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Autore: Voglioungufo    18/02/2021    6 recensioni
TimeTravel!AU
Naruto finisce indietro nel tempo e decide che tutto merita un'altra possibilità.
"Nessuno ucciderà nessuno!" sbottò con stizza, incrociò le braccia e guardò il cielo con esasperazione. "Vorrei evitare di avere Uchiha emotivamente isterici in questa linea temporale, è chiedere troppo?!"
Oppure: Obito voleva solo distruggere il mondo, Naruto glielo ha impedito e ora si trova a essere un padre di famiglia e Shisui gli chiede consigli d'amore.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Shisui/Itachi | Coppie: Asuma/Kurenai, Naruto/Sasuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Più contesti
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Capitolo 12
La prima missione
 
 
 
« Just another product of today
Rather be the hunter than the prey»
(Natural – Imagine Dragons)
 
 
 
 
Obito saltò da un ramo all’altro disegnando archi perfetti. Nonostante il suo ritmo serrato, sia Kakashi che Itachi riuscivano a stargli dietro.
Li guardò con la coda dell’occhio, soffermandosi soprattutto sull’Uchiha più piccolo. La sua espressione era una pura maschera di indifferenza, ma Obito si sentiva nervoso ad averlo vicino. Sapeva che in realtà Itachi stava controllando e analizzando ogni sua mossa.
Ma del resto in quella situazione spinosa si era cacciato da solo, sfidando implicitamente l’Hokage a dargli il comando di una missione. Il Sandaime lo aveva accontentato, ma affiancandolo con una delle persone che voleva vedere meno in assoluto.
Con il pensiero, tornò a quella mattina a Konoha. La missione che il Sandaime gli aveva affidato era molto semplice: dovevano solo fare un controllo. Al confine del paese del Fuoco si vociferava la presenza di una banda di contrabbandieri di armi che stavano mettendo a rischio i delicati equilibri con il paese confinante. Konoha aveva già mandato alcune settimane prima una squadra di ninja per indagare e, nel caso, neutralizzare la banda. Era da una settimana ormai che non ricevevano più loro notizie. Il loro compito era soltanto di scoprire cosa fosse successo – se la squadra fosse stata catturata o meno – e fare rapporto. In base alle loro scoperte avrebbero scelto come agire.
Si trattava, in breve, di spionaggio.
Quello che davvero disturbava Obito era l’essere stato mandato lì senza Nozomi. Forse ingenuamente aveva dato per scontato che loro due avrebbero fatto ogni missione in coppia. L’essere divisi non gli piaceva, era come se entrambi fossero più vulnerabili.
Stavano correndo ormai da molte ore, calcolò che con quel ritmo sarebbero arrivati a breve al paese sul confine. Probabilmente erano già nella zona di influenza dei contrabbandieri.  Con le mani fece segno agli altri due shinobi che lo seguivano di tenere gli occhi aperti.
 
