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Autore: Eevaa    14/02/2021    9 recensioni
Due appartamenti, cinque inquilini, nuove e improbabili amicizie che metteranno in discussione le grandi leggi del Mondo Magico.
Perché chi l'avrebbe detto che, quattro anni dopo la guerra, Grifondoro e Serpeverde si sarebbero trovati a stringere alleanza?
Un'altra serata stava per concludersi nella palazzina Augurey n.7. Una delle tante a metà tra un burrascoso passato e un futuro ancora tutto da raccontare.
Genere: Commedia, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro. 
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.

 
 
- AUGUREY BUILDING N.7 -
A magic sitcom in Diagon Alley



CAPITOLO 9
Ci scommetto la scopa

 
 
 

Giugno passò veloce come i temporali estivi che lo caratterizzarono. Il giugno più piovoso degli ultimi dieci anni, l'avevano definito, e Hermione era entrata in un clima d'ansia non indifferente.
Il matrimonio era stato organizzato all'aperto e, sebbene esistessero numerosi incantesimi idrorepellenti, sarebbe stato un vero peccato sposarsi in mezzo al grigiume.
Fortuna volle che, intorno alla prima metà di luglio, le piogge estive lasciarono posto a un caldo piacevole e secco.
Un vero peccato che Draco odiasse l'estate. "Il sole invecchia la pelle", "Il sole mi fa venire le lentiggini", "Il sole mi costringe a togliere le giacche eleganti".
Di fatto, la sera, il clima consentiva ancora l'utilizzo della giacca, proprio per quello Draco si era tramutato in un vampiro costretto a uscire solo di notte.
A tal proposito – dopo i bizzarri eventi di Luca e Jonas – Harry e Draco erano tornati a uscire per rimorchiare con l'assidua frequenza del periodo pre-Barcellona.
Peccato che, in un mese, non avessero rimorchiato proprio nessuno. Uscivano, passavano le serate a vagare per i locali, bevevano insieme, ridevano, scherzavano e tornavano a casa a mani vuote.
Ogni tanto se ne lamentavano pure, ma poi non facevano nulla di concreto per cercare una soluzione o un perché.
E quindi uscivano di nuovo, scherzavano tra di loro, si bevevano qualche drink, poi tornavano. Tutto qui.

«Sono ridicoli» convenne Pansy una sera, dopo che Culo e Camicia uscirono per un aperitivo veloce in Camden Magic - non prima di aver illustrato grandi piani di conquista che non si sarebbero mai avverati. «Io giuro che non ho mai visto nessuno che si comporta così!»
«Insopportabili! Mi chiedo quando finirà questa storia e inizieranno a capire» concordò Hermione, frustrata.
Ron spense la televisione e si affacciò dal divano, confuso.
«Un momento... mi sono perso qualcosa?!»
«Ron, sul serio? Hai anche tu le fette di salame sugli occhi come quei due? Devo farti un disegnino?» rispose Hermione con ovvietà.
Ci vollero dai quindici ai trenta secondi prima che Ron facesse due più due e cascasse giù dal gigantesco pero su cui si era nascosto nei mesi passati.
«QUEI DUE?! INSIEME?!» urlò, scoppiando poi in una risata nevrotica e molto, molto rumorosa. «Ma voi siete pazze! Sono Potter e Malfoy. Cane e gatto. Grifone e Serpe. Auror e Mang... ok, no, questo è ingiusto» si interruppe, prima di poter dire una cattiveria orribile nei riguardi di Malfoy.
«E lo credo bene!» sibilò Pansy, inviperita.
Ron arrossì. C'era stato un tempo in cui si odiavano e un tempo in cui non si rispettavano, ma Draco aveva ampiamente dimostrato di volersi distaccare dai vecchi ideali di famiglia. Definirlo "Mangiamorte", al giorno d'oggi, sarebbe stato un colpo basso e fin troppo ingiusto.
«E comunque no. Non possono funzionare!» ribadì Ron, tornando all'argomento principale.
Harry e Malfoy erano quanto di più distante sulla faccia della Terra. Ok la rivalità, ok quell'improbabile amicizia... ma andiamo!
«Ma li vedi? Escono ogni fottuto giorno insieme. E non si sforzano neanche un po' di cercare qualcun altro, perché si bastano! Si divertono insieme, fanno tutto insieme!» spiegò Hermione.
«Ti ricordi Culo e Camicia? Ecco. Ora sono entrambi Culo. Due chiappe. Li separa solamente un buco». Le perle di pragmatica saggezza di Pansy, del resto, erano famose in tutta Diagon Alley.
Ron inorridì. Hermione, invece, si stupì di quanto l'amica potesse essere saggia.
«Ma ce li vedete? Si ammazzerebbero a vicenda dopo una settimana, ci scommetto la scopa» concluse Ron, risoluto.
E, a quell'affermazione, le due ragazze si guardarono raggianti, colte da un'improvvisa illuminazione condivisa.
«IDEA GENIALE!»

