25.
Pioveva
a dirotto quando Chanel, Mark e Liza tornarono a Clearwater assieme a
Litha.
Questo, però, non rovinò affatto la corale
sensazione di gioia provata da tutti
coloro che, con pazienza e speranza, avevano pregato per un loro pronto
ritorno
a casa.
Sia
i Wallace che i Sullivan si lasciarono andare a uguali cori di sollievo
e
giubilo, quando li videro finalmente rientrare a casa Saint Clair, ma
nessuno
osò avvicinarli per paura di essere respinti in qualche modo.
Furono
perciò Liza e Mark a fare la prima mossa, accorrendo verso i
propri cari per un
abbraccio liberatorio che comportò anche diverse lacrime,
oltre ad alcuni
singhiozzi di natura sia femminile che maschile.
Ritta
accanto a Litha, Chanel osservò l’intera scena con
il cuore ricolmo di felicità.
Era al settimo cielo, al pensiero che i suoi amici avessero potuto
recuperare
appieno il rapporto con le loro famiglia, ma desiderava anche per
sé quel
finale.
Nel
lanciare perciò uno sguardo alla sua dea, ora più
sicura di se stessa e con l’animo
libero dai vincoli insidiosi che tanto li avevano turbati, disse:
«Vorrei dire
ogni cosa ai miei genitori. Meritano di conoscermi per quella che sono.
Nel
bene e nel male. Se, però, non dovessero accettarmi, ti
prego di cancellare
loro ogni ricordo di ciò che dirò. Non voglio che
stiano male per me, o che il
branco sia costretto ad agire nei loro confronti.»
«Verrò
con te, e insieme spiegheremo loro ciò che vi è
realmente accaduto» le promise
Litha prima di sospingerla con un sorriso verso Rachel, che la stava
attendendo
per un abbraccio di gruppo.
Chanel
sorrise quindi alla madre di Liza, la accontentò con piacere
e si lasciò
stringere da quelle esili braccia calde che sapevano esprimere una
forza che,
in quel momento, le parve vitale.
Sperò
davvero che anche i suoi genitori potessero accettarla come Rachel e
Richard, o
come Donovan e Diana avevano accettato sia Liza che Mark. Se
ciò non fosse
avvenuto, a ogni modo, sarebbe andata avanti, pur se ne avrebbe
comunque
sofferto un po’.
Lo
aveva promesso a Fergus, a Qiugyat
e
ai suoi amici. Avrebbe avuto altre braccia che l’avrebbero
sostenuta e amata e,
anche se non sarebbe stata la stessa cosa, lei avrebbe accettato il suo
destino
e ne avrebbe tratto il massimo.
Affiancando
la sorella mentre il vociare delle famiglie presenti in casa si faceva
sempre
più allegro e pieno di vitalità, Rohnyn
ammiccò a Litha e domandò: «Tutto
bene?»
Lei
assentì con sicurezza, guardò il fratello e
disse: «Vorrei scoprire se esiste
ancora qualcosa che appartiene ai miei antenati. Sei disposto ad
aiutarmi? Per
quanto mi spiaccia ammetterlo, Muath aveva ragione. Mi sono comportata
in modo
sconsiderato, pensando che il mio essere così potente
potesse bastare. Ho
sbagliato, e un ragazzo è morto per questo. Devo capire realmente chi sono e, per farlo, devo
conoscere il mio passato,
prima di concentrarmi sul mio futuro.»
Rohnyn
assentì senza dire nulla, limitandosi ad avvolgerle le
spalle con un braccio e,
assieme, si unirono ai festeggiamenti per il loro.
Muath
aveva davvero avuto ragione su una cosa. Dimenticare il passato era
inutile.
Dovevano fare tesoro di esso e utilizzarlo per costruire un futuro che
potesse
renderli orgogliosi ma, soprattutto, felici.
***
Lucas
stava osservando pensieroso le finestre di casa Howthorne,
l’aria accigliata e
tesa mentre, al suo interno, Chanel e Litha stavano tentando di
spiegare ciò
che realmente era accaduto nel bosco, e ai ragazzi coinvolti nel
ferimento.
