23.
Le
spiagge deserte di George Island, nel territorio del Labrador Canadese,
erano
dannatamente gelide, battute da un terribile vento proveniente dal polo
nord e
del tutto disabitate. L’ideale per incontrare
un’agghiacciante regina dei mari,
che mal sopportava i due principi che l’avevano chiamata a
presenziare.
Litha
non era neppure sicura che Krilash avesse captato la sua richiesta,
vista la
distanza che li separava ma, quando vide comparire una bruma leggera
sulla
superficie scura e agitata dell’oceano, non ebbe
più dubbi.
Il
fratello stava giungendo, mettendo in campo i suoi poteri per camuffare
l’ambiente il più possibile, anche se
sull’isola erano completamente soli. Che
fosse in compagnia di Muath o meno, era tutto da vedersi.
I
ragazzi si strinsero inconsapevolmente attorno a lei, digrignando i
denti
spontaneamente ma Rohnyn, nell’osservare le acque turbinare
dinanzi alla costa,
aggrottò la fronte e disse: «Trattenetevi,
ragazzi, o questo sarà l’incontro
più breve della storia.»
Litha
assentì subito dopo, richiamando all’ordine i suoi
sottoposti che, pur
controvoglia, obbedirono e cercarono di rilassarsi.
L’istante
successivo, come se le acque si fossero all’improvviso
svaporate dinanzi a
loro, fecero la loro apparizione un giovane prestante e molto
somigliante a
Rohnyn e una donna dalle dimensioni davvero inusuali e abiti non certo
adatti
al luogo.
Ella,
infatti, indossava una lunga tunica color rubino abbinata ad alti
calzari
dorati e, sul capo di riccioli castano rossicci riccamente acconciati,
indossava una sottile coroncina dorata dai fregi fenici.
Forse,
una spoglia di guerra, oppure un dono di qualche re
dell’antichità, ipotizzò Litha.
Lo
sguardo della donna era fiero e gelido come la figlia ricordava e,
quando ella
ebbe raggiunto la spiaggia assieme a Krilash, scrutò le
persone presenti prima
di fissare gli occhi color acquamarina su Litha.
Quest’ultima
rispose all’occhiata con tutto il coraggio che fu in grado di
trovare nel suo
animo pervado dal dubbio ma, stranamente, quando fu sul punto di
cedere,
l’energia degli amarok le
diede un
nuovo sprone per non crollare.
Avvedendosene
immediatamente, Muath aggrottò pensierosa la fronte e
scrutò quindi i giovani
con maggiore attenzione, domandando poi con tono sprezzante:
«Cos’hai
combinato, ragazza sconsiderata?»
Il
ringhio dei tre giovani si levò subitaneo e, pur se ancora
in forma umana, il
suono che sgorgò dalle loro gole non rassomigliò
a nulla di umano.
Scoppiando
in una risata terrificante quanto derisoria, Muath proseguì
dicendo: «Hai
legato a te ben tre cuccioli di amarok, e ora non sai come fare a
gestirli?»
«Non
c’è nulla di divertente, in tutto questo,
Muath» ringhiò irritata Litha, mentre
Krilash e Rohnyn osservavano turbati le due donne.
Muath
tornò del tutto seria e, annuendo, asserì:
«No, non è affatto divertente…
soprattutto perché i miei sciocchi figli si sono permessi di
usare impropriamente gli appunti
che secoli fa
avevo compilato, e senza neppure chiedere spiegazioni in merito. Non mi
pare vi
sia stato insegnato a essere così superficiali.
Ma forse, stare in compagnia degli umani vi ha rammollito il
cervello.»
Litha
dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non saltarle
alla
gola ma, più di qualsiasi altra cosa, la sua energia fu
spesa per impedire ai ragazzi, di
farlo.
Da
come stavano ringhiando, non sarebbe occorso molto perché la
attaccassero ma,
almeno per il momento, non avevano bisogno di spargimenti di sangue,
quanto
piuttosto di risposte.
Muath,
forse presagendo a sua volta un’infausta prosecuzione di
quell’incontro, lasciò
del tutto perdere il confronto con la figlia adottiva e, rivoltasi a
Rohnyn,
dichiarò aspra: «Immagino sia stato tu a compiere
il grosso delle ricerche. Sei
sempre stato il più veloce e il più accurato,
nello studio, perciò mi domando
come tu non ti sia potuto accorgere che mancava
una pergamena.»
