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Autore: Serpentina    17/01/2021    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati! Spero abbiate trascorso delle feste serene, nonostante tutto. Un po’ in ritardo, auguri di un 2021 infinitamente migliore dell’anno che lo ha preceduto.
Ormai è tradizione che consigli un sottofondo musicale per la lettura; stavolta ho scelto il brano che dà il titolo al capitolo: “Bittersweet symphony” (che non ha bisogno di presentazioni).
Bando alle ciance: anno nuovo, capitolo nuovo, che farà felici (credo… spero) i fan di mamma Faith. 😉
Buona lettura!
 
Bittersweet symphony
 
“–Che mi dici dell'amore?
–Sopravvalutato. Biochimicamente, non è diverso da una grande scorpacciata di cioccolata”.
L'avvocato del diavolo
 
Distesa sul letto, Frida Weil fissava torva il soffitto, quasi aspettandosi di riuscire a bucarlo con la sola forza di volontà. Non desiderava altro che un salvagente, per non annegare nel mare in tempesta delle emozioni che la stavano scuotendo dalle fondamenta. Tutto per colpa di quel “kantiano del cazzo”. Maledisse la propria debolezza: lo aveva lasciato avvicinare troppo, gli aveva permesso di deluderla. Come aveva potuto essere così stupida?
Glückwunsch, Frida, du bist die würdige Tochter deiner Mutter! Und er seines Vaters. Übrigens, der Apfel fällt nicht weit vom Stamm.1 Cos’altro avrei dovuto aspettarmi dall’erede di una stirpe di Scheißkerle, figlio del bastardo che ha fatto soffrire Mutti? Vorrei non averlo mai incontrato!”
Odiava sentirsi così; inerme, impotente, abbattuta, ma allo stesso tempo piena di una rabbia che le premeva contro le viscere, pronta a esplodere con la potenza di una supernova. Neppure la playlist di musica deprimente impostata da Pandora, l’intelligenza artificiale di casa, era riuscita a placare il bruciante desiderio di urlare e spaccare qualunque cosa le capitasse sotto mano. Forse rileggere per la quinta volta “L’urlo e il furore” non era stata una buona idea; un manuale sulle tecniche di rilassamento sarebbe stato una lettura più appropriata, ma era impossibile per lei resistere al richiamo di Faulkner. Non potendo permettersi il lusso di urlare, in un impeto di quel furore che ormai faticava a reprimere, afferrò il libro che teneva poggiato sulla pancia e lo scagliò dall’altro lato della stanza, per poi rannicchiarsi in posizione fetale, volgendo lo sguardo alla finestra. Non si era preoccupata di tirare le tende o abbassare la tapparella. Sapeva che quella notte non avrebbe chiuso occhio; avrebbe atteso l’alba osservando le tremule luci della città sbiadire nell’aria sempre più pallida e chiara.
Avvertì il bisogno impellente di confidarsi con qualcuno, e l’unica persona che avrebbe sicuramente trovato sveglia e recettiva a quell’ora antelucana era...
 –Hallo, Aidan! Ti disturbo?
–Frida? Hai idea di che ore sono?- esalò il destinatario della videochiamata, reduce da una giornata di studio pazzo e forsennato, prima di inforcare gli occhiali.
–Secondo il tuo fuso orario, le dieci di sera. Non prestissimo, ma…
–Veramente, qui a Boston sono le undici e… due minuti- precisò lui, scuotendo il capo divertito all’immediata replica di Frida (“E’ comunque un orario semi-decente per romperti le scatole!”). –Infatti, quello che intendevo è: hai idea di che ore sono a Londra?
–Le quattro del mattino- rispose la ragazza col tono pratico di chi annuncia le previsioni meteorologiche. –E allora?
–E allora... ti pare normale chiamare qualcuno alle quattro del mattino?
Auf keinen Fall!2- esclamò Frida, ansiosa di andare al punto. –Infatti ho chiamato te, che vivi cinque ore indietro.
“Logica inattaccabile!”
–Lasciamo perdere. Sono talmente contento di sentirti che sorvolerò sull’orario. Mi sono mancate le nostre chiacchierate, piccoletta.
La Weil realizzò, con un misto di sconcerto e compiacimento, di non provare lo stesso; non aveva pensato a lui nemmeno per un secondo, dopo la sua partenza per gli Stati Uniti. Certo, teneva ancora ad Aidan, ma sentiva di essersi tolta dal cuore lo scomodo peso di quell’assurda cotta che avrebbe avuto chance di essere ricambiata soltanto in una commedia romantica per adolescenti (e lei odiava le commedie romantiche). Se suo cugino Ernst avesse potuto assistere alla conversazione, le avrebbe di sicuro detto che era sulla via della guarigione dalla “Aidanite”.
