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Autore: Slytherin_Divergent    17/02/2021    1 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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Eita non vedeva la sua anima gemella da tre anni, precisamente dal suo ultimo anno di liceo. All'inizio le cose tra loro erano andate bene, quasi a gonfie vele. Il primo anno era passato in maniera impeccabile, poi era successo qualcosa che lui non riusciva a spiegarsi e da giugno il loro rapporto era andato man mano a deteriorarsi fino a quando in novembre non avevano smesso completamente di parlarsi, di vedersi e di preoccuparsi gli uni degli altri.

Per i primi mesi del loro silenzio Semi aveva cercato una spiegazione plausibile, un qualcosa che giustificasse lo strano comportamento del suo fidanzato, ma alla fine aveva semplicemente accettato che forse Kenjirou non voleva aver null'a che vedere con lui e che lo aveva accantonato.

Si era diplomato e con il passare delle settimane si era dimenticato del suo legame, di come ci si sentisse ad essere profondamente innamorati di qualcuno, e si era convito di esser riuscito a superare il grande, immenso punto interrogativo di nome Kenjirou Shirabu. Questo, almeno, fino a quando non lo aveva visto con indosso il grembiule di un rinomato locale mentre tornava a casa dal lavoro.

Per un attimo non aveva fatto caso a lui e soprattutto al locale perché era uno di quei bar aperti solitamente la sera che si riempivano di persone tronfie e ricche sfondate pronte ad ubriacarsi o a sfoggiare i propri portafogli gonfi alla cassa. Era stato più che altro il cliente che gli aveva aperto la porta in faccia a convincerlo a posare lo sguardo sull'interno del posto mentre lo rimproverava con irritazione.

Aveva visto Kenjirou per caso. Era appena uscito dalle cucine con due grossi vassoi in mano ed Eita era rimasto ad osservarlo, fermo sulla soglia del bar, constatando con sorpresa che non era cambiato quasi per niente: aveva la stessa frangia inclinata, la stessa espressione imbronciata e la stessa diligenza di sempre mentre si dirigeva verso i vari tavoli schivando persone, bambini, animali e borse.

A ripensarci, Eita vorrebbe poter dire di essere entrato nel locale e di aver bloccato Shirabu per un braccio, ma la verità dei fatti era che quando Semi si era trovato sul punto di entrare nel bar per chiamarlo si era reso conto del fatto che non avrebbe avuto nulla da dirgli. Per mesi si era tormentato su cosa avrebbe detto se avesse mai incontrato nuovamente Kenjirou, ma quando aveva finalmente avuto la possibilità di parlargli la sua mente si era svuotata e aveva capito che non avrebbe avuto senso riaprire una vecchia ferita solo per poi fare scena muta, quindi era andato via.

La verità era che la cosa che dava più fastidio al biondo era quella di aver scoperto di abitare e di lavorare nella stessa città della sua anima gemella e di non saperlo neppure. Era passato chissà quante infinità di volte di fronte a quel locale e non lo aveva mai notato e questo gli dava incredibilmente sui nervi. Forse era stata proprio questa sua testardaggine a convincerlo a scrivere a Taichi.

Si erano parlati per un po', chiacchierando del più e del meno riguardo le loro vite e i loro impieghi lavorativi o scolastici come due persone non propriamente in confidenza che non si parlano da anni, poi Eita aveva deciso che era arrivato il momento giusto per rivelare il vero motivo per cui aveva contattato Taichi e aveva tirato fuori l'argomento "Kenjirou Shirabu".

All'inizio Kawanishi era stato riluttante a parlarne. Aveva cercato di cambiare più volte argomento, ma alla fine aveva ceduto all'insistenza di Semi e gli aveva rivelato che Kenjirou aveva un appartamento in città già da due anni. Avevano iniziato a parlare di Shirabu e la questione era andata avanti per una buona ora.

Taichi gli aveva spiegato che il castano aveva avuto un buon motivo per allontanarlo e aveva consigliato ad Eita di parlargli e di cercarlo, perché di certo si sarebbero sentiti meglio entrambi dopo aver abbattuto i muri tra loro.

Semi ora si trovava quindi, ragionevolmente, al parco. Era arrivato in ritardo rispetto all'orario dettogli da Taichi, quindi mentre raggiungeva il parco aveva temuto che non avrebbe più trovato Kenjirou, eppure si era ricreduto quando aveva visto la familiare frangia in lontananza. Si era fermato ad una ventina di metri di distanza, al fianco di un grosso albero, ed era rimasto per una buona manciata di minuti ad osservarlo. Più che altro, stava fissando con occhi sgranati il passeggino nero con un bambino dormiente dentro e l'altro piccolo individuo che raccoglieva le foglie da terra.

