Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: TigerEyes    07/01/2021    19 recensioni
Studenti di giorno, apprendisti agenti segreti di notte, l'uno all'insaputa dell'altra.
Cosa accadrà quando scopriranno le rispettive doppie vite?
Sulla falsariga di Mr & Mrs Smith, penso l'abbiate già intuito...
Capitolo 9 online!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III

NOTTE DI NOZZE




Suo padre e suo suocero stavano dando un tale spettacolo, che Ranma avrebbe voluto sprofondare nelle viscere della terra per la vergogna e sbucare all’altro capo del globo.
Ubriachi come mai gli era capitato di vederli, ballavano malfermi sulle gambe e cantavano a squarciagola, tenendo alte le bottigliette di sakè e versandosi il contenuto addosso più che in gola. Il tutto sotto gli occhi imbarazzati di Tofu, perplessi di Kasumi e divertiti di Nabiki.
Va bene, lui e Akane si erano appena sposati e quello era il rinfresco delle loro nozze, divertirsi era lecito, ma la pazienza non era mai stata una sua virtù: ancora qualche minuto e avrebbe dato di matto.
“Fisciolo… figlioscio… fiscioglio…”.
“Che stai blaterando, papà?”.
“Aschpetta…”, biascicò il genitore prendendo un cartello e un pennarello come se avesse le sembianze di un panda, ma tracciando solo grotteschi scarabocchi sul legno mentre ridacchiava insieme a Tendo. “Eccho!”, annunciò esultante mostrando a tutti cosa aveva partorito la sua mente bacata:


SFONDA IL FUTON STANOTTE
E FALLE SFORNARE UN PAIO DI EREDI!
SAI COME SI FA VERO?