 


 

Se c'era un'abitudine che Draco aveva conservato dalle sue reminiscenze aristocratiche da lord inglese, era il tè delle cinque. Earl Grey con un cucchiaino di miele d'acacia e, possibilmente, tre scones con marmellata di mirtilli.
Un tempo, però, era solito berlo in veranda a Villa Malfoy, circondato da peonie profumate, sguardi altezzosi di suo padre, labbra strette di sua madre e silenzi imbarazzanti.
Da quasi quattro anni a quella parte, durante il fine settimana, il tè delle cinque si era trasformato in un garbuglio di pettegolezzi, commenti sportivi, chiacchiere rozze preludio delle infauste bevute allo Shame-rock o qualche festa mondana magica o Babbana.
Il tutto nell'appartamento dei Grifoni che, giusto per sottolinearlo, somigliava più a un circolo di qualche movimento politico di estrema sinistra, più che a un appartamento.
Eppure, nonostante lui e Pansy avessero mostrato all'inizio numerose riserve nel trascorrere il pre-serata in compagnia di tre Fricchettondoro, attualmente era ritenuto dai dirimpettai uno dei momenti più rilassanti e piacevoli di tutta la settimana.
Anche perché, da quando Hermione e Ron avevano frequentato insieme un corso di pasticceria, gli scones ai mirtilli abbondavano.

«Sai, Draco, oggi Millicent mi ha chiesto come vanno le cose tra te e Potter. Ah! Lei pensa che stiate insieme» disse Pansy candidamente, tra un dolcetto e l'altro.
Ma, se Harry rischiò di farsi andare di traverso persino la bustina del tè, Draco rispose allo sguardo delizioso della sua amica con uno altezzoso degno, appunto, di quelli di suo padre.
«E tu cosa le hai risposto, a quell'inguaribile asina ficcanaso?»
Da quando lui e Potter erano stati costretti a ballare insieme al matrimonio di Luna e Neville, le voci su una loro presunta relazione – nonostante fossero state smentite – avevano fatto il giro della Gran Bretagna.
«Beh, le ho detto che non è vero, ovviamente. Cioè, andiamo! Voi due!» Pansy si lasciò andare in una risata giuliva, e Hermione si intromise facendo altrettanto.
«Ahahah,» rise con una mano al petto, «loro due, insieme!»
Ron, all'udire di quel pollaio di risate ostentate, inarcò un sopracciglio e mise in moto gli ingranaggi della mente.
«Già, che cosa sciocca...» ridacchiò più debolmente Harry, tra qualche colpo di tosse.
«Sciocchissima!» concordò Pansy, poi volse di nuovo lo sguardo verso Draco. «Non riuscireste a durare un mese, Potter non è adatto a uno come te. Con quella faccia da Eroe, da bravo ragazzo... come potreste funzionare?»
Draco fece spallucce. Onestamente non aveva mai fatto caso che Potter avesse tutta 'sta faccia da bravo ragazzo. Blaise aveva la faccia da bravo ragazzo, quell'idiota di Macmillan aveva la faccia da bravo ragazzo. Potter aveva la faccia da... da Potter.
«Già, non c'è storia, non funzionereste mai. Poi, beh, Harry... Draco è così elegante...» incalzò Hermione e, a quell'affermazione, Ron iniziò finalmente a fare due più due e assunse la stessa espressione di quando sua madre l'aveva costretto a presenziare a quell'orribile cena di Natale con la prozia Tessie.
«Stai insinuando che sono uno straccione, Hermione?» si indignò Harry, e Draco fu costretto a soffocare una risata.
Cosa diavolo voleva dire che Malfoy era elegante? Certo che era elegante, ma anche lui sapeva essere elegante. Gliel'aveva detto Draco stesso, una sera, che con un po' di impegno avrebbe potuto esserlo.
«No, ma non saresti mai il suo tipo. Siete così diversi!» Hermione si strinse nelle spalle, con un sorrisetto di scuse false.
«Tu e Potter! Hah!» intervenne di nuovo Pansy, rivolta a Draco, sbattendo una mano sul tavolo per ostentare divertimento. «Finiresti per litigarci dopo un appuntamento. Non saresti proprio capace di far funzionare le cose!»