֎
 
Erano passate solo alcune ore da quando Nozomi aveva ricevuto il clone di Obito che lo informava della missione. Non si aspettava di ricevere un’altra visita così presto, soprattutto che fosse una convocazione dell’Hokage. Il nutrito gruppo di shinobi d’élite che trovò già all’interno dell’ufficio lo sorpresero ancor di più.
“Mi avete fatto chiamare, Hokage-sama?” chiese.
Il Sandaime gli sorrise benevolo, come se la scaramuccia della sera prima fosse stata completamente dimenticata, e gli fece cenno di richiudere la porta dietro di sé.
“Vieni pure, ti stavamo giusto aspettando”.
Nozomi si guardò attorno, soffermandosi curioso sulla presenza di Gai, Tenzō e Genma. Un quarto uomo era nella stanza, uno che non conosceva, ma nonostante gli abiti civili i suoi livelli di chakra lo smascheravano come shinobi. Probabilmente era un Nara, ma non ci avrebbe giurato. Si chiese invece perché non fosse in uniforme e guardò interrogativo l’Hokage.
Hiruzen sorrise guardando ogni shinobi presente.
“Siete stati convocati per una missione di scorta”. Alzò una mano indicando il Nara in abiti civili. “Vi presento Kusagi Iwao, un rappresentante del Paese del Carbone. È recentemente venuto qui in nome del suo Daimyō per confermare un trattato commerciale tra i nostri paesi. Con i documenti del trattato, ora deve tornare a casa e vorrei che lo scortaste”.
Nozomi inarcò una sopracciglia e tornò a guardare il presunto Kusagi Iwao, ma era certo che i suoi sensi non lo ingannassero: quell’uomo non era un civile, ma uno shinobi.
E anche piuttosto in gamba, probabilmente di livello A, un ANBU, considerò. Osservò la reazione degli altri nella stanza, ma nessuno sembrava vederci qualcosa di sbagliato nelle parole dell’Hokage. Decise quindi di assecondare quella pantomina, curioso di vedere dove sarebbe andata a finire.
“È inutile che vi dica quanto è importante che questo trattato giunga a termine” riprese l’Hokage. “Il Paese del Carbone è il nostro maggiore rifornitore e se i nostri rapporti finissero per… sciogliersi, Konoha ne riceverebbe un danno non da poco. Per questo motivo sospetto che qualcuno tenterà di rubare i documenti o uccidere il signor Kusagi. Il vostro compito è proteggere lui e i documenti, dovete assicurarvi che arrivino al Daimyō del Paese del Carbone a ogni costo”.
“Sì, signore” intonò Nozomi insieme agli altri tre Shinobi.
Era tutto molto curioso, a partire da una missione per Nozomi solo poche ore dopo che ne era stata affidata una a Obito per finire con un civile che in realtà era uno shinobi.
Non gli restava che stare al gioco, se voleva scoprire cosa aveva in mente il Sandaime.
 
֎
 
In un’altra situazione, Obito non avrebbe avuto problemi con una semplice missione di spionaggio. Il potere del kamui gli permetteva di nascondersi facilmente ovunque, ma con Itachi che fissava ogni sua mossa non era il caso di usarlo. Quindi non gli restava che muoversi nel modo tradizionale, ma era dannatamente scomodo.
Erano riusciti a trovare facilmente le tracce della banda di contrabbandieri e seguirli fino al loro nascondiglio. Erano rimasti in postazione finché non avevano avuto la quasi certezza che la prima squadra era stata scoperta e probabilmente catturata.
A quel punto, potevano già tornare e riferirlo all’Hokage. Ma Obito voleva raccogliere maggiori informazioni. Il dossier ricevuto dall’Hokage menzionava solo uomini armati che non sapevano usare il chakra, ma lì c’erano palesemente degli shinobi: lo stesso rifugio era protetto da un jutsu di terra.
“Dobbiamo catturarne uno”.
Itachi non sembrava molto entusiasta all’idea, ma Kakashi era dalla sua parte. Riuscirono presto a convincerlo nonostante la reticenza. A suo avviso sarebbero dovuti tornare subito a Konoha invece di temporeggiare, ma non sembrava intenzionato a disubbidire al capitano della missione.
Finalmente, dopo ore di attesa, uno dei contrabbandieri si allontanò dal rifugio. Silenziosamente, il trio lo seguì. Obito capì subito che il contrabbandiere era stato mandato in ricognizione, il che andava a loro vantaggio. Fece segno a Kakashi e Itachi di scattare.
Ovviamente l’uomo non ebbe nessuna speranza contro i ninja d’élite e fu subito reso inoffensivo.
“Feccia di Konoha!” sbottò riconoscendo il loro coprifronte.
Obito valutò per qualche secondo di iniziare a interrogarlo, ma la sola vista di quell’uomo dall’aspetto tronfio e la mascella rovinata gli dava il voltastomaco. Per non parlare dell’olezzo disgustoso, Kakashi si era perfino allontanato visto quanto era sensibile agli odori.
“Non ci dirai niente, vero?”
“Andate a buttarvelo in culo!”
Obito fu quasi soddisfatto dalla risposta volgare.
“Ovviamente”.
Il secondo successivo il suo occhio si colorò di rosso e ruotò nella forma dello sharingan. Prima che l’uomo potesse anche solo rendersene conto, era intrappolato in un genjutsu.
 