Il
giovane la fissò più che mai strabiliato, colto
del tutto di sorpresa da
quell’affermazione e Muath, senza lasciargli il tempo di
rispondere, aggiunse
esasperata: «Dovresti sapere
che
nessuno dei miei scritti termina senza una mia considerazione personale
e, se
ben ricordo quello che io scrissi sugli amarok
– perché immagino sia questo, il problema, se non
ho interpretato male la loro
natura – le mie considerazioni erano su una pergamena diversa da quella in cui annotai
ciò che avvenne durante il mio
esperimento con quelle creature.»
Reclinando
colpevole il capo di fronte a quell’ovvietà che,
almeno per lui che per secoli
aveva studiato sugli scritti della madre, avrebbe dovuto essere
scontata,
Rohnyn ammise il proprio errore.
Krilash,
a sua volta, mormorò contrito: «Nella fretta, devo
averla dimenticata nella
biblioteca di palazzo. Ma il problema era così pressante
che, beh… chi non ha
testa ha gambe, dicono…»
«E
tu hai sempre avuto ottime gambe, lo so, ma un cervello sempre troppo
spesso
perso in mille meandri diversi» sospirò Muath,
disgustata. «Nessuno di voi ha
notato l’ovvio, a quanto pare.»
I
tre figli, a quel punto, la guardarono senza comprendere e Muath, suo
malgrado,
sorrise. Ma fu un sorriso stranamente triste a solcarle il volto e,
quando
parlò, dolore e frustrazione permearono la sua voce
stentorea quanto grave.
«Litha,
tu non sei più una
fomoriana. La tua rihall
è stata neutralizzata perché la
tua natura Tuatha potesse emergere completamente. Anche se, nelle tue
cellule,
il tuo genoma non sparirà mai, ora a dominare è
il tuo patrimonio genetico
derivato dai figli di Dana» le spiegò Muath,
scuotendo penosamente il capo.
Quella
semplice constatazione mandò nella confusione più
totale i figli e la regina di
Mag Mell, nell’osservare ora Rohnyn, aggiunse:
«Continui a vedere Litha come
una fomoriana, figlio, ma non è mai stata completamente
tale. Questo, più di
qualsiasi altra cosa, ti
ha tratto in inganno, mentre avrebbe dovuto metterti in allarme. Ancora
una
volta, l’amore ti ha offuscato gli occhi.»
Ciò
detto, si rivolse infine a Krilash per aggiungere rigida: «Se
avessi ragionato
con calma, avresti dedotto tu stesso che gli scritti della nostra
biblioteca non potevano andare
completamente bene
perché erano, per l’appunto, fomoriani.
Quanto a te, Litha, avresti dovuto pensare da figlia di Dana, ma invece
hai
agito come se tu fossi ancora una fomoriana, e questo ti ha tratto in
errore. Ancora una volta ti sei
appoggiata ai
tuoi fratelli per ottenere una soluzione a problemi che tu stessa avevi
creato,
senza impegnarti in prima persona per ottenerla, e così hai
commesso un
errore.»
Litha
non poté che ammettere le proprie colpe – che
sapeva essere vere – e, nel
sospirare, domandò roca: «Cosa avremmo dovuto
fare, quindi?»
«Cedere
all’orgoglio e chiedere a me»
sottolineò a quel punto la donna.
I
tre figli, di fronte a quella possibilità del tutto
inaccettabile, si
irrigidirono visibilmente e Litha, per prima, replicò
piccata: «L’ultima volta
che ci vedemmo, non mi parve di capire che saresti stata
particolarmente
entusiasta di rivedermi. O intesi male io?»
«Se
non mi fosse importato di te, figlia,
non sarei salita in superficie per salvare te e il tuo uomo,
all’epoca» precisò
serafica Muath, fissandola con aria di sfida. «Possiamo non
vederla allo stesso
modo su molte cose ma, come ti dissi all’epoca, ti
dirò ora; tu sei mia figlia
perché io decisi che così
sarebbe stato. Ti salvai dalla morte e ti portai con noi
perché sapevo che
saresti rimasta sola in un mondo di dèi che si sarebbe
sgretolato dinanzi a te
col passare dei secoli, e così fu.»
