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Autore: ONLYKORINE    16/01/2021    1 recensioni
Lisa torna a Springfield dopo la laurea in veterinaria, non è contentissima, perché non le piace tanto la sua città. Avrebbe preferito passare l'estate, come tutte le altre, a Cambridge, dove ha frequentato il college.
Tornando a casa incontra vecchie conoscenti, nuovi amici, ex fidanzati e si rende conto di non aver un gran rapporto con i suoi fratelli. Per fortuna sarà solo un'estate.
(LisaxNelson)
Prometto di cambiare la trama con una migliore. Prometto prometto.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Nelson Muntz, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sorelle

 

“Ciao, Maggie, posso entrare?”
Lisa questa volta non aveva bussato e non aveva aspettato che la sorella rispondesse alla sua domanda, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
“Cosa vuoi?” Maggie, che era di nuovo sdraiata sul letto con le cuffie del cellulare, si mise seduta e, senza togliere la musica dalle orecchie, le aveva fatto quella domanda con tono sostenuto.
“È tua, questa?” Le chiese Lisa, mostrando nella mano la catenina che Nelson aveva raccolto sul vialetto qualche sera prima.
Maggie si alzò dal letto velocissimamente e Lisa fece appena in tempo a lasciare andare il ciondolo che la sorella glielo strappò dalle dita. “Ce l’avevi tu!” gridò la ragazzina.
“L’abbiamo trovata sul vialetto. Non te l’ho di certo rubata. E un ‘grazie’ sarebbe carino, sai?” Maggie continuava a guardarla male e sbuffare, ma Lisa non cedette e sostenne il suo sguardo.
“Ok… Grazie. Pensavo me l’avessero fregata alla festa…”
Lisa sorrise. “Però non è stato merito mio. L’ha trovata Nelson”.
Maggie si rigirò il plettro fra le dita e poi alzò lo sguardo su di lei, annuendo. “Il fratello di Ellie…”
Annuì anche Lisa. “A proposito di fratelli…” Maggie sbuffò e a Lisa sembrò ancora la bambina che giocava con Stacy Malibù insieme a lei. “Se volevi comprare la birra per far colpo su un ragazzo…”
“Io non ho bisogno di far colpo su nessuno. Non sono una sfigata!” Lisa capì di aver sbagliato approccio.
“Ok, scusami. Non intendevo che tu fossi una sfigata. Ma…”

 

“È che delle stronze mi hanno ingannato e…” Maggie sospirò e spiegò alla sorella ciò che era successo: il gruppetto di Ashley, la biondina capo delle Cheerleaders, le aveva fatto uno scherzo e le ragazze le avevano detto che per rimediare avrebbe dovuto portare della birra quella sera per la festa che Ashley aveva organizzato per il suo compleanno.
Quando aveva incontrato Chris, nel pomeriggio, lui le aveva raccontato che l’anno prima, per il compleanno di Janine, un’altra delle cheerleaders, avevano fatto lo stesso  con un’altra ragazza, ma lei non era riuscita a trovare la birra e le avevano imposto una punizione imbarazzante alla festa. L’avevano derisa pesantemente davanti a tutti e lei aveva cambiato scuola. Sembrava lo facessero con le ragazze del primo anno per divertirsi alle loro spalle e deriderle davanti a tutti.
Maggie ancora non sapeva se lui fosse a conoscenza del fatto che lei aveva subito lo stesso scherzo, ma era contenta di averlo saputo prima. Strinse forte la catenina a forma di plettro e la infilò nella tasca dei jeans.
“Ho appena scoperto che avevano organizzato tutto per farmi fare una figuraccia e ora non posso tirarmi indietro senza sembrare…”
Sospirò e alzò gli occhi verso sua sorella, interrompendosi. In fin dei conti, cosa poteva interessare a lei? Alla perfetta Lisa, che al liceo aveva il massimo dei voti ed era andata a studiare lontano, in una prestigiosa università per diventare la veterinaria più brava del mondo e di cui sua madre tesseva le lodi a ogni persona che le chiedesse della figlia.