Non una mosca si azzardò a volare.
Tofu chinò il capo affranto, schermandosi gli occhi con una mano in un estremo tentativo di rinnegare ciò che era stato costretto a leggere.
Kasumi, pallida come un cencio della sua cucina, era sull’orlo di uno svenimento: se non avesse ripreso subito a respirare, ci sarebbe rimasta secca.
Nabiki, invece, si tappò lesta la bocca con tutt’e due le mani prima che potesse esplodere in una risata fragorosa. Cosa che invece i due debosciati non si trattennero dal fare, ridendo sguaiati fino a rotolare sul tatami.
Paonazzo come nemmeno il bacio di Mikado Senzenin era riuscito a farlo diventare, gettò un’occhiata incredula ad Akane, inginocchiata accanto a lui più immobile di un jizo eppure tremante di rabbia, le dita strette a pugno sul candido shiromuku, specchio di ciò che doveva essere il suo volto traboccante d’ira nascosto sotto l’ampio wataboushi.
Di colpo Ranma realizzò che quel degenerato del padre non aveva soltanto insultato la sua virilità, ma aveva trattato sua moglie come una sorta di incubatrice.
Genma si ritrovò proiettato nello spazio siderale prima ancora che Ranma avesse avuto il tempo di realizzare che era piombato su di lui e gli aveva mollato un pugno.
“Qualcun altro ha intenzione di fare lo spiritoso?”, chiese a mezza bocca, ma nessuno fiatò. “Bene. Akane, andiamocene”, disse risoluto tornando da lei e afferrandola per un polso.
Incredibilmente non oppose resistenza e lo seguì senza fiatare fino all’ascensore, davanti al quale Ranma cercò di ritrovare l’autocontrollo con ampi respiri. Accanto a lui, Akane tremava ancora, ma non osava guardarla.
Quasi si gettò nell’ascensore quando le porte si aprirono, mentre sua moglie entrò col passo pesante di chi sta pianificando morte e distruzione: la sua aura rabbiosa non lasciava dubbi sul fatto che avrebbe ammazzato il primo idiota che avesse azzardato ad aprire bocca, per cui se ne rimase zitto in un angolo.
Fu lei a uscire per prima sul corridoio e a dirigersi a falcate sempre più ampie e furibonde verso quella che doveva essere la loro camera. Meno male che avevano fatto un accordo, altrimenti ci avrebbe rimesso la pelle. In realtà, a ben pensarci, non era del tutto sicuro di essere fuori pericolo…
“Maledizione!”, urlò Akane sfilando il wataboushi dalla testa e scagliandolo con furia contro una parete, mentre lui richiudeva la porta di quella che era una vera e propria suite… luna di miele! Potevano permettersela una suite? Possibile avesse guadagnato abbastanza col suo ultimo incarico? In ogni caso tutto quel rosa su pareti, tende, lampade e tappeti pelosi gli procurò uno spasmo tale che dovette tapparsi la bocca con una mano per non dare di stomaco e poco mancò che vomitasse pure il poco che aveva mangiato, quando posò gli occhi sul letto matrimoniale e la relativa testata a forma di cuore! Solo allora notò che palloncini rossi cuoriformi tappezzavano il soffitto, mentre petali di rose rosse erano sparsi su tutto il pavimento – rosa! – e la trapunta del letto.
Tornò a concentrarsi disperato su Akane, che cercava non meno disperatamente di sfilare il kimono da sposa con mani frementi di rabbia, ma rischiando solo di strapparlo.
“Aspetta, ti aiuto…”, propose senza riflettere nel fare un passo avanti.
“Non ne ho bisogno!”, dichiarò lei. “Ti rendi conto di cosa è appena accaduto?!”.
“Sì e sono davvero mortific…”.
“Quei due non ci lasceranno mai in pace! Vogliono un erede a tutti i costi, no anzi, uno stuolo di piccoli Tendo-Saotome!”, urlò percorrendo la stanza da un angolo all’altro come una tigre in gabbia. “Ci daranno il tormento, ora più che mai! Se la nostra vita era già complicata prima, immagina adesso che pressione ci metteranno! Ci staranno ogni santo giorno col fiato sul collo!”.
Ranma rimase interdetto a fissare Akane con le gote arrossate, il fiato corto e gli occhi che mandavano lampi. Kami, quant’era bella…
Concentrati, idiota, concentrati!
Ripassò mentalmente lo sfogo di… sua moglie e dovette ammettere che non avesse tutti i torti. Di lì a breve i loro genitori avrebbero di sicuro puntato il dito contro di lui perché non si dava abbastanza da fare, o peggio, che non si stava dimostrando abbastanza ‘uomo’, magari dando la colpa alla sua parte femminile, come se essere donna per metà non fosse già una tragedia. Ma non dubitava che se la sarebbero presa anche con Akane, alla fine, accusando anche lei di non impegnarsi a sufficienza, o peggio, di essere sterile. Per lei sarebbe stato insostenibile e continuare quella farsa per anni sarebbe stato impossibile.
Solo che, per lui, quella non era più una farsa.
Non sapeva esattamente da quando, forse nel momento in cui Akane era apparsa sulla riva del lago in kimono da sposa, o forse quando avevano bevuto tre volte il sakè dagli stessi piattini o quando si erano scambiati gli anelli.
Magari quando hai confessato a te stesso di amarla, idiota! L’hai già scordato?
Ah, già… beh, non aveva importanza, in realtà. Contava solo che quella cerimonia li aveva legati per davvero, non come quando avevano fatto finta di essere marito e moglie per ingannare Ucchan. Stavolta Akane era sposata a lui sul serio. Sì, d’accordo, le aveva proposto lui il divorzio raggiunta la maggiore età, convinto che non avrebbe mai funzionato tra loro, adesso però…
Adesso era deciso a mettercela tutta per far decollare quel matrimonio, per quanto difficile potesse essere: convincere Akane di averla sempre amata dopo anni di insulti e umiliazioni sarebbe stato come scalare l’Everest a mani nude, in pieno inverno e con la camicia estiva addosso. Eppure lui sarebbe riuscito a conquistare quella vetta, cascasse il mondo, doveva solo comportarsi al contrario di come aveva fatto finora e mordersi la lingua ogni volta che stava per scappargli un’offesa. Il problema era che spesso manco se ne rendeva conto, di dire qualcosa di offensivo. Anzi, il più delle volte era Akane a travisare completamente ciò che lui diceva o faceva, aveva un talento imbattibile per quello.
“Prendiamo un appartamento in affitto”, buttò là senza rifletterci.
Akane smise di sfilarsi gli strati più pesanti del kimono da sposa.
“Come dici?”, gli chiese sorpresa.
Lui si portò una mano dietro la nuca per grattarsi la chioma.
“Sì, insomma, ci troviamo dei lavoretti e affittiamo un bilocale, anche un monolocale, basta che ce ne andiamo a vivere per conto nostro, che… che… che ne dici?”.
Lei si fermò a riflettere col pesante broccato tra le mani, fasciata solo da una vestaglia leggera stretta in vita che le metteva in risalto le curve.
“Non è una cattiva idea…”.
Qualcuno bussò con vigore alla porta della suite ed entrambi si voltarono all’unisono verso la fonte del rumore, per poi tornare a guardarsi in preda al panico un nanosecondo dopo. Ranma vide passare negli occhi sgranati di Akane lo stesso pensiero che aveva folgorato lui: far credere di andare d’accordo.
Akane si gettò di schiena sul letto in un tripudio di petali e Ranma la seguì a ruota, buttandosi su di lei senza pensarci due volte, una gamba in mezzo alle sue, il torace a schiacciare il suo seno, il viso nell’incavo del collo ad aspirare il suo profumo, mentre Akane, respirando con insolito affanno, non esitava a circondargli la schiena con le braccia per stringerlo a sé, sollevare una gamba per poggiarla sul suo fondoschiena e spingerlo contro il suo ventre.
Ma che fa?!
Una minuscola parte del suo cervello elaborò l’assurdità di quella situazione, considerando come, nel volgere di pochi istanti, avesse azzerato una distanza che durava da due anni: di colpo erano passati dal combattimento corpo a corpo nel dojo – se quello con lei poteva considerarlo tale – al corpo su corpo su un letto a due piazze.
Il resto del suo cervello – ovvero, quasi tutto – se n’era andato semplicemente in tilt.
Oh, kamisama…
Troppo tardi si rese conto di averle agguantato con una mano la gamba con cui lo teneva ‘avvinto’ a sé per sollevarla ancora più in alto.
Ma che sto facendo?! No, no, no!
Di nuovo tre colpi alla porta, più lenti ma più forti di prima.
“Dimmi che ti è spuntata una terza gamba o sei un uomo morto”, sibilò Akane al suo orecchio con un tono che forse voleva essere furente e che invece risuonò allarmato. La sentì perfino deglutire.
“Come no, ti piacerebbe, fianchi da tricheco”, mormorò Ranma contro il suo lobo, prima che una vena sul collo potesse esplodergli. E prima che potesse mordersi la lingua.
“Mi sembra ti piacciano, i fianchi da tricheco…”, ansimò lei a denti stretti al suo orecchio provocandogli dei brividi giù fino alle natiche.
“Si puòòòòòò?”, sentì chiedere dietro di sé da un’ironica Nabiki.
Ranma si staccò da Akane come scottato dal fuoco e balzò a sedere insieme a lei sul bordo del letto neanche avessero una molla sotto di loro.
“Ho interrotto qualcosa? O forse vi ho dato abbastanza tempo da inscenare un finto trasporto amoroso?”, chiese l'aspide chiudendo la porta dietro di sé. Ranma si scoprì incapace di sostenere la faccia soddisfatta di quel serpente a sonagli della neo cognata. Poco ci mancava che vedesse spuntare la coda di un sorcio da quel sorrisetto sardonico.
“Cosa ci fa qui? Che vuoi?”, urlò Akane tenendo ben chiusi i lembi del kimono con tutt’e due le mani, le ginocchia non meno serrate e tremanti.
“Oh nulla, mi ero solo dimenticata di avvisarvi di un paio di cosucce…”.
“Sputa il rospo e vattene”, la minacciò Ranma cercando di sembrare soltanto seccato per l’intrusione e non imbarazzato come mai in vita sua. Il cuore minacciava di sfondare il petto.
“Sì, sì, vi lascio subito alle vostre… ‘effusioni’. Volevo solo informarvi che questa suite costa troppo per trascorrervi più di una notte, per cui tornerete a Nerima insieme a Kasumi e Ono domani pomeriggio e avrete la casa tutta per voi per un intero mese, contenti?”.
“Come sarebbe? E papà, il signor Genma, tu? Che farete?”, chiese Akane basita.
“Noi resteremo qui, naturalmente: papà ha bisogno di cure termali, te ne aveva parlato, no? In pratica i soldi per la vostra luna di miele serviranno a pagare le sue terapie”.
“E a mio padre per buttarsi a corpo morto sui buffet…”, commentò Ranma scuotendo la testa. Ecco perché erano andati a sbattere fin lì per celebrare il matrimonio, altro che evitare le sue spasimanti.
“E qual è la seconda sorpresa di cui volevi metterci a parte, sorellina?”, chiese sarcastica Akane.
“Ecco, a proposito delle spese sostenute per il vostro matrimonio…”.