֎
 
Nozomi atterrò proprio davanti alla recinzione che delimitava il giardino dell’Accademia. Potendo avrebbe potuto sgusciare al suo interno, ma preferiva rendere la sua presenza lì il meno evidente possibile. 
Era l’ora di pranzo nella scuola e i bambini delle varie classi erano lasciati liberi per il cortile. Erano tutti raggruppati tra di loro, perciò non fu difficile individuare una solitaria testa bionda. Invece di cercare di catturare la sua attenzione, evocò un piccolo rospo e gli fece cenno di saltellare verso il bambino. La ranocchia lo fece, passando inosservata esattamente come aveva sperato, finché non fu ai piedi di Naruto e il bambino la notò. Notò anche la piccola pergamena attaccata al suo collo. La prese e la sua espressione si corrucciò per la concentrazione per leggerla.
Nozomi ricordava che da bambino non sapeva leggere bene, nessuno glielo aveva mai insegnato davvero, perciò aveva usato kanji semplici e chiari. Dopo un momento di esitazione, il volto di Naruto si illuminò. Si voltò subito e iniziò a correre senza guardarsi indietro verso il gruppo di alberi che costeggiava l’accademia.
Nozomi sorrise vittorioso e si dislocò facilmente nel punto che gli aveva detto di incontrarlo. Arrivò qualche secondo prima di Naruto, che stava ancora correndo con il volto rosso di eccitazione.
“Nii-san!” gridò felice, salvo poi ricordare che era un incontro segreto e si morse le labbra.
Nozomi provò una strana sensazione al cuore, era la prima volta che lo chiamava fratellone e si accorse di preferirlo molto di più a zio, lo faceva sentire meno vecchio.
“Campione” sorrise a trentadue denti, mettendogli una mano sulla testa.
Le guance del bambino si spolverarono ancor di più di rosso, ma non per la fatica. Gli occhi però gli lanciarono uno sguardo preoccupato e subito si misero a guardarsi intorno, come se dagli alberi potesse spuntare fuori qualcun altro.
“Nii-san! Non puoi stare qui, se jiji…”
“Tranquillo, non mi scoprirà” lo rassicurò. “Sono venuto solo a salutarti”.
Le iridi blu assurdamente grandi di spalancarono ancor di più.
“Salutarmi?” ripeté.
Annuì. “Sì, io… mi è stata assegnata una missione e temo durerà parecchi giorni. Anche Obito è in missione, quindi non siamo al villaggio, ma lui dovrebbe tornare già domani quindi non preoccuparti”.
“Oh, credevo…” Naruto si interruppe, vergognandosi per aver pensato che se ne stesse andando per sempre abbandonandolo ancora una volta. “Non importa. Io… Buona fortuna per la missione?”
Improvvisamente si sentiva timido e non sapeva cosa dire, guardò la punta dei propri piedi sentendosi di troppo. Non capiva perché fosse andato ad avvisarlo visto che comunque non potevano stare insieme, jiji lo aveva proibito.
Nozomi rise e gli accarezzò la testa, facendolo arrossire.
“Grazie, scricciolo. Tu divertiti e studia, okay? Quando tornerò proverò a convincere l’Hokage a lasciarci vedere” promise.
A quella prospettiva i suoi occhi si illuminarono speranzosi e dall’emozione non riuscì a fare altro che annuire. Mentalmente cominciò già contare i secondi per il suo ritorno, non vedeva l’ora di poter passare altro tempo con suo zio e Obito-nii; anche se breve la sera prima era stata fantastica.
“Magari andremo da Ichiraku Ramen” offrì.
“Per il ramen sono sempre disponibile” assicurò Nozomi. Sembrò voler aggiungere altro, ma i suoi occhi dardeggiarono verso la scuola e si irrigidì appena. “Ora devo proprio andare. Torno il prima possibile, non combinare troppi guai!”
“Certo!” rispose sapendo di star mentendo e a giudicare dalla risata che fece l’adulto mentre spariva in un shunshin, anche lui lo sapeva.
Guardò per un momento il punto dove si trovava suo zio fino a un attimo prima, un sorriso così grande che quasi gli dolevano le labbra. Non aveva mai avuto nessuno che gli aveva promesso sarebbe tornato da lui il prima possibile, era una sensazione così bella che gli faceva battere forte il cuore. Ma allora perché si sentiva anche gli occhi umidi?
Tirò su con il naso e si voltò, intenzionato a tornare ai suoi giochi, ma si immobilizzò subito quando si accorse del bambino che lo fissava non troppo distante. Era Uchiha Sasuke, il più bravo della loro classe.
Ci avrà visti?, pensò preoccupato che potesse dirlo ai maestri e quindi mettere nei guai Nozomi.
Purtroppo la domanda di Sasuke confermò il suo timore.
“Chi era quello?”
Naruto decise che non si sarebbe nascosto. Strinse i pugni, gridando come se fosse una sfida.
“È mio zio!”
La reazione di Sasuke fu inaspettata. “Ah! Quindi è davvero tuo parente”.
La sorpresa sciolse la tensione sul viso di Naruto.
“Tu lo conosci?”
“L’ho visto insieme a mio padre” rispose corrucciato. “So solo che è uno straniero”.
Quella parola suonò quasi come un insulto alle orecchie di Naruto, che si accese di nuovo di rabbia.
“Non è uno straniero! È mio zio ed un ninja fortissimo, il migliore dattebayo!”
“Non è di Konoha, quindi è uno straniero” obiettò. “E sicuramente non è forte quando lo è Itachi-nii”.
Naruto non aveva idea di chi fosse, ma sapeva comunque come doveva rispondere.
“Invece è molto più forte. È il più forte di tutti!”
“Non di nii-san!”
“Anche di nii-san” lo contraddisse. “E io diventerò forte come lui, credici”.
A quella promessa Sasuke scoppiò a ridere.
“Ma se sei l’ultimo della classe e non sai nemmeno leggere” gli fece presente con scherno.
A quella nota, le sue orecchie diventarono di un rosso violento e si sentì umiliato, perché era vero: nella sua classe era l’unico a non saper ancora distinguere correttamente i kanji. Sasuke, invece, da quello che aveva visto era il migliore in tutto e anche i maestri non mancavano mai di lodarlo e metterlo in mostra come esempio alla classe.
Tutto il suo corpicino tremò, come scosso dall’urlo che emise:
“Diventerò il migliore della classe, il più bravo a leggere!” promise. “E sarò lo shinobi migliore di tutti, diventerò Hokage!”
Se Sasuke voleva ribattere, non gliene diede il tempo. Scappò via, il più lontano possibile.
 