Quello fu il turno di Draco per indignarsi.
«Ehi! Perché parti dal presupposto che sarebbe colpa mia se non funzionasse?»
«Perché lui è l'Eroe del Mondo Magico e... beh... non siamo molto ben visti dalla società dagli estremisti, anche se la Guerra è finita da anni. Dubito che vi accetterebbero» puntualizzò Pansy, fingendosi dapprima affranta, poi ancora divertita da tale pensiero. «Hah! Voi due insieme! Sono pronta a scommettere che non durereste neanche un'ora a un appuntamento».
Harry aprì la bocca per controbattere, ma Hermione lo anticipò.
«Un'ora?! Come sei ottimista, Pansy. Io scommetto che finirebbero a menarsi dopo dieci minuti di appuntamento. Ci scommetto la scopa!»
Dopo un'altra fastidiosa risata, nel salotto dei Grifoni echeggiò solo il rumore del cucchiaino con il quale Ron stava compulsivamente mescolando il tè. Da dieci minuti.
Draco e Harry, invece, assottigliarono lo sguardo, indignati e colpiti nell'orgoglio da tutta quell'arrogante saccenteria. Bastò solo un'occhiata. Una lunga, complice occhiata.
Nessuno poteva permettersi di fare una scommessa sul grande Draco Malfoy, nossignore.
«SFIDA ACCETTATA!» annunciò quindi Draco alzandosi dalla sedia, raggiante. Puntò l'indice in direzione di Harry e ammiccò. «Potter, stasera appuntamento. Ci stai?»
Harry si alzò anch'egli dal tavolo e, dopo aver lanciato un'occhiata velenosa verso le due ragazze, annuì in modo teatrale. Come osava Hermione dire che non fosse abbastanza elegante?
«Ci sto! Niente rimorchi. Solo noi due. A cena!» asserì quindi, e Ron lasciò cadere il cucchiaino nella tazza.
Draco, soddisfatto, lanciò un'occhiata di sfida in direzione di Pansy e Hermione, poi tornò a rivolgersi a Harry con galanteria.
«Sushi?»
«Adoro il sushi!» ribatté egli entusiasta e, giusto per rimarcare che le cose stessero già funzionando prima di poter iniziare il suddetto appuntamento, volse alle due ragazze uno sguardo vittorioso.
«Perfetto. Ci troviamo alle sette sul pianerottolo. Conosco un posto, ti porto io».
«Andata!»
Detto ciò, si congedarono con un sorriso macchinoso e si allontanarono ognuno verso la propria stanza.
L'attimo di silenzio prima di un sonoro battito di cinque tra Hermione e Pansy diede giusto il tempo a Ron di comprendere infine cosa diamine fosse accaduto.
«Psicologia inversa? Siete due Serpi. Hermione, il Cappello Parlante ha sbagliato tutto, con te».

