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Autore: Sanae77    23/02/2021    5 recensioni
Si fanno scelte nella vita che spesso coinvolgono gli altri.
Altre volte, senza esserne coscienti, sono le tue scelte a portare conseguenze.
Ma indipendentemente da ciò che scegliamo... il nostro destino è già scritto?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un bel po' di tempo torno tra voi, con una storia Het ed Arancione (non temete mi ha già insultato la mia beta Guiky per questo, che già ringrazio per la pazienza e gli scleri).
Spero comunque che apprezzerete l'impegno per chi vorrà accompagnarmi in questa nuova avventura.
La storia era già scritta da un annetto, ed era una storia tranquilla di circa dieci capitoli...
Ma come spesso accade, specialmente quando scrivi in prima persona, i personaggi hanno tutti la smania di dire la loro; perciò si sono aggiunti capitoli su capitoli... da punti di vista differenti che, ovviamente, hanno pure cambiato la trama che avevo scelto. Mai pianificare troppo con questi personaggi.
Mi sono dilungata anche troppo vi lascio alla prima pubblicazione.
Un abbraccio a tutti.
Sanae77






 
La luce delle cinture di sicurezza lampeggia insistente per ricordare a me, e non solo, che siamo in prossimità del decollo.
Dopo il click afferro la cintura e tiro per regolare la lunghezza. Espiro tutta l’aria che avevo finora trattenuto e non per l’ansia del volo ma per quello che mi aspetta oltre oceano.
Una nuova vita con il mio mentore di sempre che mi attende dall’altro lato. La hostess passa voltando la testa a destra e sinistra per assicurarsi che tutti i passeggeri abbiano eseguito l’ordine impartito dalla voce registrata.
Il rullo dei motori in automatico mi fa voltare verso il finestrino e così mi rendo conto che ci stiamo già dirigendo in fondo alla pista per effettuare il decollo.
Una volta arrivati a destinazione c’è quell’attimo di attesa che lascia tutti in un mutismo religioso, come se potessimo distrarre il pilota dal decollo. Sicuramente starà aspettando il via dalla torre di controllo.
Il rumore diventa fastidioso mentre vedo scorrere la pista a tutta velocità dall’oblò del finestrino. Prendo un profondo respiro mentre cerco di non pensare alla mia nuova vita senza i miei compagni e senza di lei.
Ed è su questo ultimo pensiero che l’aereo si solleva regalando quella sensazione di vuoto nello stomaco, anche se non so più se dipende dal velivolo oppure dal pensiero di Sanae che mi attorciglia lo stomaco. È come se improvvisamente tutte le certezze granitiche avute finora si fossero sgretolate, come quando una bancata di marmo viene separata dalla parete originaria e per non cedere sfrutta quel difetto nascosto per crollare in mille pezzi.
È proprio così che mi sento in questo momento… in mille pezzi. Il groppo che sale in gola riconosco che non è affatto dovuto alla presa di quota dell’aereo, ma come in un nastro premuto a tutta velocità che si attorciglia improvvisamente e che non ne vuol sapere di ritrovare la sua collocazione. Io so dov’è la mia nuova collocazione, la mia futura vita: In Brasile! Per diventare il numero uno e poter tornare in patria da vincitore; per ambire alla nazionale Giapponese e alla vittoria della coppa del mondo.

Sono convintissimo di questo, però…

C’è un però di nome Sanae che non riesco a districare. Non so se ho fatto la scelta giusta a dirle quelle parole. Avrei voluto gridarle di aspettarmi, ma non sarebbe stato giusto. Per lei prima di tutto. Perché ha solo quindici anni e tutta la vita davanti e non posso certo segregarla in attesa del mio ritorno. Che onestamente non so neppure quando sarà possibile. Cosa dovevo dirle? Aspettami per tre anni? Per Quattro? E se poi fossero di più?
So che tra noi c’è qualcosa, ne sono cosciente e consapevole, ma sono anche un realista oltre che un maledetto sognatore. È da quando sono nato che sogno di realizzare il mio obiettivo, non avevo sicuramente messo in conto d’incontrare Sanae sulla mia strada.
Sanae… ogni volta che penso al suo nome un sorriso mi attraversa le labbra e l’anima. Soltanto ieri mi ha messo tra le mani questi scarpini augurandomi buona fortuna. Osservo ancora il regalo accarezzando la scatola come se avessi le sue mani tra le mie. Un brivido percorre la schiena quando il cartone mi porta alla memoria il leggero tocco con le sue dita mentre mi passava il regalo. Agito la testa come per scacciare questa sensazione che mi fa chiudere ancora di più lo stomaco. 

