Capitolo 41:
il
segreto della Camera dei Segreti.
Nella sala
umida, buia e fredda, piena di ornamenti con dei serpenti dei pietra,
c’era un
silenzio di tomba e ad eccezione di qualche squittio di qualche topo,
finché un
muro della stanza si spostò, all’improvviso, da un
lato, rivelando un lungo
corridoio, da cui uscirono una ragazzina coi capelli argentati e un
serpente
dalle scaglie di un verde lucente.
La giovane si
avvicinò alla gigantesca statua di Salazar Slytherin e
ordinò, con un sibilo:
“Spostati.”
Subito, la
statua si spostò, rivelando una lunga e larga scalinata che
scendeva verso il
basso.
“Bene,
andiamo.” Ordinò la giovane al serpente e lui le
ricordò: “Ti ricordo che se li
guardi negli occhi, schiatti.”
“Lo
so,
Asmodeus. Infatti, so cosa mi aspetta e sono pronta ad
affrontarli!”
“Contenta
te…”
La giovane
scese le scale il più velocemente possibile, seguita a ruota
da Asmodeus e,
dopo un tempo che parve interminabile, essi raggiunsero la fine della
scalinata, giungendo in una grande sala, il cui pavimento era a
scacchi, mentre
il soffitto era fatta a volte.
Senza perdere
tempo, Delphini tirò fuori un fazzoletto e lo
piazzò davanti agli occhi, mentre
il suo serpente domandava: “E adesso che si fa?”
“Aspettiamo.
Sono certa che non ci vorrà molto…”
Infatti,
pochi
secondi dopo, Delphini sentì qualcosa strisciare verso di
lei e, quando si
accorse che era sempre più vicino, sibilò:
“Fermo lì!”
Di colpo, la
creatura, si fermò di scatto e sussurrò,
allibita, con una voce femminile:
“M-ma tu… tu chi sei?! Hai la sua stessa energia,
la riconosco benissimo…
inoltre, lo parli! Come… come puoi…?!”
“Beh,
diciamo
che una delle mie migliori abilità è il fatto che
lo parlo… senti, non è che
potresti chiudere gli occhi? Vorrei tornare a vedere, ma hai uno
sguardo molto
particolare…”
“Io…
sì, lo
farò…”
Dopo qualche
secondo, Delphini domandò ad Asmodeus: “Ehi, li ha
veramente chiusi gli occhi?”
“Sì,
sta
tranquilla…”
“Va
bene, ma se
mi hai mentito, ritorno come fantasma, solo per romperti le
scatole.”
Delphini si
tolse la benda dagli occhi e, dopo un qualche secondo, aprì
i grandi occhi neri
ed osservò l’enorme creatura serpentina con gli
occhi chiusi e delle piccole
punte sulla testa, la quale stava a qualche metro di distanza da lei,
nascondendosi
dietro ad una colonna del lungo corridoio.
Con un passo
calmo e tranquillo, la giovane si avvicinò alla creatura e
domandò: “Ciao… come
ti chiami?”
“Il
mio nome
sarebbe Scintilla… ma sono anni che nessuno mi chiama per
nome…”
“Immagino…
ce
ne sono altri come te qua sotto?”
“Sì,
parecchi…
lui diceva sempre che eravamo più numerosi delle stelle in
cielo.”
“Lui
chi?”
“Il
nostro
benefattore. Colui a cui dobbiamo tutto: un rifugio, un luogo dove
vivere in
pace, senza dover temere di essere attaccati ed uccisi da un momento
all’altro…
è così che la nostra comunità ha
potuto prosperare in pace, senza alcuna
minaccia, per molti anni ed è per questo che noi Basilischi
l’abbiamo premiato
con la nostra più grande riconoscenza… ossia che
nessuna creatura serpentina
osi minacciare o toccare lui o la sua famiglia. Tu hai quella stessa
energia e
onorificenza… inoltre, parli la nostra lingua, proprio come
lui. Sei per caso
una sua discendente?”
“Boh,
forse… a
dire la verità, non ne ho la più pallida
idea… sai com’è, Scintilla, non ho
ancora capito da chi ho ereditato la mia capacità di parlare
ai serpenti…
comunque, dove sono i tuoi simili?”
“Stanno
dormendo alla fonte.”
“Ottimo…
sai
indicarmi dov’è?”
“Prosegui
lungo
il corridoio finché non arrivi ad un arco.”
“Sei
sicura che
stanno dormendo?”
“Sì,
il mio
turno di guardiana terminerà tra novant’anni.