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Il sandalo di Obito si schiantò contro la mascella del contrabbandiere, facendo cadere l’uomo con la faccia sul terreno sporco. Non contento mantenne la suola premuta sulla guancia, furioso. Sia Itachi che Kakashi erano scattati al suo movimento brusco, come se si aspettassero un attacco. Lo guardarono in attesa di spiegazioni.
“Bastardi” grugnì Obito digrignando i denti. “Feccia, disgustosi…”
“Cos’hai scoperto?” domandò Kakashi.
Obito schiacciò il piede contro la guancia, ricevendo un gemito di dolore dal contrabbandiere ancora stordito dal suo genjutsu.
“Questi stronzi non si limitano a contrabbandare armi” iniziò a spiegare, la rabbia che ribolliva a ogni parola. “Rapiscono bambini con kekkei genkai e li vendono a chiunque possa essere interessato. Smerciano esseri umani”.
Calciò ancora, colpendolo al mento con la punta del sandalo rinforzato. Si sentì chiaramente la mascella rompersi, ma il contrabbandiere provò ad alzarsi per scappare. Non ne ebbe mai modo.
Dei rami acuminati come lame sbucarono dal terreno, impalandolo. Gli schizzi di sangue colpirono l’erba, cadendo ai piedi di Obito che fece solo un passo indietro per non sporcarsi. I suoi occhi guardarono gelidi l’uomo ormai morto, il volto aperto in una grottesca espressione di dolore e terrore; alcuni di quei rami uscivano dal cranio bucato. Non aveva nemmeno avuto il tempo di gridare.
“Non avresti dovuto ucciderlo”.
La voce atona di Itachi interruppe il breve silenzio. Fissava l’uomo impalato senza nessuna vera impressione, il suo viso calmo e illeggibile come al solito.
Obito sputò sul cadavere e andò a sedersi su una radice sporgente mentre il tredicenne continuava:
“I contrabbandieri capiranno di essere stati scoperti non appena non lo vedranno tornare e si sposteranno”.
Kakashi prese un lungo sospiro. “Hai scoperto qualcosa sull’altra squadra?”
Obito annuì. “Li hanno catturati e uccisi”.
“Merda” commentò Kakashi. Attese che l’amico d’infanzia aggiungesse altro, ma quando fu chiaro che non lo avrebbe fatto aggiunse: “Dobbiamo tornare e avvisare l’Hokage”.
“No” fu la veloce risposta di Obito. Si voltò a guardarlo, l’occhio ancora colorato di rosso. “Il bambino ha ragione, ho fatto un errore: non dovevo ucciderlo. Ora sapranno che sono stati scoperti, se ce ne andiamo quando torneremo non saranno più qui. Dobbiamo agire adesso”.
“Non sono un bambino” bisbigliò Itachi, ma le sue parole si persero sotto l’obbiezione di Kakashi:
“Gli ordini di Sandaime sono di osservare e riferire, non ha autorizzato nessuna azione”.
“Sì, ma questa è un’emergenza. Dobbiamo colpirli ora che non se lo aspettano, non possiamo sprecare tempo e chissà quanto ci metteremo nel ritrovarli… o nel frattempo quanti bambini venderanno!” scattò.
Kakashi non sussultò, ma abbassò il capo e annuì. “Noi tre basteremo? Se sono riusciti ad annientare l’altra squadra non sono da sottovalutare”.
Rispose con un verso di scherno. “L’altra squadra non aveva me. O te, in tutti i bingo book delle nazioni ninja sei sotto l’ordine di scappare a vista. E sono sicuro che per far entrare un bambino in ANBU deve essere in qualche modo speciale” aggiunse guardando Itachi.
