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Autore: Mary P_Stark    11/01/2021    2 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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21.

 

 

 

 

Passeggiando nervosamente avanti e indietro, le mani sui fianchi e l’aria vagamente spiritata, Litha si bloccò unicamente per non andare a sbattere contro il fratello che, poggiate le mani sulle spalle della sorella, ordinò: «Respira. Stai diventando viola.»

Lei sbuffò irritata ma acconsentì a obbedire e, nel guardare l’orologio da parete, mormorò: «Se non altro, Muath è stata precisa, nei suoi racconti. Serve la notte, perché gli amarok mutino. La levata lunare è avvenuta attorno alle due e mezza del pomeriggio di oggi, eppure ai ragazzi non è successo nulla.»

«Mamma può essere tante cose, ma non è mai stata un’inetta, per questo genere di resoconti» si limitò a dire Rohnyn con una scrollata di spalle. «Probabilmente, dato che Qiugyat è visibile solo di notte, gli amarok prendono vita soltanto sotto il suo sguardo.»

«O questo, o sono le bestie più lunatiche del pianeta» cercò di ironizzare Litha prima di abbracciare a sorpresa il fratello ed esalare: «E se fallissi?»

Rohnyn la strinse a sé, sorridendo contro la sua spalla per quelle insicurezze che giungevano da tempi immemori, quando insieme avevano affrontato le senturion e lei si era sentita persa, senza la presenza della madre.

All’epoca, Litha e Muath avevano avuto un rapporto madre-figlia molto forte, pur se contestualizzato alla maniera dei fomoriani. Entrare nelle senturion, per Litha, era stato molto più traumatico che per lui.

Veder riaffiorare quelle antiche paure, perciò, lo commosse. Dopotutto, nonostante fosse assurta al ruolo di una dea Tuatha, e fosse la capostipite di una nuova era di divinità terrestri, Litha era ancora la sua sorellina. Un po’ insicura, sempre e comunque coraggiosa, piena d’amore e pronta a tutto per dare il meglio di sé.

«Ce la farai. Quei ragazzi non potrebbero essere in mani migliori» la rassicurò Rohnyn prima di ammiccare verso l’esterno e dire: «Sono arrivati i tuoi futuri discepoli. Vai a salutarli.»

Lei assentì in fretta, diede un bacio sulla guancia a Rohnyn dopodiché si avviò lesta per raggiungere l’esterno di casa Saint Clair, dove i primi alfa stavano raggiungendo il Vigrond.

***

Curtis stava discorrendo con Lucas in merito alla disposizione delle sentinelle sul perimetro di un miglio dal Vigrond, quando il poliziotto si bloccò un istante, assentì flebilmente e infine, con un mezzo sorriso, disse: «Charlotte è nel bosco, a poca distanza da qui. Ed è in compagnia.»

Lucas assentì compiaciuto, lieto che la caparbietà della lupa avesse avuto un effetto benefico sul professor Sullivan. Avere l’appoggio di entrambi i genitori sarebbe stato di grande supporto a Mark, durante il passaggio da una forma a un’altra.

Nel lanciare uno sguardo alle sue spalle, dove le fiamme nei bracieri si levavano alte a illuminare la spianata dove cresceva la loro piccola quercia sacra, mormorò: «Forse, dovremmo chiede a Iris di indebolire lo scudo per alcuni attimi, così da permettere a entrambi di avvicinarsi.»

«I ragazzi saranno meno tesi, se non lo vedranno, e lui potrà comunque osservare il tutto da una posizione privilegiata» dichiarò Curtis prima di fischiare quando vide Litha discendere le scale della veranda. «Mi venisse un colpo…»

Anche Lucas rimase abbagliato – in tutti i sensi – dall’arrivo di Litha. I glifi sulla sua pelle splendevano come un intricato firmamento nascosto sotto la sua pelle eburnea, messa in evidenza da un leggero abito di seta nera, che le lasciava libere le braccia e la schiena.

