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Autore: Milagar    23/01/2021    1 recensioni
Bill Weasley ha appena rinunciato al suo incarico da Spezzincantesimi in Egitto per collaborare con l'Ordine della Fenice.
Fleur Delacour è appena stata assunta dalla Gringott per migliorare il suo inglese.
All'apparenza non possono essere più diversi, eppure un evento particolare li porterà ad avvicinarsi e scoprire che sono indispensabili l'uno per l'altra.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ultimi giorni di primavera 1996
 
Anche se Fleur non lo voleva dare a vedere, non era facile convivere con la consapevolezza che il suo Bill combatteva silenziosamente: sentiva la preoccupazione invischiare il suo cuore le volte in cui era coinvolto negli incontri dell’Ordine. Percepiva una calma ansiosa attanagliare Londra, in quei giorni: non era una situazione gradevole, ma tutti, lei compresa, sembravano condurre le proprie vite in tediosa quotidianità.

Bill, nonostante tutto, dal canto suo provava immensa gratitudine per Fleur, che condivideva con lui quelle segrete preoccupazioni e se ne era fatta carico, silenziosamente. Fleur era il suo balsamo. Sentiva il suo cuore calmarsi, il suo animo ardente acquietarsi quando era con lei. Era il suo porto sicuro e avrebbe voluto che lo fosse per sempre.

Lo pensava quando sentiva il respiro leggero di Fleur carezzargli il petto nelle notti in cui dormivano assieme; quando la vedeva preparargli la colazione avvolta nelle sue camicie, che le stavano troppo grandi; quando la coglieva di sorpresa facendole paura e allora lei cacciava un acutissimo urlo di spavento prima di accorgersi dello scherzo e rincorrerlo fino a braccarlo, lo sguardo imbronciato mentre lo rimproverava col suo tono da bacchettona, prima di finire nelle sue braccia, tra le lenzuola.

Bill aveva provato a tenere chiusa in sé tutta quella benedetta felicità, ma non ci riusciva. Era una cosa troppo grande da non poter condividere. Così, dopo una lunga chiacchierata via camino con Charlie, Bill decise di seguire il consiglio del suo fidato fratello, suo confidente da sempre, e di dire ai genitori che, sì, usciva con qualcuno. In quel modo sperava di poter quietare gli sguardi sospettosi che sua madre gli riservava quando rincasava al mattino dopo che aveva passato la notte da Fleur.

Una soleggiata domenica dopo Pasqua, la Tana era insolitamente vuota. Raramente Bill aveva potuto godere di quello strano equilibrio familiare che vedeva presenti in casa solo lui, suo padre e sua madre. I suoi primi ricordi lo avevano sempre visto fratello di qualcuno e mai figlio unico, come invece si era ritrovato ad essere quella domenica a pranzo. Mentre sua madre gli stava servendo la crostata di more, Bill deglutì rumorosamente. Si era preparato da settimane quel discorso (imbarazzante) da dire ai suoi genitori. Aveva ventisei anni e non si era mai trovato in una situazione così disagevole, anche perché sarebbe stato il primo dei fratelli Weasley a dire ai genitori che si frequentava con una ragazza. Da che ne aveva memoria, né lui né Charlie, né nessun altro dei suoi fratelli aveva detto così platealmente (e seriamente) che stava uscendo con qualcuno. Sei il maggiore, Bill, non puoi deludere i tuoi genitori.

“Spero che non ve la prendiate troppo se vi dico che sto uscendo con una ragazza, negli ultimi mesi”. La tanto temuta dichiarazione sgorgò inaspettatamente dalle labbra di Bill con il suo solito tono sicuro, naturale, rassicurante.

Azzardò ad alzare lo sguardo verso sua madre, le cui gote stavano assumendo un bel colorito vicino al fucsia, corredate da un imbarazzato e commosso sorriso.

“Oh… Lo sapevo. Lo sapevo… Ti si legge in faccia, caro”. Gli occhi di Molly Weasley si riempirono di lacrime e presto dovette alzarsi e iniziare a rassettare a caso la cucina, fra i fremiti dati dall’eclatante notizia, per non far vedere l’emozione crescente.

“Bene, figliolo. Siamo contenti per te” balbettò suo padre, il solito timido sorriso sul volto.