Nabiki era andata via da un po’, eppure Akane non osava muoversi. Troppo frastornata, stringeva ancora i lembi del kimono con tutt’e due le mani per tenerli accostati davanti al petto, le gambe non meno sigillate.
Le parole di Nabiki rimbalzavano nella sua testa come la pallina di un flipper insieme a quelle che Kasumi aveva pronunciato prima della cerimonia e insieme s’aggrovigliavano alle sensazioni appena provate su quel materasso. Akane finì per sentirsi così confusa da non riuscire a respirare. Doveva riportare l’ordine nella sua mente e riprendere il controllo sulle sue emozioni.
E del mio corpo.
“Accidenti a Nabiki, ci mancava questa…”, sospirò frustrato Ranma accanto a lei. “Ma cosa le dice quella testa? Non si rende conto delle conseguenze?”.
Akane deglutì, cercando di quietare il cuore che batteva ancora furioso.
“Le uniche conseguenze di cui si preoccupa sono i soldi che può ricavare, dovresti saperlo. E comunque non puoi negare che un lato positivo ci sia”.
“Sì, tua sorella è stata chiara su questo. Almeno nessuno si farà venire dei dubbi, quando vedranno i nostri anelli”, le rispose... suo marito rigirandosi quello che gli aveva infilato all’anulare con le dita dell’altra mano. Anche lei non faceva che rigirarsi il suo, sarebbe occorso del tempo per abituarcisi.
“Ma soprattutto… loro, in teoria, dovrebbero smetterla di reclamarti…”.
Sperò che il tono indignato non fosse trapelato abbastanza da far sorgere a Ranma il sospetto che lei fosse gelosa. Lui, stranamente, rimase silenzioso. Di sicuro doveva seccarlo non poco il fatto che ora non sarebbe più stato al centro dell’attenzione, perché nessuna ragazza o presunta fidanzata gli sarebbe più corsa dietro sbavando anche solo per una sua occhiata distratta.
“Bene, ehm… che facciamo, allora?”.
Ogni volta che Ranma apriva bocca o alzava una mano per grattarsi la nuca, Akane s’irrigidiva. Ogni volta che Ranma respirava, lei s’irrigidiva. Era sicura che se… se… suo marito avesse osato allungare una mano nella sua direzione, gli avrebbe mollato un pugno alla cieca, pur di allontanarlo da sé.
Suo marito. Ranma era suo marito. Doveva ripeterselo, di tanto in tanto, per accettare la realtà.

(Sorellina, guardami. Ti fidi di me?
Certo, Kasumi, più di chiunque altro.
Allora puoi credermi se ti dico che Ranma ricambia i tuoi sentimenti.
In quale universo parallelo?
Seriamente, Akane.
Seriamente, Kasumi. Cosa ti fa credere che Ranma possa provare qualcosa per me? Lo deduci dalla quantità di volte che mi ha salvato la vita o tirato fuori dai guai? Non l’ha fatto solo con me: ogni volta che uno dei nostri amici si è trovato nei guai, mai si è tirato indietro. Aiuta persino i suoi avversari! Ryoga, Mousse, Kuno…
Ma non gli brillano gli occhi quando li guarda.
E ci mancherebbe…
E nemmeno quando guarda le altre ‘fidanzate’.
Non pensavo te ne fossi accorta anche tu, sorellona. Dalle retta, Akane, Kasumi dice il vero: anch’io ho visto più di una volta gli occhi di Ranma sbrilluccicare come due dannati faretti al neon quando li posa su di te. A volte così intensamente che non sapevo se mettermi gli occhiali da sole o vomitare…
Nabiki!
Ma è la verità! S’illumina come un falò quando tu appari e la stessa cosa fai tu nei suoi riguardi, sarà per questo che non riuscite mai a guardarvi negli occhi? Temete di accecarvi l’un l’altro?
Ma che idiozie dici! Io distolgo lo sguardo da lui perché non sopporto la sua faccia da schiaffi!
Ma certo! E io sono Paperino! Infilati subito quel kimono e corri a sposarlo, perché dei vostri sospiri, litigi, lacrime, tira e molla non ne può più nessuno!)