«Non
voglio rivangare il passato, Muath… voglio solo poter
aiutare questi ragazzi.
Non desidero che diventino dei mostri a causa mia» scosse il
capo Litha,
l’irritazione ormai pronta a montare come una piena.
«Ma
è nel passato, la
risposta ai tuoi
errori attuali, figlia» precisò Muath,
sorprendendo tutti. «Ti sei sempre
soffermata a pensare alla parte fomoriana che ti sei lasciata alle
spalle, i
mac Elathain, e a tuo zio Bress, di cui ancora agogni la
testa… ma non ti sei
mai domandata di chi fosse figlia Syndra, tua madre naturale, o a quale
ceppo
Tuatha appartieni.»
Quell’accenno
spiazzò completamente Litha che, reclinando colpevole il
capo, non poté che
ammettere anche quell’errore.
Era
tutto verissimo. Per quanto avesse desiderato conoscere la fine dei
suoi veri
genitori, e le avesse fatto piacere parlare con lo spirito della madre
imprigionato in lei attraverso i suoi glifi, non si era più
soffermata a
chiedersi chi fosse realmente.
Non
aveva mai veramente indagato sul suo lato Tuatha. Si era limitata a
prendere
atto dei suoi nuovi poteri e si era autoproclamata Dagda
Mòr, la guida primordiale dei figli di Dana. Era
stata molto
più che superficiale. Era stata sciocca.
Sospirando,
Muath addolcì lo sguardo e mormorò:
«Non poteva accadere che questo, visto che
sei figlia di sangue passionale, Litha. Discendi da tre
divinità legate al
sesso e alla luce, ma è una sola, al momento, la
divinità che ti sta creando
dei problemi.»
«Come?»
esalò Litha, più che mai confusa.
«Freyr
e Freya, da cui discendono i fomoriani, erano divinità
legate alla passionalità,
come tu ben sai e, rispettivamente, essi rappresentavano il sole e
l’aurora. Le
loro energie, perciò, ben si accordano con il potere di Qiugyat, che deriva a sua volta dal
sole.»
«Quindi,
anche akhlut…?»
tentennò Litha.
Muath
scosse il capo e replicò: «No, gli akhlut
sono legati alla luna, per questo
loro sono obbligati a tornare ogni anno al loro nido. La cerimonia del
sangue
non basta a tenere gli amarok
legati
a loro. Hanno bisogno della terra e dell’acqua del loro nido,
per poterli
tenere legati.»
Lo
stupore si dipinse sui volti dei presenti e Muath, con lo stesso tono
di una
maestra irritata di fronte ai propri studenti indisciplinati, aggiunse:
«Siete
stati davvero pessimi, nell’affrontare l’intera
situazione, se non avete
studiato neppure i fondamenti di chi stavate affrontando.
Sapere se il nemico appartiene alla luce o alle ombre,
è
basilare. A cosa stavate pensando?!»
Nessuno
osò parlare e Muath, nell’avvicinarsi ai tre
giovani amarok, ancora turbati e
irritati dalla sua presenza, li scrutò
dall’alto al basso e mormorò: «Gli akhlut
sono legati alle loro terre d’origine, e così il
loro potere. Per rinnovare il
controllo sugli amarok, essi devono
immergesti nelle acque del nido assieme a loro, altrimenti potrebbero
perdere
il controllo sui loro servi. Le energie accumulate dagli amarok,
a quel punto, fluiscono negli akhlut, e
il legame torna a essere forte, in loro.»
«Sì,
avevamo letto che gli akhlut
tornavano
per questo motivo al nord, ma non avevamo capito il perché
fino in fondo» esalò
Litha, sgranando gli occhi. «La luna, quindi?»
Annuendo,
Muath asserì: «Per questo,
gli amarok legati a un akhlut mutano con il mutare della marea,
e cioè quando il potere
della luna è al suo culmine. Gli akhlut
li legano a loro a questo modo, cambiando i loro schemi originari
perché Qiugyat non possa
più detenere alcun
controllo su di loro. Diversamente, un amarok
libero muterebbe con il formarsi
dell’Aurora.»
