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Autore: Manu5    29/01/2021    8 recensioni
-“Sei veramente un’idiota!!!”
- “E tu una petulante ragazzina!!!”
- “Non ti permettere sai…”
-“Altrimenti che mi fai?” “Sto’ tremando di paura guarda…” mi disse con tono spavaldo.
- “Questo!!!” E presi dal corridoio il cestino vicino ai distributori con dentro ogni sorta di schifezze tirandoglielo addosso.
Walter e Monica proprio non si sopportano, il diavolo e l'acqua santa li chiamano ridendo a scuola. Ma cosa succederrebbe se un preside un po' strampalato li costringesse con l'inganno a fingersi una coppietta felice per vincere una scommessa?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 19 FALSO PRIMO APPUNTAMENTO

POV WALTER

Ed era vero!!!  Questa era la cosa che mi terrorizzava più di tutto il resto.
Io non ero più in grado di lasciarla stare, perché in lei c’era qualcosa, qualcosa che mi spaventava e attirava in egual misura.
Quello che era successo nella cucina di casa mia, non era niente di diverso da quello a cui ero abituato ma era stato comunque eccezionale. Mi ero sentito così vivo, mi era mancata la terra sotto ai piedi ed avevo avuto una paura folle che lei mi rifiutasse. Ma non ero comunque riuscito a fermarmi prima! Io non mi ero mai sentito così con una ragazza.
Forse era per questo che una volta uscito di casa o per meglio dire fuggito incavolato fino all’inverosimile mi ero ritrovato senza neanche rendermene conto nei pressi di casa sua. Ma cosa ci facevo lì? Possibile che le ero corso dietro come un cagnolino?
Una volta parcheggiata la moto guardai l’abitazione; una villetta a schiera su due piani. Carina e tenuta molto bene, ma nulla di paragonabile a casa mia. Istintivamente lo sguardo si rivolse al secondo piano dove ipotizzai dovesse essere la sua camera ma potevo anche sbagliarmi. Comunque non c’era alcuna luce accesa né sopra né sotto e visto l’imbrunire della sera, pensai non ci fosse nessuno in casa. Ipotesi confermata quando suonai il campanello.
Ma se non era tornata a casa dove cavolo era finita quella sciroccata? Certo!!! Probabilmente da Valeria, la sua amica. Ma io non sapevo neanche dove abitasse quest’ultima, e poi un conto era suonare al suo campanello, ma dalla sua amica proprio no!! Non mi sarei umiliato fino a quel punto.
Tornai quindi sui miei passi e recuperata la moto mi avviai verso casa. Come fosse stato uno scherzo giocato dal destino, passando dal parco di Viale Carducci la vidi dondolarsi su un’altalena come le bimbette piccole. Che vergogna se qualcuno mi avesse beccato. Nonostante ciò parcheggiai e mi avvicinai di soppiatto senza farmi vedere. Ma era così assorta che probabilmente anche se avessi suonato una tromba non si sarebbe comunque girata. Quando l’altalena rallentò la sua corsa, le toccai una spalla e lei sussultò per lo spavento, io per quello che vidi nei suoi occhi turchesi.
Calde lacrime le rigavano il volto ed i suoi occhi sempre così agguerriti erano tristi e vuoti. Subito una  rabbia sconosciuta  s’impossessò di me. Chi aveva osato ridurla in quel modo? Lei sempre così agguerrita ed orgogliosa. Ma poi ragionai che probabilmente il coglione di turno ero io. Quando mi riconobbe, si asciugò immediatamente il volto e cercò di darsi un tono:
  •  “Che ci fai qui?” mi chiese.
  •  “Un giro.” Risposi.
  • “Nei pressi di casa mia? Ma credi davvero che sia una cretina?”
  •  “E va bene.” Sbuffai. “Venivo a cercarti per … “
  •  “Per …?‘”
  • “Provare a … chiarire? ...” tentai.
  •  “O finire quello che avevamo iniziato?” sputò con rabbia “Tanto è solo quello che vuoi no?”
  • “Non me la renderai semplice vero?”
  • “Non credo”
  •  “Perché?”