Abbiamo raggiunto quota e finalmente il segnale delle cinture allacciate si spegne, così slaccio la cinghia e torno a respirare regolarmente… anche se non era certo quella il problema. Forse è stata solo la distrazione da lei che mi ha permesso di riprendere un respiro regolare.
Prendo nuovamente la scatola e torno a immergermi nell’ultima conversazione avuta ieri. Scuoto la testa ripensando a quelle poche parole che le hanno stravolto il viso. Ho visto che c’è rimasta malissimo, so che si aspettava altro, so che quando mi ha detto: “Insegui il tuo sogno” avrebbe voluto dirmi altro, ma l’ammiro anche per questo, ha rispettato la mia scelta di non imbrigliarla in un futuro incerto. Quando tornerò in patria e sarò certo del mio avvenire, potrò sempre cercare di riconquistarla. Sbuffo. Il solo pensiero di doverla dividere con qualcuno mi inacidisce lo stomaco. Spero che tutto quello che vivrà in mia assenza la renda felice, ma spero che quando tornerò sarò in grado di renderla entusiasta. Mi aggrappo a questa flebile speranza mentre noto sotto di me una coltre di nuvole. Sembrano della panna montata, il sole sta tramontando così tiro giù la tendina dell’oblò e inclino la poltrona per tentare di dormire, il viaggio è molto lungo e io voglio arrivare molto riposato, so che mi attende Roberto e so già che ha in programma un provino. Devo dare il meglio di me stesso. 

In uscita dal gate mi sento frastornato e confuso, se in Giappone c’era una sorta di confusione regolamentata qua vige il caos totale. Per fortuna al di là del gate vedo il mio allenatore con i tipici occhiali da sole che lo contraddistinguono. Sollevo un braccio e allungo il passo per raggiungerlo il più velocemente possibile.
Contraccambia il saluto appena nota la mia mano in movimento regalandomi subito un sorriso rassicurante.
Una volta arrivato mi abbraccia stretto mentre mi dà il benvenuto in questa terra a me straniera, ma che per qualche anno sarà la mia nuova casa.
Una volta finiti i convenevoli e la cena finalmente mi trovo nella cameretta del campus dove alloggia anche un altro ragazzo che non avevo mai visto prima; anche lui è qua per il provino. Cerco di presentarmi e scambiare due parole con il mio compagno di stanza, ma senza alcun risultato. Volevo contrastare le mille emozioni che mi hanno attraversato e conversare, ma non ho avuto il successo sperato.
Il paese dove alloggiamo è abbastanza tranquillo, non come a Nankatsu visto che qua c’è un’atmosfera di perenne festa. Il Brasile è un paese molto colorato e pieno di musica ad ogni angolo, non ero abituato a tutta questa socialità, gli usi e costumi di questo luogo però mi affascinano da morire, e non vedo l’ora di fare la conoscenza dei miei nuovi compagni di squadra, perché già ho la certezza che domani supererò il provino e troverò una squadra in cui dimostrare la mia bravura.
Sistemo i miei vestiti nell’armadio e nella cassettiera, le scarpette nuove sono già pronte vicino alla porta per domani. Le guardo e sorrido verso quel piccolo oggetto così prezioso, prendo così il portatile e lo metto sulla scrivania posta di fronte alla finestra. Accendo il pc e apro la casella di posta elettronica per inviare un messaggio a mia madre e a Ryo, che ha insistito tanto perché lo avvisassi del mio arrivo. Magari ne invio uno anche a Sanae, così da farla stare tranquilla.