I piedi nudi sfioravano l’erba rinsecchita dal freddo come se camminassero su velluto e, quando la donna si avvicinò ai suoi futuri postulanti, questi le si inchinarono spontaneamente, loro malgrado abbacinati da tanto splendore.

Persino uno sciocco avrebbe capito quanto potere si annidava in quelle carni di meravigliosa fattezza e, quand’anche Iris si affiancò alla dea – il potere del lændvettir già risvegliato – Lucas seppe che avrebbero visto scintille, quella notte.

Sperò soltanto che fossero di pace, e non di guerra.

***

Litha sorrise ai giovani dinanzi a lei, carezzando a turno la loro guancia destra dopodiché, lanciato uno sguardo a Iris, che sfrigolava come se fosse stata percorsa da corrente a basso voltaggio, domandò: «Fino a dove puoi spingerti, con lo scudo?»

«Gunnar e io abbiamo provato più volte, a estenderlo, ma pare non avere confini, almeno per il momento. Tutto starà a vedere quando l’akhlut si abbatterà su di esso. A quel punto, vedremo quale effetto ha sui poteri divini» le spiegò Iris guardandosi intorno prima di aggiungere: «C’è un buon odore, nell’aria. Ma come mai, salvia, rosmarino e incenso?»

«La salvia ha un potere purificante in molte culture, così come il rosmarino, e l’incenso mi aiuta a concentrarmi» le spiego Litha, strizzando l’occhio. «Non si può mai sapere.»

«Ogni aiuto è ben accetto» dichiarò allora Iris mentre Lucas si avvicinava a grandi passi verso di loro. «Fenrir…»

«Mia Hati… siete pronti?» esordì lui, sorridendole prima di guardare a turno i presenti.

Lo scudo, sopra di loro, turbinava come un vento di tempesta, pur non muovendo neppure una foglia attorno a loro. Osservarlo rischiava di diventare ipnotico e più di un lupo, solo a stento, era riuscito a distogliere lo sguardo da esso, dopo aver avuto l’ingenuità di scrutarlo.

Tutti assentirono, nel frattempo, alle parole di Lucas che, volgendosi verso i presenti, levò le mani ed esclamò: «Che la cerimonia di Mutazione abbia inizio! Gli alfa si posizionino attorno al Vigrond come prestabilito, mentre i sei lupi da me scelti si affianchino ai nostri giovani mutanti!»

«Mi fa sentire molto Wolverine, questa cosa dei mutanti» mormorò Liza, facendo sorridere nervosamente i suoi due compagni di avventura.

Lucas ammiccò al suo indirizzo – avendola ovviamente sentita – e, mentre ogni membro del cerchio di licantropi si predisponeva attorno al Luogo di Potere, Iris si pose al suo esterno e, levando le mani, elevò ulteriormente il suo scudo, rendendolo quasi solido.

Molti furono i sospiri di sorpresa, poiché quasi nessuno aveva mai visto i poteri del lændvettir utilizzati a quel modo e i tre giovani, nello scorgere la cupola dorata innalzarsi attorno a loro, mormorarono sgomenti: «Miseria. Ladra. Ma che è?»

La cupola si allargò fino a contenere anche l’ultimo alfa presente nel Vigrond, ivi compresi Diana, Rachel, Helen e Richard, che rimasero comunque defilati, in piedi sulla veranda, intenti a osservare da lontano l’intera scena.

«E’ davvero la nostra Iris a fare tutto questo?» mormorò ammirata Rachel, prendendo sottobraccio il marito.

Lui le sorrise, annuendo fiero e, nel tornare a osservare quello spettacolo di luminescenze dorate, asserì: «A quanto pare, i tempi in cui aveva paura di se stessa sono ampiamente passati.»

Helen assentì ammirata e Diana, nello stringersi le braccia al petto, sussurrò piena di meraviglia: «L’aria è satura di elettricità. E’ davvero impressionante. Sento i capelli che mi si rizzano sulla nuca.»

