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Autore: Mary P_Stark    08/02/2021    1 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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25.

 

 

 

Pioveva a dirotto quando Chanel, Mark e Liza tornarono a Clearwater assieme a Litha. Questo, però, non rovinò affatto la corale sensazione di gioia provata da tutti coloro che, con pazienza e speranza, avevano pregato per un loro pronto ritorno a casa.

Sia i Wallace che i Sullivan si lasciarono andare a uguali cori di sollievo e giubilo, quando li videro finalmente rientrare a casa Saint Clair, ma nessuno osò avvicinarli per paura di essere respinti in qualche modo.

Furono perciò Liza e Mark a fare la prima mossa, accorrendo verso i propri cari per un abbraccio liberatorio che comportò anche diverse lacrime, oltre ad alcuni singhiozzi di natura sia femminile che maschile.

Ritta accanto a Litha, Chanel osservò l’intera scena con il cuore ricolmo di felicità. Era al settimo cielo, al pensiero che i suoi amici avessero potuto recuperare appieno il rapporto con le loro famiglia, ma desiderava anche per sé quel finale.

Nel lanciare perciò uno sguardo alla sua dea, ora più sicura di se stessa e con l’animo libero dai vincoli insidiosi che tanto li avevano turbati, disse: «Vorrei dire ogni cosa ai miei genitori. Meritano di conoscermi per quella che sono. Nel bene e nel male. Se, però, non dovessero accettarmi, ti prego di cancellare loro ogni ricordo di ciò che dirò. Non voglio che stiano male per me, o che il branco sia costretto ad agire nei loro confronti.»

«Verrò con te, e insieme spiegheremo loro ciò che vi è realmente accaduto» le promise Litha prima di sospingerla con un sorriso verso Rachel, che la stava attendendo per un abbraccio di gruppo.

Chanel sorrise quindi alla madre di Liza, la accontentò con piacere e si lasciò stringere da quelle esili braccia calde che sapevano esprimere una forza che, in quel momento, le parve vitale.

Sperò davvero che anche i suoi genitori potessero accettarla come Rachel e Richard, o come Donovan e Diana avevano accettato sia Liza che Mark. Se ciò non fosse avvenuto, a ogni modo, sarebbe andata avanti, pur se ne avrebbe comunque sofferto un po’.

Lo aveva promesso a Fergus, a Qiugyat e ai suoi amici. Avrebbe avuto altre braccia che l’avrebbero sostenuta e amata e, anche se non sarebbe stata la stessa cosa, lei avrebbe accettato il suo destino e ne avrebbe tratto il massimo.

Affiancando la sorella mentre il vociare delle famiglie presenti in casa si faceva sempre più allegro e pieno di vitalità, Rohnyn ammiccò a Litha e domandò: «Tutto bene?»

Lei assentì con sicurezza, guardò il fratello e disse: «Vorrei scoprire se esiste ancora qualcosa che appartiene ai miei antenati. Sei disposto ad aiutarmi? Per quanto mi spiaccia ammetterlo, Muath aveva ragione. Mi sono comportata in modo sconsiderato, pensando che il mio essere così potente potesse bastare. Ho sbagliato, e un ragazzo è morto per questo. Devo capire realmente chi sono e, per farlo, devo conoscere il mio passato, prima di concentrarmi sul mio futuro.»

Rohnyn assentì senza dire nulla, limitandosi ad avvolgerle le spalle con un braccio e, assieme, si unirono ai festeggiamenti per il loro.

Muath aveva davvero avuto ragione su una cosa. Dimenticare il passato era inutile. Dovevano fare tesoro di esso e utilizzarlo per costruire un futuro che potesse renderli orgogliosi ma, soprattutto, felici.

***

Lucas stava osservando pensieroso le finestre di casa Howthorne, l’aria accigliata e tesa mentre, al suo interno, Chanel e Litha stavano tentando di spiegare ciò che realmente era accaduto nel bosco, e ai ragazzi coinvolti nel ferimento.