In effetti era vero, ma solo quando aveva raggiunto Ranma sulla sponda del lago e se l’era trovato davanti, aveva fatto caso a quanto intensamente la guardasse. Tanto da non distogliere mai lo sguardo da lei. L’aveva trovata… carina? Possibile? Beh, il trucco poteva fare miracoli, non era da escludere, quindi.
Ma non bastava che la trovasse carina davanti al sacerdote per cancellare due anni e mezzo di offese. Di ‘donna priva di fascino’, ‘senza sex appeal’, ‘maschiaccio’, ‘vita larga’, ‘tronco d’acero’, ‘gorilla’, fino al ‘fianchi da tricheco’ che le aveva rivolto solo pochi minuti prima, mentre era sdraiato sopra di lei.
Akane chiuse gli occhi mordendosi il labbro.
Avrebbe voluto scacciare dalla mente il corpo perfetto di Ranma che aderiva quasi completamente al suo, il suo respiro caldo sul collo, la sua mano sulla propria coscia e… e… qualcos’altro che premeva contro di lei, ma non ci riusciva, per quanto si sforzasse. Soprattutto avrebbe voluto scacciare dalla mente la sensazione che l’avrebbe lasciato fare, se Nabiki non fosse entrata.
Ma lasciato fare cosa? Credi davvero che avrebbe continuato, se i colpi alla porta fossero cessati? Si sarebbe comunque staccato da te alla velocità della luce.
Una volta si vedeva carina. Quando tutti i ragazzi della scuola le andavano dietro, addirittura combattevano per lei o contro di lei. Poi era arrivato Ranma col suo camion di insulti e Akane aveva finito per vedersi come lui la dipingeva.
“Akane? Mi ascolti?”.
E alla fine aveva lasciato che il giudizio di Ranma contasse più di quello di chiunque altro.
“Akane?! Sei diventata sorda?”.
Lei trasalì e quasi raccolse le gambe al petto a forza di stringerle una contro l’altra. No, proprio non riusciva a immaginare una qualsiasi intimità con Ranma senza sentirsi giudicata e inadeguata. Mostrarsi a lui era impossibile.
“Eh? Cosa vuoi? Stavo riflettendo!”.
“Sì, l’ho sentito, il rumore di ferraglia…”.
Il pugno scattò da solo, ma Ranma lo bloccò con l’indifferenza di chi è capace di afferrare una mosca al volo, solo che la sua faccia gridava ai quattro venti che avrebbe voluto sotterrarsi.
“Ehm… scu-scusami…”, balbettò suo marito chiudendo gli occhi a forza come se si fosse morso. O si fosse dato mentalmente dell’imbecille. “Non… non dicevo sul serio…”.
Lei ritirò il pugno, ma volse il broncio altrove.
“Sì, come no, lo dici tutte le volte… comunque, atteniamoci al piano”, affermò alzandosi dal letto prima che Ranma potesse vedere le lacrime che pungevano gli angoli degli occhi.
“Dove vai?”.
“In bagno a mettermi il pigiama. E a… ehm… farmi un taglietto”.
“Devi ferirti? E perché?”, chiese lui accigliato, alzandosi in piedi a sua volta.
“Ma come perché? Non lo sai?”.
Non lo sapeva nemmeno lei, fino a poche ore prima, quando sarebbe dovuta uscire da quella stanza in abito nuziale per andare incontro a Ranma e invece era stata colta da un attacco di panico, al pensiero che avrebbe dovuto simulare un matrimonio consumato. Aveva improvvisamente realizzato che non sapeva cosa accadesse di preciso tra un uomo e una donna sotto le coperte, non si era mai documentata per la vergogna e su due piedi si era dovuta rivolgere in fretta e furia a Kasumi, rifiutandosi di varcare la soglia della porta se non avesse risposto prima alle sue domande. Kasumi, grazie agli dèi, aveva interpretato le sue paure come la normale reazione alla prima notte di nozze di una novella sposa e in qualche modo Akane era riuscita a ottenere da una violacea sorella maggiore l’informazione più importante di tutte, ma si era ripromessa di fare ricerche approfondite appena tornata a Nerima.
“Illuminami, avanti, signora ‘so tutto io’”, la sfidò Ranma a braccia conserte e col ghigno da schiaffi che riservava agli avversari.
Akane avvampò: l’aveva messa all’angolo. Maledetto.
“Bene”, disse schiarendosi la voce e assumendo un tono saccente, ma cercando di non guardarlo negli occhi. “Devi sapere che, la prima volta, una ragazza… ecco… lei… insomma… sanguina”.
“Ah, giusto…”, commentò Ranma grattandosi la nuca a disagio. “Me n’ero scordato”.
“Ma come tu… lo sapevi?”.
“Certo, ho studiato attentamente l’anatomia umana per sapere sempre, con precisione, dove colpire”, rivelò serio. “Dove pensavi di farti un taglio?”.
Akane lo fissò per diversi istanti, sorpresa e per niente convinta.
“In un punto non visibile, ovviamente: una coscia, o un polpaccio…”.
“Indossi quasi sempre una gonna, si noterebbe”.
“Allora su un piede”.
“Ah, lascia perdere, me lo faccio io”.
“Affatto!”, rispose lei afferrando il beauty case e il pigiama dalla trolley. “Non ne vedo il motivo! Mi credi così fragile da non potermi fare nemmeno un taglietto?”.
Si chiuse a chiave in bagno e si spogliò, indossò la camicia da notte, aprì il beauty case e ne estrasse un paio di forbicine, un cerotto, un disinfettante e un pezzetto di ovatta. Meno male che portava sempre con sé ciò che davvero contava, non quintali di trucchi, creme e profumi come faceva Nabiki. Afferrò un bicchiere di plastica sul lavandino e si sedette sul gabinetto.
Sollevò una gamba e appoggiò il piede sul bordo di un sanitario che non aveva mai visto, qualche diavoleria importata di sicuro dall’Europa. Ora si trattava di capire dove procurarsi il taglio… forse poco sotto la tibia? Sì, poteva andare.
Akane strinse i denti e procedette a un piccolo taglio orizzontale, raccogliendo anche troppe gocce di sangue nel bicchiere, quindi disinfettò la ferita e vi applicò il cerotto.
Con un sospiro rimise tutto a posto e buttò l’ovatta nel cestino, ma non si alzò dal water, rimirando nello specchio il proprio volto ancora truccato.
Come aveva potuto gettarsi sul letto in quel modo, come se stesse svolgendo una missione? E Ranma, che l’aveva pure assecondata? Sembrava quasi le avesse letto nella mente, ma non era quello il punto: era certa che sarebbe rimasto impalato a fissarla al colmo dell’imbarazzo e avrebbe dovuto convincere un pezzo di marmo a seguirla a ruota, invece si era gettato su di lei con una disinvoltura che non avrebbe mai sospettato, non era da lui…
Si alzò di scatto e riaprì il beauty case in cerca dello struccante per levar via dal viso quella farsa assurda.
Quando riaprì la porta col bicchiere in mano, si ritrovò davanti Ranma in pigiama con un indice sulle labbra nel chiaro segno di fare silenzio, quindi le indicò la porta e lei spalancò occhi e bocca, incredula, nel percepire la presenza di quattro persone oltre l’uscio.
Da non crederci, li stavano origliando!
Ranma usò lo stesso indice per invitarla a seguirlo e sollevando le coperte le indicò un punto del letto, più o meno ad altezza bacino.
Lei increspò la fronte e indicò più volte col suo, di indice, il lato opposto, vicino alla finestra.
Lui la guardò esasperato allargando le braccia, come a volerle dire: ma che importanza ha!
Lei pestò un piede per terra e indicò di nuovo, più volte, l’altro lato del materasso.
Lui guardò nervoso la porta, quindi tornò a fissare lei col chiaro desiderio di prenderla a sculacciate.
D’accordo!, mimò Ranma con le labbra facendosi teatralmente da parte per farla passare, ma di nuovo le indicò dove imbrattare di sangue, stavolta con un impeto che non ammetteva repliche.
Lei invece se la prese con tutta la calma del mondo e tastò bene il punto, prima di inclinare il bicchiere e versare qualche goccia. Guardò il sangue espandersi sul tessuto e si chiese se così potesse andare, prima che Ranma le strappasse il bicchiere di mano e versasse tutto il contenuto, facendo una macchia di dimensioni tali che a guardarla chiunque avrebbe pensato che si fosse tagliata le vene.
Akane portò una mano a coprire gli occhi, scuotendo la testa e desiderando solo prendere a calci Ranma, che nel frattempo era andato in bagno a buttare il bicchiere. Ma fu quando lo vide posizionarsi ai piedi del letto e cominciare a spingerlo con forza, facendo sì che la testata sbattesse ripetutamente contro la parete, che le cascarono le braccia.
Ma che stai facendo?!, mimò lei con la bocca.
Vieni qui a darmi una mano, piuttosto!, le intimò lui col solito indice.
Akane allargò le braccia pensando che fosse impazzito. Ma sperando che sapesse qualcosa che lei ignorava, decise di assecondarlo posizionandosi in piedi accanto a lui e spingendo con le braccia il letto contro la parete.
No! Devi saltarci sopra!, mimò Ranma.
Ma sei scemo?!, gli rispose lei toccandosi una tempia.
Fidati, poi ti spiego!, disse senza un suono.
Akane fece spallucce, salì in piedi sul materasso e cominciò a saltare. Immediatamente le molle iniziarono a cigolare e lei lo trovò così divertente che non riuscì a impedirsi di ridere.
No! No!, si sbracciò Ranma smettendo di spingere il letto. Devi ansimare!
Lei lo guardò stralunata.
Ansimare?!, mimò di rimando. Ma sei sicuro?
Ranma annuì con vigore e riprese a sbattere il letto contro la parete, mentre lei cercava di simulare il fiatone come dopo una lunga corsa. Il suo neo marito le doveva parecchie spiegazioni…
Neo marito che di colpo alzò un braccio facendole segno di fermarsi, mentre fissava concentrato la porta. Akane smise di saltare e rimase in ascolto insieme a lui. Nulla. Non percepiva alcuna presenza, adesso, oltre la soglia.
“Puoi scendere”, le disse buttandosi a sedere sul letto. “Se ne sono andati”.
Lei si sedette accanto a lui.
“Puoi illuminarmi, adesso?”.
Lui si grattò una guancia, in evidente imbarazzo.
“Diversi anni fa, in una delle tante sessioni d’allentamento in mezzo ai boschi con mio padre, una notte una tempesta si è portata via la tenda e a forza di cercare riparo, ci siamo imbattuti in un motel, una vera topaia, ma non potevamo permetterci altro, col poco che avevamo. La cosa peggiore però fu che nella camera accanto alla nostra due amanti ci diedero dentro fin quasi all’alba, non ho chiuso occhio…”.
“Oh… quindi il trambusto che abbiamo appena fatto è quello che hanno fatto loro?”.
“Esatto”.
Akane era comunque perplessa. Kasumi non aveva fatto cenno ad alcun rumore prodotto dal letto, men che mai ad ansiti e comunque non riusciva a capire perché lei avrebbe dovuto avere il fiatone.
“Ma sei sicuro che stavano…”.
“Sì, credimi, stavano!”.
“Ma come fai a dirlo?”.
“Perché lei non gridava ‘aiuto’, ma gemeva ‘ancora’ o ‘se ti fermi ti ammazzo’!”, la canzonò.
Ora sì che era scioccata. E aveva la forte impressione che si stava perdendo la parte più interessante del matrimonio, altro che cerimonia…
“Accidenti, che idiota!”, saltò su lui battendo un pugno sul palmo aperto dell’altra mano.
“Cosa?”.
“I gemiti! Avresti dovuto anche gemere, ma dubito che saresti stata convincente, sei pessima in recitazione…”.
“Senti chi parla!”, ribatté, ma non aveva torto, stavolta. “Oh, insomma, abbiamo fatto tutto quello che potevamo, se ci casca Nabiki, ci cascano tutti”.
“Ti pare poco…”.
“Ora vorrei dormire, sono molto stanca”, affermò alzandosi.
“A chi lo dici…”, fece altrettanto lui.
Si ritrovarono ai lati opposti del letto, ma nessuno dei due osava nemmeno sfiorare il materasso.
“Non-non penserai di dormire con me, vero, Ranma?”.
“Lo penso eccome e non solo perché ora sono tuo… tuo marito, ma perché domattina non possiamo essere colti di sorpresa, ti sei già scordata cos’ha combinato tua sorella?”.
Akane socchiuse gli occhi, affranta. Nabiki, già, se n’era dimenticata… accidenti a lei!
“E va bene, tanto è solo per stanotte, ma rimani comunque nella tua metà del letto e non azzardarti ad allungare le mani!”.
“Come se fossi davvero tentato…”, insinuò lui, prima di vederlo darsi una manata in fronte e sdraiarsi sul materasso dandole la schiena.
Già, certo, come volevasi dimostrare. Che stupida era stata a pensare che un kimono bianco e un po’ di trucco potessero farla vedere sotto una luce diversa, magari attraente…
Tirò su col naso e si sdraiò a sua volta, quasi sul bordo del letto, schiena a Ranma. Tirò la coperta fino al mento e si rannicchiò sperando che la notte passasse in fretta, mentre le lacrime bagnavano il materasso.