In quel momento Bill si pentì quasi di trovarsi lì, solo coi suoi genitori; avrebbe potuto attendere il ritorno dei fratelli per avere una cucina un minimo più affollata. Chissà come avrebbero commentato Fred e George…

“E, dicci, Bill caro, chi è la fortunata?” chiese sua madre, riemergendo sorridente dalla sua incontenibile emozione. Aveva assorbito il colpo ed ora moriva dalla voglia di saperne di più; glielo si leggeva negli occhi. “Ma soprattutto, gli vai bene lo stesso anche con quei capelli lunghi? E quell’orecchino…”

“A Fleur piace. E non si lamenta affatto dei capelli lunghi, anzi…”

“Fleur?” lo interruppe di colpo sua madre, rabbuiandosi “Stai uscendo con… Non dirmi che… Proprio con…”

“Con Fleur Delacour, sì”.

“Ma, io pensavo… Cioè…” A Bill fu evidente che sua madre non si capacitava della notizia che le aveva appena dato.

“Mamma, stai tranquilla. Fleur è un’ottima ragazza. Ti piacerà”.

“Sicuramente” boccheggiò sua madre, poco convinta, cercando gli occhi di suo marito come supporto.

“Ci fidiamo di te, Bill. Se ti piace, se ci stai bene... Se sei felice, lo siamo anche noi”. Il sorriso incoraggiante di suo padre e lo sguardo tra il commosso e il preoccupato di sua madre gli fece tirare un sospiro di sollievo. Il peggio era passato. Almeno per il momento.
 
***
 
Gli ultimi di strascichi di primavera avevano portato alla Tana subbuglio. Fred e George avevano architettato un’epica fuga da Hogwarts a poche settimane dai loro M.A.G.O.  e alla signora Weasley era quasi preso un colpo quando una lettera a firma di Minerva McGranitt era arrivata a casa. Bill, che si stava preparando per passare la notte da Fleur, scoppiò a ridere sonoramente, seguito a ruota da suo padre che - era sempre stato chiaro a tutti - in fondo apprezzava il genio ribelle dei suoi quartogeniti.  Bill scoprì i giorni seguenti, mentre si dirigeva alla Gringott, che Fred e George non erano certo a spasso, ma che stavano aprendo il loro negozio di scherzi in piena Diagon Alley. Era entrato per congratularsi con loro, trovandoli intenti nel rinnovo del locale, che stava tuttavia già prendendo la forma del più spettacolare negozio di tutta la via.

“Ogni tanto mi chiedo a quanto abbiano ammontato le vostre paghette per esservi concessi il lusso di affittare un negozio del genere. Potrei fare un controllo in banca…” rise sornione Bill.

“Non sono cose che ti riguardano, cuore innamorato” lo schernì Fred, mentre impilava scatole deluxe delle Merendine Marinare.

“Pensavi che mamma si tenesse tutto per sé?” chiese George, vedendo le orecchie di Bill cambiare colore.

“Pensavo che mamma ce l’avesse ancora con voi per la vostra fuga da Hogwarts” sbottò il maggiore dei fratelli.

“Oh, sì. Tra una Strillettera e l’altra si è anche lasciata sfuggire qualcosa sulla tua bella francesina. Direi che te la passi bene, fratellone” ammise Fred, con un’espressione fintamente seria. “Piuttosto, quando pensi di presentarcela?”

“Mi verrebbe da dire mai” rise Bill. “Ma credo che prima o poi sarà inevitabile non vedermi senza di lei”.

“Sei serio?” George lo guardava, interrompendo l’allestimento della vetrina, allo stesso modo di Fred, che osservava la scena di sottecchi.

“Non più di quanto lo siete voi, aprendo questo negozio”

“Vuoi dirci che siamo ridicoli?” sbottò Fred, raddrizzando la schiena, con aria di sfida.

Bill scosse la testa. “Tutt’altro. Ci vuole ben più che qualche risata per mettere su tutto questo bendidio”.

I gemelli gli sorrisero e gli gettarono le braccia sulle spalle. In quel momento, Bill si sentì molto fortunato ad avere fratelli come loro.
 
***
 
Quella notte di metà giugno era tiepida e arieggiata. Si respirava lo scalpitio dell’estate alle porte, la promessa di nuove giornate di sole.

