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Autore: Pat9015    25/02/2021    2 recensioni
Circa otto mesi dopo il devastante tornado che ha spazzato via Arcadia Bay, Max e Chloe hanno cercato di andare avanti, ricostruendosi una vita quasi normale a Seattle, nonostante i traumi e i sensi di colpa che si portano dentro. Le indagini sui crimini di Jefferson, però, si stanno rivelando più complicate del previsto e vedono la bilancia della colpevolezza pendere sempre più verso Nathan Prescott, ancora dato per disperso e il cui corpo non è mai stato trovato e la famiglia finita in disgrazia a livello nazionale. Questo, unito a una serie di fatti ravvicinati tra loro, costringerà le due ragazze a tornare nel luogo da cui erano fuggite, costringendole ad affrontare, e questa volta senza poteri, i propri demoni interiori e questioni lasciate in sospeso sotto le macerie di Arcadia Bay.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Chloe Price, David Madsen, Mark Jefferson, Max Caulfield, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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12.
 

Chloe scivolò fuori dal tavolo e, appena si mise in piedi, abbracciò con entusiasmo la nuova arrivata. Max non aveva mai sentito parlare di lei eppure Chloe sembrava davvero felice di rincontrarla. A parte Rachel, non aveva mai parlato molto delle sue frequentazioni nei suoi cinque anni di assenza.
Sciolto l’abbraccio, la nuova arrivata squadrò da capo a piedi Chloe
“Uh, Price: ti sei fatta molto più interessante.”
“Hey io sono sempre stata interessante. Comunque Steph posso presentarti una persona?”
Con una mano sulla spalla la avvicinò al tavolo e indicò Max che, educatamente, si alzò in piedi fintanto che lo spazio tra tavolo e divano lo concedeva.
“Steph lei è la mia migliore amica e da qualche mese anche la mia ragazza, Max Caulfield. Max, lei è la regina dei nerd di tutta Arcadia Bay, oltre che una delle più cazzute che abbia mai conosciuto: Stephanie Gingrich.”
Le due ragazze si strinsero una mano e si sorrisero. Chloe invitò Steph a sedersi, scivolando sul tavolino nel lato di Chloe.
Squadrò maliziosamente Max e infine commentò
“Pero, Price…. Prima Rachel, ora lei… ti tratti bene, vedo. Com’è che tutte quelle carine le trovi tu?”
Max arrossì violentemente, mentre Chloe diede una gomitata scherzosa a Steph e sorrise orgogliosa.
“Non essere gelosa. Sai benissimo che sono irresistibile. In fondo anche tu vuoi un po’ di Price.”
“Non offenderti Chloe ma no. Certo sei una tosta, sei sicuramente un tipino che si guarda volentieri, ma non so se perderei mai la testa per te.” rispose Steph che poi lanciò un altro sguardo interessato a Max “Mentre una come lei… meow… la assaggerei volentieri.”
“Giù le zampe tu.”disse Chloe, mentre Max si concentrava sempre di più sui resti della sua colazione, arrossendo sempre più.
Steph ridacchiò ma poi si rivolse ancora a Max
“Dimmi un po’ Max: come l’hai domata questa qui? A scuola era un’indemoniata e nemmeno Rachel riusciva a tenerla a bada!”
“Oh, non che io ci sia riuscita. Diciamo che ci completiamo a vicenda dall’infanzia: io le metto i freni quando serve e lei fa uscire il mio lato peggiore quando è necessario.” spiegò Max
“Oh, ma quanto è dolce! Chloe ma è dolcina la tua ragazza. Anche una voce così carina. Una relazione a tre non v’interessa?”
“Steph, non costringermi a rispedirti da dove sei venuta. A proposito, da dove vieni? No perché dopo la Blackwell ti ho perso di vista.”
“Intendi dire dopo che TU sei stata espulsa e non ti sei più fatta vedere? Nulla di che: ho completato gli studi poi mi sono fatta prendere all’Università di Portland, per studiare scenografia. Voglio diventare la migliore in questa fottuta costa Ovest. Dovranno venire Hollywood e Netflix a baciare il mio bel culo per avermi. Perciò ora vivo lì, in studentato. Purtroppo Mike è andato in Arizona, ma lo sento spesso e so che se la sta cavando alla grande anche lui: borsa di studio e ottimi voti nel corso di fisica. Quello farà strada, te lo dico io.”