Fu in quel momento che uno dei corvi di Liza si precipitò dal cielo per affiancare Iris e, gracchiando furioso, diede il la a un secondo genere di spettacolo, ancor più increbile del primo.

Se, fino a quel momento, lo scudo era sembrato a tutti una semplice cupola traslucida e dalle colorazioni dorate, quando Muninn lanciò quel grido d’allarme al suo arrivo, Iris scattò in risposta, senza neppure attendere le parole di Liza.

Lo scudo divenne totalmente solido e si ampliò ulteriormente, fino a contenere l’intera casa e parte del bosco, inglobando anche le sentinelle più prossimali al Vigrond.

Tra lo stupore generale, Iris digrignò quindi i denti, si piegò su un ginocchio per poggiare la mani sul terreno e rendersi più stabile dopodiché, piena di furore, estese lo scudo anche nel sottosuolo, così da non lasciare nulla di intentato.

A quella vista, Litha aggrottò la fronte, si volse lesta verso i ragazzi – ora tesi come corde di violino – e, rivolta a Liza, domandò: «Sta arrivando?»

Lei assentì pallida, lanciando uno sguardo turbato al suo corvo, e mormorò: «Si trova a circa tredici miglia da qui. Huginn l’ha individuata in mezzo al bosco, e l’ha subito detto a Muninn, così che potessimo prepararci.»

«Quel corvo ha due occhi formidabili. Comunque, il fatto che akhlut non stia usando la sua super-velocità è indice del fatto che sta risparmiando le forze per me, perciò sarà meglio accelerare il tutto» chiosò la dea prima di guardare turbata i tre giovani e domandare: «Voi non avvertite alcuno stimolo alla mutazione, vero?»

«Nessuno. Temo che, fino a mezzanotte, non succederà nulla. Per questo, akhlut ci sta attaccando ora… per avere il tempo di averci sotto il suo controllo prima che sia troppo tardi» sospirò Liza, scrutando turbata l’imponente scudo difensivo eretto da Iris.

«E’ proprio quello che temevo sarebbe successo. Mi spiace, ragazzi, ma dovremo cambiare strategia, a questo punto» aggrottò la fronte Litha, cogliendoli del tutto di sorpresa.

«Che intendi dire?» esalarono quasi in coro i giovani prima di venire bloccati alle spalle dai lupi che, in teoria, avrebbero dovuto badare alla loro privacy durante la mutazione.

«Questo contrattempo ci obbliga a forzare la natura degli amarok, anche se avrei preferito non farlo…» mormorò Litha con tono spiacente e occhi lucidi di contrizione. «… perciò, visto che la bestia dentro di voi non se la sente di uscire con le buone, la farò venir fuori con le cattive.»

Ciò detto, estrasse rapida uno stiletto e, prima che i giovani potessero rendersi conto di quello a cui sarebbero andati incontro, Litha li colpì al collo con precisione millimetrica, recidendo loro la carotide.

Il grido spontaneo dei Wallace e di Diana si unì a quello più lontano di Donovan, inglobato entro il cerchio protettivo dello scudo assieme a Charlotte e perciò testimone di ciò che era appena avvenuto.

Trattenuto da quest’ultima perché non raggiungesse il Vigrond per bloccare quello stillicidio provocato volontariamente, l’uomo le si rivoltò contro esclamando: «Li vuole forse uccidere!? Li ha colpiti alla carotide! Si stanno dissanguando!»

La donna, però, lo trattenne senza alcuna difficoltà e, pur se torva in viso, dichiarò con semplicità: «Non credere che sia stato fatto senza motivo. Per far emergere le creature della notte serve il sangue e, nel caso specifico, il loro sangue. Gli amarok saranno spinti a uscire per non morire e, nel momento stesso in cui ciò avverrà, le ferite si rimargineranno. Quelle creature se ne fanno un baffo di colpi così lievi. Sono esattamente come noi, quanto a potere rigenerativo e, per certi versi, sono ancor più potenti, visto che l’argento non li danneggia.»