Lui annuì. “Non ho mai perso” assicurò serio, poi aggiunse: “Mi infiltrerò io. Visto che sono un bambino mi farò catturare da loro e poi vi farò entrare, li colpiremo da dentro”.
Kakashi approvò il piano, ma Obito scosse perentorio la testa.
“No, farò io da esca e vi farò entrare attraverso kamui. Userò una henge per sembrare un bambino”.
Itachi si accigliò. “Perché usare una henge quando puoi usare me?”
“Perché tu sei un bambino vero” spiegò spazientito. “Fare l’esca sarà la parte più rischiosa, quindi non toccherà a te. Senza contare che il jutsu del mio Mangekyo vi permetterà di entrare con me con facilità”.
L’unico segno dell’alterazione di Itachi fu il leggero infiammarsi delle sue guance.
“Lo hai detto tu, che devo avere qualcosa di speciale. Non sottovalutarmi”.
“Non lo faccio. Puoi essere forte come un kage per quanto mi riguarda, resti comunque un tredicenne. Non ti metterò davanti al pericolo se può farlo un adulto ugualmente capace”.
“Io sono forte, posso…”
“Io sono il Capitano” lo interruppe brusco. “Il Sandaime ha dato a me il comando di questa missione, quindi farai quel cazzo che dico senza storie”.
Itachi rimase in silenzio un solo secondo, poi prese fiato con la voce che tremava leggermente nel tentativo di essere neutra come suo solito.
“Sto solo dicendo che è rischioso tentare di infiltrarsi con una henge. Come ha detto Kakashi-senpai, se questi contrabbandieri sono stati in grado di colpire una squadra di ninja significa che non vanno sottovalutati. Potrebbero essere in grado di usare il chakra e vedere oltre l’henge, questo annullerebbe il piano e…”
Si interruppe di colpo, l’Uchiha più anziano aveva appoggiato il palmo della sua mano sul suo capo, come se lo stesse accarezzando. Arrossì all’istante, ma raggelò nel vedere l’espressione spaventosa con cui Obito lo stava guardando, il suo istinto di sopravvivenza si attivò quando vide il kamui fissarlo sanguigno.
“Se proprio un moccioso fastidioso”.
Itachi spalancò la bocca, incredulo, ma non ebbe il tempo di protestare perché un vortice invisibile sembrò risucchiarlo dentro l’occhio di Obito. In pochi secondi, il pre-adolescente era sparito.
Kakashi lo guardò preoccupato.
“È in kamui, sta bene” spiegò irritato allora. “Mi stava solo dando i nervi, lo tirerò fuori quando saremo nella base dei contrabbandieri”.
L’amico annuì cauto. “Quindi immagino di dover entrare anch’io lì dentro”.
“Non so ancora come funziona il tuo occhio, ma è probabile che tu possa anche uscirne. Comunque, aspetterete un mio segnale”.
Obito si accucciò sedendosi sui calcagni, con le mani spazzò il terriccio uniformandolo.
“Ti disegno com’è la base da quello che ho visto attraverso lo stronzo”. Indicò l’uomo impalato. “Tu intanto parlami dei tuoi attacchi e di quelli del moccioso, così da delineare una strategia. Poi la spiegherai tu al moccioso qui dentro”. Si picchiettò la sopracciglia.
Kakashi non rispose subito, si prese un secondo per guardare l’uomo accucciato davanti a lui. Ancora una volta gli venne naturale paragonarlo al bambino che aveva conosciuto e ancora una volta l’immagine che ne ebbe fu così disforica da costringerlo ad allontanare lo sguardo.
Si accucciò a sua volta. “D’accordo” disse prima di iniziare a dirgli tutto quello che poteva essere utile.
 