A giudicare da come Troy stava agitandosi sul divano, e Martha stava asciugandosi copiose lacrime dal viso, la spiegazione stava più o meno creando gli stessi problemi di sempre.

Incredulità, rabbia e, non da ultimo, una fottuta paura.

«Niente di strano, direi» chiosò pacifico Rock, fermo accanto al suo compagno e impegnato a sbocconcellare una liquirizia gommosa.

Lucas ne prelevò una per sé dal sacchetto che il compagno teneva nella mano libera e, dopo averle dato un morso, borbottò: «Ho sempre il terrore che, prima o poi, qualcuno sbarelli, costringendo te e Liza a intervenire nel peggiore dei modi. E’ pur vero che stavolta c’è Litha, che può svolgere le stesse funzioni di una wicca… ma la cosa non mi piace in ogni caso. Chanel ha sofferto a sufficienza per due vite intere, e non mi va che soffra anche stavolta. Ha un abbuono di felicità da chiedere al Destino già da adesso.»

Rock gli sorrise nel dargli un colpetto con la spalla e, dolcemente, mormorò: «Ti amo anche per questo, Lucas. Il tuo cuore è così grande da non avere confini e sono più che sicuro che, se tu avessi un’anima senziente come quella di Iris, saresti il lupo più puro e generoso del pianeta, in grado di far innamorare di te chiunque, o di ammansire anche la belva più crudele che esiste.»

«Ho già l’uomo da amare… e mi basta avere sulle spalle tutto il branco. Non ho bisogno di pensare ad altro» ammiccò Lucas, allungandosi per dargli un tenero bacio sulle labbra morbide. «Dio! Vorrei essere a casa con te a fare ben altro che starmene seduto su una staccionata, ma questa cosa di essere il capo mi porta via un sacco di tempo!»

«La notte è lunga…» replicò Rock, lasciando scivolare una mano lungo la coscia di Lucas fino a raggiungere maliziosamente il cavallo dei suoi pantaloni. «…e, per come si stanno evolvendo le cose in casa, non dovremo rimanere qui ancora per molto.»

Lucas trattenne il fiato per alcuni istanti prima di lasciarlo scivolare lentamente fuori dalle labbra, esitante e deliziato al tempo stesso e Rock, lasciandosi andare a un sorriso soddisfatto, mormorò: «Avremo tempo anche per noi. Non temere.»

L’altro assentì ma, giusto per non dover morire di fame prima del sontuoso banchetto promesso da quella carezza, afferrò il compagno alla nuca per avvicinarlo a sé. Con maggiore enfasi rispetto al bacio precedente, saccheggiò quindi quelle morbide labbra ancora e ancora, portando il cuore di entrambi a battere frenetico nel petto.

«Cristo!» esclamò Rock, quando infine si discostarono. «Sei un gran bastardo, quando mi baci così! E adesso chi resiste?»

Lucas scoppiò a ridere per alcuni attimi, ma si arrestò di colpo quando vide Troy cadere in ginocchio dinanzi alla figlia – ora in piedi nel mezzo del salotto – per stringerla a sé in lacrime.

Tornando serio, Lucas si levò in piedi e disse: «A quanto pare, tocca a noi, adesso.»

«Già. Andiamo a dare man forte alla bambina» assentì Rock, dandogli una pacca sulla schiena prima di scoppiare a ridere quando vide un particolare non da poco.

Lucas ne seguì lo sguardo divertito e, dopo un istante, imprecò e ringhiò: «Guarda che hai combinato! E adesso come faccio a entrare in casa?!»

«Credo che, dopotutto, dovremo pensare prima a noi. Non puoi entrare in casa Howthorne con quell’erezione pazzesca che ti preme nei pantaloni» ridacchiò suo malgrado Rock, sospingendo Lucas verso il bosco.

Lucas mugugnò qualche rispostaccia tra i denti, ma non si lasciò pregare. In fondo, Litha poteva cavarsela anche da sola.