Si avvicinò lentamente e senza badare alle foglie secche che scricchiolavano sotto le sue scarpe, mantenendo lo sguardo fisso sui tre.

Kenjirou mentirebbe se non ammettesse di sapere che Eita lo avrebbe raggiunto. Quando alzò lo sguardo non fu sorpreso di vedere Semi avvicinarsi lentamente perché quando lui e Taichi si erano scambiati la lunga serie di messaggi Kawanishi era a casa del castano e gli aveva detto tutto. Afferrò delicatamente Fuyuki e lo fece sedere sulle sue gambe, continuando a mantenere il contatto visivo con Eita mentre il bambino strappava le foglie.

Eita si fermò a due metri dalla panchina e per un attimo rimase in silenzio, cercando di riordinare i pensieri nella sua testa. Spostò lo sguardo da Shirabu a Fuyuki – che gli aveva dato la sua attenzione – a Yukine, ancora profondamente addormentato, poi di nuovo su Kenjirou. Fece un passo avanti e aprì la bocca per parlare, ma tutto quello che ne uscì fu un debole "ciao".

«Ciao.» rispose il castano, mantenendo il contatto visivo. Eita strinse le labbra e si decise ad avvicinarsi ancora di più. S'inginocchiò sul terriccio umido e osservò Fuyuki negli occhi – marroni e profondi quanto i suoi.

«Sai,» attaccò il biondo. «quando Kawanishi mi ha detto che avevi avuto un buon motivo per piantarmi in asso come hai fatto, ho provato ad immaginarmi quale potesse essere stato, ma... Ma non mi sarei mai immaginato questo

Kenjirou serrò le labbra, sibilando. «È proprio per non sentire quel tono nella tua voce che non te l'ho detto. Non sono venuto qui per essere compatito.»

«E chi ti dice che io ti stia compatendo?» allungò una mano e sorrise dolcemente a Fuyuki. «Ciao. Io sono Eita. Come ti chiami?»

Il bambino lo osservò per qualche secondo, scrutando il viso dell'uomo fin troppo simile al suo, poi alzò lo sguardo su Kenjirou e vedendolo annuire si decise a prendere la mano che gli veniva porta. «Fuyuki.»

«È un bellissimo nome.» il bambino sorrise, sporgendosi in avanti.

«Sì! L'ha scelto papà!» Semi lanciò un'occhiata divertita a Kenjirou, che si agitò leggermente sulla panchina come se fosse a disagio. Con un profondo respiro Eita tornò a guardare Fuyuki.

«E quanti anni hai, Fuyuki?» il bambino alzò tre dita.

«Quasi tre!» l'ultimo tassello del puzzle andò al suo posto e un piccolo sorriso si andò a formare sul viso del biondo. Si alzò e indicò lo scivolo dietro la panchina.

«Fuyuki, che ne dici di andare a giocare con lo scivolo? Io e papà dovremmo fare due chiacchiere.» Semi si sedette sulla panchina mentre il bambino saltava a terra e svegliava il fratello, trascinandolo sui giochi. Eita attese che i due fossero abbastanza concentrati sulle loro fantasie prima di schiarirsi la gola. «Quindi è per questo che l'ultimo ricordo che ho di te sei tu che mi gridi davanti alla porta della mia stanza che sono la persona che ti perseguita negli incubi.»

Kenjirou si morse un labbro e si mosse scompostamente sulla panchina, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate. «Non sapevo cosa fare. È stata una situazione abbastanza difficile da gestire.»

«Mi hai ignorato per tre anni, Shirabu.»

«Lo so. Mi dispiace.»

«Diamine, io...» Eita sospirò. «Sai, prima di accettare di venire a letto con me avresti potuto fare presente che la tua macchia è bianca e non nera come quella della maggior parte dei ragazzi.»

Kenjirou strinse i pugni in grembo e annuì. «Mi dispiace.»

«Dio, perché ti stai continuando a scusare?» Semi gli sollevò il viso con una mano e lo costrinse ad incrociare il suo sguardo, poi sorrise. «Non è un qualcosa per cui bisogna scusarsi. È successo e bisogna solo accettarlo, no?»

Spostò lo sguardo sui due bambini intenti a rincorrersi attorno allo scivolo e il castano lo osservò con gli occhi sgranati. «Non... Non sei arrabbiato con me?»

«E perché dovrei esserlo?» il biondo gli lanciò un'occhiata. «Mi hai allontanato e questo è stato sbagliato, ma hai avuto i tuoi buoni motivi immagino. Non è così?»

«Sì.» il più piccolo tornò ad abbassare lo sguardo, stringendo i pugni. Rimasero in silenzio per parecchi secondi, osservando i due tentare arrampicarsi sullo scivolo all'incontrario per poi perdere la presa e crollare nuovamente a terra, poi Eita ruppe il silenzio.