A
giudicare da come Troy stava agitandosi sul divano, e Martha stava
asciugandosi
copiose lacrime dal viso, la spiegazione stava più o meno
creando gli stessi
problemi di sempre.
Incredulità,
rabbia e, non da ultimo, una fottuta paura.
«Niente
di strano, direi» chiosò pacifico Rock, fermo
accanto al suo compagno e
impegnato a sbocconcellare una liquirizia gommosa.
Lucas
ne prelevò una per sé dal sacchetto che il
compagno teneva nella mano libera e,
dopo averle dato un morso, borbottò: «Ho sempre il
terrore che, prima o poi,
qualcuno sbarelli, costringendo te e Liza a intervenire nel peggiore
dei modi.
E’ pur vero che stavolta c’è Litha, che
può svolgere le stesse funzioni di una wicca…
ma la cosa non mi piace in ogni
caso. Chanel ha sofferto a sufficienza per due vite intere, e non mi va
che
soffra anche stavolta. Ha un abbuono di felicità da chiedere
al Destino già da
adesso.»
Rock
gli sorrise nel dargli un colpetto con la spalla e, dolcemente,
mormorò: «Ti
amo anche per questo, Lucas. Il tuo cuore è così
grande da non avere confini e
sono più che sicuro che, se tu avessi un’anima
senziente come quella di Iris,
saresti il lupo più puro e generoso del pianeta, in grado di
far innamorare di
te chiunque, o di ammansire anche la belva più crudele che
esiste.»
«Ho
già l’uomo da amare… e mi basta avere
sulle spalle tutto il branco. Non ho
bisogno di pensare ad altro» ammiccò Lucas,
allungandosi per dargli un tenero
bacio sulle labbra morbide. «Dio! Vorrei essere a casa con te
a fare ben altro
che starmene seduto su una staccionata, ma questa cosa di essere il
capo mi
porta via un sacco di tempo!»
«La
notte è lunga…» replicò
Rock, lasciando scivolare una mano lungo la coscia di
Lucas fino a raggiungere maliziosamente il cavallo dei suoi pantaloni.
«…e, per
come si stanno evolvendo le cose in casa, non dovremo rimanere qui
ancora per
molto.»
Lucas
trattenne il fiato per alcuni istanti prima di lasciarlo scivolare
lentamente
fuori dalle labbra, esitante e deliziato al tempo stesso e Rock,
lasciandosi
andare a un sorriso soddisfatto, mormorò: «Avremo
tempo anche per noi. Non
temere.»
L’altro
assentì ma, giusto per non dover morire di fame prima del
sontuoso banchetto
promesso da quella carezza, afferrò il compagno alla nuca
per avvicinarlo a sé.
Con maggiore enfasi rispetto al bacio precedente, saccheggiò
quindi quelle
morbide labbra ancora e ancora, portando il cuore di entrambi a battere
frenetico nel petto.
«Cristo!»
esclamò Rock, quando infine si discostarono. «Sei
un gran bastardo, quando mi
baci così! E adesso chi resiste?»
Lucas
scoppiò a ridere per alcuni attimi, ma si arrestò
di colpo quando vide Troy
cadere in ginocchio dinanzi alla figlia – ora in piedi nel
mezzo del salotto –
per stringerla a sé in lacrime.
Tornando
serio, Lucas si levò in piedi e disse: «A quanto
pare, tocca a noi, adesso.»
«Già.
Andiamo a dare man forte alla bambina» assentì
Rock, dandogli una pacca sulla
schiena prima di scoppiare a ridere quando vide un particolare non da
poco.
Lucas
ne seguì lo sguardo divertito e, dopo un istante,
imprecò e ringhiò: «Guarda
che hai combinato! E adesso come faccio a entrare in casa?!»
«Credo
che, dopotutto, dovremo pensare prima a
noi. Non puoi entrare in casa Howthorne con
quell’erezione pazzesca che ti
preme nei pantaloni» ridacchiò suo malgrado Rock,
sospingendo Lucas verso il
bosco.
Lucas
mugugnò qualche rispostaccia tra i denti, ma non si
lasciò pregare. In fondo,
Litha poteva cavarsela anche da sola.