***

Non vedendo comparire né Lucas né Rock, Litha dedusse che fossero incorsi dei problemi legati al branco, perciò prese la parola per parlare di ciò che le competeva.

I coniugi Howthorne erano stati fin troppo disponibili – pur se chiaramente sopraffatti dalla sorpresa e da un genuino panico, nato dall’assurdità dell’intera situazione – e meritavano da lei l’intera verità.

Mentre Chanel aiutava il padre a riprendersi, carezzandolo e abbracciandolo e sorridendogli piena di gratitudine, Litha si rivolse a Martha e disse: «D’ora in poi, non dovrete temere che vostra figlia possa essere in pericolo, o che sia meno che protetta. Avrà dalla sua parte un intero branco che la sosterrà e di cui farà parte integrante. Inoltre, avrà me a sostenerla. Io e lei, esattamente come accade con Liza e Mark, siamo legate da vincoli di sangue, e non esisterà pericolo o urgenza che io non affronterò per Chanel. Sarò la sua guida, ma anche il suo scudo.»

Martha, però, scosse il capo di fronte a quelle parole, si limitò a sorridere con occhi colmi di lacrime e replicò: «Non mi fraintenda, ma non è importante. Non per noi, almeno.»

Litha allora guardò dubbiosa Chanel che, a sua volta, fissò senza comprendere il volto stranamente pacifico della madre, così Martha si vide costretta ad aggiungere: «Sei qui. Sei viva. Non importa come, non importa se sei cambiata, o come sei cambiata. Io ho ancora mia figlia. Hai idea di quanto questo sia vitale per me, o per papà, bambina mia?»

Chanel annuì con fare nervoso, rammentando le parole di Qiugyat all’atto della loro separazione e, ancora una volta, si convinse di aver preso la decisione più giusta.

L’importante, sia per Qiugyat che per i suoi genitori, era la sua esistenza. Non come essa sarebbe cambiata da lì in avanti.

«Passerò il resto della mia vita a rendervi orgogliosi di me, ve lo prometto» mormorò a quel punto Chanel, avvicinandosi alla madre per abbracciare anche lei.

Martha assentì, lasciandosi andare a una risatina nervosa e, nel tergersi l’ennesima lacrima, domandò: «Non credo saresti in grado di fare diversamente. Ora, però, cosa dovremo aspettarci?»

La ragazza guardò immediatamente Litha, la quale asserì: «Conosciamo poco degli amarok ma, da quel che ci ha detto la loro creatrice, hanno comportamenti non dissimili da quelli di qualsiasi altro lupo. Essendo però dei mutaforma, manterranno ancora comportamenti umani, pur se questa non sarà la loro mens prioritaria.»

«Tenderò a essere un po’ più guardinga e solitaria, da quel che abbiamo capito, ma penso risulterà normale, visto ciò che ho passato» spiegò quindi loro Chanel, vedendoli annuire in risposta.

Martha carezzò il viso sereno della figlia e domandò con un mezzo sorriso: «Ululerai alla luna come si vede nei film?»

Chanel non poté impedirsi di scoppiare a ridere – e così pure Litha – lieta che sua madre tentasse di fare dell’ironia per alleggerire la tensione fin lì accumulata perciò, scrollando le spalle, chiosò: «Forse succederà, ma non sarà una delle mie priorità.»

«E quali saranno, allora?» domandò a quel punto il padre, ripresosi dallo scoramento iniziale.

Tornando seria e lanciando nuovamente uno sguardo in direzione di Litha, Chanel mormorò: «Colei che mi ha salvato mi ha chiesto solo una cosa; che io sia una brava persona. A questo mi atterrò.»

ATroy sembrò bastare e con un ultimo, tremulo sospiro, si lasciò andare contro la poltrona del salotto per poi esalare: «E chi l’avrebbe mai immaginato che Rock era un lupo, e che Lucas era il capobranco di un clan di licantropi?»

«Giusto loro… dovevano venire qui per parlare con voi, ma non si sono ancora visti» esalò Litha, tornando a guardarsi intorno con espressione confusa.