Mise a tacere la voce fastidiosa che le ricordò il fondamentale contributo di un certo abitante delle colonie al processo di guarigione, e  celiò, esibendo un sorriso affettuoso –Anche a me. Scusa davvero per l’ora, ho assoluto bisogno della tua saggezza da fratello maggiore.
Gli raccontò per filo e per segno delle disastrose avances di William alla festa dei gemelli e di come avesse cercato di tenerlo all’oscuro di tutto, approfittando dell’amnesia indotta dall’eccesso di alcolici. Naturalmente, omise il dettaglio della passata relazione tra sua madre e Mr. Wollestonecraft: i suoi (pochissimi) difetti non includevano la propensione al pettegolezzo.
–Accidenti! E dire che pareva un bravo ragazzo!- commentò Aidan, incredulo. –Però, come sempre, nessuna delle parti coinvolte è senza colpa. Hai sbagliato anche tu: quante volte devo ripeterti che fingere che non sia successo non è la soluzione, è la fonte di ogni complicazione? Detesto rimproverarti, ma preferisco essere sincero: stavolta ti sei comportata da ragazzina viziata e immatura. Se William non ti avesse pressata per conoscere la verità, lo avresti privato dell’opportunità di farsi un esame di coscienza e rimediare al suo errore; e tutto solo per non dover rivivere un momento di disagio. È gravissimo!
Frida chinò il capo, in parte per l’imbarazzo di essere stata redarguita come una bambina, in parte perché colpita dalla verità di quelle parole. Inconsciamente, il pensiero volò proprio a William: se fosse stato al posto di Aidan, avrebbe, con ogni probabilità, pronunciato un discorso del genere. In effetti, quando gli aveva rivelato la verità, si era mostrato sinceramente mortificato per quello che aveva fatto, e le aveva subito chiesto come rimediare; sebbene le sue scuse, per quanto sentite, non bastassero a pareggiare i conti, Frida fu costretta ad ammettere che si poteva dubitare di molte cose, ma non della sua buona fede. Ben presto, tuttavia, il senso di colpa venne sostituito dalla frustrazione: lei era Frida Weil, praticamente perfetta sotto ogni aspetto, non avrebbe dato ad un Cartridge, né a nessun altro, la soddisfazione di farle ammettere un errore.
–È più grave  quello che ha fatto lui!- ribatté, mettendo il broncio. –Mi ha delusa.
Ad Aidan scappò una risatina: era tipico di Frida non cedere senza combattere. In una storia di fantasia, molto probabilmente sarebbe stata la cattivissima di turno che riesce ad uccidere l’eroe un istante prima di esalare l’ultimo respiro.
–Un crimine imperdonabile. Tagliategli la testa!- replicò, sforzandosi di tornare serio. –Una persona può deluderti soltanto se ti importa di lei, Frida. E se ti importa abbastanza da lasciare che ti deluda, allora ti importa di lei abbastanza da perdonarla… a tempo debito.
Non era la risposta che si aspettava, eppure, a quelle parole, Frida si sentì sollevata: non l’avrebbe ammesso nemmeno a se stessa e sotto tortura, ma era segretamente felice di poter sperare che, prima o poi, sarebbe stata capace di perdonare William… dopo una congrua espiazione, naturalmente.
Vielen Dank. Grazie mille, Aidan, mi sento decisamente meglio. Tu, invece, come stai? Come ti sta trattando l’America?
–Abbastanza bene. Gimpsky è un osso duro, mi spreme come un limone, quindi finora ho avuto una vita poco movimentata, ma non posso lamentarmi… se non per le botte in testa che mi rifila Mariposa - la figliastra del prof - quando- "Mi becca a fissare il culo di sua sorella" –Non mi ritiene sufficientemente dedito allo studio.
–Tu... poco dedito allo studio. Tu. Aidan James Cartridge. Non ci crederei neppure se lo vedessi: sei talmente nerd che c’è la tua foto accanto alla definizione sul dizionario!
Aidan arrossì; l’incapacità di dissimulare le emozioni era una delle qualità che Frida apprezzava maggiormente in lui; lei non ne sarebbe mai stata capace, aveva troppa paura di mostrarsi vulnerabile.
Non potè non ridacchiare –Scommetto che è questa Mariposa la causa della tua distrazione. Bin ich richtig?