«Già… e se non mutassero?!» la rimbeccò l’uomo, cercando invano di sfuggire alla sua presa.

Avrebbe davvero dovuto guardare il figlio morire dinanzi ai suoi occhi, e senza avergli chiesto scusa per la sua viltà?

«Te lo ripeto. Niente è stato fatto senza motivo. Sentivamo già da giorni l’odore degli amarok provenire dai loro corpi. Muteranno tutti e tre. Diversamente, Litha non si sarebbe spinta ad agire in maniera così drastica. Si sarebbe limitata a portarli via da qui. Ha il potere per farlo, e non esito a credere che si sarebbe già mossa, se avesse anche solo pensato che quei ragazzi non sarebbero diventati amarok» si limitò a dire Charlotte, lo sguardo fisso sui corpi dei tre giovani che, accucciati a terra, tremavano come foglie.

Non aveva dubbi che, per un genitore, scene simili sarebbero rimaste sedimentate nella mente per sempre, ma era vitale che quei ragazzi mutassero prima che l’akhlut sopraggiungesse. Dovevano mutare all’interno dell’ambiente protetto del Vigrond, ed essere legati a Litha prima che giungesse il mostro che aveva portato tanto scompiglio.

Litha era l’unica che poteva combattere contro di lei, da quel poco che avevano capito e, se lei fosse stata impegnata in battaglia, nessuno avrebbe legato i ragazzi in modo definitivo, con il rischio che il nemico ne approfittasse.

Ogni cosa doveva avvenire prima della battaglia finale, e questo avrebbe voluto dire sopportare la vista del dolore di quelle giovani creature.

Trattenuto a forza da Charlotte, Donovan si chiuse in un mutismo dolente, non sapendo se dover credere alle parole della donna o se temere il peggio. Quando, però, vide Liza piegarsi all’indietro e strapparsi di dosso – come se niente fosse – il peso di ben due licantropi, seppe che qualcosa, effettivamente, stava accadendo.

La giovane lanciò un grido in tutto simile a un ululato, a cui seguirono quelli di Mark e Chanel.

In fretta, i licantropi mollarono la presa sui tre giovani e Litha, tergendosi una lacrima dal volto assieme ai residui del sangue dei tre giovani che lei aveva lappato, si incise una mano con lo stiletto usato in precedenza.

A quel modo, anche loro avrebbero potuto suggere il suo sangue, così da completare il rito.

Fu in quel momento, però, che lo scudo sussultò, si contrasse ed ebbe un rimbalzo improvviso e Iris, con un grido che interruppe lo stato di trance in cui tutti erano caduti, urlò: «E’ arrivata!»

In fretta, Litha si accostò a Liza, già ormai pienamente formata nelle sue nuove sembianze di lupo, gli abiti distrutti e arricciati attorno alle sue agili zampe color canna di fucile.

Aiutandola a liberarsi da quegli indumenti inutili, le sorrise impacciata, la abbracciò e, offrendole la mano ferita, declamò con voce incrinata dal pianto, ma più che udibile da tutti: «Il Dagda Mòr ti reclama, amarok. Io sarò la tua padrona, d’ora innanzi. Bevi il mio sangue e sii mia.»

Liza-lupo reclinò il muso per suggere dalla ferita aperta e, ancora, un secondo colpo violentissimo fece tremare la cupola difensiva. Iris, al tempo stesso, si imperlò di sudore in volto e prese ad ansimare per lo sforzo.

Deve le fu subito accanto per sorreggerla fisicamente, non potendo fare altro per aiutarla e, avvolte le spalle della compagna, le diede un bacio sulla tempia e resse completamente il suo peso perché si concentrasse sullo scudo.

Litha guardò turbata la nuova amica, timorosa che potesse cedere prima del termine della cerimonia, ma Iris assentì al suo indirizzo e ringhiò: «Mutali! Resisterò fino a che non avrai finito. A qualsiasi costo

A Dev non piacquero per nulla quelle ultime parole, e tanto meno a Litha che, senza perdere altro tempo, strinse la mano ferita per far sgorgare altro sangue e offrirlo quindi a Mark.