Avevamo stabilito che non l’avresti cercata…

Pensavo di ingannare la mia coscienza, ma evidentemente senza alcun successo.
Tamburello le dita sul legno della scrivania con indecisione, ma di riflesso chiudo il PC e mando al diavolo ogni messaggio che avevo in mente di scrivere. Ci penserò domani, adesso la ferita è ancora troppo fresca e non so se riuscirei a sostenere la decisione presa in Giappone. Quella di non contattarla… mai!
Metto su Instagram la foto del mio arrivo e stop. Così non devo scrivere a Ryo, mentre per i miei genitori opto per un altro messaggino al cellulare come ho fatto appena atterrato per tranquillizzare la mamma. 
Mi rinfresco con una doccia veloce infilo una maglietta bianca accasciandomi sul letto; vittima del fuso orario non fatico a prendere sonno, non prima di aver asciugato quella singola lacrima che voleva cadere sul cuscino. 
Dopotutto è un cambiamento davvero grande per un ragazzo di soli quindici anni. Ma non posso permettermela, domani è in ballo il futuro della mia vita.

La mattina mi alzo di buon’ora e dopo aver fatto una ricca colazione decido di andare a visitare la spiaggia per sgranchirmi un po’.
Così corro fino al pontile lì vicino. Noto che la struttura ha subito forti danni dovuti molto probabilmente alle mareggiate. Stamattina invece il mare è piatto come una tavola e il sole promette di splendere forte e caldo. M’incuriosiscono quei pali rimasti in piedi nonostante le intemperie, forse un giorno potrei venire ad allenarmi su di essi. Sorrido al pensiero avuto e torno a concentrarmi su quello che mi aspetta per il pomeriggio.
Così riprendo il mio allenamento e la mia concentrazione, mentre calcio la palla difronte a me durante la corsa. Sono uscito silenziosamente dalla stanza per non disturbare il sonno del mio compagno. Ero troppo emozionato per continuare a dormire ancora.
La malinconia della sera è scomparsa lasciando il posto ad una leggera eccitazione per il provino che mi aspetta. Eccitazione che sta crescendo minuto per minuto, ma che tornerà utile nel momento opportuno. Sono già galvanizzato all’idea di giocare.

Torno al campus e dopo una doccia e un pranzo leggero, ci stiamo dirigendo verso il campo dove si effettuerà la prova.
Sono intento ad allacciare gli scarpini quando ricordo quelli logori e consumati del mio compagno di stanza che ho visto ieri sera; focalizzandomi sull’usura capisco che utilizza il piede sinistro esterno, cerco di tenerlo a mente per un eventuale passaggio, se mai ci toccherà di giocare nella stessa squadra.
Non sono solo ovviamente e se alzo lo sguardo nessuno contraccambia un sorriso. Tutti sono molto agguerriti e concentrati. Noto subito che questi ragazzi sono meno fortunati di me. Sono l’unico infatti ad avere un paio di scarpini nuovi. Scarpini regalati oltretutto da Sanae. E come ogni volta che penso a lei un sorriso mi increspa le labbra. Non devo perdere la concentrazione così afferro i lacci e lego bene per avere una maggiore aderenza e sensibilità della palla con i piedi.

Sto correndo in lungo e largo per questo campo, ci hanno buttato in mezzo assegnando maglie di colore differente a casaccio. Hanno solo detto di dimostrare di cosa siamo capaci. Onestamente sono frastornato da questo ‘calcio macello’, è solo un rubarsi la palla e cercare singolarmente di far vedere di cosa siamo capaci. Non sono abituato a giocare così, solitamente è un gioco di squadra, non individualista, per questo mi sento un attimo stordito e spaesato. Visto che anche i miei compagni di squadra tentano di rubarmi la mia adorata sfera.