Idiota, idiota, idiota! Possibile che non riuscisse mai a frenare la lingua? Ma quanto era stupido? Era così abituato a insultarla, che ormai sembrava non poterne fare a meno. Forse, se l’avesse presa come una sfida… Massì, certo! Che monumentale imbecille, perché non ci aveva pensato prima? Ecco, come doveva prendere quel matrimonio, come una sfida! Doveva sfidare se stesso a non insultare più Akane, a essere più gentile con lei e ad ascoltarla, solo così, forse, Akane avrebbe cominciato ad aprirsi pian piano con lui, non aveva alternative.
Sistemò meglio il cuscino e rilasciò un sospiro.
A proposito di aprirsi… ora che ci pensava, l’iniziativa presa da Akane, quando Nabiki aveva bussato alla porta, era stata decisamente audace per una come lei, mai avrebbe immaginato che fosse capace di una cosa del genere. Per non parlare del modo in cui aveva avvinghiato una gamba attorno al suo fianco per spingerlo contro di sé…
Ehi, tu, là sotto: a cuccia!
Meglio pensare ad altro, o avrebbe passato la notte in bianco. Forse se avesse immaginato di essere ancora nella camera che divideva col padre a casa Tendo e, accanto a lui, il genitore formato panda che russava…
Un decimo di secondo dopo era nel mondo dei sogni.