 

Lisa sentì una rabbia nel petto come non le era mai successo: aveva subito scherzi anche lei, essere una secchiona (e sì, la chiamavano proprio così, sia alle medie che al liceo) non portava punti nel club della popolarità. E avere idee anticonformiste non l’aveva mai aiutata a stringere amicizie, ma sua sorella non andava toccata.
Era buffo, perché da quando Lisa aveva smesso di difendersi con accanimento, anche gli altri non l’avevano più considerata interessate come vittima di scherzi, ma la rabbia che sentiva dentro per l’ingiustizia subita da Maggie, per non parlare dello scherzo, la faceva tremare di indignazione.
“Devi andare dal preside! Devi…”

 

La risata di Maggie, bassa e nervosa, scattò senza che lei lo volesse. Non voleva offendere Lisa, ma non era riuscita a trattenersi.
“Lisa… La scuola è finita e al preside non interessa niente! E tirare in ballo gli adulti peggiorerebbe le cose. Devo risolverla da sola.”
Maggie si risedette pesantemente sul letto e sospirò: si sentiva in trappola. Da un lato non aver capito che lo avevano fatto apposta e non perché volessero invitarla nel loro gruppo, la faceva sentire stupida e dall’altra il pensiero che volessero prendersi gioco di lei, la riempiva di ira. Purtroppo le due cose insieme le impedivano di escogitare una soluzione per uscirne indenne. Non voleva non presentarsi alla festa, perché loro non l’avrebbero più lasciata stare, ricordandole il debito, anche se ingiusto, e dall’altro non voleva che pensassero che lei avrebbe sempre fatto ciò che loro le ordinavano. E Maggie non voleva più avere a che fare con loro.
Toccò in tasca il ciondolo: quello che aveva comprato perché le ricordava Chris, che suonava la chitarra nel coro della scuola. Sognava di regalarglielo ma non aveva ancora avuto il coraggio. Pensava di farlo la sera della festa, ma non sapeva che ci sarebbe stato anche Cory, così l’aveva messa in tasca. Quando poi era arrivata in camera e non l’aveva trovata, aveva pensato di averla persa a casa del capitano di football o addirittura che gliela avessero rubata. Era contenta di averla ritrovata.
Anzi, che lei l’avesse ritrovata: guardò Lisa, ma sua sorella la guardava con uno sguardo strano.

 

Lisa stava pensando. Anche lei aveva avuto una spina nel fianco, al liceo: una ragazza popolare, con un gruppetto di amiche stronzette e il trucco sempre perfetto. Ragazze che avevano fatto finta di essere amiche solo per poi prenderla in giro davanti a tutti. Solo che la sua si chiamava Britney. Si ricordò di quando la riempiva di frecciatine in classe e in tutta la scuola, verso la fine del primo anno, quando Lisa aveva capito che il liceo non era tutta manna dal cielo.

 

“Sono sicura che Bart saprà consigliarmi un modo per fargliela pagare” disse, dopo un po’ di silenzio, Maggie.
“Sì, Bart ha ottime idee. Ma serve un tocco in più.”
Maggie osservò Lisa tirare fuori il telefono, guardarsi intorno e andare alla scrivania della sorella, prendere una penna e un foglio di carta colorata e iniziare a scrivere. Poi disse al cellulare: “Babi, ti ricordi quando abbiamo fatto lo scherzo delle birre a papone?”
Maggie ascoltò, con occhi sgranati, Lisa parlare al telefono con Bart e lanciarle ogni tanto qualche occhiata vincente, sorridendo. Che stava succedendo? Lisa interruppe la chiamata dopo cinque minuti e l’ultima frase che disse fu: “Portaci due casse di bottiglie piccole di birra”.

 

Maggie la stava guardando ammirata e Lisa lo vedeva benissimo. La cosa la faceva sentire come se si fosse laureata un’altra volta. Una laurea con il titolo di miglior sorella del mondo.
“Una volta abbiamo fatto uno scherzo a papà e gli abbiamo svuotato una confezione di bottigliette di birra. In garage abbiamo una macchina che serve per tappare le bottiglie di vetro: le avevamo richiuse e messe in frigo. Papà è andato giù di testa quando, ogni volta che ne apriva una, la trovava vuota. Ha minacciato di denunciare Apu, pensando che gli avesse venduto aria confezionata. Quando gli abbiamo svelato di essere stati noi ha quasi strangolato Bart. Tranne quella parte, per il resto è stato divertente.”
Lisa raccontò la storia con aria sognante, come se fare quello scherzo con suo fratello le avesse dato un brivido.
“Vorresti vuotare le bottiglie che devo portare a casa di Ashley?” chiese Maggie, un po’ confusa.