–Mariposa? La scienziata pazza specializzata in esplosioni, che per mia disgrazia frequenta il mio stesso dipartimento? Neanche se fosse l’ultima donna sulla Terra! È una minaccia per la società civile! No, no, è sua sorella  Jodie che…
–Ti “distrae”- scherzò Frida, piacevolmente sorpresa dalla naturalezza con cui stava affrontando quella conversazione. Niente cuore gonfio da scoppiare, niente graffi e morsi del mostro dagli occhi verdi, soltanto quattro chiacchiere in amicizia. –Descrivimela.
–Non "distrae" soltanto me, purtroppo. Nonostante sia una matricola, è molto popolare. Meglio se la cerchi sui social, sono una frana nelle descrizioni. Quanto mi piacerebbe potertela presentare, piccoletta. Ti piacerebbe. È un vero angelo!
Ein Engel? Scheiße, hai scelto la parola giusta per farmi passare la voglia di conoscerla. La sorella bombarola, invece… lei sì che sembra un tipino interessante! Presentami lei, se mai dovessi venire a trovarti!
–Non è una bombarola- esalò Aidan. –Studia chimica, ed è pure brava. Solo, ha il vizio di dilettarsi a creare miscele esplosive e/o viscide, tipo gli Slimo. Non ricordo se fossero ancora popolari quando andavi a scuola; erano questi ammassi amorfi che si appiccicavano dappertutto. Confesso di averne infilato qualcuno tra i capelli delle mie compagne di classe, quando ero ancora giovane e folle. 
“Senti senti… la difende! Lui può chiamarla minaccia per la società, io però non posso darle della bombarola. Oh, Aidan, sei così facilmente manipolabile che provo quasi pena per te: sei troppo buono per questo mondo!”
–So cosa sono gli Slimo, grazie tante! E tu non sei mai stato folle, non dire scemenze! Comunque, rinnovo il mio desiderio di conoscere la tua scienziata pazza.
Aidan non era ingenuo come appariva: si era accorto dell’uso dell’aggettivo possessivo, ma non aveva avuto cuore di correggere Frida, che fin da piccola si era messa in testa l’idea di accoppiare amici e parenti, come aveva fatto a suo tempo la madre, non a caso soprannominata “Asso di cuori”. Lo rassicurava la consapevolezza che la considerevole distanza lo avrebbe protetto da qualsiasi machiavellico tentativo di incollarlo a chiunque non fosse Jodie Gimpsky.
–Scienziata pazza e Cerbero. Se e quando verrai a Boston, te la farò conoscere. Quel che è peggio, è che Jodie tiene in grande considerazione il giudizio della sorella: se voglio sperare di avere anche solo una misera possibilità con lei, devo ingraziarmi Mariposa.
“Sul serio? E, nonostante ciò, gli piace? Un’invertebrata che non sa manco decidere da sola se uscire o no con un ragazzo? Dev’essergli entrato qualche neutrino nel cervello, non c’è altra spiegazione! Mi rifiuto di credere di averlo sempre sopravvalutato.”
Viel Glück! Da come ne parli, ha la testa dura.
–Come l’adamantio. A proposito: alcuni amici dell’università partono domattina per un finesettimana di, cito, “stravizi e depravazione” a New York. Mi avevano invitato ad unirmi a loro, ma avevo rifiutato perché la scienziata pazza è compresa nel gruppo. Parlare con te, però, mi ha aperto gli occhi: non sarò io bloccato per tre giorni nella Grande Mela con lei … sarà lei ad essere bloccata con me. È ora di uscire dal mio bozzolo di asocialità. Spero di essere ancora in tempo! Li avviso e corro a fare i bagagli- si fermò un attimo, pensoso. –Che poi, bagagli… cosa mai potrà servirmi, a parte un cambio e lo spazzolino da denti?
Frida rimase sconcertata quanto lui nel sentirsi pronunciare una frase decisamente più “da Kimberly” che da lei.
Dein Vater direbbe: una vagonata di preservativi!
–Chi sei tu, maliziosa creatura, e cosa ne hai fatto della mia piccola Frida?
Ich frage mich das auch”.3
–Sarò sempre la tua piccola Frida, l’hai detto tu stesso. Gute Nacht, mein lieber Freund, auf Wiedersehen.
 
***
 
–Credi sia diventata sorda e cieca?
Frida trasalì, colta di sorpresa, e imprecò mentalmente in tedesco.