A quel punto, Troy ghignò malizioso e replicò: «Rock ha perso così tanto tempo, pur di avere Lucas, che non penso ora ne voglia perdere altro con simili quisquiglie.»

«Troy!» esalò Martha, scoppiando a ridere subito dopo mentre Chanel arrossiva e Litha mormorava una risatina complice.

«Andiamo, Martha… concedimi di essere un po’ sopra le righe. Ho appena scoperto che mia figlia corre più veloce di una Ferrari, può sollevare il nostro pick-up con una mano sola e sa trasformarsi in un lupo nero. Potrò permettermi di fare dell’ironia spicciola, no?» celiò Troy, passandosi le mani sul viso per cancellare gli ultimi residui di pianto.

«Fu davvero così difficile, per loro due?» si informò Chanel, ora più che mai curiosa. «Ero davvero molto piccola, all’epoca, e non ricordo.»

«Beh, erano forse la prima coppia gay di Clearwater, perciò la cosa fece scalpore. Inoltre, quando tutto cominciò, Lucas aveva appena diciannove anni, mentre Rock già ventisei, perciò fu per tutti abbastanza scandaloso. Ma ci hanno dimostrato che i benpensanti erano solo dei bigotti pieni di pregiudizi» le spiegò il padre, allungando una mano per carezzare il viso della figlia. «Lucas è davvero una brava persona, e credo lo sarà anche come tuo capobranco. Quanto a Rock… beh, è sempre stato uno spacca culi in senso buono, perciò mi sentirò più tranquillo, sapendo che c’è lui a difenderti, caso mai servisse.»

«Grazie, papà» mormorò Chanel, accucciandosi accanto a lui per abbracciarlo.

Litha sorrise a quella vista, rammentando le rare volte in cui anche Thetra si era lasciato andare a simili abbracci. A ben vedere, nel ricordava solo uno; il giorno in cui era uscita dalle senturion.

L’aveva stretta a sé per alcuni attimi, baciandola in corrispondenza della lunga cicatrice che le aveva solcato la guancia sinistra prima di lasciarla andare, annuire fiero e dire con forza: «Mia figlia è degna del suo sangue. Non potrei esserne più lieto.»

Ripensare a quei momenti la portò a chiedersi cosa intendesse dire, con quelle parole. Intendeva parlare del suo retaggio Tuatha, o del suo sangue di fomoire?

Anche per quello, avrebbe dovuto intraprendere il suo viaggio nel passato. Doveva conoscere molto più se stessa, per essere degna del titolo che si era autoimposta.

Un quieto bussare alla porta sorprese tutti e Martha, nel passarsi nervosamente le mani sulla camicia, guardò a occhi sgranati Litha e domandò: «S-sono loro? C-cosa dovrei dire, secondo lei?»

Sorridendole, Litha la accompagnò alla porta, mise mano alla maniglia e disse: «Sia se stessa, Martha. Finora ha funzionato benissimo.»

La donna allora annuì, sorrise solo un po’ nervosamente a Rock e Lucas, in piedi sotto la luce di cortesia posta sull’entrata di casa, e infine li invitò a entrare.

Dopotutto, si conoscevano fin da quando erano piccoli. Non erano estranei. Erano solo un po’ diversi da come li aveva sempre conosciuti, e sarebbero stati la nuova famiglia di sua figlia, il suo nuovo mondo.

E anche il loro.

***

Donovan aveva passato ore intere a sfiorare il figlio, a sincerarsi che fosse veramente lì con lui, che fosse veramente lui. Mark lo aveva lasciato stoicamente fare, si era persino lasciato controllare la dentatura, tra le risatine della madre e i commenti ironici di Liza e Chelsey.

Ora, però, con il figlio addormentato nel suo letto e lui appoggiato allo stipite della porta della camera, lo sguardo perso in sua contemplazione, Donovan tornò ad avere dei dubbi, delle paure.