Ciò
detto, lanciò uno sguardo in lontananza, dove si potevano
scorgere rade stelle
intervallate a spruzzi di cirri esili e leggeri. Era così
raro, per lei, vedere
le stelle, che i suoi occhi le cercavano senza che lo volesse.
Costringendosi
a concentrarsi su coloro che aveva innanzi, però, Muath
tornò a scrutare il suo
uditorio e aggiunse: «Tu non hai questo problema, anzi,
oserei dire che hai il
problema inverso. Tu hai troppo
ascendente su di loro proprio a causa di tutta l’energia
proveniente dal sole
che hai nel sangue, e questo crea uno squilibrio. Poiché
anche Qiugyat, che li
creò millenni fa, è una
creatura solare, questo vi connette più di quanto non sia
necessario.»
«Da
chi discendo, quindi, per avere questo squilibrio di potere?»
domandò Litha,
accigliandosi.
«Discendi
da Aengus, il dio della passionalità e dell’amore,
che si accoppiò con la madre
di Syndra, un’umana, generandola. Perciò, tu hai troppo potere proveniente
dall’energia solare, e questo finisce con
l’intossicarti.»
«Intossicarmi?»
esalò Litha, ora completamente frastornata.
Muath
annuì, proseguendo nel suo dire. «In te
è concentrato troppo potere divino
proveniente dalla medesima fonte, e questo genera una sorta di campo
magnetico
che attira gli amarok
più del necessario. Anche con la rihall
assopita, il tuo sangue fomoriano e quello Tuatha si
combinano creando questa singolarità che, ovviamente, io non
avevo, quando
creai il mio amarok.»
Ciò
detto, si spostò per affrontare direttamente la figlia
adottiva dopodiché
sibilò: «Non da ultimo, hai dimenticato la lezione
più importante di tutte, tra
quelle che ti vennero insegnate nelle senturion,
e ora questi ragazzi ne fanno le spese.»
«Cosa
intendi dire?» ansimò la giovane
divinità, socchiudendo gli occhi di fronte
allo sguardo pieno di disgusto di Muath.
«La
disciplina. Ti sei completamente
dimenticata cosa voglia dire disciplinare la propria forza, i propri
istinti.
Ti sei seduta sugli allori, da quando hai abbandonato il mare per la
terraferma, e non hai fatto altro che badare al tuo uomo e sfornare
figli per
lui, come una qualsiasi fattrice» le inveì contro
Muath, senza più alcun freno.
Litha
incassò il colpo mentre i due fratelli richiamavano
all’ordine la madre, ma la
fomoriana non aveva ancora terminato di infierire.
«Ti
sei glorificata della tua novella divinità, hai pensato che
bastasse schioccare
un dito per poter ottenere quello che volevi, e hai dimenticato
tutto quello che ti era stato insegnato con il sudore
della fronte. Niente ci viene dato
gratuitamente, tutto ha un
prezzo!»
Questo
fu troppo, per i tre ragazzi. Chanel strinse subito a sé
Litha mentre Liza e
Mark si lanciavano contro Muath per fargliela pagare. Era inconcepibile
che
quella donna si potesse permettere di trattare la loro dea a quel modo!
Krilash,
però, fu lesto a creare una barriera d’acqua
ghiacciata attorno ai due riottosi
amarok, bloccando di fatto il loro
attacco e Muath, nel guardarlo compiaciuta, asserì:
«Grazie… ma avrei potuto
bloccarli agevolmente.»
«Infatti
non ho difeso voi, madre, ma loro da voi»
sottolineò livido Krilash, sfidandola con lo sguardo.
«Che bisogno c’era di far
infuriare Litha? Non basta averla qui, disposta a tutto per risolvere
il
problema? Visto che avete enunciato più che bene le nostre
pecche, avreste
anche dovuto presagire che questi incolpevoli ragazzi avrebbero tentato
di
difendere Litha dalle vostre crude parole.»
Muath
non gli rispose, limitandosi a osservare i due amarok
che, ora tramutatisi in lupi, stavano tentando di aprirsi un
varco nel ghiaccio per poterla assalire.