 


 

Nessuno dei due si accorse di essere caduto nella rete di inganno tratta dalle due ragazze. Furono troppo impegnati a rimuginare ognuno sulle pecche che avevano fatto loro notare.
Harry, ad esempio, trascorse le successive due ore a mettere a soqquadro il proprio armadio in cerca di un completo elegante, mentre Draco a rimuginare e tentare di nascondere ciò che rimaneva dello sbiadito Marchio Nero sul polso sinistro.
Draco non andava fiero del suo passato, per niente, ma erano trascorsi molti anni da quando era stato denigrato da qualcuno a causa di esso. Non aveva più avuto problemi, specialmente da quando aveva iniziato a frequentare la compagnia dei Grifondoro. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto rompere le scatole ora che erano passati più di cinque anni dalla Guerra?
Le sue elucubrazioni mentali, però, si fermarono nell'esatto istante in cui – bello come il sole, profumato, con la cortissima barba curata e un completo grigio scuro brillante – mosse un passo sul pianerottolo e trovò Potter già pronto ad attenderlo. E, che Merlino potesse fulminarlo in quell'istante, non riuscì proprio a non pensare che quei diamine di allenamenti da Auror gli conferissero un fisico degno da copertina patinata.
Harry mostrò un sorriso timido, con i ricci scompigliati sulla fronte, un completo nero casual abbinato alla camicia dello stesso colore e, come ogni buona occasione, senza occhiali. Benedette le lenti a contatto Babbane.
Il momento di imbarazzo fu palpabile e, solo in quell'istante, nella mente di entrambi balenò la velata possibilità che quella fosse un'immensa, mastodontica cazzata.
E, proprio per quello, Draco decretò che l'ironia sarebbe stata l'unica sua grande alleata per smettere di guardare Potter come se fosse uno di quegli uomini da Settimanale delle Streghe.
«Uh, Potter. Ho dovuto inviarti a cena per farti mettere una camicia decente!»
Harry si scompose dall'imbarazzo e rise.
«Chissà perché, sapevo che me l'avresti detto. Ma lo prendo come un complimento» disse, divertito e deliziato allo stesso tempo.
«Beh, è pur sempre un appuntamento» ammiccò, e Harry ridacchiò di nuovo. Draco si ritrovò a pensare che la risata di Harry era fastidiosamente piacevole, ma si costrinse a soprassedere a quel pensiero.
Diavolo, erano usciti insieme per anni, perché mai solo in quel momento doveva pensare una cosa del genere? Scosse la testa per rinsavire e, con ostentata galanteria, lo lasciò passare avanti sulle scale per dirigersi al punto di Smaterializzazione nel vialetto – e pur di non guardare come gli calzavano quei pantaloni sulle eroiche chiappe, si concentrò sulle proprie scarpe in modo ossessivo. Erano proprio delle belle chiappe. Scarpe. Scarpe! Erano proprio delle belle scarpe.

Harry tentò di ignorare la sensazione di imbarazzo che comportò aggrapparsi al braccio di Draco per la Smaterializzazione Congiunta – per Morgana! L'avevano utilizzata una miriade di volte, quella sera cosa c'era di diverso? - e si lasciò trasportare fino al luogo designato.
Si ritrovarono nel vicolo nascosto di una via colorata nel quartiere di Portobello e, camminando a una distanza innaturale l'uno dall'altro, raggiunsero la facciata diroccata di una palazzina a schiera color verde acqua. Le serrande mostravano insegne di un'antica sala da tè chiusa oramai da anni, alla quale i Babbani non facevano più neanche caso. Draco, dopo aver controllato che nessuno nei paraggi li stesse osservando, intimò a Harry di seguirlo nel passaggio nascosto oltre la serranda – passaggio molto simile a quello del binario Nove e Tre Quarti.
Subito dopo averlo oltrepassato, Harry fu sorpreso di scoprire un locale spazioso dall'arredo orientale, con tanti tavolini disposti lungo due file ordinate e, sui lati, porte scorrevoli in carta di riso con rappresentazioni nipponiche. Il soffitto stregato era un tetto di alberi di sakura in fiore, alcuni petali che si staccavano sparivano appena prima di toccare le teste dei commensali. Le lanterne appese ai rami degli alberi emanavano luce soffusa, l'atmosfera era intima. 
«Bel posto» commentò Harry, mentre un cameriere dai tratti orientali li invitava a seguirli dentro uno dei salottini privè, dietro le porte scorrevoli.
«Sono maghi giapponesi, hai mai provato il tataki di Marmite? È squisito» spiegò Draco.
Harry fece segno di diniego.
Quando insieme si sedettero sulle panche interrate uno di fronte all'altro, una bottiglia svolazzante di champagne aromatizzato ai petali di sakura riempì i loro flûte, e una piccola entrée si materializzò nei loro piatti. Harry non aveva mai mangiato sushi magico, si era sempre limitato a quei ristoranti All You Can Eat Babbani.
«Beh, c'è sempre una prima volta. Attento però a quel sashimi di Avvincino. Bisogna immergerlo nella salsa di soia per stordirlo, altrimenti ti si attacca alle tonsille» spiegò Draco.
Harry guardò con aria preoccupata i piccoli tentacoli dell'entrée che si muovevano aggressivi.
Draco ridacchiò dell'espressione sul volto di Potter, la quale attenzione si spostò da quegli strambi tentacoli fino al suo volto divertito. Se non altro sarebbe stata un'esperienza interessante quella di portare Potter al San Mungo con l'ugola mutilata.