Era entrata in cucina con tranquillità, convinta che i suoi genitori stessero ancora dormendo, invece aveva trovato la madre seduta al tavolo, intenta a bere caffè mentre leggeva delle carte. Conoscendo la tendenza di Faith ad entrare in una bolla dimensionale che la estraniava dal resto del mondo, quando era assorta nella lettura, aveva sperato che, muovendosi nel modo più silenzioso possibile, sarebbe riuscita nell’impresa di prepararsi la colazione e sgattaiolare in camera sua a consumarla senza palesare la propria presenza. Non aveva calcolato l’eventualità che la bolla potesse rompersi nel momento meno opportuno.
Mutti!- pigolò, a disagio, alternando lo sguardo tra sua madre e la porta. –Guten Morgen. Come mai sveglia a quest’ora?
–Potrei farti la stessa domanda, ma al momento ho altro per la testa- rispose freddamente Faith, riferendosi alle carte che teneva in mano.  
Frida sospirò, incapace di incrociare lo sguardo di sua madre: il tarlo del senso di colpa per averla derisa alla presenza di William la tormentava da giorni, spingendola ad evitare il confronto. Le risultava estremamente difficile chiedere scusa: ammettere un errore equivaleva a rivelare un punto debole, offrire all’avversario un pugnale col quale trafiggerla. E, nella sua peculiare visione della vita, l’umanità intera era sua avversaria; le eccezioni si contavano sulle dita di una mano. Se avesse avuto il coraggio di guardarla, si sarebbe resa conto che l’espressione di Faith non era arrabbiata, quanto piuttosto stanca e sfiduciata, e non per colpa sua.
Si sedette di fronte a lei e trangugiò frettolosamente la colazione, in ansia per un’imminente sfuriata che però non avvenne. Faith, infatti, si limitò ad osservarla con la testa leggermente inclinata di lato e il busto proteso in avanti, sulla difensiva, quasi fosse lei ad aspettarsi di essere aggredita (verbalmente).
Abbandonata definitivamente ogni tentazione di continuare ad ignorare l’elefante nella stanza, Frida si raddrizzò sulla sedia con tutta la dignità consentita a una reduce da una notte insonne con gli angoli della bocca sporchi di caffellatte, e disse –Mutti, ti devo delle scuse. Sono stata una vera Scheißkerl, una Dummkopf della peggior specie, una…
Faith la interruppe con una pacata alzata di mano, curvò le labbra in un sorriso materno e rispose –Non è necessario autoflagellarti, tesoro. Scuse accettate. Non nego che mi abbia ferita, sentirmi rinfacciare una scelta che riguarda solo me e tuo padre, ma ho esagerato. Tra noi due, dovrei essere io la persona adulta e matura, invece me la sono presa per quella che, tutto sommato, è una sciocchezza! Ammetto che, più di tutto, mi ha infastidito sia successo davanti a William. Non che abbia qualcosa contro di lui… adesso che l’ho conosciuto meglio. All’inizio non tolleravo neanche l’idea che respirasse la tua stessa aria. Mi sono lasciata accecare dal pregiudizio, e di questo ti chiedo scusa. Vedi, io… conoscevo suo padre. Intimamente. Sì, insomma… siamo stati insieme per qualche anno- Frida si morse la lingua per impedirsi di spiattellare che sapeva già tutto, ed era esattamente per quello che aveva avvicinato William in primo luogo, e la esortò a continuare. –Avrei dovuto e voluto dirtelo prima; se non l’ho fatto, è stato nel tuo interesse: desideravo risparmiarti l’imbarazzo di scoprire che stai uscendo con il figlio di un ex di tua madre. Lo so, adesso che l’ho detto ad alta voce capisco quanto fosse assurda come idea, e penserai che sono ammattita, ma ti ricordo che ci separano la bellezza di trent’anni: tu sei una ragazza giovane ed emancipata, io una signora - non sposata - di mezza età che non sa cucinare, né stirare…
Frida sospirò, incerta su come rispondere. Sua madre aveva avuto un tale successo nel renderla una persona determinata e sicura di sé, che le risultava difficile empatizzare con chi aveva imparato a mascherare la scarsa autostima da modestia, specialmente perché, ai suoi occhi, Faith era il paradigma della donna di successo. Il fatto che non riuscisse a capirla fino in fondo non significava, però, che minimizzasse le sue insicurezze, anzi: il suo continuo anelare ad una perfezione iperumana, oltre che dal desiderio di realizzazione personale, derivava dalla volontà di renderla fiera di lei, di dimostrarle che era un’ottima madre (un po’ atipica, forse, ma la migliore che le potesse capitare).