“Mai dubitato. Lui e Drew meritano un po’ di quiete, dopo tutti i casini che hanno passato.”ricordò Chloe
“Tranquilla. La famiglia North si è rialzata alla grande. Drew è in Minnesota ed è nel circuito del football universitario. Si vocifera che sia seguito da osservatori della NFL. Il loro padre si è risposato con una che ha soldi, ma lui aveva trovato un buon lavoro in un’officina portuale a Garibaldi ma ora dovrebbe essere a Delos Crossing, in Alaska. Li vivono di gente che sa arrabattarsi con le barche.”
“Delos Crossing? Non è quella cittadina dove qualche anno fa ci fu un omicidio strano?”chiese Max
“Si. Una madre uccisa da una delle sue figlie gemelle. Una cosa così.[1]”spiegò Steph “Anche intelligente e informata. Chloe t’invidio sempre di più.”
Fece un occhiolino a Max ma Chloe la minacciò con una forchetta
“Steph…..”
“Eddai si scherza! Fooorse.”
Ora Max non arrossiva più ma cominciava a divertirsi e ridere delle reazioni di Chloe, che la accusò di essere complice.
“Quindi vivi a Portland. Ti manca Arcadia Bay?” chiese Max
Steph sporse il labbro inferiore
“Non saprei. E’ strano ma Arcadia non l’ho mai amata e quando i miei decisero di abbandonarla dopo che ero partita per l’università, non ne fui dispiaciuta. Ora stanno ad Astoria e francamente li è tutt’altra vita. Eppure, a momenti, mi manca quella città. Mi mancano i tramonti, passeggiare nei boschi e tutte quelle cazzate noiose che solo Arcadia aveva. Certo, nulla di diverso a metà delle città costiere dell’Oregon ma Arcadia aveva qualcosa di unico. Una sorta di legame interiore con chi ci nasceva. Quando ho saputo del tornado, mi sono sentita… persa. Come se avessi perso casa. Ora che la stanno ricostruendo, vorrei tornare a viverci sapendo che poi vorrei scappare. E’ strano.”
“Oh, no. Ti capisco eccome.”disse Max “Io circa sei anni fa mi trasferii a Seattle. Abbandonai Arcadia, dove ero nata e cresciuta assieme a Chloe. Mi fece malissimo, soffrì molto e per smettere di sentire quel dolore, cercai di vivermi Seattle più che potevo, dimenticandomi di avere la mia migliore amica che mi attendeva ogni minuto. Sono stata così stronza con lei che me ne vergogno, ma volevo tagliare solo il cordone ombelicale da Arcadia, nient’altro che quello. Non ci sono mai riuscita. Ho sofferto ogni giorno, in maniere differenti e in parte pesanti. Non sono riuscita farmi che solo due amici e mi mancava Arcadia. Mi mancava più di ogni cosa Chloe, ovviamente. Ma questa città…. Quando mi dissero che potevo fare domanda alla Blackwell, dove c’era Mark Jefferson che, purtroppo, stimavo moltissimo, non ho esitato. Potevo studiare fotografia nella mia città! Potevo tornare da Chloe! Cazzo volevo tornare a sedermi con lei sotto il faro come quando avevamo dieci anni. Poi, venne il tornado.  Venne tutta quella merda e scappammo da qui, verso casa mia a Seattle. Ma ora sembra che Arcadia ci reclami. Sta succedendo di tutto e sembra che voglia che noi restiamo qui.”
Steph ascoltò con attenzione e poi annuì
“Ed è qui che entro in gioco io, dico bene? Mi volete con voi perché sta capitando qualcosa e volete una mano, giusto?”
Max e Chloe si scambiarono un’occhiata e non risposero.
“So tutto di Rachel. So che siete  state voi a trovarla e….Chloe cazzo mi dispiace. Non oso immaginare che colpo sia stato per te…”
“Si. Non è stato facile. Non lo è ancora.  Ma avrò un po’ di pace quando Jefferson la pagherà. Per questo sei qui. Ci devi aiutare. Ci serve una persona fidata e sveglia.”
“E con un portatile che abbia una buona connessione a internet.”aggiunse Steph, indicando con il pollice il parcheggio “L’ho portato ed è in macchina. Sms letto e ricevuto, capitano Price. Sono lusingata che io sia stata la tua prima scelta per questa indagine. Di che si tratta allora?”
“Non qui. Ho un posto ideale per parlarne. Prendi qualcosa?”
“No sono a posto. Ma ora mi avete incuriosito, ragazze. Ed io che temevo che mi sarebbe toccata un’estate noiosa!”