  • “Non ne sono capace!”
  • “Cosa? …. Che vuol dire?”  
  • “Che con TE non ci riesco ad essere normale. Mi irriti il sistema nervoso.” Sospirò rassegnata.
Scoppiai a ridere quasi sollevato. Come se mi fossi liberato di tutta la tensione accumulata nelle ultime due ore. Me l’aveva davvero detto in faccia? Almeno era tornata se stessa.
  • “Questa è una delle conversazioni più sincere che abbiamo mai fatto.” Dissi andando in piedi sull’altalena e dondolandomi un po’.
  • “Quindi dovrei saltare di gioia?” mi chiese sarcastica.   
  • “No, ma non sarebbe più facile gestire tutto se per una volta decidessimo di essere sinceri l’uno con l’altra?”
  • “Perché tu saresti in grado di essere sincero con qualcuno?”
  • “Si” ammiccai.
  • “Strano, non è così che la pensano tutte le ragazze della scuola che ti sei portato a letto!!”
  • “Ed ecco che torniamo a questo punto. Ti da così fastidio?”
  • “Cosa?”
  • “Che mi sia portato a letto tante ragazze. “
  • “Assolutamente no.” Protestò.
  • “Già. Lo immaginavo.” Sbuffai
  • “Che c’è, vorresti che fossi gelosa di te?   
  • “Si” mi ritrovai a rispondere sinceramente.
POV MONICA

Lo ero? Ero davvero gelosa di Walter Molinari? Possibile che questa vicinanza forzata mi avesse portato a provare veramente qualcosa per lui? Seppur gelosia? No, io non ero assolutamente gelosa di lui. Non potevo esserlo. Eppure cos’era quella voglia che mi prendeva da un po’ di tempo a questa parte di strozzare tutte le cretine che lo avvicinavano anche se lui era fidanzato con me, seppur per finta.
E poi perché lui adesso mi guardava con quel sorriso beffardo e quegli occhi trasparenti, perfettamente calmo dopo la bomba che aveva sganciato. Voleva davvero che fossi gelosa di lui?
  • “Perché?” chiesi curiosa.
  • “Perché sì”
  • “Che risposta del cazzo” sbottai.
  • “Non essere sboccata. Non è da te!” Oh bella; anche la morale adesso.
  • “Perché tu saresti geloso di me?”
  • “Si”
  • “Non ti credo.”
  • “Eh lo so’.” Sospirò “Ma purtroppo è vero.”  
Ed eccolo lì, il ragazzaccio, il bulletto, …. Così dolce e imprevedibile che senza dire niente o dicendo tutto mi faceva ricredere e forse pensare che si era affezionato a me in qualche astrusa maniera. Probabilmente Valeria aveva ragione al 1000 per 1000 quando diceva che ne sarei uscita distrutta, ma non riuscivo a controllare il cuore impazzito, e la ragione di cui avevo fatto il mio cavallo di battaglia, con lui non riusciva ad imporsi. Ed era tanto bello . . . ma da quando lo vedevo così affascinante e non il solito buzzurro senza cervello?
Anche adesso che era salito in piedi sull’altalena e si dondolava avanti e indietro era un vero sogno! Aveva i capelli un po’ più lunghi del solito, che gli sparavano dappertutto a causa del vento, gli occhi di un cristallino spettacolare, sembravano riuscire ad attirare la poca luce che ancora c’era. Adesso comprendevo perché era come un magnete per tutte le ragazze; poiché ci stavo cascando anch’io con tutte le scarpe.  
  • “Sei proprio bello!!!” pronunciai ad alta voce.
  • “Che?” chiese sbalordito saltando giù dall’altalena e girandosi a guardarmi “Ti sei fumata qualcosa di pesante?”         
  • “Non dovevamo essere sinceri?”
  • “Mi stai prendendo per il culo?”
  • “Purtroppo no.” Sospirai facendogli il verso che lui aveva fatto a me prima “Sei davvero molto bello e…”
  • “E…”
  • “… e questo mi terrorizza.”
  • “Perché?”
  • “Perché sono attratta da te!”