***
Non
vedendo comparire né Lucas né Rock, Litha dedusse
che fossero incorsi dei
problemi legati al branco, perciò prese la parola per
parlare di ciò che le
competeva.
I
coniugi Howthorne erano stati fin troppo disponibili – pur se
chiaramente
sopraffatti dalla sorpresa e da un genuino panico, nato
dall’assurdità
dell’intera situazione – e meritavano da lei
l’intera verità.
Mentre
Chanel aiutava il padre a riprendersi, carezzandolo e abbracciandolo e
sorridendogli piena di gratitudine, Litha si rivolse a Martha e disse:
«D’ora
in poi, non dovrete temere che vostra figlia possa essere in pericolo,
o che
sia meno che protetta. Avrà dalla sua parte un intero branco
che la sosterrà e
di cui farà parte integrante. Inoltre, avrà me a
sostenerla. Io e lei,
esattamente come accade con Liza e Mark, siamo legate da vincoli di
sangue, e
non esisterà pericolo o urgenza che io non
affronterò per Chanel. Sarò la sua
guida, ma anche il suo scudo.»
Martha,
però, scosse il capo di fronte a quelle parole, si
limitò a sorridere con occhi
colmi di lacrime e replicò: «Non mi fraintenda, ma
non è importante. Non per
noi, almeno.»
Litha
allora guardò dubbiosa Chanel che, a sua volta,
fissò senza comprendere il
volto stranamente pacifico della madre, così Martha si vide
costretta ad aggiungere:
«Sei qui. Sei viva. Non
importa come,
non importa se sei cambiata, o come sei
cambiata. Io ho ancora mia figlia. Hai idea di quanto questo sia vitale
per me,
o per papà, bambina mia?»
Chanel
annuì con fare nervoso, rammentando le parole di Qiugyat all’atto della loro
separazione e, ancora una volta, si
convinse di aver preso la decisione più giusta.
L’importante,
sia per Qiugyat che per i suoi
genitori, era la sua esistenza. Non come essa sarebbe cambiata da
lì in avanti.
«Passerò
il resto della mia vita a rendervi orgogliosi di me, ve lo
prometto» mormorò a
quel punto Chanel, avvicinandosi alla madre per abbracciare anche lei.
Martha
assentì, lasciandosi andare a una risatina nervosa e, nel
tergersi l’ennesima
lacrima, domandò: «Non credo saresti in grado di
fare diversamente. Ora, però,
cosa dovremo aspettarci?»
La
ragazza guardò immediatamente Litha, la quale
asserì: «Conosciamo poco degli amarok
ma, da quel che ci ha detto la
loro creatrice, hanno comportamenti non dissimili da quelli di
qualsiasi altro lupo.
Essendo però dei mutaforma, manterranno ancora comportamenti
umani, pur se
questa non sarà la loro mens
prioritaria.»
«Tenderò
a essere un po’ più guardinga e solitaria, da quel
che abbiamo capito, ma penso
risulterà normale, visto ciò che ho
passato» spiegò quindi loro Chanel,
vedendoli annuire in risposta.
Martha
carezzò il viso sereno della figlia e domandò con
un mezzo sorriso: «Ululerai
alla luna come si vede nei film?»
Chanel
non poté impedirsi di scoppiare a ridere – e
così pure Litha – lieta che sua
madre tentasse di fare dell’ironia per alleggerire la
tensione fin lì
accumulata perciò, scrollando le spalle, chiosò:
«Forse succederà, ma non sarà
una delle mie priorità.»
«E
quali saranno, allora?» domandò a quel punto il
padre, ripresosi dallo scoramento
iniziale.
Tornando
seria e lanciando nuovamente uno sguardo in direzione di Litha, Chanel
mormorò:
«Colei che mi ha salvato mi ha chiesto solo una cosa; che io
sia una brava
persona. A questo mi atterrò.»
ATroy
sembrò bastare e con un ultimo, tremulo sospiro, si
lasciò andare contro la
poltrona del salotto per poi esalare: «E chi
l’avrebbe mai immaginato che Rock
era un lupo, e che Lucas era il capobranco di un clan di
licantropi?»
«Giusto
loro… dovevano venire qui per parlare con voi, ma non si
sono ancora visti»
esalò Litha, tornando a guardarsi intorno con espressione
confusa.