Keine Sorge, Mutti, comprendo le tue ragioni. Non eri obbligata a dirmi niente. E sappi che sei la donna più figa che conosco! Riesci a gestire me e Papi, e il lavoro dei tuoi sogni (che, tra parentesi, comporta dover aprire altre persone con la sega). Come direbbe la zia Bridget: tu sì che spacchi i culi! Non sai cucinare? Es ist mir egal!2 C’è Papi che è praticamente uno chef dilettante, e poi esistono il cibo da asporto ed elettrodomestici appositamente progettati per lavatura e stiratura dei panni. Sai com’è, viviamo nel ventunesimo secolo­- allungò una mano verso la madre, sorridendole con calore, e aggiunse –Ora che ci siamo chiarite… ti prego, dimmi che hai un caso interessante per le mani, ich brauche ein bisschen Spaß!3
–Perché no? Un nuovo caso potrebbe finalmente distogliere la tua attenzione dal suicidio di Aisling Carter. Io e tua zia siamo preoccupate per questa tua malsana fissazione- Frida digrignò i denti, ma non ribatté; avrebbe lasciato fossero i fatti a parlare da sé, una volta risolto il mistero. Ride bene chi ride ultimo. –Prima, però, devi guadagnarti l’accesso a questi documenti riservatissimi risolvendo un semplice (per te) indovinello: cinque persone, quattro uomini e una donna, percorrono lentamente una strada senza traffico. Improvvisamente comincia a piovere, per cui gli uomini accelerano l’andatura. La donna no, eppure riesce ad arrivare a destinazione insieme agli uomini, per di più completamente asciutta. Di che colore sono i vestiti degli uomini?
–Wow, Mutti, ti sei superata! Ammetto di aver bisogno di un minuto o due per riflettere. Dunque, vediamo: quattro uomini e una donna… una strada senza traffico… il colore dei vestiti… perché è importante? Mi viene da pensare possa trattarsi di una cerimonia, un’occasione speciale. Una parata? No, troppo poche persone. Un corteo nuziale? No. L’accento sarebbe stato sull’abbigliamento della donna; senza contare che, va bene il detto “sposa bagnata, sposa fortunata”, va bene che è difficile correre sui tacchi, ma nessuna donna sana di mente passeggerebbe tranquillamente sotto la pioggia in un giorno così importante. A meno che… la donna aveva con sé un ombrello?- il cenno di diniego di Faith smentì quella che sembrava una soluzione promettente. –Niente ombrello. Ok. Allora come ha fatto a ripararsi dalla pioggi… ah! Ma certo! Non è un matrimonio… è un funerale! I quattro uomini, vestiti di nero, stanno trasportando la bara con dentro la donna, che quindi arriva al cimitero perfettamente all’asciutto. Ho indovinato?
–Avevi dubbi? Io no! Ho la massima fiducia in te, tanto da rivelarti - in via del tutto confidenziale - che hanno trovato un secondo “Rifiuto Umano” in una traversa di Vauxhall Road. Stesso calibro di proiettile, stesso modus operandi: singolo colpo esploso a contatto in regione occipitale, foro d’uscita poco al di sopra della glabella, il minimo sindacale di sangue e nessun documento sulla vittima. Un lavoro pulito, professionale. Se non si trattasse di criminali, ci sarebbe da ammirarli!
Frida chiuse un attimo gli occhi per figurarsi il percorso del proiettile, quindi trillò, battendo le mani –Tramite diretto dal basso verso l’alto e da dietro in avanti. Il killer era posizionato alle spalle della vittima, letteralmente in posizione di inferiorità.
–Le stesse mie conclusioni- ammise Faith con evidente orgoglio. –Ora, però, basta parlare di sconosciuti trovati morti nei cassonetti dell’immondizia. Basta giraci intorno: qualcosa ti turba, tesoro. Cosa c’è?
Quella singola domanda bastò a ghiacciare l’entusiasmo di Frida, che sbottò –Ho litigato con Liam. Non caverai altre informazioni da me.
–Scommettiamo?- replicò Faith. –Serle mi ha insegnato qualche trucchetto da interrogatorio. Potrebbe essere l’occasione giusta per metterli in pratica.
Fiaccata nel corpo e nello spirito dagli avvenimenti della sera precedente, Frida alzò immediatamente bandiera bianca. Non aveva voglia di discutere.
–E va bene! Se proprio ci tieni a saperlo, al compleanno dei gemelli, Liam ha bevuto troppo e… ehm… lui ha… ecco, ci ha provato. In quel senso. Non ha preso bene il mio rifiuto e… mi ha chiesto di incollarci. Metterci insieme, intendo.  