«Allora, prima che questo affare ti uccida, brindiamo». Draco sollevò il bicchiere al centro del tavolo e attese che l'altro fece lo stesso.
«A cosa, per l'esattezza?» domandò quindi Harry, curioso.
«A quando non mi hai stretto la mano quel giorno sul treno per Hogwarts».
Harry alzò le sopracciglia, sorpreso, il flûte tenuto a mezz'aria si abbassò lievemente. Cos'era, quella? Una recriminazione?
«Perché?» chiese, sospettoso. «Se avessi accettato allora la tua amicizia ci saremmo risparmiati un po' di anni di odio».
Se l'era domandato più volte, Harry, cosa sarebbe successo. Draco, invece, fece spallucce e sorrise.
«O forse ti avrei portato su una cattiva strada e a quest'ora il mondo sarebbe governato da un pazzo furioso. E magari tu saresti concime per Mandragore». Ci aveva pensato tutto il pomeriggio a ciò che l'aveva portato a ricevere il Marchio. Ma, una cosa era certa, non sarebbe stata l'amicizia con Potter a farlo desistere. All'epoca erano troppo diversi, davvero troppo differenti per essere amici. Non avrebbe accettato di passare dalla fazione dei buoni all'età di undici anni, non dopo aver trascorso tutto quel tempo immerso in ideali sbagliati.
Harry se ne sorprese. Non ne avevano mai parlato prima. Draco si era dimostrato sempre tanto restio a parlare del proprio passato burrascoso, se ne era sempre vergognato, ma era bello che finalmente si fosse aperto un poco di più.
«Forse hai ragione. Abbiamo entrambi vissuto i nostri periodi bui, in un modo o nell'altro. Ma ora siamo qui e stiamo bevendo insieme. Mi sembra... che l'importante sia questo» decretò infine Harry, sollevando di nuovo il bicchiere. Lo fece tintinnare con quello di Draco ed egli, divenendo un poco più rosso sulle gote, fu felice di aver intavolato quella discussione.
Era bello sapere che il signor Eroe l'avesse perdonato del tutto. Ed era anche bello pensare a tutto il percorso che li aveva portati fin lì, tra alti e bassi, a farli sentire al proprio posto nel mondo.
Draco, nel vedere il sorriso di Harry, corrucciò le sopracciglia in modo sospettoso e montò un ghigno soddisfatto.
«Questo non è un vero appuntamento, vero, Potter?»
Si guardarono per qualche istante, sospettosi ma comunque divertiti. Sapevano che prima o poi sarebbero arrivati a quel punto della conversazione. Era evidente che si fossero ritrovati nel qui e ora per una sciocca sfida con Pansy e Hermione, ma nessuno dei due si era dimenticato la sera del matrimonio di Neville, quando Harry ubriaco aveva inappropriatamente chiesto a Draco di uscire. Fino a quel momento erano riusciti a fare finta di niente in maniera eccelsa. Peccato solo che la polvere sotto al tappetto stesse iniziando a strabordare e presto se ne sarebbero ritrovati pieni fino alla punta dei capelli.
E c'era un solo modo per tirarsene fuori senza prendere una vera posizione: dire la verità.
«Sai che ti dico? Chissenefrega» asserì Harry. «Vero o non vero, sono contento di essere qua. Non pensiamoci».
Draco si meravigliò ma, del resto, non era la prima volta che quell'idiota di Potter mostrava tutta la sua indole schifosamente Grifondoro, che mostrasse coraggio e manifestasse ciò che gli passava dentro quella testa di capelli ingarbugliati.
Ma non poteva essere più d'accordo: era bello essere lì, appuntamento o no.