I
loro ringhi sapevano di vendetta e di totale devozione alla loro
signora e,
anche per questo, la fomoriana disse: «Chetatevi. Le mie
parole non erano
intese a offendere la vostra padrona. Io e lei abbiamo screzi che non
dipendono
da voi, e perciò voi non ne siete responsabili,
né dovete adoprarvi per
risolverli.»
«Tutto
ciò che riguarda lei, riguarda anche noi!»
replicò piccata Chanel mentre Litha,
con grandi respiri, tentava di riprendersi dal momentaneo cedimento.
«Siete
solo voi, madre, a non credere in simili legami, ma essi sono molto
più forti
di quelli di sangue» soggiunse atono Krilash, rilasciando
poco alla volta la
barriera di ghiaccio.
«Una
volta risolto lo scompenso, non saranno più
così» sottolineò per contro Muath,
lapidaria.
«Sarà
solo un rapporto più sano, ma la mia gratitudine verso Litha
non scemerà di
certo, visto che mi ha salvato la vita per ben due volte»
replicò Chanel,
lasciando andare la sua dea non appena la vide nuovamente in
sé. «Provavo per
Litha una profonda ammirazione e un grande rispetto già da
prima del mio
mutamento. Lei si è messa in gioco per noi, e senza neppure
conoscerci, pur di
liberarci dalle catene che avrebbe potuto imporci akhlut.
Anche solo per questo, le sarò riconoscente a
vita.»
I
due amarok, liberatisi dai ghiacci,
rimasero fermi nelle loro posizioni, ma il loro basso ringhio di gola
lasciò
intendere più che bene che, ulteriori offese, non sarebbero
state accettate.
Muath,
allora, sospirò, scosse il capo e infine disse:
«Siete tutti animati da grandi
sentimenti e profonde passioni, ma ciò vi disturba al punto
tale da non essere
coerenti. Non essere in grado di controllarvi è il vostro
principale problema,
ed è quello che risveglia il sangue di Aengus presente in
Litha. A ogni modo,
accoglierò la tua richiesta di aiuto, figlia, e la
esaudirò. Non è giusto che,
a causa dell’inettitudine dei miei figli, tre innocenti ne
paghino lo scotto.»
Litha,
Krilash e Rohnyn si guardarono bene dal commentare – se Muath
si fosse prestata
ad aiutarli, avrebbero accettato qualsiasi ingiuria da parte sua
– e la regina
di Mag Mell, a quel punto, indicò il nord e aggiunse:
«Dovrai condurci verso Qiugyat
perché io possa parlarle. Visto
che non possiamo eliminare una delle tue due nature, e visto
che tu non sembri in grado di tenere a bada il tuo stesso
sangue, dobbiamo chiedere un’intercessione alla legittima
proprietaria di
questi amarok.»
«E
lei sarà disposta ad ascoltarci?»
domandò Litha.
«Prega
che abbia più pazienza di me» ironizzò
Muath allungando una mano verso la
figlia adottiva.
A
Litha non restò altro che afferrarla e, dopo aver richiamato
accanto a sé i due
lupi e Chanel, fece un cenno di saluto ai fratelli per poi scomparire.
Krilash
si concesse un sospiro solo in quel momento, e guardando dubbioso
Rohnyn,
domandò: «Noi due che facciamo, adesso, mentre
aspettiamo? Ramino? Burraco?»
Rohnyn
scoppiò a ridere, di fronte a quella proposta e, nel
sorridere ghignante al
fratello, replicò: «E’ un po’
che non tiro di boxe… che ne dici se io e
te…»
Krilash
non se lo fece ripetere. Dopotutto, uno degli sport preferiti dei
fomoriani,
era fare a botte.
***
Il
primo impatto con il Circolo Polare Artico fu di totale meraviglia.
Le
splendide onde colorate che si intervallavano nel cielo, abbagliavano
lo
sguardo e facevano tremare i cuori per l’emozione. Miriadi di
panneggi di
colore che, dal verde degradavano al rosso o al viola si intervallavano
a
sprazzi di cielo notturno e punteggiato di stelle.
Il
vento polare sferzava le lande innevate di quell’angolo di
mondo isolato da
tutto e da tutti, ma i presenti non ne risentirono minimamente.
Per
loro, l’unica cosa importante era trovare Qiugyat.