–Oh!- esclamò Faith. –Credevo steste già insieme. Strana reazione, comunque: di solito, davanti ad un rifiuto, i ragazzi di quell’età non rischiano il ridicolo perseverando con chi che non ha alcuna intenzione di dargliela.
Sconcertata dalla franchezza ai limiti della volgarità di sua madre, Frida, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo, sbottò –Non è strano. Gli ho ripetuto mille volte che avrei permesso solo e soltanto al mio ragazzo di fare un giro nelle mie mutande (che, per inciso, reputa orripilanti). Ha praticamente ammesso di voler stare con me solo perché sono “una di quelle”; perché era l’unico modo per potermi…
–Farcire come un pudding di Natale?- intervenne Faith, risparmiandole ulteriori imbarazzi, senza smettere per un secondo di fissarla con occhio critico, sconcertata dal comportamento imperdonabile di William almeno quanto dalla rigidità di sua figlia: lui aveva pronunciato parole orribili, era innegabile; però, ci avrebbe scommesso, era stato l’alcol a parlare. –Non molto di classe, lo ammetto… però è stato sincero. Un punto a suo favore.
–Sincero? È stato uno stronzo!
–Tesoro, potrai strafregartene del tuo aspetto, però non hai specchi di legno in camera: non perché sei mia figlia, ma sei una bella ragazza. Grazie al cielo, somigli a tuo padre! William non è certo l’unico ad fare determinati pensieri su di te. È semplicemente stato l’unico sincero al riguardo. Grazie ad una dose eccessiva di “coraggio liquido”, ma comunque…- scacciò con un gesto teatrale le rimostranze di Frida, e aggiunse –Oh, non fare quella faccia! È perfettamente normale, tesoro: cosa credi abbia pensato di tuo padre la prima volta che l’ho visto? “Ecco l’uomo col quale guardare il tramonto per il resto della mia vita?” No! Ho pensato…
–Preferisco non saperlo- gnaulò Frida, tappandosi le orecchie in caso sua madre decidesse di farle dispetto. –E poi, ho appreso da fonti affidabili che al vostro primo incontro Papi insinuò fossi vestita wie eine Hure.4  
Faith eruppe in una fragorosa risata. Mentre asciugava le lacrime, rispose all’espressione allibita della figlia con un divertito –Non l’apoteosi del romanticismo, te lo concedo, ma questo non mi impedì di pensare avesse un gran bel…
Frida chiuse gli occhi, si coprì le orecchie con le mani e cantilenò –La, la, la, non ti sento! Calma, respiri profondi e regolari. Non sta succedendo davvero. Sono sulla Transiberiana, come ho sempre sognato, non in cucina a parlare dei pensieri sconci meiner Mutter!
–Ehi, tuo padre meritava! Merita tuttora- ridacchiò Faith. –Ok, la smetto. Comunque, se ti va, potremmo trascorrere un po’ di tempo madre-figlia. Io mi distrarrò dai due rifiuti umani, e tu da quel figlio di… suo padre. Ho in mente qualcosa di catartico. Vedrai, ti piacerà. Già che ci sei, estendi l’invito a Nathaniel: Jeff e Demon mi hanno detto che Kimbely l’ha lasciato. Poverino, dev’essere a pezzi!
 
***
 
–L’ho sempre sostenuto, ma adesso ne ho la conferma: tua madre è la donna più figa che conosca!- esclamò Nathaniel, estasiato. –Ha salvato il mio bacon: se non mi aveste raccattato da casa, sarei rimasto tutto il giorno a letto ad affliggermi come un’ameba.
Frida gli rivolse un sorriso radioso, per poi riprendere la propria opera distruttiva con rinnovata energia.
A dire il vero quando, contro ogni previsione, sua madre li aveva condotti in un vicolo che definire losco era un complimento, poi all’interno del posto più strano nel quale avesse mai messo piede, aveva seriamente temuto per la loro incolumità, e non a torto: sembravano essere finiti sul set di un film horror. Tutto - dalle pareti ai pavimenti, dai soffitti, al mobilio - era di colore nero, ad eccezione dei lampadari, di un rosso acceso. L’atmosfera, di per sé opprimente, era resa vagamente inquietante dalla musica elettronica sparata ad alto volume e dalla versione contemporanea di Caronte preposta a scaglionare gli ingressi (oltre che ad assicurarsi il pagamento dell’obolo richiesto).
