con grande sorpresa di Ophelia. Sorridendo, continuò ad osservare il cielo, indicando poi una costellazione visibile.

- Quella lì in alto, verso la tua destra, è la costellazione dei Gemelli, dedicata a Castore e Polluce. – spiegò, mentre lo sguardo di lui seguiva la direzione del suo dito.

- Come fai a saperlo? – domandò divertito e lei alzò le spalle.

- Fëdor adora l’astronomia fin da quando è piccolo e, qualche volta, ci spiegava qualcosina. Ricordo particolarmente i Gemelli perché li associavo sempre a Gabriel e Cameron. –

- Come mai? –

- Secondo la leggenda, Castore venne ferito a morte e Polluce, disperato per la perdita del fratello, chiese a Zeus un modo per potersi riunire con il gemello e Zeus acconsentì, trasformandoli nella costellazione che noi tutt’ora osserviamo. – spiegò lei. I due continuarono a guardare le stelle, prima che Emanuel interrompesse nuovamente il silenzio.

- Era il tuo ragazzo? – chiese e Ophelia sobbalzò leggermente, voltandosi poi verso di lui.

- Cosa? No! Dennis è solo un mio vecchio amico di scuola, non lo vedevo dalla fine del settimo anno. Non siamo mai stati niente. – si affrettò a spiegare lei, con le gote leggermente arrossate. Giurò di aver visto il ragazzo fare un sospiro di sollievo, ma non ne era del tutto sicura.

- Va bene. Sai, in realtà è una bella cosa, perché c’è una cosa che desidero fare da tanto tempo. – confessò lui. Prima che lei potesse rispondere, Emanuel si tuffò sulle sue labbra, allontanandosi poi qualche secondo dopo, in attesa di una sua reazione. Ophelia lo guardò esterrefatta e senza parole ma, dopo qualche attimo, fu lei a baciarlo di nuovo, questa volta approfondendo il bacio. Ophelia venne subito investita dal profumo di lui, un misto tra gelsomino e vaniglia e pregò che quel momento non terminasse mai. Tuttavia, erano comunque degli esseri mortali e i due furono costretti a separarsi, a causa della mancanza d’ossigeno. Rimasero a guardarsi senza dire niente, con i respiri affannati e le labbra gonfie.

- Sai, desideravo farlo dal mio sesto anno. – ammise Emanuel arrossendo leggermente e Ophelia si mise a ridere.

- Ce ne hai messo di tempo allora. – disse lei prendendolo in giro. Dalla sala sentirono partire degli applausi e il ragazzo, dopo aver guardato attraverso le vetrate, si voltò verso la ragazza, porgendole la mano.

- Ci conviene rientrare, probabilmente si staranno chiedendo dove siamo finiti. Spero tanto che i tuoi fratelli non mi uccidano. – a quelle parole Ophelia scoppiò a ridere, contagiando pure Emanuel e, dopo avergli preso la mano, lo trascinò all’interno della sala, più felice che mai.

 

 

 

 

 

3 Novembre 2020, Royal Opera House, Londra

 

 

            Immerso nel silenzio della sera, Elaija muoveva con grazia l’archetto sulle corde, lasciandosi trascinare dalla melodia che veniva pian piano prodotta dal suo violoncello. Il ragazzo pensò a quanto fosse stato fortunato a ricevere un’occasione del genere: ormai da un anno lavorava come custode per la Royal Opera House di Londra e, per gentile concessione dei proprietari, aveva ottenuto il permesso di suonare nel teatro, a patto che controllasse il luogo dalla sera tardi fino alle prime luci dell’alba. Il ragazzo fermò il movimento della mano, ascoltando con tranquillità il silenzio che lo circondava. Dopo qualche minuto, riprese a suonare, lasciando questa volta che il suo potere si unisse alla musica. Elaija immaginò di trovarsi con una grande orchestra nel bel mezzo di un concerto: i violini svolgevano il loro ruolo di solista mentre lui, insieme al resto degli archi, dettava il ritmo della melodia. Stava per immaginare il gran finale quando, improvvisamente, un forte dolore lo colpì al braccio sinistro, facendogli interrompere la melodia. Poggiando violoncello e archetto per terra, si affrettò a tirarsi su la manica della divisa, scoprendo così il Tarocco delle Stelle che si illuminava. In quel momento lo sentì: la Ruota della Fortuna stava chiamando a raccolta l’intera Umbrella Academy. Con un incantesimo non verbale, rimise a posto il suo violoncello nell’apposita custodia e, con un altro incantesimo, creò immediatamente un’illusione di sé, in modo da poter controllare il teatro durante la sua assenza. Poi, dopo aver raccattato in fretta e furia le sue cose, si smaterializzò a casa sua. L’indomani, avrebbe raggiunto la sua vecchia casa.