La luce del sole avrebbe cancellato ogni cosa? Gli sarebbe stato portato via? Lo avrebbe perso per sempre?

Diana lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare e, nel trascinarlo dolcemente via per poi chiudere la porta della stanza del figlio alle loro spalle, gli sorrise e mormorò: «Non è un sogno, Don. Non svanirà col sopraggiungere dell’alba.»

Lui si lasciò andare a una risata sgangherata, annuendo, ma ammise: «Sembra così sicuro di sé, così cambiato! Eppure, al tempo stesso, so che è sempre Mark.»

«E’ nel posto in cui deve essere, con le persone che devono essere al suo fianco. Mi sembra normale che si senta meglio.»

«Intendi il branco?»

«E noi» aggiunse Diana, sorprendendolo un poco.

«Che intendi dire?»

Lei sorrise, asserendo: «Per più di dieci anni, non ti ha mai avuto realmente. La tua mente era concentrata sulla caccia agli assassini di tuo fratello, perciò lui deve essersi sentito davvero perso. Non dico solo, perché non lo hai mai abbandonato, ma spaesato, sì. Quando gli annunciasti che avresti rinunciato alla ricerca, hai riempito un vuoto che si era venuto a creare in lui e, già questo, lo avrebbe aiutato a recuperare quanto perso negli anni. Il suo cambiamento in amarok è stato un di più. Ma non credo di esserne scontenta.»

«Pensi a quanto sia diventato forte adesso?»

«Come potrei non essere lieta del fatto che nessuno potrà mai più fargli del male?» sorrise per contro Diana. «Ricordo bene quanto male gli fecero i bulli, nel corso degli anni e, pur se aveva imparato a difendersi egregiamente, sarò ben felice di saperlo praticamente inattaccabile.»

«Dovrà solo ricordarsi di non staccare la testa a morsi a chi penserà di dargli fastidio» cercò di ironizzare Donovan, facendo sorridere divertita Diana, che lo abbracciò con calore.

«Oh… sono così felice tu riesca a riderne, caro! Temevo che il pensiero di Derek e mio potesse ancora offuscarti» mormorò sollevata la donna contro il petto del marito.

Lui la strinse maggiormente a sé, a quelle parole e, dopo averle baciato con delicatezza il collo, ammise: «Non potrò mai dimenticare ciò che accadde a te, a Derek e alla sua famiglia, ma ora riesco a disgiungere le due cose. So che Mark non è la creatura che portò tanto dolore e, anche se è divenuto ciò che è a causa sua, questo non vuol dire che diventerà come lui.»

Diana annuì debolmente contro di lui e Donovan, con un movimento fluido, la sollevò tra le braccia per condurla nella loro stanza.

Ciò facendo, lasciò cadere dalle proprie spalle gli ultimi residui del peso ciclopico che, per più di dieci anni, aveva portato con sé, minando quasi irreparabilmente il suo rapporto con il figlio.

Ora poteva recuperare ciò che rimaneva di esso e costruire qualcosa di nuovo, con il Mark adulto che adesso aveva dinanzi. Per il Mark bambino ormai non poteva fare più nulla, ma poteva fare tesoro dei propri errori per non commetterli mai più.

Nel chiudersi la porta alle spalle, sperò davvero di poterlo fare.

***

Accoccolata a terra mentre la madre le intrecciava i capelli alla luce rassicurante e calda del camino acceso, Liza lasciò vagare i propri pensieri qua e là, rammentando i primi momenti in cui aveva potuto riabbracciare la sua famiglia.

Fino all’ultimo istante, aveva temuto che il rapporto con Litha avrebbe potuto minare ciò che sentiva per loro ma, quando le braccia del padre l’avevano avvolta, o le mani di sua madre le avevano carezzato i capelli, tutto era tornato al suo posto.

Certo, poteva sentire il legame con Litha come il dolce e leggero peso di un bracciale di pelle stretto al polso, ma non era né fastidioso né tanto meno costrittivo.