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Kiwaru avanzò cauto nel sottobosco, attento a ogni minimo rumore. Koatsu non era ancora tornato dalla sua ispezione e lo avevano mandato a cercarlo, in modo da scoprire cosa lo stesse trattenendo così tanto.
La risposta gli venne da sola non appena vide il corpo del suo compagno impalato in spessi rami taglienti che sbucavano dalla parte superiore del suo corpo. Ma non ebbe nemmeno il tempo di pensare Che cazzo?! che un movimento dal sottobosco attirò la sua attenzione. Kiwaru riuscì facilmente a evitare un ramo che aveva tentato di trafiggerlo al fianco e i suoi occhi si posarono su una piccola figura rannicchiata a terra.
Un bambino.
Abituato a situazioni del genere, Kiwaru capì subito cosa stesse succedendo e i suoi occhi brillarono per l’esaltazione. Quella tecnica poteva solo essere il mokuton ed era ovvio che a controllarla fosse quel bambino spaventato. Era davvero molto piccolo, probabilmente non aveva nemmeno otto anni, ed era ferito. I suoi capelli erano selvaggi, la pelle graffiata e piena di ematomi, le vesti strappate e sudice. I suoi occhi si posarono subito sui suoi piedi nudi, dove vide una ferita sanguinante alla caviglia, probabilmente il motivo per cui era a terra.
Il bambino aveva gli occhi spalancati, sconvolti.
“Chi sei?!” gridò piangendo, le lacrime che scorrevano sulle guance come un fiume in piena.
Kiwaru capì subito che doveva giocare bene le sue carte se non voleva finire infilzato come Koatsu. Perciò alzò le mani e si inginocchiò, sperando di essere percepito in modo meno minaccioso.
“Va tutto bene” disse usando la voce dolce che usava anche per tranquillizzare i mocciosi al rifugio. “Non ti farò del male. Come ti chiami, piccolo? Io sono Kiwaru”.
Nessun ramo lo colpì o tentò di ucciderlo, ma il bambino non abbandonò la posa diffidente né disse il proprio nome. Allora Kiwaru spostò lo sguardo sul cadavere del compagno e continuò terribilmente serio:
“Ti ha attaccato? Per fortuna stai bene, questo posto è pieno di furfanti” spiegò. “È un bene che ti abbia incontrato, con me sei al sicuro”.
Il bambino strinse gli occhi sospettoso. “Siete vestiti allo stesso modo” fece notare.
“È come ci vestiamo tutti da queste parti” rispose tranquillo, poi sorrise. “Non penserai che io sia come lui? Sono uno shinobi, un ninja di Konoha” aggiunse prendendo una delle fascette che avevano rubato a quegli stronzi mandati dalla Foglia.
Fu la cosa giusta da fare, appena mostrò il simbolo inciso sul metallo lo sguardo del bambino si illuminò e l’espressione si riempì di sollievo. Ricominciò a piangere, ma questa volta era evidente che non fosse per la paura.
Kiwaru sorrise internamente, fingersi un ninja era sempre la strategia migliore con i bambini.
“Vedo che sei ferito” disse. “Posso? Ho delle bende e una crema magica che può aiutare”.
Il bambino, persa ogni diffidenza, annuì e Kiwaru sorrise. Prese dal proprio equipaggiamento delle bende pulite e si inginocchiò davanti al bambino. Il taglio della ferita era davvero profondo, probabilmente abbastanza doloroso da impedirgli di camminare.
“È un brutto taglio” osservò. “Com’è successo? È stato quel criminale?” domandò.