A
quel punto, Troy ghignò malizioso e replicò:
«Rock ha perso così tanto tempo, pur
di avere Lucas, che non penso ora ne voglia perdere altro con simili
quisquiglie.»
«Troy!»
esalò Martha, scoppiando a ridere subito dopo mentre Chanel
arrossiva e Litha
mormorava una risatina complice.
«Andiamo,
Martha… concedimi di essere un po’ sopra le righe.
Ho appena scoperto che mia
figlia corre più veloce di una Ferrari, può
sollevare il nostro pick-up con una
mano sola e sa trasformarsi in un lupo nero. Potrò
permettermi di fare
dell’ironia spicciola, no?» celiò Troy,
passandosi le mani sul viso per
cancellare gli ultimi residui di pianto.
«Fu
davvero così difficile, per loro due?» si
informò Chanel, ora più che mai
curiosa. «Ero davvero molto piccola, all’epoca, e
non ricordo.»
«Beh,
erano forse la prima coppia gay di Clearwater, perciò la
cosa fece scalpore.
Inoltre, quando tutto cominciò, Lucas aveva appena
diciannove anni, mentre Rock
già ventisei, perciò fu per tutti abbastanza
scandaloso. Ma ci hanno dimostrato
che i benpensanti erano solo dei bigotti pieni di pregiudizi»
le spiegò il
padre, allungando una mano per carezzare il viso della figlia.
«Lucas è davvero
una brava persona, e credo lo sarà anche come tuo
capobranco. Quanto a Rock…
beh, è sempre stato uno spacca culi in senso buono,
perciò mi sentirò più
tranquillo, sapendo che c’è lui a difenderti, caso
mai servisse.»
«Grazie,
papà» mormorò Chanel, accucciandosi
accanto a lui per abbracciarlo.
Litha
sorrise a quella vista, rammentando le rare volte in cui anche Thetra
si era
lasciato andare a simili abbracci. A ben vedere, nel ricordava solo
uno; il
giorno in cui era uscita dalle senturion.
L’aveva
stretta a sé per alcuni attimi, baciandola in corrispondenza
della lunga
cicatrice che le aveva solcato la guancia sinistra prima di lasciarla
andare,
annuire fiero e dire con forza: «Mia figlia è
degna del suo sangue. Non potrei
esserne più lieto.»
Ripensare
a quei momenti la portò a chiedersi cosa intendesse dire,
con quelle parole.
Intendeva parlare del suo retaggio Tuatha, o del suo sangue di fomoire?
Anche
per quello, avrebbe dovuto intraprendere il suo viaggio nel passato.
Doveva
conoscere molto più se stessa, per essere degna del titolo
che si era
autoimposta.
Un
quieto bussare alla porta sorprese tutti e Martha, nel passarsi
nervosamente le
mani sulla camicia, guardò a occhi sgranati Litha e
domandò: «S-sono loro?
C-cosa dovrei dire, secondo lei?»
Sorridendole,
Litha la accompagnò alla porta, mise mano alla maniglia e
disse: «Sia se
stessa, Martha. Finora ha funzionato benissimo.»
La
donna allora annuì, sorrise solo un po’
nervosamente a Rock e Lucas, in piedi
sotto la luce di cortesia posta sull’entrata di casa, e
infine li invitò a
entrare.
Dopotutto,
si conoscevano fin da quando erano piccoli. Non erano estranei. Erano
solo un
po’ diversi da come li aveva sempre conosciuti, e sarebbero
stati la nuova
famiglia di sua figlia, il suo nuovo mondo.
E
anche il loro.
***
Donovan
aveva passato ore intere a sfiorare il figlio, a sincerarsi che fosse
veramente
lì con lui, che fosse veramente lui.
Mark lo aveva lasciato stoicamente fare, si era persino lasciato
controllare la
dentatura, tra le risatine della madre e i commenti ironici di Liza e
Chelsey.
Ora,
però, con il figlio addormentato nel suo letto e lui
appoggiato allo stipite
della porta della camera, lo sguardo perso in sua contemplazione,
Donovan tornò
ad avere dei dubbi, delle paure.