Di fronte alla sua espressione allibita, Faith aveva reagito con una risata, seguita da un ghigno decisamente poco raccomandabile, dopodichè aveva provveduto a rassicurarla: si trovavano nel “Distretto della distruzione”, dove, dietro pagamento, avrebbero potuto vivere il sogno di una vita: spaccare qualunque cosa capitasse loro sotto tiro senza conseguenze, in realtà virtuale.
Frida, naturalmente, aveva colto al volo l’opportunità di sublimare rabbia e frustrazione seminando caos e distruzione. Aveva potuto sguinzagliare la Zelda che era in lei, dandosi alla pazza gioia. Era nel suo elemento, regina di una città di macerie da lei stessa prodotte. Inoltre, ciliegina sulla torta, Nate sembrava altrettanto felice e destruente.
“Chissà, forse immagina di ridurre Bryce a una polpetta di sangue e budella!”
L’idea non le era dispiaciuta. Nemmeno un po’. E se questo faceva di lei una brutta persona, pazienza: esistevano peccati peggiori.
Quando, allo scadere del tempo, erano riemersi nel corridoio, sudati ma soddisfatti, la Weil aveva chiesto alla madre, sudata quanto lei –Come hai scovato questo posto?
–Questo in particolare? Ci feci un sopralluogo anni addietro. Un tizio morto d’infarto, niente di interessante. Il caso divenne mediatico, e portò alla ratifica di un’apposita legge, che rende obbligatorio autocertificare il proprio stato di salute prima di sottoporsi a qualunque attività stressante, anche se in realtà virtuale. Perlomeno, quel pover’uomo non è morto invano. Onestamente, vengo qui quando ho bisogno di allentare la tensione. Distruggo per creare un nuovo equilibrio interiore. Senza contare che è un ottimo modo per fare esercizio per chi, come me, detesta correre e si annoia in palestra- asciugò il sudore e, ignorando i cenni d’avvertimento della figlia, chiocciò –A proposito di equilibrio… come stai, Nate? Posso solo immaginare quanto stia soffrendo per la rottura con Kimberly. Ho saputo da Jeff e Demon che è stata lei a lasciarti.
Il ragazzo, che fino a quel momento aveva dardeggiato occhiate assassine in direzione di Frida, convinto fosse lei la spia, avvampò, imbarazzatissimo, per poi borbottare –Oh, ehm… Beh, sì, ora come ora sto un po’ come un uovo nello sbattitore, ma passerà.
Si morse la lingua per impedirsi di dire qualcos’altro, qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi: Faith era una cara amica tanto dei suoi genitori quanto di quelli di Kimberly, non voleva metterla a disagio.
–Spero ti sia di consolazione sapere che il tasso di tradimenti e divorzi nelle coppie che stanno insieme dal liceo è venti volte superiore a quello delle coppie formatesi negli anni dell’università- sciorinò Frida, in un maldestro tentativo di confortare il suo più caro amico, per poi replicare alle proteste di sua madre e dello stesso Nate –Che c’è? È vero! Anche piuttosto logico, se ci pensi: si cambia talmente tanto, crescendo, che due persone che stanno insieme fin dall’adolescenza finiranno, prima o poi, col ritrovarsi accoppiate a un estraneo!
Il ragazzo scosse il capo, divertito, più che irritato, dalla totale mancanza di tatto della Weil, e sospirò –Stai dicendo che avremmo finito col cornificarci a vicenda? Bella prospettiva! Tuttavia, sebbene non condivida la tua visione deprimente e assolutista, devo darti in parte ragione: dopo due anni insieme stentavo a riconoscere la Kim di cui mi ero innamorato, figurati dopo dieci! Non eravamo fatti l’uno per l’altra. Mi consola pensare che almeno siamo bruciati, invece di spegnerci lentamente.
–Lascia riposare in pace Kurt Cobain, per favore. Per quanto mi dispiaccia, tocca a me darti ragione: sebbene abbia sempre tifato per te e Kimmy - eravate i miei personali Elizabeth e Darcy - sapevo, in fondo, che non avreste retto la prova del tempo… e della distanza. Se tutto andrà come deve andare, a settembre Kimmy spiccherà il volo verso l’Accademia di Moda e Design a New York, mentre tu frequenterai la Reale Accademia di Arte Drammatica per diventare il figlio che Laurence Olivier e Ian McKellen non sapevano di volere. Realizzare i vostri sogni vi avrebbe allontanati comunque, avete semplicemente accelerato i tempi- asserì Frida, sforzandosi di ignorare la punta di fastidio che le stava perforando il cuore.