Max le sorrise
“Buffo: noi ce lo auguravamo e invece siamo qui!”
Steph appoggiò il viso sulla mano destra e fissò Chloe
“Beh nel frattempo raccontatemi qualcosa della vostra vita di coppia. Si vede che siete unite e felici e, se non sbaglio, vivete insieme di già.”
“A sbafo dai suoi, però sì.” disse Chloe “Causa di forza maggiore.”
“Fico. Chissà che bello. E romantico. Magari avessi avuto la vostra stessa fortuna, ragazze.”
“Ma Steph, tu farai strage. Sei in gamba, non ci credo che non trovi nessuna.”esclamò Chloe
“Mphf, solo avventure occasionali, mai nessuna di così intrigante che mi prenda. Ma ditemi: scopate parecchio? Scommetto che tu Chloe sei una tenerona in intimità ma sei più dominatrice, mentre la tua ragazza mi pare troppo dolcina.”
“Oh non credere: Max quando è in preda agli ormoni è una vera guerriera. Pensa che una volta….”
“STATE – FACENDO – SUL – SERIO – VOI - DUE?” tuonò Max, che era livida in viso per la vergogna “OH CEREALI, CHLOE! TI SEMBRA IL CASO?”
Steph e Chloe esplosero in una fragorosa risata, ma l’argomento fu cancellato dal resto della conversazione finché rimasero sedute a finire la colazione.
 
 
 
Abbandonato il diner, Steph chiese con entusiasmo cosa prevedesse il programma della giornata.
“Dove avete la vostra tana? Dove dormite?”chiese
“Siamo alloggiate al Seaside.”disse Max, indicando con il pollice l’Hotel dall’altra parte della strada “Ma non andremo lì.”
“Già. Abbiamo un altro posto per i nostri loschi scopi.”aggiunse Chloe
“Loschi scopi che non mi avete ancora illustrato. Saltate su e indicatemi la strada.”disse Steph, indicando la sua berlina blu.
“Oh no no no. Tu salti su con noi. Prendi il tuo portatile e lascia qui la tua bella carriola.”sentenziò Chloe che mostrò con orgoglio il suo mezzo con un gesto plateale.
“Uh, un viaggio vicino ai vostri corpicini in amore? Mi hai convinta.”replicò con un occhiolino, poi si diresse all’auto a prendere tutto.
“E’ sempre stata così?”chiese Max a bassa voce
“Oh no, ora è molto meglio. E’ sempre stata una forza.” rispose con entusiasmo Chloe, mentre si avviava al mezzo.
Una volta a bordo dell’auto, Chloe fece manovra e attese che Steph salisse con loro, obbligando Max a scivolare più in mezzo, ma non troppo: c’era la leva del cambio. Perciò si ritrovò a stretto contatto di Steph, che adagiò la sua tracolla tra le gambe.
 “Chloe, sicura che non ti dia fastidio che stia così vicina alla tua dolce metà?”
“Certo, Steph. Perché se una di voi due allunga le mani sull’altra, questo pick-up farà un frontale con un palo della luce.”canticchiò Chloe dolcemente.
Steph si avvicinò a Max che non poté fare a meno di notare che lei profumava di ciliegia e questo le diede una sensazione rilassante.
La guardò con occhi felini e sussurrò, ma comunque in maniera udibile anche per Chloe
“Sai una cosa Max? Se per qualche assurdo motivo l’idillio con quest’adorabile punk dovesse finire, dovresti chiamarmi. Ricordami di lasciarti il mio numero, ok?”
“Steph, ora alzo la radio o alzo le mani…”disse Chloe, sempre cantilenando.
Era ovvio che Steph stesse scherzando e si divertisse a stuzzicare Max, che s’imbarazzava subito, e Chloe, per vederla ingelosirsi ma, comunque, fece un occhiolino a Max, prima di sporgersi verso di lei con fare sinuoso e poi allungare la mano e…..accendere la radio.
Chloe la stava fulminando con lo sguardo mentre Max era pietrificata e viola in viso.
“Mio dio ragazze mi divertirò un mondo con voi!”esclamò Steph prima di scoppiare a ridere.
La sua risata fu presto coperta da un brano dei Pavment: Range Life.