La
luce del sole avrebbe cancellato ogni cosa? Gli sarebbe stato portato
via? Lo
avrebbe perso per sempre?
Diana
lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare e, nel trascinarlo
dolcemente via
per poi chiudere la porta della stanza del figlio alle loro spalle, gli
sorrise
e mormorò: «Non è un sogno, Don. Non
svanirà col sopraggiungere dell’alba.»
Lui
si lasciò andare a una risata sgangherata, annuendo, ma
ammise: «Sembra così
sicuro di sé, così cambiato! Eppure, al tempo
stesso, so che è sempre Mark.»
«E’
nel posto in cui deve essere, con le persone che devono essere al suo
fianco.
Mi sembra normale che si senta meglio.»
«Intendi
il branco?»
«E
noi» aggiunse Diana, sorprendendolo un poco.
«Che
intendi dire?»
Lei
sorrise, asserendo: «Per più di dieci anni, non ti
ha mai avuto realmente. La tua
mente era concentrata
sulla caccia agli assassini di tuo fratello, perciò lui deve
essersi sentito
davvero perso. Non dico solo, perché non lo hai mai
abbandonato, ma spaesato,
sì. Quando gli annunciasti che avresti rinunciato alla
ricerca, hai riempito un
vuoto che si era venuto a creare in lui e, già questo, lo
avrebbe aiutato a
recuperare quanto perso negli anni. Il suo cambiamento in amarok è stato un di
più. Ma non credo di esserne scontenta.»
«Pensi
a quanto sia diventato forte adesso?»
«Come
potrei non essere lieta del fatto che nessuno potrà mai
più fargli del male?»
sorrise per contro Diana. «Ricordo bene quanto male gli
fecero i bulli, nel
corso degli anni e, pur se aveva imparato a difendersi egregiamente,
sarò ben
felice di saperlo praticamente inattaccabile.»
«Dovrà
solo ricordarsi di non staccare la testa a morsi a chi
penserà di dargli
fastidio» cercò di ironizzare Donovan, facendo
sorridere divertita Diana, che
lo abbracciò con calore.
«Oh…
sono così felice tu riesca a riderne, caro! Temevo che il
pensiero di Derek e
mio potesse ancora offuscarti» mormorò sollevata
la donna contro il petto del
marito.
Lui
la strinse maggiormente a sé, a quelle parole e, dopo averle
baciato con
delicatezza il collo, ammise: «Non potrò mai
dimenticare ciò che accadde a te,
a Derek e alla sua famiglia, ma ora riesco a disgiungere le due cose.
So che
Mark non è la creatura
che portò
tanto dolore e, anche se è divenuto ciò che
è a causa sua, questo
non vuol dire che diventerà come lui.»
Diana
annuì debolmente contro di lui e Donovan, con un movimento
fluido, la sollevò
tra le braccia per condurla nella loro stanza.
Ciò
facendo, lasciò cadere dalle proprie spalle gli ultimi
residui del peso
ciclopico che, per più di dieci anni, aveva portato con
sé, minando quasi
irreparabilmente il suo rapporto con il figlio.
Ora
poteva recuperare ciò che rimaneva di esso e costruire
qualcosa di nuovo, con
il Mark adulto che adesso aveva dinanzi. Per il Mark bambino ormai non
poteva
fare più nulla, ma poteva fare tesoro dei propri errori per
non commetterli mai
più.
Nel
chiudersi la porta alle spalle, sperò davvero di poterlo
fare.
***
Accoccolata
a terra mentre la madre le intrecciava i capelli alla luce rassicurante
e calda
del camino acceso, Liza lasciò vagare i propri pensieri qua
e là, rammentando i
primi momenti in cui aveva potuto riabbracciare la sua famiglia.
Fino
all’ultimo istante, aveva temuto che il rapporto con Litha
avrebbe potuto
minare ciò che sentiva per loro ma, quando le braccia del
padre l’avevano
avvolta, o le mani di sua madre le avevano carezzato i capelli, tutto
era
tornato al suo posto.
Certo,
poteva sentire il legame con Litha come il dolce e leggero peso di un
bracciale
di pelle stretto al polso, ma non era né fastidioso
né tanto meno costrittivo.
Era
lì, presente ed eterno, ma niente affatto un problema.