  • “E allora? Cosa c’è di male?”  
  • “Come cosa c’è di male?” scattai in piedi anch’io come una pazza.
  • “Tutte sono attratte da me!” proferì come fatto ovvio.
  • “Io non sono tutte!!!”
  • “Su questo siamo d’accordo. Ma mi pare di averlo già ammesso.” Sorrise incrociando le braccia.
  • “Ragionare con te è impossibile.” Sbuffai.
  • “Potrei dire la stessa cosa.”
  • “Senti, basta Molinari. Questa conversazione non ha né capo né coda. Facciamo finta che non ci sia mai stata e andiamo avanti ognuno per la sua strada.”
  • “E’ sensato. Peccato che non possiamo fare neanche quello! O non ricordi più una certa scommessa…”
A queste parole mi rabbuia. Era vero, non potevamo mollarci così, però adesso comprendevo molto bene che io stavo mettendo in gioco molto più di una bugia. Abbassai lo sguardo e presi il vialetto che portava fuori dal parco lasciandolo lì.  
  • “Moni aspetta!!” mi rincorse prendendomi per un braccio e facendomi voltare.  Il suo semplice tocco e il suo chiamarmi per nome mi diedero la sicurezza che ero proprio nella merda. “Ti prometto che tenterò di smetterla di fare lo scemo se questo ti da’ fastidio.”
  • “Sul serio?” chiesi scettica. 
  • “Sul serio.” Rispose. “Croce sul cuore!” Sorrise disegnandosi una croce sul petto.
  • “Sei proprio un imbecille.” Sdrammatizzai, ma involontariamente sorrisi.
  • “Però hai sorriso. E’ già un passo avanti.”
  • “Così sembra.”
Sospirai, ma non riuscii a non sorridere ancora. Probabilmente non se rendeva neppure conto e se glielo avessi fatto notare si sarebbe incazzato a morte, ma Molinari sapeva essere davvero dolce a volte. Cercai di riprendermi dalle farfalle nello stomaco e chiesi:
  • “Quindi cosa proponi genio?”
  • “Cominciamo dalle basi … telefona a casa e avverti che farai tardi.”
  • “Perché?”
  • “Ti porto a mangiare qualcosa!!”
  • “Vieni con me!” aggiunse poi vedendomi senza parole e prendendomi le mani mi trascinò sul vialetto provocandomi uno scompenso.
  • “Dove mi stai portando?”
  • “Andiamo al Mc Donald del Duomo.”
  • “Ah, e io che pensavo ad un ristorante pluri stellato. E’ un po’ misero per un primo appuntamento.”
  • “Non fare la solita bisbetica. Siamo due ragazzi, mica due vecchi, e poi è un falso primo appuntamento” puntualizzò.
  • “Giusto.” Sorrisi.
Arrivati alla sua moto parcheggiata lì vicino, mi porse il suo casco.
  • “Tieni, metti questo! Se non ricordo male non ti piace il casco di scorta.”
  • “Hai un ottima memoria.”  
  • “E non solo quella!”
  • “Molinari!!!”
  • “O.k. O.k. la smetto.” Affermò alzando le mani in un chiaro gesto di resa. “Ma sai … il lupo perde il pelo…”
  • “…ma non il vizio.” Conclusi io.
Salimmo sulla motocicletta e partimmo verso il centro.
  • “Stringiti!” mi urlò sopra il rombo.
  • “A dove?” Domandai
  • “A me!” rispose prendendomi le braccia e legandosele alla vita.
In centro c’era un sacco di gente, le luci illuminavano a giorno le strade e tutti sembravano allegri e spensierati. Famiglie con bambini, fidanzati, compagnie di amici. Tutti passeggiavano e si facevano selfie. Ero abbagliata e frastornata al tempo stesso. Per entrare al Mc Donald fummo costretti a fare addirittura la fila. Trovare un tavolino per noi due dove oltretutto eravamo stretti come sardine fu un’impresa, ma io ero ugualmente felice. Perché Walter era davvero simpatico. Ci si poteva parlare di tutto, scherzare e addirittura ragionare.