Eppure, dentro il Ministero della Magia ogni speranza di serenità stava per essere infranta.

Bill si sentiva inutile, mentre vegliava davanti al camino della Tana, i gomiti puntellati sulle ginocchia, impotente e incapace di poter aiutare attivamente le persone a lui care nel momento del bisogno. Faticava a confortare anche i suoi genitori, che versavano in uno stato di agitazione tale che non accettavano alcuna consolazione.

Era lontana anni luce la cena che Fleur aveva cucinato quella sera e che avevano consumato nella mansarda del Ghirigoro, progettando la loro prima vacanza insieme, in Provenza. Era tutto straordinariamente normale, fino a quando non era caduto sul tavolo il messaggio di Silente, che aveva spinto Bill a correre velocemente alla Tana.  

Non sapeva esattamente cosa stesse succedendo, ma era più che convinto che al Ministero ci fossero Ron e Ginny a combattere al fianco di Harry, se Sirius non gli aveva mentito sul gruppo di giovani ribelli che era nato a Hogwarts per fronteggiare la Umbridge.

Non era ancora sorto il sole quando una piuma di Fanny cadde sul tavolo della cucina, insieme ad un biglietto. Bill si alzò prontamente, svegliando suo padre, che si era abbioccato sul tavolo della cucina. I tre Weasley si raggrupparono velocemente attorno al pezzo di carta, che Bill teneva tra le mani tremanti.

Bill vide sua madre boccheggiare e premersi una mano sulle labbra, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

“Devo correre al Ministero. Tutti gli uffici saranno in subbuglio, immagino” si affrettò a dire suo padre, le labbra strette e lo sguardo preoccupato rivolto alla moglie e al figlio, mentre raccattava dall’appendiabiti un mantello. L’orologio di famiglia iniziò a spostare a turno tutte le lancette dedicate ai componenti della famiglia. Ben presto, tutte e nove segnalarono Pericolo mortale.

Bill guardò sua madre. Era sconvolta.

“È come l’ultima volta, vero?” azzardò a chiedere Bill, ben consapevole della risposta affermativa che sua madre si affrettò a dargli.

“Devo andare anche io, mamma. Tornerò appena possibile, te lo prometto”.
 
***
 
Le prime striature dell’alba tinteggiavano il cielo di Londra, banalmente inconsapevole di ciò che la notte aveva condotto con sé.

Le vie di Diagon Alley erano ancora deserte, anche se – Bill ne era certo – si sarebbero riempite di gente e di panico in breve tempo. Raggiunse camminando a testa bassa il Ghirigoro, le mani infilate nelle tasche dei jeans, ripercorrendo quei ciottoli che avevano imparato a riconoscere la cadenza dei suoi passi.

Salì le ripide scale che portavano all’appartamento di Fleur. La trovò sveglia, raggomitolata sul divano e avvolta nella vestaglia da camera grigio perla. Doveva aver vegliato tutta la notte, a giudicare dal pallore del viso e dagli occhi cerchiati dal sonno che quella notte era mancato. Eppure era bella. Lo era sempre, anche quando il suo volto era arrabbiato, quando si storceva in una smorfia di disapprovazione; lo era quando i suoi occhi si velavano di preoccupazione.

Alors?”

Bill non riuscì a parlare. Fuori stava scoppiando la guerra che aveva scongiurato con tutto se stesso e davanti a lui c’era Fleur, che si era trovata a vivere e innamorarsi in un paese che chissà quale futuro le avrebbe potuto riservarle.

Le loro veglie pesavano sui loro visi stanchi, incapaci di esprimersi. I loro occhi si incrociarono e i gesti dei loro corpi parlarono per loro: parlò il lungo sospiro di Fleur, il suo timido passo verso di lui. Intrecciarono l’anima in un lungo abbraccio in cui misero il non detto, le paure, i dubbi, le incertezze, mentre un raggio di sole entrava dal finestrone dell’appartamento.

Bill si aggrappò a quel seme fecondo di speranza che Fleur rappresentava per lui. Ma cosa poteva darle, lui, Bill Weasley, lo Spezzincantesimi della Gringott? Lui che combatteva contro una follia che avrebbe potuto farli sparire tutti dall’oggi al domani?