L’aurora
sanguinaria.
Le
Luci del Nord che, millenni addietro, avevano creato il primo amarok.
Muath
lanciò uno sguardo verso l’alto, poggiò
la mano destra sul pomo della spada che
portava al fianco ed esclamò: «Qiugyat,
regina
delle lande del Nord e padrona dei territori delle nevi perenni, io ti
invoco!»
Le
onde colorate nel cielo ebbero un guizzo, si fecero di fuoco e, sotto
gli occhi
sorpresi dei presenti, una donna di bianco vestita e dalla lunga chioma
ramata
prese forma a poche decine di metri da loro.
Il
vento le sferzava le vesti leggere, disegnandone i contorni leggiadri e
facendo
danzare i capelli in una sorta di nuvola fiammeggiante che contornava
un volto
splendido ma gelido.
Gli
occhi cangianti di Qiugyat
riflettevano
l’Aurora in cielo, passando dal verde smeraldo, degradando in
un più scuro blu
notte per poi esplodere in un vermiglio acceso e Muath, nel rendersene
conto,
disse: «Non siamo qui per lottare, Bianca Signora, ma per
chiedere
un’intercessione.»
Finalmente
Q
«Intercessione,
Signora dei Mari?! E da
quando in qua la potente regina di Mag Mell si piega a simili
gentilezze?!»
Litha
immaginò senza fatica che Qiugyat
si
stesse riferendo all’amarok
che Muath
aveva legato a sé per puro diletto, e senza il benestare
della diretta
interessata. Sardonica, quindi, lanciò uno sguardo di
rimprovero alla madre
adottiva che, però, non rispose alla sua sfida, dedicando
ogni sua attenzione
alla sovrana di quei luoghi.
«Ti
concedo questa replica, poiché so di aver peccato di
presunzione, con te, ma
ora vengo per fare ammenda e per chiedere consiglio per liberare questi
tre amarok»
replicò Muath con tono quieto,
indicando quindi i due lupi e Chanel.
Qiugyat scrutò i
giovani indicati dalla regina di Mag Mell e, subitanei, dolore e
rimpianto
illuminarono i suoi occhi. Con voce ferma, però,
ribatté: «Non sono a te
legati, signora di Mag Mell, perché quindi parli in vece
della dea che me li ha
strappati, e che ora non è in grado di gestirli?!»
Litha
avanzò di un passo, tenendo per mano Chanel – che
pareva piuttosto intimorita
dalla presenza di Qiugyat
– e, sicura
nel tono come nei propositi, disse: «Muath è mia
madre adottiva, Bianca
Signora, per questo ha parlato in mia vece e, se me lo concedi, ti
narrerò gli
eventi che mi hanno condotta a legarmi a questi tre giovani.»
La
dea scrollò una mano con fare noncurante, come a darle il
benestare a parlare,
così Litha le spiegò per sommi capi cosa
l’avesse spinta a quel gesto istintivo
e, a quanto pareva, ben poco ragionato.
«Non
intendevo in alcun modo strapparti questi ragazzi, ma salvarli da una akhlut che li voleva per sé.
Il suo amarok li aveva feriti e, lo
scorso
plenilunio, lei ci ha attaccati per averli, così io li ho
legati a me per
salvarli da lei, ma il mio potere è tossico, per loro, e
quindi…»
Qiugyat annuì
pensierosa, ora più calma, e mormorò:
«In te c’è troppo sole, figlia di Dana.
Sei dunque una mezzosangue?»
«Sono
in parte fomoriana e in parte figlia della stirpe di Aengus, per questo
il mio
sangue crea così tanti problemi» ammise Litha,
vedendola annuire di nuovo.
«Ben
tre stirpi solari unite in una medesima entità. Non
è per nulla strano che tu
ti senta sopraffatta, se hai anche bevuto
il loro sangue» assentì ancora Qiugyat,
sorprendendo a quel punto Muath, che guardò
confusa la figlia.
Litha
annuì suo malgrado, arrossendo e, reclinando il capo,
mormorò: «Ho pensato che
questo avrebbe rafforzato il nostro legame, impedendo così
ad akhlut di portarli via da me,
ma… beh,
credo che sia stato un grosso errore.»