Bevvero, mangiarono, Harry non finì decapitato dall'Avvincino e Draco gli insegnò a utilizzare le bacchette in modo appropriato. Si concessero un delicato sakè di bambù e, infine – un po' perché erano pieni, un po' perché era divertente fingere di comportarsi come se fosse un vero appuntamento – divisero anche il dolce.
«Sappi che mi rifiuto di imboccarti» puntualizzò Draco, con il cucchiaino puntato verso Harry.
«E sappi che mi rifiuto di cederti il lampone» replicò quest'ultimo e, con un rapido scatto, rubò l'unico lampone sopra la cheesecake. Draco si finse profondamente indignato.
«Sei un vero maleducato. Non ci esco più con te».
Draco insistette fino allo sfinimento per pagare l'intero conto, "ti ho invitato io, è un appuntamento, non essere ridicolo!", e si ritrovò a formulare un incantesimo di Silencio su Potter per mettere a tacere quelle inutili proteste.
Per potersi sdebitare, Harry lo portò in un locale carino vicino a Piccadilly e consumarono due Gin Tonic. Draco rigorosamente dry, Harry optò per un botanic speziato. "Grifondoro", si limitò a commentare Draco.
La tensione e l'imbarazzo iniziale – che si erano attenuati dopo la prima portata della cena – svanirono del tutto al secondo giro al pub.
Quando uscirono dal locale, si ritrovarono nella movida Babbana londinese.
«Dovremmo fare una foto e mandarla alle stronze» propose Draco e, una volta estratto il telefono dalla tasca, scattarono un selfie in mezzo alle luci colorate di Piccadilly Circus. Vicini, abbracciati e sorridenti. E, giusto per fare un poco gli sciocchi, Draco azzardò pure a scattare una foto mentre faceva finta di baciare Harry sulla guancia.
Inviò l'MMS[1] a Pansy, fiero e soddisfatto.
«Quelle due streghe hanno fatto male i loro calcoli. Sono passate quattro ore e non ci siamo picchiati né abbiamo litigato!» rincarò Harry, da ora detto "l'ignaro". Quel che proprio non potevano immaginare era che Pansy e Hermione, alla Palazzina Augurey, avessero appena stappato una bottiglia per festeggiare.
«Un appuntamento perfetto, direi» ammiccò Draco, deliziato.
L'ignaro non poté far altro che mostrarsi concorde ma, proprio quando lo colse il pensiero che ben presto sarebbero dovuti rientrare, una stramba idea gli balenò in mente.
«Sai cosa manca per essere un appuntamento come si deve? Il London Eye» propose.
Draco, che di primo acchito avrebbe tanto voluto rispondere "ma sei scemo o mangi Bubotuberi?", si lasciò però convincere da quello sguardo entusiasta. E quel malefico sorriso seducente.
Aveva appena pensato "seducente"?
«E sia!»
Corsero di soppiatto in un vicolo meno frequentato e, insieme, si smaterializzarono e raggiunsero quello scorcio sul Tamigi.