«Allora... Sono Fuyuki e...?» Kenjirou gli lanciò un'occhiata.

«Yukine.» Semi annuì.

«È un bel nome.» mormorò. «Li hai scelti tutti e due tu?»

«Yukine... Yukine lo ha scelto Taichi.» rispose l'altro, domandandosi se il biondo percepisse la tensione presente nell'aria. Il più grande si voltò verso Shirabu e sospirò.

«Come te la passi?» domandò di getto. Il castano scrollò le spalle.

«Si va avanti.» si limitò a rispondere.

«No, dico... Come l'hai vissuta? È stata dura?»

Kenjirou annuì. «Per... I primi tempi sì.»

«E...» Eita esitò, poi si voltò completamente verso il castano. «Ti va di parlarne?»

«Non c'è molto da dire, in realtà.» Shirabu prese a torturare con le dita i bottoni della giacca. «Ho iniziato a lavorare nel locale verso settembre e avevo qualche soldo da parte, nel mio conto, quindi in qualche modo, quando ho iniziato l'università, l'affitto dell'appartamento sono riuscito a pagarlo senza destare sospetti ai miei genitori. Taichi ha-»

«I tuoi non lo sanno?!» sbottò di scatto Semi, interrompendolo. Kenjirou gli lanciò un'occhiataccia.

«Lo sa mio fratello maggiore, Akihito. È lui che tiene i bambini quando ho da fare e sono stati da lui durante il mio ultimo anno di liceo, per la maggior parte.»

«Perché non lo hai detto alla tua famiglia?» Shirabu sentì un brivido di ribrezzo nel vedere lo sguardo di compassione che Eita gli stava lanciando. «Sarebbe stato più semplice, non credi?»

«Sei qui per vedere me e i tuoi figli o per commentare le mie scelte di vita?» sibilò il più basso in risposta. Vedendo che il biondo non rispondeva, continuò. «L'università è okay, anche se lavorare, avere una famiglia e studiare è stancante, ma... Taichi è un buon babysitter e quando è libero al pomeriggio riesco a riposare un po'.»

«Sai che... Sai che potresti mandarli all'asilo e complicarti meno la vita, vero?» Kenjirou gli lanciò un'occhiata seguita da un sorriso sarcastico.

«Lavoro part-time in un locale, frequento l'università e devo gestire un appartamento in affitto con relative spese per far sopravvivere due bambini e un adulto. Cerco di non farmi scoprire dalla mia famiglia che è da ormai tre anni che si domanda perché io non torni mai a casa per Natale o per qualche festività, quindi è difficile riuscire a metter da parte i soldi anche per mandarli all'asilo.»

Eita strinse le labbra, rimuginando per parecchi secondi. «Vuoi... Mi permetteresti di darti una mano?»

Il castano si bloccò sul posto, deglutendo. «Non ho intenzione di vivere a tue spese.»

«Non sto dicendo questo!» Semi gli afferrò una mano. «Voglio... Non mi allontanare di nuovo.»

Kenjirou si alzò, allontanandosi per afferrare il passeggino. «Devo andare al lavoro. Ci sentiamo.»

Anche Eita si alzò. «Kenjirou, per favore. Penso di aver il diritto di vedere... Di vedere la mia famiglia. Ti potrei aiutare.»

Shirabu tolse i blocchi alle ruote e fece un passo indietro. «Grazie di essere venuto, ma devo veramente andare.»

Eita gli afferrò un polso, bloccandolo sul posto. «Hai detto che mi hai allontanato per paura che la prendessi male.»

«Senti, se arrivo in ritardo anche oggi il mio capo ha detto che mi butta fuori, quindi mollami

«Cazzo, ma stammi a sentire almeno!»

«Anche tu!» il castano strattonò il polso e indietreggiò. «Non voglio essere licenziato.»

«Se mi stessi a sentire non dovresti preoccupartene!»

«Ti ho già detto che non voglio vivere a tue spese!»

«Non si tratta di vivere a mie spese o meno, non lo capisci?!» Eita scostò il passeggino con un gesto secco e si piantò di fronte al castano, prendendogli il viso tra le mani. «Ti ho aspettato... Ti ho cercato per anni. Sei la mia anima gemella e... E so che da qualche parte dentro quel cuore di ghiaccio che ti sei costruito ti interessa ancora di me, quindi per favore, per favore, non te ne andare ancora.»

Kenjirou chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro, poi si allontanò dalla presa del biondo, mormorando: «Devo andare.»

«Kenjirou...»

«Ci sentiamo, Eita.» il castano si allontanò, prendendo per mano Fuyuki e aiutando Yukine a salire sul passeggino, mentre Semi rimase fermo di fianco alla panchina ad osservarli andar via.

 

   
 
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