Quando riemerse da un sonno inquieto, di tre cose fu vagamente consapevole. Di qualcosa che gli solleticava il mento, dell’intorpidimento all’intero corpo – il lato sinistro su cui era sdraiato, in particolare – e del calorifero a cui era abbracciato. Anche se sembrava che fosse il calorifero ad abbracciare lui. I caloriferi avevano le braccia? Questo di sicuro, perché gli stava stritolando il torace.
Ranma sollevò una palpebra, ma non riconobbe la stanza. Allora sollevò a fatica anche l’altra e la nebbia nella sua testa cominciò a diradarsi: massì, certo, la Honeymoon Suite rosa diabete, dove lui e Akane avevano simulato…
A momenti gli caddero gli occhi dalle orbite.
Oh…
Ruotò le pupille verso la chioma bluastra che ronfava contro il suo petto.
…kami…
Akane era abbarbicata a lui come un dannato koala a un tronco di eucalipto. Un koala con la forza di un gorilla che gli aveva circondato anche le braccia privandolo della circolazione sanguigna. Chi affermava che gli uomini erano dei poliponi non aveva mai conosciuto Akane, avrebbe fatto concorrenza a una piovra. E meno male che voleva il lato del letto verso la finestra, ora era tutta dalla sua parte. E senza coperta, che ovviamente aveva scalciato via.
No, meno male che non voleva avere niente a che fare con me, se tanto mi dà tanto forse ho una possibilità con lei.
Sì, ma non in quel momento: se si fosse svegliata, lo avrebbe ridotto a un purè, doveva scrollarsela di dosso prima che…
Calma, Ranma, respira e ragiona: questa posizione è perfetta, visto quello che sta per accadere, l’unico inconveniente è l’intorpidimento agli arti superiori, non ti senti più le braccia, ma ok, puoi resistere un altro po’, basta che Akane non aumenti la pressione, o ti schizzerà il sangue dal naso.
No, il rischio vero era un altro: che il sangue finisse da tutt’altra parte e che a schizzare fosse qualcos’altro...
No, no, no, concentrati!
Era una parola: Akane gli aveva circondato i fianchi con le gambe incrociandole dietro la sua schiena e stringeva a morte pure con quelle. Ma come faceva lei a non avere mezzo corpo intorpidito?
No, maledizione, a cuccia! A cuccia, ho detto!
Invece il sangue stava abbandonando il suo cervello per precipitarsi verso il basso, doveva pensare in fretta a qualcosa di orribile. Serrò le ciglia e si concentrò tanto da gonfiare le vene sul collo.

(Akane sorride in riva al lago mentre il sole tramonta nei suoi occhi)

Orribile, ho detto!

(Akane si butta di schiena sul letto, il kimono leggero che si apre all’altezza delle gambe)

N-no, aspe…

(Lui è sopra di lei senza nemmeno rendersene conto, ha smesso di respirare, ma il suo profumo, la sua pelle nivea e setosa, il suo petto che si alza e si abbassa gli hanno già bruciato le sinapsi)

Ranma spalancò gli occhi, ormai un bagno di sudore.
Così non andava, ma quanto ci mettevano? Se chiudeva gli occhi aveva davanti lei, se li teneva aperti, non riusciva a fare a meno di pensare al suo seno premuto contro il suo torace. Per tacere del bacino…

Oh no, arieccolo… a cuccia, maledetto!