“Come
ti senti
nelle tue nuove vesti, mamma?” domandò Muninn
all’improvviso.
Liza
sorrise spontaneamente nell’osservare i suoi corvi
– appollaiati sui loro
trespoli nei pressi del camino – e, con una scrollatina di
spalle, disse: “Credo che mi ci
troverò molto bene e, da
domani, vorrei tentare qualche esperimento assieme a Huginn. Ho idea
che, ora
che sono tanto più potente di prima, potrei percepire anche
lui a grandi
distanze. Sarebbe simpatico, no?”
“Huginn
ne
sarebbe molto felice”
chiosò Muninn.
“Parlate
senza
di me?”
intervenne allora l’altro corvo.
“Pensavo
stessi
dormendo.”
“Facevo
finta”
ironizzò allora
Huginn. “Rachel è stata
in apprensione
durante tutto il periodo della vostra mancanza e, se non era il
fomoriano a
prendersi cura di noi – molto bene, tra l’altro
– era lei. Se riposavo, lei non
stava in ansia, però.”
“Sei
un tesoro,
Huginn. Ma credo che, d’ora in poi, le sue preoccupazioni
dovrebbero calare” si premurò di
dire Liza, apprezzando appieno il gesto del suo corvo. “E
così, Rohnyn si è preso buona cura di
voi?”
“Pare
voglia
diventare falconiere, o qualcosa del genere. Gli è piaciuto
interagire con noi,
e credo sia una novità, per i fomoriani, quella di avere
degli uccelli come
animali da compagnia” chiosò Muninn. “Forse,
perché di solito stanno in acqua. Credo dipenda da
questo.”
“Ho
idea che il
problema stia tutto lì” assentì a sua volta Liza.
Da
quel poco che sapeva, Litha e Rohnyn sarebbero tornati in Irlanda il
giorno
seguente, subito dopo una cerimonia di ringraziamento nei pressi del
Vigrond.
Il pensiero di saperla lontana la rendeva un po’ triste ma
era cosciente del
fatto che, ormai, era tempo per tutti – Litha compresa
– di iniziare a
camminare sulle proprie gambe, cercando di capire come essere dei bravi
amarok e una brava dea.
Avrebbero
avuto tutto il tempo di rivedersi – gli aerei abbondavano, ed
esistevano
comunque altre vie, per incontrarsi – ma, nel frattempo,
dovevano tornare alle
loro vite di tutti i giorni.
La
scuola non era certo terminata, e loro avevano perso più di
un mese di lezioni,
tra le ferite e il loro soggiorno al Polo Nord. Per Litha e Rohnyn,
invece, era
tempo di tornare dai rispettivi figli, oltre che alla nuova ricerca che
li
avrebbe spinti in ogni angolo dell’Irlanda, con la speranza
di trovare notizie
sui Tuatha.
Non
era certo un compito facile, ma lei era certa che nessuno dei due si
sarebbe
arreso facilmente.
«Pensieri
profondi, Liza?» domandò a un certo punto Rachel,
strappandola alle sue
elucubrazioni.
«Mi
chiedevo quanto tempo impiegheranno Litha e Rohnyn a trovare notizie
dei
Tuatha. Non sarà facile, per loro, visto quanti secoli sono
passati dalla loro
scomparsa definitiva» ammise Liza, tastandosi il punto in cui
la treccia le
sfiorava la parte alta del capo.
«Dopo
ciò che hanno fatto per salvarvi, credo che nulla li possa
fermare» si limitò a
dire Rachel prima di vedere Richard e Helen discendere dal primo piano
della
casa. «Ebbene? Com’è andata la riunione
del board?»
«Dobbiamo
rientrare. A quanto pare, non è una cosa risolvibile in
remoto» sospirò Richard
nello scuotere il capo. «Mi spiace doverti lasciare proprio
ora che sei
tornata, tesoro, ma non possiamo procrastinare oltre la partenza. Anche
Iris
dovrà venire con noi per qualche giorno.»