Era lì, presente ed eterno, ma niente affatto un problema.

“Come ti senti nelle tue nuove vesti, mamma?” domandò Muninn all’improvviso.

Liza sorrise spontaneamente nell’osservare i suoi corvi – appollaiati sui loro trespoli nei pressi del camino – e, con una scrollatina di spalle, disse: “Credo che mi ci troverò molto bene e, da domani, vorrei tentare qualche esperimento assieme a Huginn. Ho idea che, ora che sono tanto più potente di prima, potrei percepire anche lui a grandi distanze. Sarebbe simpatico, no?”

“Huginn ne sarebbe molto felice” chiosò Muninn.

“Parlate senza di me?” intervenne allora l’altro corvo.

“Pensavo stessi dormendo.”

“Facevo finta” ironizzò allora Huginn. “Rachel è stata in apprensione durante tutto il periodo della vostra mancanza e, se non era il fomoriano a prendersi cura di noi – molto bene, tra l’altro – era lei. Se riposavo, lei non stava in ansia, però.”

“Sei un tesoro, Huginn. Ma credo che, d’ora in poi, le sue preoccupazioni dovrebbero calare” si premurò di dire Liza, apprezzando appieno il gesto del suo corvo. “E così, Rohnyn si è preso buona cura di voi?”

“Pare voglia diventare falconiere, o qualcosa del genere. Gli è piaciuto interagire con noi, e credo sia una novità, per i fomoriani, quella di avere degli uccelli come animali da compagnia” chiosò Muninn. “Forse, perché di solito stanno in acqua. Credo dipenda da questo.”

“Ho idea che il problema stia tutto lì” assentì a sua volta Liza.

Da quel poco che sapeva, Litha e Rohnyn sarebbero tornati in Irlanda il giorno seguente, subito dopo una cerimonia di ringraziamento nei pressi del Vigrond. Il pensiero di saperla lontana la rendeva un po’ triste ma era cosciente del fatto che, ormai, era tempo per tutti – Litha compresa – di iniziare a camminare sulle proprie gambe, cercando di capire come essere dei bravi amarok e una brava dea.

Avrebbero avuto tutto il tempo di rivedersi – gli aerei abbondavano, ed esistevano comunque altre vie, per incontrarsi – ma, nel frattempo, dovevano tornare alle loro vite di tutti i giorni.

La scuola non era certo terminata, e loro avevano perso più di un mese di lezioni, tra le ferite e il loro soggiorno al Polo Nord. Per Litha e Rohnyn, invece, era tempo di tornare dai rispettivi figli, oltre che alla nuova ricerca che li avrebbe spinti in ogni angolo dell’Irlanda, con la speranza di trovare notizie sui Tuatha.

Non era certo un compito facile, ma lei era certa che nessuno dei due si sarebbe arreso facilmente.

«Pensieri profondi, Liza?» domandò a un certo punto Rachel, strappandola alle sue elucubrazioni.

«Mi chiedevo quanto tempo impiegheranno Litha e Rohnyn a trovare notizie dei Tuatha. Non sarà facile, per loro, visto quanti secoli sono passati dalla loro scomparsa definitiva» ammise Liza, tastandosi il punto in cui la treccia le sfiorava la parte alta del capo.

«Dopo ciò che hanno fatto per salvarvi, credo che nulla li possa fermare» si limitò a dire Rachel prima di vedere Richard e Helen discendere dal primo piano della casa. «Ebbene? Com’è andata la riunione del board?»

«Dobbiamo rientrare. A quanto pare, non è una cosa risolvibile in remoto» sospirò Richard nello scuotere il capo. «Mi spiace doverti lasciare proprio ora che sei tornata, tesoro, ma non possiamo procrastinare oltre la partenza. Anche Iris dovrà venire con noi per qualche giorno.»