L’abbraccio si sciolse quando Bill retrocesse di qualche passo, cercando gli occhi della ragazza.

“Nessuno ti costringe a rimanere, in questa situazione. Sentiti libera di tornare in Francia dalla tua famiglia. Saresti lontana da qui, nessuno ti farebbe male, non correresti nessun rischio…” A Bill costò dire quelle cose, ma era tutto ciò che si era ripetuto nel tragitto che l’aveva portato da lei, all’alba. Sentiva il suo cuore sgretolarsi ad ogni sillaba, davanti alla prospettiva di non averla più vicino a sé, perdendo quella meravigliosa quotidianità che mai stancava, che lui non avrebbe mai desiderato per sé, ma alla quale ormai non riusciva farne a meno, perché l’aveva costruita proprio con Fleur. Gli sembrò di incenerire quegli otto mesi assieme, eppure era tutto quello che poteva fare per metterla al sicuro, per proteggerla come avrebbe voluto, come lei meritava.

Nel sentire quelle parole, Fleur boccheggiò, gli occhi ardenti, le narici dilatate.

“Come puoi dir me questo? Non volio lasciarti, non ora che sc’è un pericolo. Te l’ho promesso da tompo. Io sci sarò, qualunque cosa sucseda”.

“Ho paura per te…” tentò Bill, ben consapevole Fleur, in quel momento, non gli avrebbe mai dato retta. L’aveva ormai imparata a conoscere: era testarda e quando si metteva in testa una cosa non avrebbe ceduto facilmente, l’avrebbe portata fino alla fine, costi quel che costi. Glielo aveva dimostrato sin dai primi giorni in cui si erano conosciuti. Glielo dimostrava nuovamente quella mattina. Glielo dimostrava ogni singolo giorno da quando si erano messi assieme ed era soprattutto per quello che le piaceva tanto. Che l’amava.  

“Se suscede qualcosa a te, volio essere lì, avec toi. Volio correre anche io questo rischio!”.

“Allora sposiamoci”.

Quelle parole erano uscite con la stessa facilità con cui Bill aveva detto ai suoi genitori che usciva con una ragazza.

Sposiamoci. Non riusciva a fissare il momento in cui dentro di sé era cresciuto il desiderio di dirlo, ma lì, quella mattina, c’era e non riusciva più a stare rinchiuso là, dove Bill ricacciava indietro i pensieri più irruenti.

Fleur se ne stava in piedi, le braccia lungo i fianchi, i capelli che le ricadevano leggermente mossi sulle spalle. Si morse appena il labbro inferiore.

“So che non ho un anello con me. E nemmeno una dichiarazione strappalacrime da farti in ginocchio…” si affrettò a dire Bill, avanzando verso Fleur che continuava a tormentarsi il labbro. Lì, in quel momento, importavano solo loro, Bill e Fleur, senza fronzoli, senza cose architettate, senza inutili messinscene.

Fleur non disse molto altro: si aprì in un sorriso meraviglioso, che irradiava luce e felicità e volò verso di lui, abbracciandolo e baciandolo. Mai si sarebbe immaginata che un uomo sarebbe arrivato da lei col cuore in mano, accettandola in tutti i pregi e in tutti gli infiniti difetti che lei stessa percepiva: la sua scarsa pazienza, il suo sarcasmo, la sua cocciutaggine. Bill aveva guardato oltre la sua bellezza fisica e lui, un uomo così fantastico, l’aveva scelta e l’avrebbe voluta per tutta la vita.

“Lo prendo come un sì?” chiese Bill, mentre conduceva Fleur a piccoli passi verso la camera da letto.

“Sarò feliscissima di averti come marito”.




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Cari lettori, 
bentrovati e grazie se avete scelto di proseguire nella lettura. Mi scuso se non sarete soddisfatti da questa lettura: non è stato semplice scrivere questo capitolo. La paura della pagina bianca c'è stata, ma ho voluto continuare a scrivere. Perché so che ne vale la pena e ho voglia di portare avanti la storia, costi quel che costi (come Fleur). 
Grazie a chi ha scelto di lasciare un commento ai capitoli precedenti: mi avete riempito il cuore di gioia. 
Vi abbraccio calorosamente
Milagar
  
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