Londra illuminata sembrava un grande quadro, il fiume un mesto sorriso. Il Big Ben, in lontananza, segnava le undici e mezza di sera.
Draco e Harry, entrambi con i nasi premuti contro le vetrate della cabina, osservarono affascinati le scie luminose delle macchine, il traffico, le persone piccole come formiche e le stelle nascoste tra lo smog e l'umidità di mezza estate.
«Ti devo confessare una cosa... non ci ero mai salito» ammise Harry.
I Dursley non avevano mai acconsentito a lasciargli il permesso di andarci in visita con la scuola e, durante le loro gite domenicali, non l'avevano mai portato.
Da più grande non l'aveva mai trovata una cosa essenziale: avrebbe potuto volare più alto con una scopa per osservare Londra. Quindi aveva desistito e non vi c'era mai stata occasione di andarci.
«Oh, neanche io» confessò Draco. «Le attrazioni Babbane non mi hanno mai ispirato tanta curiosità, ma spesso ho avuto riprova di sbagliarmi. La Tour Eiffel, ad esempio, pensavo fosse un ammasso di ferraglia, invece sembra quasi... magia».
Harry osservò gli occhi di Draco, luminosi e ricchi di sfumature e riflessi colorati. Non c'era follia, né saccenteria, né superiorità in quello sguardo. Ricordò la sera del matrimonio, quando avevano ballato insieme e si erano scusati l'un l'altro.
Malfoy sapeva essere tremendo, una Serpe in piena regola, ma sapeva anche essere semplicemente Draco. E Harry non poté fare a meno di pensare che semplicemente Draco fosse sbalorditivo.
«Uno dei prossimi appuntamenti mi dovrai portare sulla Tour Eiffel, allora» si ritrovò a dire, senza pensarci.
«Prossimi appuntamenti?» incalzò Draco, con un sorrisetto beffardo. «E chi ti dice che io voglia uscire ancora con te? Mi hai rubato il lampone, devo ricordartelo?»
Harry finse di indignarsi, poi si impettì e montò la sua migliore espressione da Firebolt ficcata su dove non batte il sole.
«Oseresti rifiutare l'Eroe del Mondo Magico?»

Scoppiarono entrambi a ridere. Poi parlarono, poi passeggiarono sulle sponde del Tamigi. Chiacchierarono a lungo, di qualsiasi cosa – esattamente come avevano fatto durante i mesi precedenti. Si presero un po' in giro, commentarono eventi sportivi, ricordarono qualcosa di stupido. Non guardarono nessun altro, oramai come sempre.
Poi, quando Londra stava per cadere nel profondo sonno etilico del week end, si ritrovarono di fronte alla Palazzina Augurey numero 7.
«Questa è la parte in cui ti accompagno in casa e ti bacio al portone» ridacchiò Harry, le guance rosse dalla temperatura frizzante della sera. O forse da quell'uscita ironica che di ironico aveva ben poco.
Draco ghignò, ma un piccolo tarlo nella testa iniziò a mordicchiargli le sinapsi, al quesito su quanto Potter potesse essere scherzoso.
«Potter... abitiamo nella stessa casa!» disse nervoso, senza riuscire a stare al gioco.
Una vera fortuna che Harry riuscì a salvarsi in corner.
«Oh, guarda, risparmiamo anche nella noiosissima parte del "vuoi salire?"»
Ridacchiarono di nuovo come due perfetti idioti e, dopo un momento sul filo tra l'imbarazzo e il ridicolo, Draco si prodigò a ostentata galanteria, aprì il portone e lasciò che Harry salisse per primo.
Giusto per perdersi ancora un po' con lo sguardo sulle scarpe.
Quando si trovarono entrambi sul pianerottolo del quinto piano – Harry con i capelli più scompigliati di quando erano usciti, Draco con la cravatta oramai allentata dopo tutti quei drink – si fermarono proprio al centro, in mezzo alle porte dei due appartamenti.
Era giunto, dunque, il momento di salutarsi.
«È stato piacevole, te ne devo dare atto. E non ci siamo picchiati, direi che abbiamo vinto la sfida» disse Draco, compiaciuto. Piacevole lo era stato per davvero. Molto più che qualsiasi appuntamento avuto negli ultimi tempi. Un po' perché non era andato spesso oltre le conoscenze occasionali nei locali, un po' perché tutti coloro che aveva portato a cena negli ultimi anni si erano rivelati solo dei gran noiosi, petulanti senza materia grigia.
Potter invece... beh, era un Grifondoro, ma tutto sommato non era male.
«Già! E sì, anche per me è stato bello» concordò l'ignaro. Non ricordava l'ultima volta che si era divertito così tanto, l'ultima volta che qualcuno l'aveva fatto ridere così spesso durante un appuntamento.
Forse non era stata così una cattiva idea uscire insieme, sebbene si fosse trattato solo di una sfida, di una scommessa.
«Beh... allora buonanotte» si congedò Malfoy, le mani nelle tasche dei pantaloni e un ciuffo di capelli biondi che ricadeva sulla fronte.
Harry si dondolò un poco sui piedi.
«'Notte, Draco...» disse. Malfoy arrossì ancora un poco, non lo chiamava spesso per nome. Era bello, era piacevole.
Entrambi scoprirono che non avevano poi tutta 'sta gran voglia di andare a dormire ma, se si fossero fermati oltre, sarebbe stato troppo. Era forse troppo tempo che stavano lì così, uno di fronte all'altro, in attesa di chissà quale segnale.
Il segnale, però, giunse nella mente di Draco come una gigantesca spia rossa, luminosa e lampeggiante, con scritto "pericolo". Il segnale rumoroso che gli fece comprendere che sì, poteva confermarlo, era stata una grandissima idea di merda.
Con un ultimo, breve e fugace sorriso, Malfoy girò sui tacchi e si apprestò a scapparsene al sicuro dentro il proprio appartamento ma, si sa, i Grifoni possono essere avventati.
Molto, molto avventati e per nulla riflessivi.
Harry - la quale lampadina della spia di pericolo si era probabilmente bruciata tempo addietro - lo inseguì a passi svelti e, dopo averlo preso per un braccio, lo costrinse a voltarsi.