In coda eravamo davanti ad una famiglia con un bimbo di circa 7 anni con cui lui attaccò subito bottone. Non era il montato che si vedeva a scuola con quest’aria da guardatemi ma non toccatemi perché io sono superiore. Ad un certo punto Gabriele, il bambino, gli disse:
  • “Ti posso dire una cosa?”
  • “Dimmi!”
  • “Sai, la tua ragazza è davvero bella!”
  • “Lo so!” rispose mettendomi un braccio sulle spalle e avvicinandomi a sé “Ma non si tocca perché sono geloso!” proferì schiacciandogli l’occhio.
Ed io inevitabilmente sorrisi come un asino.  

AL TAVOLO
  • “So che mi pentirò a chiederti questa cosa, …” pronunciò morsicando il suo panino e distogliendomi dai miei pensieri, “ma tu ci sei mai venuta in centro?”
  • “Certo!!” risposi indignata.
  • “No perché sembri …. come dire.. spaesata.!”
  • “In effetti raramente sono venuta di sera e non mi aspettavo così tante persone. Non amo molto le folle, preferisco essere anonima.”
  • “Perché?”
  • “Non mi piace essere osservata, stare al centro dell’attenzione.”
  • “Ripensando alla festa del mio compleanno non si direbbe.”
  • “Che c’entra?” spiegai rubandogli una patatina.
  • “Ehi.” Protestò. Strano come mi venisse naturale “giocare” con lui.
  • “Lì avevo bevuto. Ero fuori di me; e soprattutto tu mi hai provocata!” sbraitai puntandogli il dito contro. “Non mi ci fare pensare … la verità è che non ci volevo neanche venire. E’ stata Valeria! Ma non doveva andare così”.
  • “A me non importa…”
  • “Cosa?” domandai.
  • “Essere osservato.”
  • “Beh certo. Tu sei nel tuo elemento; capitano della squadra di calcio, figlio del preside, oggettivamente carino, . . . “Enumerai. Non potevo ripetere bello, mi sarei vergognata troppo.
  • “Come carino!?? Al parco non hai detto carino!!” si finse indignato.
  • “Ecco appunto!! Comunque è una delle cose per cui non ti sopporto.”
  • “Perché sono carino?”
  • “Ma no cretino. Perché tutto ciò che ti gira intorno è di dominio pubblico e quindi anch’io una volta cominciata questa storia.”  
  • “Quindi tu pensi di essere popolare per colpa mia?”
  • “Certo!!” risposi. E lui scoppiò a ridere a crepapelle. “Smettila, perché ridi?”
  • “Ma davvero credi questo?” domandò incuriosito.
  • “Sì, ti ho già detto.”
Mi guardò negli occhi tornando serio e perforandomi le iridi.
  • “Oh mamma, non sai quanto ti sbagli… Tu brilli di luce propria ragazzina! Non hai certo bisogno di me.”  
Ed il mio povero cuore troppo sotto pressione quella sera mi scoppiò nel petto. Una vampata di calore si fece strada in me e sentivo le guance bollenti. Probabilmente sembravo un clown, quindi optai per la cosa che mi riusciva meglio.
  • “Scusami, devo andare un attimo in bagno.”
POV WALTER

Nella mia pur giovane vita avevo conosciuto varie categorie di ragazze. C’erano quelle spregiudicate a cui piaceva essere elogiate da mattina a sera e si davano arie da prima donna, c’erano quelle timide che avevano paura della propria ombra e non riuscivano quasi a spiccicare parole di senso compiuto e poi c’erano le false timide; quelle a cui i complimenti piacevano ma volevano dare a tutti i costi l’impressione di non darci importanza. Ecco, dovevo annotarmi mentalmente che a Monica Laboni non si potevano fare complimenti se non si voleva essere piantati in asso, perché lei si dava letteralmente alla fuga. Era scappata, un’altra volta; … al cesso, e mi aveva lasciato lì come un baccalà. Poi si era ripresentata con un Sunday al cioccolato, fra l’altro il mio preferito.
  • “Tieni. E’ per te!”
  • “Perché?”