 

 

 

 

 

22.00, Corridoio, Piano Superiore

 

 

            La musica aveva ricominciato ad andare dieci minuti dopo la commemorazione di Richard. Gabriel, che si era allontanato dai fratelli per cercare di dirigersi in un posto più appartato, era stato intercettato da Mathias che, visibilmente preoccupato, gli aveva chiesto di seguirlo. Insieme avevano raggiunto il piano superiore, nascondendosi in uno dei tanti corridoi.

-Matt, tutto bene? – domandò preoccupato, notando che il numero dieci aveva cominciato a torturarsi il labbro, un brutto vizio che aveva fin da quando era piccolo. Vedendo che il fratello pareva non sentirlo, gli si avvicinò, prendendogli le mani e stringendole forte, come faceva quando erano bambini. Immediatamente ottenne l’effetto sperato e subito gli occhioni nocciola di Numero Dieci si incatenarono nei suoi.

- Stai bene? – gli chiese ancora e l’altro, dopo un piccolo attimo di smarrimento, annuì.

- Sì, sto bene. E’ tutto ok. – rispose. Gabriel gli sorrise, nonostante non credesse molto a quelle parole. Tuttavia, il fratello era già visibilmente nervoso, non c’era bisogno di innervosirlo ancora di più.

- Mi dovevi dire qualcosa? – chiese ad un certo punto il rosso e Mathias annuì.

- Sì, ma manca ancora una persona che sta arrivando. – fece il moro. Gabriel annuì e abbassò lo sguardo, notando solo in quel momento che aveva ancora le mani del numero dieci strette tra le sue, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Ritrasse le mani e anche il moro parve accorgersi del gesto, perché si allontanò leggermente dal fratello, un lieve rossore che si trovava sulle sue guance.

- Io… Mi dispiace… - mormorò Gabriel imbarazzato, ma Mathias lo fermò subito.

- No, tranquillo! Non mi davi fastidio… - fece lui, un silenzio imbarazzante che si creava tra di loro. I due si guardarono tra loro ma, sentendo dei passi avvicinarsi, ruppero il contatto visivo, accorgendosi entrambi della figura di Elaija che li fissava. Mathias notò il leggero sorriso sul volto del numero nove, fulminandolo con lo sguardo mentre quello faceva spallucce.

Ci volevi dire qualcosa? Domandò il biondo e Numero Dieci annuì.

-Sì. Ora che ci siete entrambi posso dirlo. – Mathias prese la bacchetta e, dopo aver pronunciato un “Protego Maxima”, rivolse completamente l’attenzione ai due fratelli.

- Penso di essere stato io. – dichiarò e Gabriel ed Elaija si scambiarono uno sguardo preoccupato.

- A fare cosa? – domandò Gabriel e Mathias stette in silenzio un attimo, prima di rispondere.

- Ad uccidere nostro padre. -

 

 

 

 

 

22.03, Sala da ballo

 

 

            Da almeno dieci minuti, Cameron stava appoggiato ad una delle colonne presenti nella sala, osservando attentamente l’oggetto dei suoi pensieri che, al momento, stava parlando insieme a Charlotte e Caleigh. Strinse con forza il calice di champagne che teneva in mano, mentre cercava di mettere ordine tra i pensieri che affollavano nella sua mente. Si fece forza e, bevendo l’ultimo sorso di vino, decise di avvicinarsi al trio, appoggiando poi il bicchiere sul vassoio di un cameriere di passaggio. Non appena si fu avvicinato, poté sentire subito gli occhi di Charlotte addosso che, divertita, aveva subito capito le sue intenzioni.

-Ehm…Lauren? – fece il ragazzo, facendo voltare Numero Otto verso di lui. Di fianco a lei, Charlotte e Caleigh si scambiarono un’occhiata di intesa.