Prima di allora, non si sveglierà
nessuno.”
“Ok.
Andiamo,
Asmodeus.”
La ragazza e
il
serpente camminarono nella direzione indicata da Scintilla, mentre i
passi di
Delphini rimbombavano nel pavimento di marmo.
Finalmente, i
due giunsero all’antro e, senza aspettare un attimo, i due lo
oltrepassarono,
ritrovandosi in una stanza afosa e con il suono di una cascata sul
sottofondo.
La ragazzina
fece solo un passo e, immediatamente, notò un enorme
serpente con un pennacchio
rosso sulla testa che sembrava formare una corona sulla testa che
ronfava
beatamente.
Spostando lo
sguardo, Delphini notò tantissime creature, identica a
quella addormentate, sia
col pennacchio sulla testa oppure no, tutte intente a dormire dalla
grossa.
Facendo
attenzione a non calpestarle si diresse verso il suono della cascata e
trovò
un’enorme vasca a forma circolare, riempita
dall’acqua che proveniva dal
soffitto e al centro del lago vi era un isolotto dove c’era
qualcosa di dorato.
“Vuoi
avvicinarti?” domandò Scintilla, la quale, sempre
tenendo gli occhi chiusi,
aveva seguito Delphini e quest’ultima: “Certo. Come
si fa?”
“Saltami
in
groppa.”
Delphini fece
come le era stato detto e Scintilla e si aggrappò alla pelle
squamosa della
creatura, cercando di non farle male.
“Pronta?”
domandò Scintilla e la ragazzina annuì:
“Pronta.”
Scintilla
strisciò verso il lago e, con grazia ed eleganza,
cominciò a solcare l’acqua
smeraldina come una barca.
“Non
sapevo che
voi basilischi sapete nuotare…”
commentò la ragazzina, mentre Scintilla
ribatteva: “Beh, tutti i naturalisti che hanno avuto a che
fare con noi, sono
morti nemmeno cinque secondi dopo averci visto…”
“Già,
immagino
che ci siano parecchie cose che non si sa su di
voi…”
Pochi secondi
dopo, Scintilla attraccò con delicatezza sul piccolo
isolotto di pietra e, con
un movimento fulmineo, Delphini saltò giù dalla
groppa del Basilisco e si
avvicinò alla statua d’oro situata al centro della
piccola isola: rappresentava
un uomo coi capelli lunghissimi e lisci, il quale aveva messo la mano
sinistra
sulla spalla di una donna coi capelli mossi con in braccio un bambino
piccolo
che sembrava appena nato, le cui bracciane si allungavano verso
entrambi i
genitori, i quali stavano entrambi sorridendo dolcemente.
Attorno alla
statua c’erano innumerevoli fiori bianchi, i quali si
arrampicavano attorno alle
figure, come a voler formare una cornice attorno alla famiglia.
“Quello
è il
nostro protettore e la sua famiglia.” Raccontò
Scintilla e Delphini avvertì dal
tono malinconico della creatura che qualcosa di davvero brutto era
accaduto a
quella famiglia, anche se sembravano così felici…
“Cosa
gli
successe?” domandò la giovane e il serpente
raccontò: “Non conosco tutta la
storia, perché è accaduta quando io avevo solo
dodici anni… un giorno, per
qualche motivo che tutt’ora ignoro, la moglie del nostro
protettore e sua
figlia morirono… e dire che lui era così
felice… ricordo ancora com’era
emozionato all’idea di diventare padre… non si
staccava un attimo dalla sua
compagna e poi quando nacque la piccola era così
felice… ce la fece conoscere
subito… era così piccola e dolce…
fummo devastati quando lui ci disse che erano
entrambe erano morte… ma quello che fu il più
distrutto di tutti fu proprio il
nostro signore… fece costruire questa statua in ricordo
della sua famiglia
perduta, mentre, lui diventava sempre più chiuso in se
stesso… poi, alla fine,
decise di sigillarci qui dentro per i successivi secoli, facendoci
addormentare
tutti con un potente incanto in modo che non
morissimo…”
“Eppure
tu sei
sveglia…”
“Ha
fatto in
modo che uno di noi restasse sveglio per un secolo intero per tenere
alla larga
eventuali intrusi e, allo scadere di esso, uno di noi si risveglia e
prende il
posto di guardiano, mentre l’altro torna a dormire.”
“Davvero
intelligente… senti, non sai altro su quello che accade alla
famiglia del
vostro protettore? Come morirono la moglie e la figlia?”