Lo baciò senza pensarci. Un bacio irruento, violento, di quelli che ti colgono alla sprovvista e neanche fai in tempo a chiudere gli occhi. Labbra contro labbra a stampo, niente di più.
Giusto il tempo per Harry di mollare la presa dal suo braccio, che si rese conto della cazzata che avesse appena fatto. Si staccò dalle sue labbra e lo guardò in preda al panico più completo. Draco lo fissò di rimando a bocca aperta, in un'espressione che di intelligente aveva davvero ben poco.
«Merlino, scusami!» borbottò Harry, portandosi le mani tra i capelli. Cosa porco Merlino gli era saltato in testa? «Scusa, scusa, ti prego perdonami. Mi sono lasciato forse troppo trasportare da questo gioco e-»
«Chiudi il becco, idiota di un Potter» fu tutto ciò che Malfoy riuscì a dirgli, prima di prenderlo per la giacca del completo e trascinarlo di nuovo verso di sé.
E poi, successivamente, trascinarlo dentro l'appartamento. E, infine, sotto le lenzuola.
Evidente che anche la lampadina nella testa di Draco si fosse appena fulminata.

 



 
Continua...
 
[1] Ricordiamoci che siamo negli anni 2000, What's App non esisteva ancora. Vi prego, ditemi che non devo spiegare a nessuno cosa sia un MMS, non fatemi sentire vecchia! 

ANGOLO DI EEVAA:
Ce l'abbiamo fattaaaaaaaa! Pèpèpèèèppèpèpèpèèèè! Festa, schiamazzi, festeggiamo insieme a Pansy e Hermione la vittoria.
Dopo nove capitoli di follia, finalmente la follia più completa ha avuto la meglio. Proprio per il giorno di San Valentino! Incredibile. Tutto grazie alle nostre dirimpettaie preferite, qualcuno faccia loro una statua per favore. #TeamPansy e #TeamHermione. E Ron, poveretto, che fa da spettatore ignaro ai loro grandi piani di conquista. 
Eppure la follia non finisce di certo qui, mancano ancora due capitoli. E, se ben mi conoscete, potete immaginare che in due capitoli potrà accadere di tutto. 
Non so a voi... ma a me è venuta voglia di sushi di Avvincino. Che problemi ho?
Io vorrei davvero farvi una lista con tutti i commenti che la mia cara Pally93 ha fatto per questi ultimi capitoli mentre li betava. Sono meravigliosi e a rileggerli perdo un polmone ogni volta xD Grazie, grazie, grazie come sempre.
E grazie davvero di cuore a tutti voi che state continuando a seguirmi in questa storia un po' sciocca, ma alla quale sono particolarmente affezionata.
Un abbraccio e a domenica prossima,
Eevaa
  
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