Il lupo, in tutto simile a Liza – con l’eccezione degli occhi, che erano rimasti verde smeraldo come, per la ragazza, erano tutt’ora grigio colomba – leccò la ferita di Litha prima che questa venisse offerta anche a Chanel.

A quel punto, però, Iris squarciò la notte con un urlo terrificante e, crollando tra le braccia di un terrorizzato Devereux, lasciò cadere lo scudo di colpo, come se le fosse stato strappato di mano da un’entità superiore.

«Iris!» ringhiò turbato Dev, stringendosi al petto la moglie mentre akhlut penetrava entro lo scudo con il furore negli occhi e le mani serrate a pugno, pronta a dar battaglia.

Sia gli amarok che i licantropi le ringhiarono contro ma, prima che potessero attaccarla, Litha levò un braccio per fermarli e sibilò, rivolta alla nemica appena giunta: «Affronta me, maledetta!»

«Con sommo piacere… così potrò riavere indietro ciò che mi spetta di diritto» replicò la donna, lanciando un’occhiata famelica in direzione dei tre giovani lupi, sulle cui fauci erano ancora evidenti i segni freschi del sangue di Litha. «Legarli a te è stato il tuo ultimo errore. Ora distruggerò te, poi distruggerò tutti loro per aver cercato di fermarmi.»

«E’ da vedersi» la minacciò Litha, espandendo il proprio potere per contrastare quello crescente di akhlut.

«Non qui! O distruggerete tutto!» esalò con voce roca Iris, reggendosi alle braccia di un preoccupatissimo Devereux per poi balzare in piedi e, a sorpresa, correre verso Litha.

«Salta!» gridò quindi la licantropa, gettandosi contro la dea a braccia aperte.

Litha colse al volo il suggerimento e, mentre la sua coscienza già si proiettava verso un luogo isolato in cui combattere, Iris la afferrò e, assieme, si catapultarono via dal Vigrond, cogliendo del tutto di sorpresa akhlut.

Quest’ultima osservò il punto ove, fino a un istante prima, si era trovata la sua nemica e, non vedendola più, ululò di rabbia prima di correre via per trovarla, lasciando a un secondo momento la sua vendetta.

Ogni persona – o animale – presente nel Vigrond rimase in silenzio per alcuni attimi, lo sconcerto padrone di tutti loro finché Devereux, piegandosi in avanti con aria sconvolta, si guardò terrorizzato le mani ricoperte di sangue.

Subito, Lucas fu da lui, al pari di uno sconcertato Rock ma Dev, nel mostrare loro le sue mani tremanti, scosse il capo ed esalò: «E’… è di Iris, non mio… ma non so dove fosse ferita. Si è lanciata su Litha prima che potessi capirlo.»

Richard e Rachel lo raggiunsero proprio in quel momento, mentre Diana accorreva accanto ai tre lupi neri ancora nel mezzo del Vigrond.

Nel piegarsi accanto al genero, Richard domandò turbato: «Cos’è successo, Dev?»

Lui lo osservò sperduto, mormorando tremulo: «E’ ferita. E’ ferita… e io non ho potuto far niente per lei.»

Rachel si portò le mani al volto per soffocare un grido di terrore ma, prima ancora di poter dire qualcosa, lo sgomento crebbe ulteriormente quando vide i tre giovani amarok correre via all’improvviso, come guidati da un silenzioso richiamo.

«No, aspettate!» gridò invano Diana, scrutandoli sparire nel fitto del bosco.

Donovan, a sua volta, li osservò correre via a velocità incredibile e Charlotte, nel lasciarlo finalmente andare, aggrottò la fronte e mormorò turbata: «E’ possibile che stiano tentando di raggiungere la loro nuova padrona.»