“Non
ne ho
idea. Forse mia madre l’avrebbe saputo, ma lei non venne
sigillata qui dentro…
temo che sia morta anni fa…”
“Già…
quando
intendi tua madre, intendi la madre tua e di tutti i basilischi qui
dentro?”
“Sì.
Nostro
padre fu ucciso svariati anni prima della nostra nascita da dei
babbani, i
quali credevano che fosse un messo del diavolo, quindi attaccarono il
loro
nido, dove si stavano preparando per dare al mondo i loro
figli… nostro padre
rimase indietro per permettere a nostra madre di scappare e
loro… secondo
nostra madre… loro… prima lo accecarono e,
poi… poi… lo uccisero… e usarono la
sua pelle come un… un trofeo di caccia…”
Delphini vide
che due grosse lacrime stavano uscendo dagli occhi della creatura e
che, una
volta cadute per terra, fecero nascere due splendide rose, una di
colore
bianco, mentre l’altra rossa.
D’istinto,
Delphini si mise ad accarezzare la pelle di Scintilla, confortandola:
“Dev’essere stato tremendo per tutti
voi…”
“Soprattutto
per nostra madre… fu devastata dalla perdita di nostro
padre… più di una volta
la sentii dire al nostro benefattore che se le fosse stato possibile,
avrebbe
ucciso personalmente qualunque babbano sulla terra o qualunque cosa
fosse
collegata a quei mostri fanatici…”
“Immagino…
e,
quindi, fu il vostro benefattore a salvarvi?”
“Sì,
era da
quelle parti, quando seppe quello che i babbani volevano
farci… salvò nostra
madre e la portò in questo posto, in modo da deporre le sue
uova in grembo,
nascondendoci in modo che i nascituri fossero al sicuro. Una volta che
fummo
nati, si mise alla ricerca del corpo di nostro padre e non appena la
sua pelle
finì nelle sue mani, la bruciò, in modo da dargli
una degna sepoltura.”
“Molto
carino
da parte sua…” commentò Delphini
sfiorando con delicatezza la statua d’oro, per
poi domandare: “Senti, c’è un modo per
risvegliare tutti i basilischi quaggiù?”
“Sì,
devi dire
‘Svegliatevi tutti’ nella nostra lingua
madre… ma non te lo consiglio. Verresti
colpita da un milione di sguardi letale e dubito che riusciresti ad
evitarli…”
“Immagino…
senti, come faceva il vostro benefattore a evitare di lasciarci le
penne con
tutti voi?”
“Ricordo
che
aveva creato una pozione che rendeva i nostri occhi innocui…
ma non so dove
trovare una ricetta del genere…”
“Beh,
dovrei
trovare qualcosa nel Reparto Proibito… io e Asmodeus andremo
subito a dare
un’occhiatina.”
“Perché
devi
sempre mettermi in mezzo?” protestò il serpente e
la ragazzina, prontamente,
rispose: “Perché ho bisogno di qualcuno che faccia
il palo e di certo non posso
usare Scintilla… inoltre, grazie al fatto che nessuno sa che
sono una
rettilofona, potrai mandarmi avvisarmi senza far sapere a Gazza che
sono in
giro…”
“Sai,
a volte
mi irrita quel tuo avere sempre la risposta pronta per
tutto…” sbuffò Asmodeus
e Scintilla, con un tono di pieno supporto, lo consolò:
“Anche il nostro
benefattore era fatto così… non immagini quanto
desse fastidio a mio fratello
Kraken…”
“Andiamo,
Asmodeus. Devo trovare quel libro entro un’ora.” Li
interruppe Delphini.
Gazza
superò
l’armadio delle scope, non accorgendosi che, al suo interno,
c’era un ragazzino
con un casco da pilota babbano, che stava cercando di trattenere il
fiato.
Una volta che
il guardiano se ne fu andato, Gal tornò a respirare di nuovo
normalmente.
Era
già la
seconda volta in due notti che rischiava di farsi beccare dal vecchio
custode…
o imparava a fare più attenzione o non usciva più
dalla Sala Comune…
Tuttavia,
proprio quando stava per uscire, sentì un rumore di passi
che veniva nella sua
direzione… evidentemente, Gazza stava tornando indietro.
Provò
a
spostarsi da lato, in modo da appiattirsi contro la parete, ma
colpì una scopa
e quella cadde per terra, colpendo un secchio e facendo un rumore
assordante.
Subito, il
rumore di passi si fermò proprio davanti
all’armadio e la porta venne aperta
con uno scatto e Gal non poté fare a meno di trasalire, ma,
quasi subito si
calmò non appena notò chi aveva aperto la porta,
ossia una faccia fin troppo
familiare e che lui odiava con tutto sé stesso, con tanto di
sorrisetto.