- Si? – domandò la ragazza, girandosi completamente verso di lui. Numero Quattro si passò una mano tra i capelli e, acquistando un po’ più di sicurezza, si fece coraggio.

- Volevo chiederti se ti andasse di ballare con me. – Si rese conto solo in quel momento di essere stato un po’ brusco, complice anche l’occhiataccia che aveva appena ricevuto dai due membri dell’Ordine di Morgana. Le guance di Lauren si tinsero leggermente di rosso, ma annuì alla sua domanda. Salutò le due ragazze e, insieme al rosso, si diresse verso la pista, leggermente verso l’esterno. Cameron aveva sempre odiato stare troppo al centro dell’attenzione e, su questo, Lauren era perfettamente d’accordo con lui. Esitando, Cameron le mise una mano sul fianco, chiedendole il permesso con lo sguardo. Lauren gli sorrise e, non appena ebbe preso la mano del rosso, aspettò che questi cominciasse a muoversi, iniziando quel lento ballo. Niente di troppo difficile, solo un lieve ondeggiare.

- Ti ricordi ancora come si balla, vedo. – disse Numero Otto, facendo sorridere il fratello.

- Quando al bar arrivavano delle ragazze le ammaliavo sempre con qualche passo. Cadevano tutte ai miei piedi. – rispose lui facendola ridere.

- Mi ricordo quando dovevi ballare con la figlia dell’ambasciatore polacco e, per scappare, hai fatto finta di finirle addosso e le hai rovesciato l’intero contenuto del tuo bicchiere. Non ho mai visto il Signor McKinnon così furioso. –

- Per Merlino, quanti anni avremo avuto, sette? Non mi interessavano ancora le donne. – replicò Cameron. Dopo quella frase, tra di loro calò il silenzio, interrotto solo qualche minuto dopo da Lauren.

- Allora, come va il lavoro? – domandò. Cameron non si aspettava di certo una domanda del genere, ma si affrettò a rispondere.

- Procede bene in realtà. A volte è stancante fare turni che durano tutta la notte, ma mi permette di resistere fino a fine mese con l’affitto. – A quelle parole, la numero otto inclinò leggermente la testa, curiosa.

- E il tuo sogno di diventare Alchimista per la Loggia? – chiese, facendolo sobbalzare.

- Te lo ricordi ancora? – domandò e la ragazza annuì.

- E’ impossibile dimenticarlo. Ne parlavi sempre con Sheryl e vi divertivate insieme a creare pozioni… -

- Beh, adesso creo cocktail, il che non dovrebbe essere tanto differente. – lo schiaffetto leggero che ricevette sul braccio lo costrinse a tornare serio.

- Lauren, quello era un’ambizione che avevo quando ero bambino. Ma adesso, non so che farmene. Non ho né il talento né la forza per poterlo fare. Poi lo sai, tra tutti io ero quello destinato a non combinare niente. – Questa volta fu il turno di Lauren di sobbalzare.

- Ma cosa stai dicendo? Cameron, hai talento da vendere e sei sempre stato uno dei migliori! – esclamò lei, ma ricevette solo un diniego da parte di Numero Quattro.

- Ti sbagli. Magari a livello dell’Umbrella Academy ma, fuori di lì, ero tra gli ultimi. Cavoli Lauren, guardati: hai venticinque anni e già sei Vice-Direttrice in uno dei migliori reparti Del Ministero; Elaija e Oberon sono riusciti a realizzare i loro sogni nel campo della musica e della danza; Fëdor viaggia per il mondo e persino Mathias, nonostante il problema degli Altri, adesso ha una Pasticceria tutta sua. Io sono solo quello che è uscito con voti mediocri e che ha trovato un lavoro come barista e che fa fatica ad arrivare a fine mese.- Cameron stava andando avanti nel suo monologo auto-distruttivo e Lauren, per evitare che andasse oltre, gli mise entrambe le mani sulle guance, costringendolo a guardare verso di lei.