  • “Non hai voluto che pagassi la cena, volevo offrirti almeno il dolce.” Rispose con un alzata di spalle.
  • “Grazie. E’ il mio preferito.”
  • “Lo so’” La osservai curioso e lei aggiunse: “L’hai detto prima al ragazzino in coda quando sosteneva che l’amarena è meglio del cioccolato.”
  • “Non pensavo ascoltassi quello che dico.”
  • “Sai, ogni tanto capita.” Sorrise dandomi un buffetto.   
Era proprio divertente stare in sua compagnia cavolo. Non riuscivo mai a prevedere le sue mosse, o quello che avrebbe detto. Era una sfida continua, un battibecco continuo, e questo mi teneva in allerta senza darmi alcuna possibilità di noia, cosa che ormai succedeva spesso con le ragazze perché certi cliché li conoscevo a memoria. Invece con Monica Laboni dovevo sempre essere sul pezzo. Ancora non avevo capito se lei si rendesse veramente conto del potere che aveva su di me o come riusciva a mettermi sempre a disagio semplicemente guardandomi con quegli occhioni che avrebbero annientato qualsiasi ragazzo. Perché almeno questo lo avevo capito, non mi riservava più lo sguardo d’odio degli ultimi anni. Mi sorprendevo ogni tanto a chiedermi se alla fine di tutta questa storia il nostro rapporto sarebbe cambiato o se saremmo ritornati ai litigi dei vecchi tempi e questi pensieri mi destabilizzavano un po’ per il significato nascosto che potevano avere. Io non volevo cambiare! A me piaceva la mia vita da stronzo puttaniere ma lei mi stava cambiando.
PER STRADA
 
  • “Vuoi fare un giro?” chiesi senza pensarci mentre stavamo uscendo.
  • “Che vuol dire?”
  • “Se vuoi fare un giro.”
  • “Perché?”
  • “Andrà sempre così fra noi?”
  • “Cioè?”
  • “Che mi chiederai il motivo di ogni cosa.”  
  • “Credo di sì”
  • “Perché quando siamo insieme sei sempre sulla difensiva?” domandai mentre ci incamminavamo verso il centro.
  • “Scusami, è solo che non sono abituata a vederti in questa veste.”  
  • “Intendi come un ragazzo carino ed educato?”
  • “Suppongo di sì” sorrise.
  • “Questa è la tattica che uso per far colpo sulle ragazze e portarmele a letto, poi passo alla modalità antipatico e stronzo.”
  • “Ah, quella che generalmente usi con me a prescindere.”  
  • “Beh, a te mica ti voglio portare a letto!”
  • “A no?” chiese quasi delusa. E questa domanda ebbe un effetto immediato sul cavallo dei miei pantaloni.
  • “Cara piccola dolce Monica” risposi toccandole la testa con una carezza affettuosa come fosse una bimba piccola “Non provocarmi.”  
E quando lei mi rivolse quello sguardo da – non ho capito un tubo – aggiunsi:
  • “Vuoi veramente che ti risponda quello che sto’ pensando? No, perché il nostro delicato rapporto cominciato stasera prevede che non ti faccia incazzare per cui non chiedermi veramente se io voglia o meno portarti a letto. Domandati piuttosto se tu piccola cara saresti disposta a venire a letto con me.”
  • “Touchè.” Arrossii. “Comunque la risposta è no.”
  • “Già lo credo anch’io.” Ammisi. “Anche se ho la mia personale opinione a riguardo.”
  • “E sarebbe?”
  • “Che in te è solo l’orgoglio che parla con la bocca, ma il tuo corpo dice altro.”
  • “Sei diventato psicologo in una sera Dottor Freud?”  
  • “Non sei stata tu a dichiarare prima al parco che sei attratta da me?”
  • “Possiamo per favore parlare d’altro?” mi disse abbassando lo sguardo.
  • “Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Volevo solo continuare il discorso fatto prima e capire perché ti metto così sulla difensiva.”
  • “Schietta e sincera?” mi chiese voltandosi verso di me.
  • “Schietta e sincera come solo tu sai fare.”