Era intelligente, indubbiamente; geniale, persino, ma genialità non era sinonimo di talento, ciò che invidiava a chiunque ne fosse provvisto, compresi i suoi amici: Kimberly era destinata ad entrare nell’Olimpo della moda, Kevin ad incantare il mondo con le dolci note del suo violino e Nate ad emozionare intere platee di spettatori con le sue performance attoriali. E lei? Cosa ne avrebbe fatto della sua vita? L’incertezza sul proprio futuro la angustiava, specie se raffrontata alla determinazione dimostrata da molti suoi coetanei nello scegliere la strada da percorrere; al contrario di lei, che ondeggiava nel mare delle possibilità come una nave senza timone. Si era focalizzata sul presente, persuasa che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per forgiare il proprio avvenire, ma l’entusiasmo e la determinazione con cui gli amici parlavano delle avventure che li attendevano una volta finita la scuola la facevano sentire in difetto, tragicamente “indietro”, come l’Achille del paradosso di Zenone, condannato a non raggiungere mai la tartaruga. E lei detestava sentirsi da meno rispetto agli altri almeno quanto detestava annoiarsi.
Faith intervenne, stemperando la tensione con una battuta.
–Se dessero la medaglia d’oro per il miglior monologo consolatorio, Frida… non la vinceresti sicuramente- assestò al ragazzo un’affettuosa quanto poderosa pacca sulla spalla e aggiunse –Coraggio, Nate, ci siamo passati quasi tutti. Concentrati su ciò che ti rende felice - la recitazione, ad esempio - e cerca di passare meno tempo possibile a contatto con Kimberly. Ti accorgerai che, prima di quanto immagini, sarai anestetizzato alla sua presenza.
In quel momento, Frida ricevette un messaggio privo di logica dall’ultima persona che si sarebbe aspettata.
Preoccupata (per la salute mentale del mittente) e infastidita (dalla faccia tosta) al tempo stesso, mormorò tra sé e sé –Avevi la mia curiosità, Wollestonecraft, ora hai la mia attenzione- sollevò lo sguardo su Nate e sua madre, che la stavano osservando con aria perplessa, soffiò –Devo andare. Der Arschloch braucht mich6- e corse via, senza dare loro modo di domandarle dove.
 
Note dell’autrice
Premetto che questo capitolo ha subito moltissime modifiche, non da ultimo l’ampliamento del dialogo tra Aidan e Frida. Mentre lo revisionavo, mi è venuta l’idea per un’eventuale (breve) spin-off su di lui, e ho deciso di inserire qualche elemento in Locked-in. Presa dall’ispirazione, alla fine erano venute fuori venti pagine di Word. Troppe, secondo me. Tagliato il tagliabile, le pagine erano scese a quota diciotto. Ancora troppe. Ho quindi preso la sofferta decisione di tagliare l’ultimo paragrafo, il più corposo, e inserirlo nel prossimo capitolo. Perdonatemi, fan del colonico!
Ma veniamo al povero Nate: venghino, siore, venghino! Qualche volontaria si offre di consolare questo baldo giovane? Frida non ha fatto un gran lavoro! XD
Per favore, non giudicatela troppo duramente. In questo capitolo è particolarmente sgradevole, lo riconosco, ma non è colpa sua, è che l’ho scritta così. Preparatevi: nel prossimo sarà persino peggio!
Quanto a Faith: inizialmente non contavo di renderla un personaggio tanto presente; poi, però, mi sono resa conto che non si sarebbe mai astenuta dal ficcare il naso negli affari della figlia (nei limiti della decenza). Permissività (senza eccessi) e comprensione sono una cosa, la negligenza parentale un’altra.
Per chi avesse bisogno di un ripassino di filosofia, il Paradosso di Achille e la tartaruga  è uno dei paradossi più famosi di Zenone; afferma che se Achille (detto "piè veloce") venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, non riuscirebbe mai a raggiungerla perché dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio. Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga, pur riducendosi verso l'infinitamente piccolo, non arriverà mai ad essere pari a zero.
Ps: l’adamantio è una lega metallica immaginaria virtualmente indistruttibile presente nei fumetti della Marvel Comics; è il materiale di cui è fatto lo scudo di Capitan America.
1Complimenti, Frida, sei la degna figlia di tua madre! E lui di suo padre. D’altronde, la mela non cade mai lontano dall’albero.
2Assolutamente no!
3Me lo chiedo anch’io.
4Come una puttana.
5Ho bisogno di divertirmi un po’.
6Lo stronzo ha bisogno di me.
   
 
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