Un momento, anche quella poteva essere considerata una sfida. In un certo senso, Akane lo aveva sfidato a resisterle, non esisteva che perdesse. Ranma sorrise da un orecchio all’altro, mentre cercava di sollevare un poco il braccio destro per far scivolare quello di Akane fino al suo collo. Lei mugugnò, ma non si oppose. Finalmente il formicolio al braccio iniziò a scemare e lui poté tornare pian piano a usarlo, peccato che ora Akane fosse aggrappata al suo collo. Le afferrò delicatamente il polso e iniziò ad allontanare il suo braccio da sé… solo per ritrovarselo attaccato con un brontolio seccato a un fianco a circondargli di nuovo la schiena. Beh, almeno aveva liberato il suo, di braccio. Ora si trattava di capire se voleva sul serio liberare il resto del suo corpo: Akane si stringeva a lui come mai avrebbe fatto se fosse stata cosciente e nel sonno sembrava addirittura sorridere. Stava bene con lui? Possibile? Le scostò la frangia e la sua espressione beata gli tolse il respiro. Quasi senza accorgersene, la circondò a sua volta col braccio libero e la strinse a sé, consapevole che forse non ci sarebbero state altre opportunità di sentirla così vicina.
Poco a poco si rilassò, fissando la finestra senza realmente vederla, mentre carezzava la schiena di sua moglie.
“Akane?”, mormorò.
“…mmnggmn…”.
“Tu mi… mi… mi… mi-mi-mi… mi ami?”.
“…nnngghmmf…”.
Perfetto. Forse non l’avrebbe mai saputo, ma in quel momento non lo reputò così importante. Avrebbe piuttosto dato qualsiasi cosa per svegliarsi abbracciato a lei in quel modo ogni mattina.
I sensi lo avvertirono di un pericolo imminente. Volse la testa di scatto verso la porta e capì che era venuto il momento. Prese un respiro profondo, sentendosi quasi dispiaciuto, ma quando tornò a guardare il volto placido di Akane, il senso di colpa si dissolse come nebbia al sole.
Senza perdere tempo a svegliarla, sapendo come avrebbe reagito a quella posizione, con un colpo di reni la rovesciò sulla schiena ritrovandosi completamente sdraiato sopra di lei, in mezzo alle sue gambe. Akane si svegliò di soprassalto, gli occhi sbarrati, la bocca spalancata che risucchiava il respiro, sul punto di lanciare un urlo spacca timpani.
Non poteva permetterglielo.
Premette le labbra sulle sue senza rifletterci, schiacciandola contro il materasso. Akane, chiaramente dimentica della recita, cercò di respingerlo premendogli le mani sulle spalle e dimenando le gambe, finendo per inarcarsi contro di lui. Ranma le bloccò i polsi ai lati del viso perseverando con una tenacia di cui si stupì e lei…
Lei smise di lottare.
Ranma si staccò incredulo dalla sua bocca dimenticando di respirare, mentre Akane lo fissava scioccata ma tutt’altro che furibonda. Sembrava quasi… speranzosa? Deglutì mentre poco a poco annullava di nuovo la distanza dalle sue labbra.
Fu allora che un boato deflagrò nella stanza.