  • “Perché come ti ho già detto prima sei un imbecille!! Per carità un bel imbecille” si affrettò ad aggiungere mentre io la guardavo stralunato “ma pur sempre un imbecille. Voglio dire seriamente, guardaci!! Io e te siamo ai due poli opposti del pianeta e non voglio dire che io sia nel giusto e tu nello sbagliato o viceversa. Dico solo che siamo diversi.” Sospirò e riprese fiato. “Come io non riuscirei mai a prendere una relazione come un gioco, tu non riusciresti mai a prenderla seriamente. E non è colpa di nessuno, è il nostro essere. La verità è che ci siamo conosciuti e parlati superando la fase degli insulti solo perché tuo padre ci ha costretti. Ammetto che ho scoperto dei lati di te che ignoravo ma…”
  • “Ma …?” chiesi veramente interessato. Aveva ragione. Aveva ragione in tutto. Ma perché mi dava così fastidio il pensiero che lei non mi considerasse degno di una relazione. Ma poi da quando a me importava di una relazione seria? Solo la parola mi faceva venire i brividi su tutto il corpo.
  • “Ma io non ho la minima fiducia in te. Tu non mi conosci, non sai niente di me. Di cosa sogno, di cosa voglio fare da grande, delle mie aspirazioni.”
  • “E allora conosciamoci!”
  • “Andando a letto insieme?”
  • “Potrebbe essere un inizio” ammiccai.
  • “Sei proprio un cretino.” Osservò dandomi uno spintone, ma anche stavolta non riuscì a fare a meno di sorridere.
  • “E tu sei melodrammatica! Dai muoviti, vieni con me. Per stasera basta discorsi impegnativi.”
E la presi per mano cominciando a correre come un cretino in mezzo alla gente spaesato e bambino come non lo ero stato da tempo. Come avrebbe reagito se le avessi detto che morivo dalla voglia di baciarla; mi avrebbe preso a schiaffi o mi avrebbe lasciato fare. Glielo dovevo dire che stavo correndo verso la piazzetta dove solitamente si incontravano i ragazzi della nostra scuola cosicché davanti a tutti non avrebbe potuto fare la minima obiezione perché doveva tenere il gioco. Infondo ero comunque uno stronzo. Ed infatti appena arrivati in piazza vidi appoggiati sul muretto una compagnia formata da ragazzi di quarta.  
  • “Oh cavolo.” Esclamai fermandomi e abbracciandola di slancio. 
  • “Che fai Molinari?”
  • “Ci sono quelli di quarta B” Ammiccai verso di loro.
  • “Oddio e adesso che facciamo?”
  • “Facciamo i fidanzati come tutti si aspettano ovviamente!”
  • “Ma non abbiamo pianificato niente.” Rispose ancora trafelata per la corsa e presa un po’ di sorpresa.
  • “Non importa; improvvisiamo!!”
  • “Cioè?”
Ma non le diedi il tempo di finire la domanda che le mie labbra si posarono sulle sue nel bel mezzo di una piazza affollata, le mie braccia la avvolsero e la strinsero forte a me. Doveva essere una cosa dolce e romantica ma quando lei non si oppose approfondii il bacio e tutto divenne ovattato. La baciai con dolcezza e passione, forza, desiderio e possessione, gelosia e non sapevo bene cosa. Non sentivo più nessuno, solo lei. Solo io e lei.
  • “Wow ehi Molinari se vuoi ti presto la macchina!” D’improvviso tornai alla realtà sentendo urla fischi e schiamazzi di incoraggiamento. Mi staccai il più lentamente possibile per non farla sentire abbandonata e quando la vidi in evidente imbarazzo e porpora in viso le dissi
  • “Scusa non doveva andare così. Nel mio immaginario era meno passionale e più dolce.”
Scusa, ma vi rendete conto, le chiesi scusa. Questa ragazza mi stava proprio rincoglionendo. Quando lei mi guardò negli occhi spaesata, quel poco di lucidità mentale che mi era rimasta andò a farsi benedire. Ma glielo dovevo dire che quel bacio non mi era bastato. No, forse era meglio di no!!
 

 
  
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