Ricordava
bene gli istanti terribili in cui aveva dovuto ferire i tre ragazzi, al
fine di
accelerare la loro mutazione. Trattandosi di una Cerimonia del Sangue,
aveva
immaginato – scioccamente, ora pensò –
che suggere qualche goccia della loro
linfa vitale avrebbe accresciuto la forza della loro interconnessione.
Dopotutto,
anche nello scritto di Muath si faceva accenno alla
possibilità di utilizzare
quello stratagemma per avere più controllo sugli amarok, perciò aveva
ipotizzato potesse essere un buon modo di
agire.
Non
aveva minimamente pensato che il suo sangue avrebbe potuto congiurare
contro di
lei, eppure era successo.
Ancora
una volta era stata superficiale nell’agire, non
aveva pensato in maniera assennata ma, in questo caso, aveva
coinvolto nei suoi personali problemi anche tre ragazzi innocenti.
Come
dea, valeva davvero poco.
Prima
ancora che Muath potesse sgridarla, Qiugyat
levò una mano per bloccare l’arringa della regina
di Mag Mell e domandò torva:
«A che akhlut ti
riferisci, giovane
dea?»
«Ne
esiste più di uno, in vita?» esalò a
quel punto Litha, turbata dall’idea che
potesse esservi un altro mostro simile in circolazione.
La
dea del Nord assentì muta, lo sguardo irritato e feroce,
così a Litha non
rimase che rispondere.
«Era
una donna bionda, alta e formosa. Aveva un amarok
che, però, è stato ucciso dalla ragazza che ora
è in forma di lupo» le spiegò a
quel punto indicando Liza che, uggiolando, andò ad
accucciarsi accanto a lei,
fedele e protettiva.
Mark,
invece, rimase in testa al gruppo, pronto a difenderle a costo della
vita.
Chanel,
a quel punto, ritenne doveroso parlare perciò, dopo aver
deglutito un paio di
volte, mormorò: «Li ho sentiti parlare, prima
che… prima che uccidessero il mio
amico. L’amaror affermava
di esserti
fedele, di essere un devoto figlio di Qiugyat
perché, ogni anno, lui ti idolatrava nel tuo tempio. Ora
sappiamo che non è
vero, ma l’akhlut glielo
aveva fatto
credere.»
Qiugyat rise beffarda,
scuotendo il capo e, nello scrutare la landa di gelido deserto bianco
che li
circondava, replicò: «Questo
è il mio
tempio… e io non incontro un amarok
da tempi immemori. Non un amarok mi
rimase fedele. Mi vennero tutti strappati dagli akhlut,
nel corso dei millenni.»
A
quell’ultimo accenno, la voce della dea si fece lamentosa e
triste, come se
effettivamente la mancanza dei suoi amarok
le avesse procurato un dolore reale, e non l’avesse soltanto
irritata.
«Se
mi avete liberato di quella malfattrice di Zynna, non posso che esservi
grata.
Lei rubò i miei ultimi amarok
molto
tempo fa, e io non potei che accettare
l’inevitabile» terminò di dire Qiugyat.
«Ma…
eppure tu sei qui, dinanzi a noi come lo era lei…
com’è possibile che il tuo
potere non ti abbia permesso di trattenere gli amarok?»
domandò confusa Litha.
Qiugyat allora sorrise
mesta e, di colpo, le sue vesti smisero di essere scosse dal vento,
così come i
suoi capelli. Solo in quel momento, fu loro chiaro l’inganno
sottile della dea
e, nel notare la trasparenza del suo corpo, Muath aggrottò
la fronte e disse:
«Sei una proiezione astrale.»
Ella
annuì piena di mestizia, mormorando: «Al pari
delle Luci che mi rappresentano
in cielo, io sono divenuta immateriale, e solo ciò che
vedete sopra le vostre
teste, permane di me. Non avrei potuto, pur volendo, contrastare il
potere di
Zynna, così come quello degli altri akhlut
che, forti della loro doppia natura, depredarono il mio giardino e
fecero loro
i miei cuccioli.»
Un’altra
proiezione si generò dinanzi a loro, mostrando un immenso e
sterminato branco
di amarok, accudito amorevolmente
dalla stessa Qiugyat. Nei suoi
occhi
era possibile leggere tutto l’amore che elle aveva provato
per loro.