Il bambino annuì. “Mi ha attaccato, io…” singhiozzò. “Non volevo ucciderlo, ma… aveva un coltello…”
Mentalmente Kiwaru maledì Koatsu, che dopo anni di servizio continuava a non capire che il modo migliore per catturare un bambino era farlo fidare, non attaccarlo, soprattutto se si trattava di bambini con kekkei genkai spesso letali. Quella volta aveva imparato la lezione a spese della propria vita.
“Dovevi difenderti, hai fatto bene” lo rassicurò. “Ma ora non devi temere più nulla, ti proteggerò io”.
Quello tirò su con il naso. “Sono Tobi” si presentò.
Anche se non disse il nome del suo clan non importò, con il mokuton valeva milioni di suo.
“Che nome grazioso” lo elogiò. “Come mai sei qui tutto solo? La foresta è un brutto posto”.
Abbassò lo sguardo, imbarazzato. “Sono venuto in vacanza con la mia famiglia nel villaggio vicino. Volevo giocare con gli alberi, ma mi sono perso e poi quell’uomo mi ha trovato e ha provato a prendermi allora io ho usato il legno e…”
“Capisco” interruppe dolce quel fiume di parole. “È un bene che ti abbia trovato, posso aiutarti a ritrovare la tua famiglia”.
Gli occhi di Tobi si illuminarono di speranza, ancora umidi dalle lacrime. “Davvero?”
Ridacchiò. “Qui vicino c’è la base dove stiamo io e miei compagni. Una volta lì basterà mandare un messaggio al villaggio vicino così da avvertire la tua famiglia. Sicuramente sarai a casa prima di cena” promise.
A quella aspettativa il bambino annuì felice e sollevato. Era stato quasi troppo facile, bastava davvero fingersi un ninja perché qualsiasi bambino si fidasse subito.
“Allora!” vociò cercando di essere giocoso. “Riesci a camminare?”
Tobi provò ad alzarsi, l’espressione determinata, ma fece solo qualche passo prima di inciampare. Kawari lo prese al volo.
“Attenzione” lo avvisò. “Uhm, quella ferita è peggio del previsto. Significa che ti porterò sulle spalle”.
La prospettiva sembrò emozionare ancor di più il bambino, che si arrampicò sulla sua schiena senza essere supplicato. Strinse le braccia attorno al suo collo, scalciando contento.
“Anch’io un giorno voglio diventare un ninja” disse allegro, completamente a suo agio.
Kiwaru sorrise. “Oh, sono sicuro che lo diventerai”.
Sicuramente Orochimaru li avrebbe inondati d’oro per avere un utente di mokuton nelle proprie file. Il bambino era destinato a diventare uno shinobi, ma non nel modo in cui sperava.
 
 
 
Non mi metto nemmeno a guardare quando tempo è passato dall’ultima pubblicazione perché mi viene male. Posso dire che mi dispiace, ma ultimamente ho la testa piena di preoccupazioni. Forse chi mi ha su facebook sa che ho avuto problemi con il covid (bloccata a casa del mio ragazzo con solo tre mutande per un mese) e che poi si è infilata la sessione invernale a distruggermi. Non ho molta testa per scrivere cose serie, ma questo non significa che sto abbandonando la storia. Sarò sicuramente molto più lenta ad aggiornare… mi dispiace davvero.
Ma anche vi ringrazio per seguire la storia, per aver letto anche questo aggiornamento nonostante tutto il tempo passato <3 farò del mio meglio, lo prometto!
Un bacio!
Hatta
   
 
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