- § -


Nabiki stava leggendo il giornale comodamente sprofondata in una poltrona della hall dell’hotel, guardando di tanto in tanto l’orologio, quando finalmente tre furie piombarono più agguerrite che mai davanti alla reception spaventando a morte il povero concierge.
Nabiki ripiegò con calma il quotidiano e lo posò sul basso tavolino di fronte a lei, quindi si alzò e raggiunse le tre chiome fluenti, pregustandosi la scena cui avrebbe assistito. E sperando che quei due testoni fossero pronti.
“È inutile che urlate tanto, il portiere non è autorizzato a rivelarvi quale stanza è stata assegnata ad Akane e Ranma”.
Ukyo, Shampoo e Kodachi si voltarono all’unisono.
“Allora diccelo tu!”, le ordinò la spatolona.
“Avanti, Nabiki, non possiamo perdere tempo!”, insistette Shampoo rinsaldando la presa sui suoi bombori.
“Ti daremo altri soldi, tutto quello che vuoi!”, intervenne Kodachi vestita con un abito nuziale funebre mentre mordicchiava affranta un fazzoletto.
“Diecimila yen, a testa”, sorrise Nabiki mostrando il palmo di una mano.
Le tre si affrettarono a pagarla, ma lei contò le banconote prima di sganciare la bomba.
“Honeymoon Suite, ultimo piano, non potete sbagliare. Devo però avvisarvi che…”.
Le tre invasate si precipitarono su per le scale senza lasciarla finire. Peggio per loro, si disse mentre prendeva l’ascensore e arrivava al pianerottolo, giusto in tempo per vederle accapigliarsi su chi arrivava prima davanti alla porta della suite “Luna di Miele”. Che sceme, se solo avessero capito il riferimento…
Shampoo sfondò la porta con un calcio che la mandò letteralmente in frantumi e si gettò all’interno, seguita da Kodachi e Ukyo. E un silenzio di tomba.
Nabiki fece capolino dietro le tre e vide Ranma sopra Akane. Meglio, tra le gambe di Akane. Ma anche se avevano indosso i rispettivi pigiami, la posizione era inequivocabile.
E bravo il mio cognatino, pensò sorridente mentre il suddetto si staccava da Akane e si sedeva sul letto accanto a sua sorella, pallida come un sudario, che afferrava la trapunta e la tirava fino al mento con un singulto strozzato.
“Ma cosa… che significa questo?!”, urlò Shampoo tremante di rabbia. “Voi due… voi due avete…”.
“Ranchan, cosa… cosa stavate facendo…?”, chiese invece la spatolona del tutto incredula.
“Ehm, Ucchan, posso spiegarti!”, disse Ranma agitando le braccia. Idiota.
“Ve lo spiego io”, intervenne Nabiki entrando nella stanza e frapponendosi tra le furie e i neosposi. “I due piccioncini si sono sposati ieri sera. Sì, lo so che vi avevo detto che il matrimonio era fissato per stamattina, ma i nostri genitori hanno deciso all’ultimo secondo che fosse meglio non perdere altro tempo e poi c’era un tramonto stupendo.... Su, ragazzi, mostrate gli anelli”, annunciò trionfante.
“Non bastano due anelli, pensate di fregarmi ancora?!”, sbraitò Ukyo afferrando la coperta e tirandola via. Akane raccolse le gambe al petto e, forse d’istinto, si aggrappò al braccio di Ranma, che si mise invece una mano davanti alla faccia, più rosso di una rapa.
Le facce attonite che fecero le tre ex fidanzate fu impagabile, ma anche la sua non doveva essere da meno. La prova della verginità di Akane – e della virilità di Ranma – era lì, rosso su bianco, nel mezzo del letto. Nabiki si trattenne a fatica dallo scoppiare a ridere, più tardi avrebbe fatto le congratulazioni ai due, tutto a suo tempo, ora era il momento di gustarsi il gelo che era calato nella stanza: le tre esaltate, con gli occhi fissi sulla macchia, sembravano diventate statue di gesso pronte a sgretolarsi.
“Bene”, esordì lei, “qualcuna vuole ancora accampare diritti su mio cognato?”.
Kodachi scoppiò in un pianto dirotto, urlando a Ranma di essere un traditore e scappando via.
Shampoo lasciò scivolare i bombori per terra, farneticando di essere disonorata e di non poter far più ritorno al suo villaggio. O una cosa del genere, mentre con occhi umidi dava le spalle al letto nuziale e a pugni stretti minacciava una vendetta terribile contro i due sposini, prima di scappare via a sua volta.
Ukyo invece era quella che li guardava col volto più triste, forse perché era quella che si sentiva maggiormente tradita: era davvero convinta che Ranma fosse suo, prima di essere di Akane, e con quella profonda delusione negli occhi fissava i due che, invece, non osavano alzare i loro.
“Vi auguro di… di essere infelici come meritate!”, gridò prima di abbandonare la camera.
Nabiki gettò un lungo sguardo nel corridoio, per essere sicura che le tre matte si fossero volatilizzate davvero, prima di rivolgersi alla coppia alle sue spalle.
“I miei complimenti, ragazzi, ottimo lavoro, una recita da applauso”, disse battendo le mani compiaciuta. “Dove ti sei tagliata, esattamente, sorellina? O forse sei stato tu, Ranma, a fornire il sangue?”.
“Nabiki, ma che stai insinuando?”, chiese indignata Akane.
“Io nulla, è il cerotto che parla da sé”.
I due abbassarono lo sguardo sul piccolo nastro rosa attaccato sul lato inferiore della trapunta.
“Nabiki, ti assicuro che questo non…”.
“Vi consiglio di consumare sul serio, ragazzi, prima che i nostri vecchi si accorgano che avete finto. O prima che un uccellino li informi… Vi assicuro che non ve ne pentirete, anzi, vi divertirete”, asserì facendo l’occhiolino, prima di lasciare a testa alta la stanza.


“Lo sapevo che non ci sarebbe cascata”, esalò Ranma rilassandosi contro la testata del letto, mentre lei faceva altrettanto.
“Solo un pazzo potrebbe credere che abbiamo sul serio superato le nostre divergenze dalla sera alla mattina. E lei non è pazza”.
“Beh, almeno possiamo stare sicuri che per ora terrà la bocca chiusa”, osservò lui.
“Sì, ma a che prezzo?”.
“Con quello che ha guadagnato dicendo a quelle tre dove eravamo, forse si sentirà sazia”.
“Ne dubito…”, commentò Akane affranta. “Sono sicura che prima o poi verrà a battere cassa, a meno che noi…”.
Lanciò un’occhiata a Ranma, che fece altrettanto, confermandole col suo sguardo che anche lui era arrivato alla stessa conclusione. Era quello il piano di Nabiki: indurli a consumare sotto la minaccia di dire ai loro genitori che in quella stanza non era accaduto nulla, perché di sicuro non avrebbero potuto permettersi il suo silenzio.
Akane distolse il suo, di sguardo, troppo imbarazzata davanti a ciò che forse l’aspettava. E di cui aveva avuto a mala pena un assaggio.
“Pe-pe-perché mi hai baciata?”.
Ripensare alle labbra di Ranma sulle proprie le procurò una tale vampata che fu tentata di farsi aria con una mano.
“Perché stavi per urlare e non avevo tempo di ricordarti che dovevamo inscenare la parte dei neosposini”.
Massì, certo, che stupida, si disse dandosi una manata in fronte. Era così ovvio. E la cosa peggiore era che lui era sveglio da chissà quanto, pronto all’ingresso di quelle tre pazzoidi, mentre lei dormiva come un sasso… com’era possibile?
No, la cosa peggiore non è che ti sei scordata della messinscena, ma che avresti lasciato che Ranma ti baciasse ancora, perché non ti è dispiaciuto affatto!
Akane balzò dal letto come se scottasse e corse verso il bagno.
“E questo è solo il primo giorno…”, lo sentì commentare.
“Sì, ma almeno per un po’ saremo da soli, sarà più facile”, rispose lei facendo capolino dalla porta.
“Tu dici, eh?”.








Ringrazio come sempre la mia superbeta Moira78 per l'editing, spero che il capitolo vi sia piaciuto ma soprattutto che vi abbia divertito, alla prossima! ^_^
PS: invito fanwriter e lettori a partecipare a N di Nibunnoichi, il gruppo FB dedicato alle ff su Ranma: https://www.facebook.com/groups/181565985371948
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: TigerEyes