Liza sorrise nell’allungare una mano verso il padre e, tranquilla, replicò: «Ora che so di non avere più alcun problema nel gestire ciò che sono e ciò che sento, non ho più paura al pensiero di vedervi partire. Il mio amore per voi è immutato e forte e, finalmente, sotto controllo. Partite tranquilli, quindi, e fatemi sapere come procedono le cose.»

Richard assentì nell’accucciarsi accanto a lei e, dopo averle dato un buffetto sulla guancia, disse: «Non abbiamo avuto molto tempo di parlare di Mark, ma immagino che Devereux ti terrà con il guinzaglio corto, ora che le cose sono andate a posto.»

Liza arrossì non poco a quell’accenno e, reclinando imbarazzata il capo, borbottò: «Credimi, non esiste guardiano più terribile di Dev. Con lui, potrei arrivare illibata ai cinquant’anni.»

Tutti risero di quel commento e Richard, asciugandosi una lacrima d’iralità, asserì: «Non pretendo tanto. Inoltre, so che sei una brava ragazza, e Mark mi ha dato l’idea di essere a sua volta un giovane assennato. Vi chiedo solo di andare con calma pur se immagino che, ora che siete anche lupi, le vostre percezioni del mondo siano diventate un po’ diverse.»

«In effetti…» ammise lei, preferendo non dire quanto. Non era il caso che il padre venisse a conoscenza dei sogni che condivideva con Mark, o delle loro disquisizioni in merito al sesso. Per quello ci sarebbe stato tempo.

O forse no. Magari, lo avrebbe tenuto per sé e basta. Era già abbastanza rischioso che i loro amici licantropi glielo leggessero nella mente… figurarsi se suo padre fosse venuto a conoscenza del suo lato più… selvaggio.

Che le piacesse o meno ammetterlo, essere diventata un amarok aveva risvegliato in lei bramosie che, fino a quel momento, era riuscita a tenere più o meno sotto controllo. Il fatto di potervi dare sfogo nei sogni era in parte una risoluzione ai suoi problemi, perché le dava la possibilità di tenere più o meno le mani a posto, da sveglia, ma era comunque meglio che il padre non sapesse.

Deponendo un bacio sulla fronte di Liza, ignaro dei pensieri della figlia, Richard le sorrise e mormorò: «Sono molto orgoglioso della donna che sei diventata, tesoro. Non dimenticarlo mai.»

Lei assentì e, in silenzio, Richard, Rachel, Helen e Liza si abbracciarono strettamente, consolidando con quel gesto la loro rinnovata unione.

Nessuno poteva dire cosa sarebbe successo in futuro ma, almeno per il momento, ogni cosa era tornata al suo posto, tra loro.

Molto più tardi, sdraiata nel suo letto e immersa in un piacevole sogno in cui passeggiava serenamente lungo le rive del Dutch Lake, Liza non si sorprese nel veder comparire Mark.

Come sempre, lui le andò incontro con un sorriso e un abbraccio di benvenuto – ormai si salutavano sempre così, nei loro sogni condivisi – e Liza, nello stringersi al giovane, domandò: «Com’è andata, coi tuoi? Io ho avuto un paio di momenti in cui avrei voluto ridere a crepapelle per l’imbarazzo.»

«Papà sembra ancora un po’ fuori fase, ma credo che si riprenderà alla svelta. Penso, però, che dovrò far insonorizzare il prima possibile la mia stanza, se non vorrò avere incubi per il resto della mia vita» ironizzò Mark, facendola scoppiare a ridere. «Mi sono svegliato nel cuore della notte per alcuni istanti, e avrei preferito non farlo.»

Cercando di soffocare uno scoppio di risa ancor più violento del precedente, Liza replicò: «Sai, vero, che tuo padre e tua madre non si limitano a giocare a ramino, la notte, e che tu non sei nato sotto un cavolo?»

«Non l’avrei mai detto» sbuffò lui, dandole un buffetto sul naso. «Ma un conto è saperlo… un altro è sentirlo. Beata te che, a casa Saint Clair, non hai questi problemi.»