 

Maggie non dubitava che lo scherzo che avessero fatto a Homer fosse venuto bene, ma non le sembrava quello adatto alla sua situazione. Loro avrebbero potuto immaginare chi avesse vuotato le bottiglie e ne avrebbero bevute altre mentre la prendevano in giro.
Ma Lisa la sorprese. “No” disse, mentre strappava una parte di foglio e gliela porgeva. “Ci metteremo dentro questo, lo vendono al supermercato”.
Maggie lesse la parola scritta sul foglietto e aggrottò la fronte. “Cos’è?”
“Un potete lassativo insapore.”
A Maggie si illuminarono gli occhi: quello sì che andava bene per Ashley e le sue amiche! Poi Lisa disse qualcos’altro sul fatto di stappare bene le bottiglie senza piegare il tappo di metallo e continuò a parlare da sola.

 

Lisa iniziò a scrivere tutto ciò che dovevano fare e poi sorrise a Maggie che la guardava con la fronte aggrottata.
“Cosa c’è?”
“Chi cavolo è Britney?”
Lisa non disse niente e scosse le spalle, ridendo.

 

***

“Eri un bullo?”
Nelson aprì la porta di casa e sospirò alle parole della sorella, che lo aspettava lì fuori, nel buio, sotto il piccolo portico laterale.
“Vieni dentro, Ellie” disse solamente. Sapeva che lei non aveva mai capito quello che lui faceva prima di conoscerla e ora era arrivato il momento in cui chiedeva spiegazioni. Sapeva che sarebbe successo, solamente non era il momento giusto. Non quella sera.
Bart gli aveva dato buca dicendo che doveva fare qualcosa con sua sorella e Nelson aveva pensato a Lisa per tutto il tempo dell’allenamento e Blackwall, il vecchio pugile amico di Trevor, lo aveva preso in giro chiedendogli perché fosse così scarso quella sera. Nelson aveva dovuto richiamare tutto il suo autocontrollo per non tirargli un pugno sul naso.
È che sapeva che aveva ragione: sul ring si sale senza pensieri. Trevor glielo aveva detto un sacco di volte: non portare sul ring nient’altro che concentrazione e resistenza. Sii più tenace dell’avversario e lascia in tribuna le donne.
Donne! Come se a lui potesse interessare Lisa Simpson! Come se lui avesse possibilità con una come lei. Come se… Come niente!
Entrò in casa, seguito dalla sorella e andò direttamente al frigorifero: prese una Duff porgendo a lei una coca. Ellie la prese in silenzio e si voltò, andando verso il portico sul retro.

 

Era una serata magnifica, Ellie riusciva a vedere le stelle perché il giardino sul retro della casa di suo fratello era tutto buio. Un’enorme distesa di erba, l’orto recintato, qualche albero, cespugli e un cielo infinito: quasi il paradiso. Stappò la sua lattina e si sedette su una delle sedie sdraio che c’erano sotto il portico.
Quando Nelson la raggiunse, si sedette su una sdraio vicino a lei, ma non disse niente.
“Allora? Non dovremmo parlare del fatto che io non sapessi che eri un bullo?” gli chiese.
Alla luce della luna Ellie vide chiaramente le spalle di suo fratello alzarsi e abbassarsi, mentre beveva un lungo sorso di birra.
Sbuffò. “Non avevi pensato di dirmelo?”
“Per quale motivo avrei dovuto farlo?” le chiese lui, sorpreso, alzando un sopracciglio.
“Perché lo sono venuta a sapere da Miller e ho fatto la figura della sciocca! E non mi piace fare la figura della sciocca, lo sai!”
Suo fratello, come tutti i maschi, ascoltò solo quello che voleva e le chiese: “Chi è Miller?”
Ellie sbuffò ancora. “Quel tipo con i capelli blu che ci prova sempre con Lisa, ma non è di questo che volevo parlare! Io…”
“Miloser?” domandò ancora lui. Ellie scosse le spalle, perché effettivamente non era importante e continuò: “Eri un bullo? Uno di quelli che ruba i soldi per il pranzo ai ragazzini e li picchia? Come…” Guardò per un attimo il prato e poi riportò lo sguardo verso di lui. “Come facevano gli altri con me?”