Mi tornano in mente le parole di Roberto dette ieri, dove mi spiegava che a questo provino vengono i ragazzi da tutto il Brasile, perché è l’occasione della vita e che tutti vogliono emergere dalla situazione di povertà in cui si trovano.
Quindi dopo avermi afferrato le spalle mi ha detto: “Devi far vedere quello che sai fare o la tua carriera finisce qua! So che non sei abituato a questo tipo di gioco, ma a loro serve anche per vedere il tuo spirito di adattamento al cambiamento. Fatti onore Tsubasa.”
Annuisco ripensando alle parole del mio mentore e torno a guardare il terreno di gioco: appena in campo devo cercare di impossessarmi della palla.
E dopo alcuni scontri ci riesco.
Così parto in direzione della porta, ma quando solo a pochi metri da questa mi rendo conto che cinque giocatori stanno venendo verso di me per rubarmi la palla, e se non voglio farmi fratturare una caviglia credo sia meglio cedere la sfera.
Alzo lo sguardo e noto il mio riccio compagno di stanza. L’usura dello scarpino sinistro m’invoglia a fargli un passaggio preciso proprio su quel piede. “Per te, Pepe!” gli grido. Ovviamente non mi ha detto lui il suo nome l’ho sentito all’appello per la consegna delle maglie. E una volta colpita la palla osservo la traiettoria perfetta e il suo sguardo stupito dovuto al mio passaggio.
Grazie a questo i difensori distratti dal movimento mi lasciano passare riuscendo a superare i cinque avversari che avevo davanti. Seguo la progressione del nuovo possessore di palla sperando di riuscire nell’impresa di un goal… non ho certo Misaki al mio fianco, altrimenti a quest’ora di goal ne avevamo siglati almeno tre. Sorrido al pensiero della mia anima gemella sul campo e torno ad osservare la progressione.

Ma il caro Pepe non ha la stessa accortezza nel restituirmi la palla e la perde. Dovevo immaginarlo, ma non ho tempo di mettermi a discutere con lui per fargli capire che solo il gioco di squadra funzionerà. Così torno nuovamente in possesso del mio amato pallone e invito Pepe ad avanzare in una nuova offensiva sperando questa volta in una più proficua collaborazione.
Attiro su di me tutti gli altri giocatori fino a quando ricordandomi del sul piede preferito gli faccio nuovamente un altro passaggio perfetto. Lui capisce e sigla la prima rete della giornata. Mi avvicino e congratulo per il goal, mi guarda un po’ stupito, forse non si aspettava questa cooperazione.
E con altri due goal segnati dalla nostra squadra il provino finisce, Pepe è ancora incredulo quando sente il suo numero, tra la rosa dei tre scelti, per la squadra del San Paolo.
Si avvicina ringraziandomi per il passaggio fatto verso di lui, non prima di avermi chiesto conferma che il numero chiamato sia proprio il suo. È incredulo del suo successo.
Credo proprio di aver trovato un nuovo amico in questa terra straniera.

Ci fermiamo a chiacchierare per qualche minuto, così scopro che Pepe arriva da una famiglia in estrema difficoltà e che questo ingaggio permetterà ai suoi fratelli e sorelle di sopravvivere e forse anche studiare. Ascolto in religioso silenzio i suoi obiettivi che sicuramente sono molto più essenziali dei miei, il mio è un sogno ambizioso mentre il suo è un modo di far uscire la sua famiglia dalla fame. Spero di poterlo aiutare in questo suo obiettivo stando al mio fianco.
Stabilito il primo successo in terra straniera prendo tutti i miei bagagli e mi trasferisco definitivamente da Roberto. Mi mostra la mia stanza e con notevole stupore noto che dalla finestra posso anche intravedere il mare in lontananza. Sarà perfetto allenarsi sulla spiaggia e nell’acqua.
Sistemo i vestiti e il pc portatile. Ripongo gli scarpini donati da Sanae dopo averli puliti con cura. Mi siedo di fronte al PC, dopo una doccia rinfrescante, con l’intento di scrivere a Ryo e ai miei genitori. Questo successo mi ha dato la carica giusta per focalizzarmi sul mio obiettivo e rispettare la decisone presa. Lasciare libera Sanae di fare la sua vita da normale adolescente. Sono consapevole che la mia adolescenza non è come quella degli altri. Se non getto le basi adesso per la mia carriera, so perfettamente che non avrò una carriera. Quindi non posso permettermi distrazioni, neppure se hanno lo splendido nome di Sanae Nakazawa. 
Fermo sulla mia idea apro la posta e scrivo di getto ai miei e dopo a Ishizaki, devo assolutamente raccontargli quello che è accaduto oggi sul campo da calcio e il mio ingresso nei San Paolo.
Sanae tornerò in patria da professionista e a quel punto il nostro futuro potrà proseguire da dove lo abbiamo lasciato.
   
 
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