«Oh, veder pomiciare Dev e Iris in giro accade più spesso di quanto tu non creda, e meno simpatico di quanto si pensi. Quei due sembrano perennemente in calore» sottolineò per contro Liza, facendolo arrossire anche all’interno del suo sogno.

La giovane ne fu orgogliosa – amava come il colore chiaro della pelle di Mark si tingeva di vermiglio – ma Mark la redarguì dicendo: «Non farmi pensare anche a loro a quel modo, ti prego, o non riuscirò più a guardare in faccia nessuno!»

«Dovrai abituarti. I licantropi hanno pochissime inibizioni, soprattutto sul piano sessuale e, ormai, noi facciamo parte di quella famiglia» gli rammentò lei con una scrollatina di spalle. «Anzi, a ben pensare, il fatto di essere diventata una lupa mi crea già qualche problemino in tal senso.»

Mark scosse con violenza il capo di corti capelli ramati, ben deciso a cancellare dalla mente il pensiero della sua insegnante di Musica mentre faceva sesso col marito e, caparbiamente, mutò il sogno per condurli entrambi al Polo Nord.

Subito, un vento sferzante portò con sé neve e alte cime rocciose, oltre a iceberg dispersi in lontananza, nel mare gelido e inviolato e Liza, con un mezzo sorriso, disse: «Cielo! Eri davvero sconvolto per aver scelto un luogo che ti facesse sbollire.»

«Sei tu che mi punzecchi su un argomento che, anche al sottoscritto, crea qualche problema di adattamento» replicò lui, afferrandola per le spalle per volgerla verso di sé.

Liza lo lasciò fare, sorrise e gli avvolse il collo con le braccia, levandosi poi in punta di piedi per dargli un bacio.

Lui ricambiò con passione e, mentre la neve cominciava a cadere copiosa su di loro, le luci del nord illuminarono il cielo con i loro colori cangianti e sempre diversi.

Le mani di entrambi si fecero avide e frettolose, mentre annullavano la distanza tra i loro corpi e, pur se solo nel sogno, si amarono con passione ardente.

Sia Liza che Mark presero e diedero in egual misura, lasciando che sia ogni parte di loro – umana e mannara – fosse partecipe di quella danza vecchia come il tempo stesso.

Baci, carezze e ansiti si confusero tra loro mentre il sogno continuava a cambiare confini, immagini, ambienti. Le onde del mare di un’isola deserta sferzarono i loro corpi febbricitanti di passione, quando Liza gorgogliò il nome di Mark nel raggiungere il climax.

Lui affondò il viso nel suo collo, raggiungendola un istante dopo e, in quel mentre, l’acqua svanì lasciando il posto a una vasta radura deserta, nel bel mezzo delle Montagne Rocciose.

Liza rise, nell’accorgersi di dov’erano finiti e, nel baciare la pelle accaldata di Mark, mormorò: «Siamo a poche miglia da Aspen, sai? Abbiamo una casa, lì.»

«Bello» mormorò distrattamente lui, attirandola su di sé quando lui si sdraiò sull’erba morbida e profumata.

«Non hai neanche guardato» sottolineò lei, ridacchiando divertita.

Sfiorandole i fianchi nudi con le mani, Mark scrollò le spalle e replicò: «Al momento, il paesaggio che sto vedendo è molto più bello di qualsiasi cosa sulla Terra.»

Liza arrossì suo malgrado e, nel chinarsi per baciarlo, lasciò che penetrasse nuovamente in lei, trasportandola in quel mondo fatto di estasi e piacere che erano divenuti i loro sogni.

Ovviamente, non tutti erano così brucianti e pieni di passione, ma quel giorno – ops, quella notte – era speciale per molti motivi e, visto che in sogno non poteva accadere nulla di terribile, tanto valeva divertirsi un po’.


 


 

 





N.d.A.: siamo quasi al termine dell'avvantura di Liza e dei suoi amici. Ogni cosa sembra essersi sistemata... ma sarà davvero così, almeno per Chanel? Lo scopriremo presto.

 

  
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