Lui la guardò pieno di timori e la donna, spiacente, non poté aggiungere altro. Sperò soltanto che quei ragazzi sapessero il fatto loro, o quella cerimonia non avrebbe avuto più alcun senso.

***

Vedere Litha affondare lo stiletto nel collo di Liza fu, per Mark, il momento più terrificante mai vissuto, più ancora dell’orrendo spettacolo che, anni prima, aveva scorto a casa degli zii.

Oltre a non esserselo aspettato – non avevano affatto parlato di quell’eventualità! – la sola idea di veder morire Liza dissanguata e ai suoi piedi, lo terrorizzò al punto tale da renderlo incapace di provare dolore per se stesso.

Senza quasi rendersene conto, la cercò con lo sguardo e con le mani, mentre quelle della ragazza erano premute, tremebonde, sulla ferita grondante sangue.

Quando i loro sguardi infine si trovarono, riflessero solo paura, un’immane paura senza fine. Fu in quel momento che anche Mark venne colpito e, tra loro, passò il medesimo terrore, la medesima ansia, la medesima paura di non ritrovarsi più.

Si accorse solo fuggevolmente delle mosse di Litha, delle sue dita sporche del loro sangue e delle sue lacrime cariche di contrizione. Tutto ciò che riusciva a cogliere erano gli occhi grigi di Liza, spalancati e pieni di domande al pari dei propri.

Solo alcuni istanti dopo, però, quella paura si tramutò in sorpresa e, di colpo, Liza non fu più solo la sua Liza, ma anche qualcos’altro. Come lui non fu più solo Mark, ma divenne qualcosa di diverso.

Fu un cambiamento così radicale, così istantaneo da colpirlo con maggiore forza della vista del sangue che le aveva imbrattato gli abiti come un sudario di morte.

All’improvviso, lei fu in grado di scacciare i due lupi che, fin lì, l’avevano trattenuta e, proprio in quel momento, per lui giunse il richiamo del sangue, lo stesso che molto probabilmente aveva percepito anche Liza.

Ne imitò quindi le movenze, liberandosi dei lupi che lo trattenevano e, al pari di Liza e Chanel, gridò al mondo la sua nuova natura.

Il corpo seguì quel grido, mutando repentinamente e con una facilità quasi imbarazzante, come se ogni cellula del suo essere non avesse atteso che questo. Ossa, tessuto e muscoli si fusero in nuove forme, i sensi mutarono, le sensazioni si espansero e il suo nuovo Io prese vita.

Nella sua mente esplose un’unica, improvvisa parola; padre!, ma Mark non vi fece caso più di quel tanto. La sua nuova natura esigeva tutta la sua attenzione.

Trovarsi a quattro zampe non gli parve poi neppure tanto strano, così come non fu strano accettare il sangue offertogli da Litha. Paradossalmente, si spiacque per le lacrime che vide scorrere dai suoi meravigliosi occhi di ametista, quasi che quel pianto fosse qualcosa a cui porre rimedio a ogni costo.

Fu in quel momento che le percezioni mutarono ancora, presero una decisa direzione e, mentre la loro nemica faceva la sua apparizione, trovarono infine una collocazione finale.

Litha. La loro dea. La loro sovrana. Colei che li avrebbe guidati fino al loro ultimo respiro vitale, li osservava piena di contrizione e orgoglio assieme.

Non vi furono però altri abbracci, baci o preghiere di ringraziamento. Un tremendo colpo metapsichico fece vibrare ogni fibra del terreno, così come lo scudo di Iris che, come sbriciolato da un colpo di maglio, crollò.

Mark la osservò turbato mentre, ferita e in preda a una sincope, crollava tra le braccia del marito. Quella vista riportò inspiegabilmente a galla le parole di prima, ma lui le scacciò.

Doveva badare a che la sua dea non venisse ferita!

“Quella maledetta ha un potere tremendo!”

La voce di Liza, chiara e limpida, gli giunse nella mente come se lei gli avesse parlato all’orecchio e il giovane, nel volgersi verso la ragazza con espressione confusa, esalò: “Posso sentirti!”