- Cameron, non è assolutamente vero. Sei un ragazzo straordinario, gentile e premuroso. Ti sei sempre cura di noi ed eri sempre in prima linea per difendere Gabriel o Elaija quando eravamo a scuola. Hai delle capacità strabilianti, devi solo sapere dove usarle. – Per tutta la durata del discorso, Lauren aveva piantato i suoi occhi castani in quelli verdi del fratello. Non appena ebbe finito, gli fece un cenno, cercando di capire se il rosso avesse compreso le sue parole. Ricevette in risposta un timido sorriso, raro da vedersi sul viso del Numero Quattro e sorrise di rimando. I due ripresero a ballare e, questa volta, Lauren poggiò la testa sul petto di Cameron, lasciandosi cullare dalle sue braccia.

 

 

 

 

 

22.08, Sala Principale

 

 

Appoggiato alla parete della sala, probabilmente per scappare da discussioni indesiderate, Fëdor osservava attentamente i suoi fratelli: Emerald, Travis e Sheryl si trovavano vicino al tavolo delle bevande, le due ragazze che ridevano per qualcosa che aveva appena detto Numero Dodici; Oberon, Ophelia e Felikz erano impegnati in una discussione con alcuni funzionari del Ministero spagnolo, probabilmente desiderando di essere da tutt’altra parte; Cameron e Lauren ballavano insieme e il numero uno ridacchiò alla vista del leggero rossore sulle guance del fratello, cosa assai rara; di Mathias, Gabriel ed Elaija nemmeno l’ombra. Fëdor fece per andare a cercarli, ma venne fermato da una mano sulla sua spalla. Si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con Emil Karkaroff, uno dei diplomatici del Ministero russo presenti alla festa, che lo guardava sorridendo.

- Signor McKinnon, è un piacere incontrarla, la trovo i forma smagliante. - disse quello tendendogli la mano e Fëdor la strinse, sorridendo leggermente.

- Signor Karkaroff, è un piacere per me vederla qui. Credevo che il Ministero russo avesse deciso di non prendere parte all’evento. - replicò il ragazzo.

- Vede, il Ministero centra ben poco. Io e suo padre abbiamo collaborato molte volte e mi sembrava il minimo venire qui. Le mie condoglianze, sarete distrutti dalla vostra perdita. - alle parole dell’uomo, Numero Uno fece un cenno, grato per le parole dell’uomo e cercò di non pensare al fatto che, molto probabilmente, qualcuno dei suoi fratelli aveva fatto i salti di gioia. Prima che potesse parlare però, il diplomatico lo precedette.

- Sa, Signor McKinnon, Richard parlava molto di voi. Non c’è mai stata una volta in cui vostro padre non vi abbia lodato, da quando siete piccoli.-

- Davvero? - domandò il ragazzo scettico e l’uomo annuì.

- Deve credermi. Non faceva altro che parlare di voi, era fiero di essere vostro padre e sapeva di non riuscire a dimostrarvelo. Era molto dispiaciuto quando ve ne siete andati di casa. - Fëdor sgranò leggermente gli occhi, ma cercò di non mostrarlo.

- Felikz è stato l’unico di noi che ha deciso di rimanere con nostro padre. Noi eravamo solo desiderosi di andarcene il prima possibile da quella casa. - ammise poi, sentendosi in colpa. Si ricordava ancora l’ultima discussione che aveva avuto con Numero Sette e la colpa che gli aveva dato. Il Signor Karkaroff gli mise la mano sulla spalla.

- E’ una cosa naturale per dei ragazzi desiderare di andarsene e questo lo sapeva anche vostro padre. Sa, vi chiamava “i suoi piccoli tredici successi”. Continuava a dire che eravate la migliore cosa che aveva. - Numero Uno annuì, per poi rendersi conto delle parole pronunciate dal diplomatico.

- Signor Karkaroff, ha detto tredici? – domandò e l’uomo annuì. Fëdor fece per chiedergli altro ma il Signor Karkaroff fu chiamato da alcuni suoi colleghi e fu costretto a salutarlo. A quel punto, rimasto solo, il ragazzo cercò con lo sguardo i suoi fratelli. Non riuscendo ad attirare le loro attenzioni, si alzò la manica della giacca, prese la bacchetta e la puntò contro il braccio sinistro, dove si trovava Il Diavolo. Il simbolo si illuminò e Fëdor alzò la testa, vedendo i suoi fratelli che si portavano una mano al braccio. Simultaneamente, posarono lo sguardo sul maggiore, che fece loro un cenno per seguirlo, richiamando ancora una volta l’Umbrella Academy.