Sospirando,
aggiunse: «Lei, così come gli akhlut
prima
di Zynna, li usò per i suoi turpi scopi, facendoli diventare
dei ladri di
energia e di vite ma io, per ciò che ero diventata, non
potei fare nulla per
bloccarla.»
«Poter
risucchiare l’energia dagli amarok
le
ha permesso di non scomparire. Tu, invece, non ti sei mai spinta a
tanto, vero?»
domandò quindi Litha.
Annuendo,
Qiugyat allungò una
diafana mano
immateriale per carezzare Mark che, dopo un attimo di tentennamento, si
lasciò
sfiorare da quell’essere incorporeo e immortale.
Qiugyat allora sorrise
piena di rammarico, si accucciò accanto a Mark e
mormorò: «Zynna, esattamente come
gli altri akhlut,
sfruttò la sua
natura di lupo per legarsi agli amarok,
dopodiché li fece diventare dei simbionti perché
le fornissero ciò di cui aveva
bisogno per restare lontana il più possibile dal suo
elemento-madre, e cioè
l’acqua. Io non avrei mai osato sfruttare in egual modo i
miei cuccioli, e a
causa di ciò li persi. Non mi sarei mai abbassata a renderli
miei schiavi perché
mi permettessero di mantenere corporeità ma, se lo avessi
fatto, forse li avrei
salvati da migliaia di anni di schiavitù. Erano i miei
cuccioli, i miei
compagni in queste lande desolate… e loro me li portarono
via tutti.»
Il
dolore di Qiugyat si fece cocente,
quasi
fisico, e Litha poté avvertirlo sulla pelle al pari degli amarok, che uggiolarono pieni di
pietà nei confronti dell’infelice
dea.
«Io
non voglio renderli schiavi» sottolineò Litha,
sperando che la dea del Nord le
credesse.
Quest’ultima
si levò in piedi dopo un’ultima carezza a Mark,
assentì e disse: «Il tuo amarok
me lo ha appena confermato…
perciò, ti aiuterò a gestire questo legame. Essi
non possono vivere liberi
perché, mio malgrado, li avevo creati perché
fossero legati a me. Mancando i miei
poteri, un altro dio se ne deve prendere cura, perciò sono
lieta che tu non
voglia asservirli, ma amarli.»
«Grazie…
per qualsiasi cosa tu sarai in grado di insegnarmi»
mormorò ossequiosa Litha,
prima di chiederle: «Cosa devo fare?»
«Ti
addestrerò, così che tu sappia come incanalare le
energie per poi ridistribuirle
in modo corretto» le spiegò la dea, carezzando
anche Liza prima di sorridere a
Chanel e fare lo stesso con lei. «Dovrete rimanere con me per
qualche tempo ma,
alla fine di questo periodo di apprendistato, non sentirete
più questo impulso
irrefrenabile di donarvi a lei, come lei a voi. Sarà un
rapporto egualitario e
non più sbilanciato.»
Ciò
detto, scrutò spiacente Chanel, le avvolse il viso tra le
mani prive di
sostanza e aggiunse: «Mi spiace per il tuo amico. Sento
quanto dolore porti con
te nel cuore. Se Madre me lo concederà, diverrà
Luce al mio fianco, nel cielo
del Nord e, se tu lo vorrai, potrai vederlo quando l’aurora
splenderà di
notte.»
Calde
lacrime scivolarono dagli occhi di Chanel, mentre Qiugyat
le baciava le guance e, annuendo, mormorò:
«Sarebbe
bellissimo, se ciò avvenisse. Fergus amava le Luci del
Nord.»
«Lo
farò presente a Madre, allora» dichiarò
a quel punto Qiugyat prima di
rivolgersi a Litha con aria triste e aggiungere:
«Ti insegnerò ad amarli nel modo giusto,
così come li avrei amati io.»
«Te ne sarò eternamente grata» annuì Litha, lasciando che Qiugyat la baciasse sulla fronte.
N.d.A.: finalmente
scopriamo chi è Qiugyat, e quanto l'aklut ha sempre mentito al suo amarok. Chissà come
intenderà aiutare Litha, e quali insegnamenti
potrà darle?