La lupa che era Liza assentì, replicando: “Lo ipotizzavo come possibile, visto che anche i licantropi possono farlo.”

“Vi sento tutti e due, ragazzi” si intromise Chanel, guardandosi intorno con espressione turbata mentre akhlut, distrutto lo scudo di Iris, si avvicinava al centro del Vigrong guardandoli con bramosia. “Ha capito che non siamo più liberi, ma ci vuole ugualmente per sé.”

“Capirai! Sarebbe un peccato sprecare tre amarok nuovi di zecca!” brontolò Mark, mettendosi istintivamente in posizione di difesa.

Litha si piegò in avanti, lo sguardo duro e pronto a dar battaglia e Liza, turbata, disse: “Preparatevi a combattere. Potrebbe aver bisogno di noi.”

“Il solo pensiero di poter mordere il culo di quella stronza mi riempie di gioia” sibilò Chanel, fissando l’akhlut con espressione feroce.

“Aspettiamo le direttive di Litha, però… non dobbiamo essere un impiccio, per lei” sottolineò preventivo Mark, fissando le sue nuove compagne d’avventura con espressione torva.

Le due lupe assentirono ma Iris scompaginò ulteriormente le carte, allontanandosi a sorpresa dalle braccia del marito per gettarsi su Litha in un disperato tentativo di allontanare la battaglia – e akhlut – dal Vigrond.

Quando le due donne svanirono e l’akhlut gridò di rabbia repressa prima di andarsene per dare loro la caccia, i tre lupi si guardarono intorno con espressione stranita e dissero quasi in coro: “Ma dove sono finite?!”

Al pari loro, i presenti apparvero alquanto turbati, oltre che assai sorpresi da quel cambio improvviso di scenario. Vi furono commenti tesi, grida di terrore – da parte di Dev – e un sommovimento nelle parti più esterne del Vigrond.

Fu in quel momento che Mark percepì la presenza del padre a poche centinaia di metri da lui. Rapido, ne cercò la presenza, ma il richiamo di Litha fu più importante di tutto e, al pari delle sue compagne, lasciò perdere ogni cosa e corse via.

Non ci fu tempo per parlare con i suoi genitori, né spiegare come lui si sentisse o come percepisse se stesso in quelle nuove vesti. Litha aveva bisogno di loro, e loro sarebbero accorsi.

Solo questo importava.

***

Il rombo della Moul Falls riverberava nell’ampio canale in cui si gettava con fragorosa potenza, e che rendeva quel luogo un anfiteatro naturale adatto a quello scontro tra dee.

Le rocce calcaree avrebbero retto più che bene i contraccolpi psichici delle due divinità e, proprio grazie alla forma emisferica di quel luogo, per Iris sarebbe stato più semplice creare uno scudo più robusto e forte.

Pur se ferita – akhlut l’aveva morsa a un fianco con qualcosa che, in mancanza di una definizione più precisa, potevano solo essere dei denti metapsichici – Iris era riuscita a recuperare in fretta coscienza di sé, rendendosi conto del pericolo corso da tutti.

Il Vigrond non aveva ancora potere sufficiente per reggere una simile battaglia e, se fossero rimasti lì, tutto sarebbe andato distrutto nel raggio di decine, forse centinaia di metri, coinvolgendo con tutta probabilità la stessa Clearwater.

Trovare un luogo più isolato e sì, più tranquillo in cui combattere, era stata una necessità impellente, necessità che Litha aveva colto al volo, comprendendo appieno il suo piano.

Insieme, quindi, si erano spostate altrove, nel primo luogo che Litha aveva scovato nella memoria a breve termine di Iris e lì, senza troppi complimenti, la dea aveva cicatrizzato col proprio potere le ferite dell’amica.

Quest’ultima, osservandosi il fianco ustionato e in via di guarigione, sbuffò contrariata e infine disse: «Ormai abbondo di cicatrici. Dev dovrà faticare un sacco per trovare una spanna di pelle buona.»