 

 

 

 

 

            In un angolo della sala, un piccolo gruppetto di maghi e streghe si era radunato attorno ad un giovane, che sorrideva gentilmente mentre stringeva le mani di tutti. Ad un certo punto volse lo sguardo verso il fondo della sala, dove una giovane donna, con i capelli biondi e lo sguardo annoiato, lo stava fissando. Con un sorriso forzato, il giovane si congedò dalla folla e, velocemente, si diresse ai piani superiori, cercando di farsi notare il meno possibile. Arrivato su, notò di essere solo, ma una mano sulla spalla e un forte risucchio lo convinsero della presenza di qualcun altro. Non appena i suoi piedi toccarono terra, riprese a respirare, accorgendosi solo in quel momento di aver trattenuto il respiro. Si guardò intorno, realizzando di essere sul tetto e si voltò, trovandosi davanti due figure: la prima era la ragazza che aveva seguito, mentre l’altro era un ragazzo, poco più basso di lui, dalla carnagione olivastra e dalla folta chioma scura. Lo sguardo, formato da grandi occhi nocciola, era irritato ed era puntato su di lui.

- Sei in ritardo. - disse semplicemente e l’ultimo arrivato alzò gli occhi al cielo. Sbuffò e si portò una mano tra i capelli, come per togliere della polvere che in realtà non c’era.

- Vedi, Red, a differenza tua io ho una vita sociale, una fama, dei fan che mi acclamano… Capisco perfettamente la tua gelosia. - rispose, condendo il tutto con un piccolo sorriso. Il moro si fece avanti come per attaccarlo, ma al gesto della mano della ragazza si fermò.

- Red, Adder, sapete che i vostri teatrini sono sempre una delizia, ma siamo qui per un altro motivo, quindi vi chiederei di smetterla. - disse lei con tono piatto, come se avesse appena letto un copione.

- Ma Lolita, siamo qui per una ragione importante e questo qui non fa altro che atteggiarsi da idiota! - esclamò Red, mentre Adder alzava gli occhi al cielo un’altra volta.

- L’importante è che sia qui adesso, quindi piantala e cominciamo. - alle parole del castano, Lolita annuì, lisciandosi con le mani il tessuto della gonna blu.

- I membri dell’Umbrella Academy sono tutti presenti e sembra stiano indagando sulla morte del padre. - spiegò lei, mentre Red si accendeva una sigaretta.

- Penso anche che siano intenzionati a cercare i suoi diari. A casa loro non abbiamo trovato niente, aspettiamo che siano loro a guidarci. - aggiunse lui portandosi il bastoncino alle labbra.

- Sarete contenti di sapere che è presente anche tutto l’Ordine di Merlino. Nessuno escluso. - a quell’informazione, i due si voltarono verso Adder, che li guardava sorridendo.

- Perfetto, di bene in meglio. Adesso ci conviene tornare di sotto. Il vero divertimento comincia adesso. –

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Non ho parole. Per niente. Sono in ritardo mostruoso e me ne rendo conto, mi dispiace moltissimo. Questo capitolo è stato un parto, ho avuto una specie di blocco e non riuscivo ad andare avanti, ho scritto tipo la metà in due giorni. E sono soddisfatta. Fino ad ora, è il capitolo più lungo mai scritto, con 25 pagine, superando le 19 dell’ultimo capitolo dell’altra mia interattiva.

Innanzitutto, partiamo con Elaija: i suoi pezzi sono stati difficili da scrivere, perché è un personaggio con tanto da dire e in cinque paragrafi ho dovuto scegliere cosa raccontare. Spero di averlo rappresentato al meglio.

Che dire per il resto? Ho cercato di accontentarvi tutti per le richieste e per gli incontri, ascoltando anche i vostri consigli.

Per questa volta non ho domande per voi, quindi passerei subito ai nomi per il prossimo capitolo:

 

 

Caleigh

Harry

Charlotte

 

 

 

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

P.S. Ho aperto una pagina instagram chiamata __Dreamer97_efp . Per tutti gli aggiornamenti e le curiosità potete cercarmi lì!
   
 
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