Liza
sorrise nell’allungare una mano verso il padre e, tranquilla,
replicò: «Ora che
so di non avere più alcun problema nel gestire
ciò che sono e ciò che sento,
non ho più paura al pensiero di vedervi partire. Il mio
amore per voi è
immutato e forte e, finalmente, sotto controllo. Partite tranquilli,
quindi, e
fatemi sapere come procedono le cose.»
Richard
assentì nell’accucciarsi accanto a lei e, dopo
averle dato un buffetto sulla
guancia, disse: «Non abbiamo avuto molto tempo di parlare di
Mark, ma immagino
che Devereux ti terrà con il guinzaglio corto, ora che le
cose sono andate a
posto.»
Liza
arrossì non poco a quell’accenno e, reclinando
imbarazzata il capo, borbottò:
«Credimi, non esiste guardiano più terribile di
Dev. Con lui, potrei arrivare
illibata ai cinquant’anni.»
Tutti
risero di quel commento e Richard, asciugandosi una lacrima
d’iralità, asserì:
«Non pretendo tanto. Inoltre, so che sei una brava ragazza, e
Mark mi ha dato
l’idea di essere a sua volta un giovane assennato. Vi chiedo
solo di andare con
calma pur se immagino che, ora che siete anche lupi, le vostre percezioni del mondo siano diventate un
po’ diverse.»
«In
effetti…» ammise lei, preferendo non dire quanto.
Non era il caso che il padre venisse a conoscenza dei sogni che
condivideva con
Mark, o delle loro disquisizioni in merito al sesso. Per quello ci
sarebbe
stato tempo.
O
forse no. Magari, lo avrebbe tenuto per sé e basta. Era
già abbastanza
rischioso che i loro amici licantropi glielo leggessero nella
mente… figurarsi
se suo padre fosse venuto a conoscenza del suo lato
più… selvaggio.
Che
le piacesse o meno ammetterlo, essere diventata un amarok
aveva risvegliato in lei bramosie che, fino a quel momento,
era riuscita a tenere più o meno sotto controllo. Il fatto
di potervi dare
sfogo nei sogni era in parte una risoluzione ai suoi problemi,
perché le dava
la possibilità di tenere più
o meno
le mani a posto, da sveglia, ma era comunque meglio che il padre non
sapesse.
Deponendo
un bacio sulla fronte di Liza, ignaro dei pensieri della figlia,
Richard le
sorrise e mormorò: «Sono molto orgoglioso della
donna che sei diventata,
tesoro. Non dimenticarlo mai.»
Lei
assentì e, in silenzio, Richard, Rachel, Helen e Liza si
abbracciarono
strettamente, consolidando con quel gesto la loro rinnovata unione.
Nessuno
poteva dire cosa sarebbe successo in futuro ma, almeno per il momento,
ogni
cosa era tornata al suo posto, tra loro.
Molto
più tardi, sdraiata nel suo letto e immersa in un piacevole
sogno in cui
passeggiava serenamente lungo le rive del Dutch Lake, Liza non si
sorprese nel
veder comparire Mark.
Come
sempre, lui le andò incontro con un sorriso e un abbraccio
di benvenuto – ormai
si salutavano sempre così, nei loro sogni condivisi
– e Liza, nello stringersi
al giovane, domandò: «Com’è
andata, coi tuoi? Io ho avuto un paio di momenti in
cui avrei voluto ridere a crepapelle per
l’imbarazzo.»
«Papà
sembra ancora un po’ fuori fase, ma credo che si
riprenderà alla svelta. Penso,
però, che dovrò far insonorizzare il prima
possibile la mia stanza, se non
vorrò avere incubi per il resto della mia vita»
ironizzò Mark, facendola
scoppiare a ridere. «Mi sono svegliato nel cuore della notte
per alcuni
istanti, e avrei preferito non farlo.»
Cercando
di soffocare uno scoppio di risa ancor più violento del
precedente, Liza
replicò: «Sai, vero, che tuo padre e tua madre non
si limitano a giocare a
ramino, la notte, e che tu non sei nato sotto un cavolo?»
«Non
l’avrei mai detto» sbuffò lui, dandole
un buffetto sul naso. «Ma un conto è
saperlo… un altro è
sentirlo. Beata
te che, a casa Saint Clair, non hai questi problemi.»