Litha si guardò intorno guardinga, replicando: «E’ solo un abbozzo. Dopo te la sistemerò meglio. Come stai, piuttosto?»

Iris si risistemò la felpa sul fianco lesionato e, torva, dichiarò: «Ora che mi hai rattoppato, sto meglio. Non mi aspettavo un colpo metapsichico. Lo scudo doveva servire solo per colpi diretti. Reali.»

«E chi lo sapeva che quella bastarda poteva farlo?» si lagnò irritata Litha. «Ora potresti bloccarla?»

«Sì, ora che conosco il trucco, io e Gunnar possiamo provvedere in tal senso.»

Litha assentì, si guardò intorno per un istante e infine disse: «Bel posto, per una battaglia.»

«Ci volevo venire con Dev e Chelsey…» dichiarò Iris, tergendosi fuggevolmente una lacrima di rabbia. «… e si vede che la cosa mi è rimasta impressa più di quanto pensassi.»

«Beh, cascasse il mondo, ma ci verrai. Te lo prometto» mormorò lapidaria Litha mentre, al limitare dell’anfiteatro naturale delle Moul Falls, faceva la sua comparsa akhlut.

Iris aggrottò la fronte, eresse nuovamente lo scudo e, rivolta a Gunnar, disse: “Dovrai combattere anche tu, stavolta. Il lato metapsichico lo lascio a te.”

“Sarà un piacere snudare metaforicamente la spada dopo tanti secoli. Non preoccuparti. Sul fronte mentale, tu e Litha sarete protette. Non ci coglierà più di sorpresa” le promise Gunnar. “Dopodiché, dovremo fare due chiacchiere con il giovane amarok. Qualcosa non mi torna.”

Iris si sorprese di quell’ultimo accenno, ma preferì accantonarlo per un secondo momento. Giunti a quel punto, dovevano solo pensare a combattere.

Nell’erigere quindi la barriera attorno a loro, la estese fino a farla combaciare perfettamente con le pareti del canyon, così da avere una spalla ulteriore, e fisica, cui appoggiarsi.

Akhlut la osservò crescere e crescere e, scoppiando a ridere, esalò: «Cosa pensi di fare? La distruggerò al pari della prima!»

«Puoi anche provarci, ma credo che stavolta non riuscirai» replicò beffarda Iris, scrocchiando platealmente le dita della mani prima di rivolgersi a Litha per aggiungere: «Vai pure. Io proteggerò il circondario dai vostri poteri.»

«Bene. Ora mi sento più tranquilla» dichiarò Litha, tornando a sfolgorare come altre volte Iris l’aveva vista fare.

I glifi presero vita sotto la sua pelle e i capelli, letteralmente, divennero elettrici, galleggiando attorno al suo volto come una nube temporalesca. L’abito scelto per la cerimonia non era il massimo, per guerreggiare, ma ormai non c’era tempo per indossare qualcosa di meglio.

Lo avrebbero gettato e basta, una volta vinta la battaglia.

Già pronta a combattere, Litha però si sorprese nel desiderare accanto a sé i propri amarok e, prima ancora di rendersene conto, li chiamò perché potessero esserle vicini. Non tanto per combattere, quanto per avere un loro supporto morale.

Era mai possibile che il legame tra amarok e akhlut prevedesse anche quello, o era lei come persona a volerli accanto?

L’avvicinarsi bellicoso di akhlut la obbligò a raccogliere e accantonare quei pensieri per un altro momento e, mentre la sua mente si chiudeva a ogni altra distrazione, corse verso la nemica per colpire.


 

 

 



N.d.A.: Che succederà, ora? I ragazzi sembrano essere stregati dalla presenza di Litha e sentono l'esigenza impellente di aiutarla, di essere con lei. Sarà un effetto dato dal pericolo, o la mutazione non è andata come volevano? Quanto ad akhlut, si lascerà scappare la ghiotta possibilità di avere un nuovo amarok , secondo voi?
  
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