 

Nelson non rispose. Non sapeva cosa dire. Poi annuì.
“E perché?” gli chiese lei, ma la sua voce si affievolì un pochino. Scosse le spalle.
“Ero un ragazzino. Ero stupido e incazzato con il mondo; gli unici amici che avevo erano dei delinquenti e pensavo fosse divertente fare quello che facevano loro. Ero un delinquente. Ma questo lo sapevi già, no? Non ti ricordi le urla di mia madre?”
Ellie sorrise al pensiero di sua madre, Nelson sapeva che lei le aveva voluto molto bene, un affetto che sua madre aveva ricambiato sinceramente.
“Sì, mi ricordo. Ma sai… L’idea che tu facessi qualcosa di sbagliato agli occhi di tua madre non mi rende inquieta come sapere che picchiavi gli altri ragazzi…”
“È grazie a tuo padre se ho smesso di picchiare gli altri: mi ha insegnato che il sacco da boxe non si lamenta, non si contorce e non mi avrebbe denunciato. Posso dire di non essere più un bullo dalle scuole medie. È un bene, no?” tentò di scusarsi lui.
Ellie annuì, ma poi divenne triste.
“Quindi non era la prima volta che picchiavi qualcuno quando hai picchiato…” La sua voce divenne di nuovo sottile e Nelson dovette bere ancora.

 

Ellie sapeva che Nelson aveva picchiato Speek, il suo ragazzo, quando lei si era ritrovata incinta e lui l’aveva accusata di averlo fatto apposta e di voler tentare di affibbiargli un figlio non suo. Lei aveva pianto tantissimo e quando suo fratello lo aveva scoperto, era successo quello che era successo.
Non poteva dire niente, perché era stata colpa sua: non avrebbe mai dovuto dire a Nelson chi era il padre del bambino. Lui lo aveva picchiato a scuola ed era stato espulso dall’università.
“No” rispose Nelson.
“Mi dispiace, però. Avevi smesso e per colpa mia…”
“Non è stata colpa tua. Ero in grado di prendere le mie decisioni. Avrei potuto… gestire la cosa diversamente. Meglio, probabilmente. Ma sono stato io. È stata una scelta mia.”
Ellie si ricordò di quando Lisa le aveva detto: ‘Ti ha difeso nell’unico modo che conosceva’, e il suo viso si intenerì. Si allungò verso il fratello e gli mise una mano su un ginocchio. “Grazie” disse, cercando di guardarlo negli occhi.
Lui tirò su la testa di scatto. “Non devi neanche dirlo, lo sai!” Ellie annuì. Ma quel discorso lo avevano già fatto.
“Almeno è stata l’ultima volta che ti sei messo nei guai? Qualsiasi tipo di guai?”

 

Nelson scosse la testa e basta: non disse niente. Non riuscì a guardare in faccia la sorella. Nonostante la poca luce della luna rendesse tutto più scuro e lei non potesse vederlo bene, non riuscì a guardarla. Così guardò il prato anche lui.
Si era messo nei guai un’altra volta, l’ultima. E sapeva che non era fuori del tutto neanche da quel casino. Ci sono cose che non se ne andranno mai e te le porterai sulle spalle come uno zaino ingombrante e troppo pesante per la strada della vita.
Pregò che lei non gli chiedesse niente su quella faccenda e, forse per la prima volta in vita sua, fu accontentato.
“Sai che penso del tuo giardino, Nelson?”
“Che pensi del mio giardino, Ellie?” chiese lui in risposta, sospirando, sapendo già che sarebbe stata una punizione per il suo desiderio di poco prima.
“Che sarebbe il posto ideale dove organizzare un party per il mio compleanno, la settimana prossima!”
Nelson finì la birra e non disse niente mentre si voltava verso una Ellie molto sorridente, capendo di essere stato fregato.

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