«Oh,
veder pomiciare Dev e Iris in giro accade più spesso di
quanto tu non creda, e
meno simpatico di quanto si pensi. Quei due sembrano perennemente in
calore»
sottolineò per contro Liza, facendolo arrossire anche
all’interno del suo
sogno.
La
giovane ne fu orgogliosa – amava come il colore chiaro della
pelle di Mark si
tingeva di vermiglio – ma Mark la redarguì
dicendo: «Non farmi pensare anche a
loro a quel modo, ti prego, o
non riuscirò più a guardare in faccia
nessuno!»
«Dovrai
abituarti. I licantropi hanno pochissime inibizioni, soprattutto sul
piano
sessuale e, ormai, noi facciamo parte di quella famiglia» gli
rammentò lei con
una scrollatina di spalle. «Anzi, a ben pensare, il fatto di
essere diventata
una lupa mi crea già
qualche
problemino in tal senso.»
Mark
scosse con violenza il capo di corti capelli ramati, ben deciso a
cancellare
dalla mente il pensiero della sua insegnante di Musica mentre faceva
sesso col
marito e, caparbiamente, mutò il sogno per condurli entrambi
al Polo Nord.
Subito,
un vento sferzante portò con sé neve e alte cime
rocciose, oltre a iceberg
dispersi in lontananza, nel mare gelido e inviolato e Liza, con un
mezzo
sorriso, disse: «Cielo! Eri davvero sconvolto per aver scelto
un luogo che ti
facesse sbollire.»
«Sei
tu che mi punzecchi su un argomento che, anche al sottoscritto, crea
qualche
problema di adattamento» replicò lui, afferrandola
per le spalle per volgerla
verso di sé.
Liza
lo lasciò fare, sorrise e gli avvolse il collo con le
braccia, levandosi poi in
punta di piedi per dargli un bacio.
Lui
ricambiò con passione e, mentre la neve cominciava a cadere
copiosa su di loro,
le luci del nord illuminarono il cielo con i loro colori cangianti e
sempre
diversi.
Le
mani di entrambi si fecero avide e frettolose, mentre annullavano la
distanza
tra i loro corpi e, pur se solo nel sogno, si amarono con passione
ardente.
Sia
Liza che Mark presero e diedero in egual misura, lasciando che sia ogni
parte
di loro – umana e mannara – fosse partecipe di
quella danza vecchia come il
tempo stesso.
Baci,
carezze e ansiti si confusero tra loro mentre il sogno continuava a
cambiare
confini, immagini, ambienti. Le onde del mare di un’isola
deserta sferzarono i
loro corpi febbricitanti di passione, quando Liza gorgogliò
il nome di Mark nel
raggiungere il climax.
Lui
affondò il viso nel suo collo, raggiungendola un istante
dopo e, in quel
mentre, l’acqua svanì lasciando il posto a una
vasta radura deserta, nel bel
mezzo delle Montagne Rocciose.
Liza
rise, nell’accorgersi di dov’erano finiti e, nel
baciare la pelle accaldata di
Mark, mormorò: «Siamo a poche miglia da Aspen,
sai? Abbiamo una casa, lì.»
«Bello»
mormorò distrattamente lui, attirandola su di sé
quando lui si sdraiò sull’erba
morbida e profumata.
«Non
hai neanche guardato» sottolineò lei, ridacchiando
divertita.
Sfiorandole
i fianchi nudi con le mani, Mark scrollò le spalle e
replicò: «Al momento, il
paesaggio che sto vedendo è molto più
bello di qualsiasi cosa sulla Terra.»
Liza
arrossì suo malgrado e, nel chinarsi per baciarlo,
lasciò che penetrasse
nuovamente in lei, trasportandola in quel mondo fatto di estasi e
piacere che
erano divenuti i loro sogni.
Ovviamente,
non tutti erano così
brucianti e
pieni di passione, ma quel giorno – ops, quella notte
– era speciale per molti
motivi e, visto che in sogno non poteva accadere nulla di terribile,
tanto
valeva divertirsi un po’.
N.d.A.: siamo quasi al termine dell'avvantura di Liza e dei suoi amici. Ogni cosa sembra essersi sistemata... ma sarà davvero così, almeno per Chanel? Lo scopriremo presto.