 
After the glow, the scene, the stage
The sad talk becomes slow
But there's one thing I'll never forget
Hey, you gotta pay your dues
Before you pay the rent

Over the turnstiles and out in the traffic
There's ways of livin', it's the way I'm livin' right or wrong
It's all that I can do and I wouldn't wanna let you be

I wanna range life
If I could settle down

 
Steph tamburellò allegramente sulla portiera, andando a ritmo con la canzone e canticchiando a bocca chiusa. Anche se non lo dissero, Max e Chloe pensarono la stessa cosa: ci voleva una come Steph. Qualcuno che portasse allegria e stemperasse la tensione, anche se con metodi particolari. L’aria era già più leggera dal suo arrivo.
“Allora Steph, raccontami qualcosa della tua vita lontana da Arcadia. Hai detto pochissimo.”chiese Chloe
“Uhm non ho molto da dire. Ogni tanto mi commissionano qualcosa, qualche recensione sul giornale dell’Università per qualche film o curare il reparto tecnico del corso di teatro, robe noiose. Senza un pezzo di donna come Rachel da ammirare in calzamaglia, poi, non è divertente come prima. Ma almeno mi tengo impegnata. Ogni tanto arrotondo con qualche lavoretto di straforo. Sapendo che ho esperienza con le sale cinematografiche, ho aiutato a far riprendere dal fallimento un vecchio cinema che sopravviveva a stento dagli inizi del millennio. E’ stato fico, anche perché mi sono occupata del calendario del loro cineforum per due anni, poi hanno imparato e lo gestiscono loro. Io gli faccio solo dei lavoretti ogni tanto, un po’ di tutto tranne le pulizie, e loro mi danno cibo e qualche spicciolo. Per il resto, non mi sto godendo molto Portland. Non gioco a Dungeons and Dragons da almeno due anni, quando i pochi amici nerd che non odiavo se ne sono andati per vari motivi. Cazzo, a volte mi manca più quello che una bella ragazza nel letto. Ma sto cercando di non deprimermi e penso che, appena finirò gli studi, saluterò Portland e andrò dove mi porterà l’istinto. Magari vengo a farvi da coinquilina a Seattle!”
“Perché no?”disse Max con entusiasmo “Non possiamo vivere ancora con i miei per molto e gli affitti non sono a buon mercato ultimamente. Appena sarò indipendente economicamente, una coinquilina ci farebbe comodo.”
Chloe inchiodò l’auto e fissò Max sbigottita
“Tu non me ne hai mai parlato….”
“Beh ma pensavo fosse logico! Pensavo che volessi andare via da casa mia e quindi….”
“TU NON MI DICI NULLA! Mi stai sostanzialmente dicendo che vuoi andare via di casa e convivere e lo dici adesso, proponendolo anche a Steph? Dio mio, cosa ho fatto!” e appoggiò la testa sul volante, facendo suonare il clacson. Per fortuna, in direzione Arcadia Bay, non c’era traffico.
“Eddai Chloe, te l’ho appena detto: mi sembrava così naturale e logico. Cioè dovevo prima chiedertelo se ti andava di convivere tra un paio d’anni?”
“VOLEVO CHIEDERTELO IO, STUPIDA!” rispose esasperata “ PERCHE’ LA MIA RAGAZZA E’ SEMPRE STRAMALEDETTAMENTE IMPREVEDIBILE? PERCHE’?”
Steph, nel frattempo, si sganasciava dalle risate, piegata in due sul sedile
“Oddio sì, voglio essere la vostra coinquilina. Grazie Max, accetto di buon grado se mai dovesse capitare davvero questa offerta!”
“Steph, non capiteranno cose a tre, non sperarci.”disse Chloe “Non so nemmeno se capiteranno cose di coppia per un bel po’.”aggiunse, fulminando Max con gli occhi.
“Tranquilla Max: se ti servisse, ci sono sempre io.”sussurrò Steph
“ORA RIPARTIAMO E CHE NESSUNA FIATI, D’ACCORDO?”strillò Chloe
Appena entrarono in città, Steph infranse l’ordine di Chloe. Fece un lungo fischio e disse
“Wow, da brividi. Non venivo qui da….mh troppo. Eppure si vede che qui è passato un cataclisma. Cazzo, è impressionante essere di nuovo a casa.”
“Dovevi vederla appena dopo il tornado.”disse Chloe “Quello si che era da brividi.”
“Quindi è vero! Le voci sono vere, voi eravate davvero presenti e siete scampate appena si è calmato!” chiese incuriosita, sporgendosi in avanti e appoggiando una mano sul cofano e una sulla gamba nuda di Max. Ennesima provocazione o innocente sbaglio?