“Che
cosa ci
fai qui, Abel?” domandò, con un tono di stizza,
Gal e quello, con un sorrisetto
divertito, dichiarò: “Chi lo sa…
faresti meglio a fare attenzione la prossima
volta, se non vuoi che Gazza ti becchi… magari questa
è la volta buona che
vieni espulso…”
“E,
invece, io
resto qui! Alla faccia tua!” sbottò il rosso,
facendogli una risentita
linguaccia, mentre l’altro si allontanava, salutandolo:
“Sì, certo… non appena
la tua mammina saprà delle piume di piccione sono certo che
ti vedrò di nuovo
in giro. Ciao, ciao, furbone…”
“Io
lo ammazzo
quello…” sibilò Gal, mentre il suo
volto si deformava in una faccia parecchio
furibonda.
“Allora?
Ti dai
una mossa?” sbottò Asmodeus, mentre Delphini
sbuffava: “Ho quasi finito!”
“Ottimo…
non ne
posso più di questo posto!”
“Invece
di
lagnarti, va a fare il palo.”
Delphini
appoggiò la scala mobile su uno scaffale e, veloce come un
lampo, si arrampicò
su di essa, finché raggiungere lo scaffale più
alto.
Puntando la
bacchetta illuminata vicino ai libri, lesse con molta attenzione i vari
titoli,
per poi prenderne una decina, i quali li fece atterrare con molta
delicatezza
sul tavolo più vicino.
Ad un tratto,
l’attenzione di Delphini fu presa da un libro vicino,
intitolato ‘Serpentese:
tutti i segreti di questa dote e i più famosi maghi
conosciuti con questo
potere.’
Doveva essere
un segno del destino: l’anno scorso non era riuscita a
trovare quel dannato
libro da nessuna parte, anche perché era più
interessata a libri sulle arti
oscure e incantesimi e pozioni avanzate, di vitale importanza per
superare il
terribile test per diventare Auror… allora era proprio vero
che trovi le cose,
proprio quando smetti di cercarle…
La ragazzina
allungò la mano verso il libro, ma, proprio quando stava per
prenderla, sentì,
a terra, il sibilo di Asmodeus: “Ehi, dobbiamo svignarcela!
Il custode e il suo
stupido felino spelacchiato stanno venendo qui!”
“Arrivo
subito!” esclamò Delphini, scendendo prontamente
dalle scale.
Ogni istante
era troppo prezioso quando c’era di mezzo Gazza e la sua
gatta… in fondo,
poteva sempre andarlo a prendere domani.
Veloce come
il
lampo, la Serpeverde si fiondò nel passaggio segreto e, dopo
qualche minuto di
camminata, giunse alla Camera dei Segreti.
Una volta
giunta, Delphini si buttò su una delle sue poltrone e
cominciò a leggere con
interesse il libro che aveva appena ‘preso in
prestito’ dal Reparto Proibito.
Dopo un
po’,
esultò: “Ecco! Ho trovato qualcosa!”
“Cosa?”
fece
Asmodeus, mentre ficcava la testa in un pacchetto di patatine buttato
per
terra, con la speranza di trovare qualcosa da mangiare, e Delphini
spiegò,
mostrando una pagina: “Questa pozione può rendere
inefficace lo sguardo mortale
di un Basilisco per parecchi anni! Basterà qualche goccia
sulle palpebre e
potrò guardarli negli occhi senza alcun timore!”
“Vuoi
davvero aiutarli?”
“Certamente.”
“Lo
sai che,
molto probabilmente, quella pozione ha degli ingredienti difficili da
reperire
e che è molto complessa da preparare. Se sbagli qualcosa,
rischi davvero
grosso.”
“Lo
so, non
sono mica stupida… ti prometto che farò
attenzione.” Dichiarò Delphini,
prendendo un pezzo di pergamena e cominciando a scrivere con molta
attenzione i
vari ingredienti e le procedure, per poi esclamare: “Beh, un
ingrediente ce
l’ho già.”
“Ah
sì? E
quale?”
“Veleno
di
serpente.”
“Eh?!
Vuoi
usare il mio veleno?!”
“Esatto,
bello!
Altrimenti dirò a Scintilla di mangiarti pure. Sai, ho
sentito che i Basilischi
possono mangiare i serpenti.”
“E
va bene…”
mugugnò Asmodeus, mentre Delphini, prontamente, gli
avvicinava una boccetta
alla bocca.