“Già.”disse Max “Non lo abbiamo mai dichiarato ma abbiamo assistito tutto dal promontorio del faro. Appena si è placata la tempesta, siamo scese a recuperare l’auto, siamo tornate a casa di Chloe per prendere pochi effetti e poi abbiamo abbandonato Arcadia. Almeno fino a tre giorni fa.”
“Al faro? Che cazzo ci facevate lassù? Come avete fatto a intuire che…”
“Chiedi a Chloe…”
“Chiedi a Max..”
“A chi cazzo dovrei chiedere?”esclamò Steph prima di esplodere in una fragorosa risata “E va bene, teneteveli per voi i vostri segreti saffici. Coppia di romanticone.
“Che?”
“Non fare la finta tonta, Max. Ci sono solo due motivi per cui, all’alba, eravate li insieme, in posto così romantico e isolato da tutti…”
“Cioè?”chiese incuriosita
“Beh uno è la droga.” spiegò Steph “E dal tuo visino angelico direi che non è roba per te.”
“Ok. No, infatti. Quindi l’altro sarebbe?”
Steph la fissò maliziosa, alzo le mani tenendo solo il medio e l’indice all'insù e divaricati come due ‘v’ e poi le incrociò tra di loro.
“Ma Steph! No!”esclamò Max, ma il suo rossore improvviso fece pensare a Steph di averci azzeccato.
“E  tu che ancora ci caschi, eh Max? Dovresti aver intuito che tipo è Stephanie.” disse Chloe.
Max si convinse che, comunque, fosse meglio che pensasse che fossero in intimità piuttosto che dirle ‘Hey non sai che cosa c’è? Posso manipolare il tempo e siccome l’ho fatto troppe volte, ero collassata e Chloe mi ha portato lassù mentre ero in trance. No,  aspetta che ti spiego tutto dall’inizio…’
Sicuramente, non era il caso. Si tenne il rossore e lo sguardo malizioso e trionfante di Steph e non disse nulla, mentre Chloe esibiva un sorrisetto divertito. Si era presa una piccola vendetta.
Se per le due ragazze ormai era abitudine vedere Arcadia Bay come una città – fantasma, non poteva essere per la loro amica. Steph aveva smesso di parlare, tenendo fissa lo sguardo davanti a se, cogliendo ogni dettaglio possibile e non lasciare che nessuna emozione trasparisse. Quando arrivarono al quarantaquattro di Cedar Avenue, espirò rumorosamente e smontò dall’auto.
“Anche se non si ama, fa sempre un certo effetto vederla così.”disse
“Ci puoi giurare.” ammise Chloe “Fatico ad abituarmi dopo tre giorni che scorrazziamo qui dentro.”
Arrivati sulla soglia di casa, Chloe spese un minuto in più del dovuto per aprire la serratura d’ingresso.
“Non ricordi più che chiavi usi per aprire casa tua, Price?”la prese in giro Steph ma Chloe non ci badò. Si limitò a dire “Strano”, e poi aprì con cautela la porta.
“Beh prima le signore, anzi prima le padrone di casa.”disse Steph, facendosi da parte e allungando il braccio per invitare Max, che chiudeva la fila, mentre Chloe s’infilava dentro casa, lanciando occhiate sospettose alla porta.
“Qualcosa non va, Chloe?”chiese lei
“Non so, Max. Mi è sembrato che fosse… bah, la farò controllare più avanti. Dai Steph, entra.”
Non se lo fece ripetere due volte, e la ragazza s’infilò subito in casa, mentre Chloe chiudeva dietro di lei la porta.
“Benvenuta nel mio regno. O la sua versione restaurata, almeno.”commentò
“Price, ti rendi conto che è la prima volta che entro in casa tua? Wow, chissà che cosa hai combinato qui con Rachel e con la piccola e adorabile Max! Ah, se i muri potessero parlare…”
“Ti direbbero di sfogare gli ormoni, prima di peggiorare.” commentò sarcastica Chloe  “E per tua informazione, Max ed io ci siamo solo baciate qui. Anche la prima volta.”
“AH – AH !” tuonò Max trionfante, mentre Chloe si schiaffava una mano in testa con disperazione.
“Mi faccio un giro della casa. Devo approfittarne.”cinguettò Steph, mentre si tuffava in cucina, poi in salotto, con le altre due appresso.
“Qui c’era una macchia di vino.”disse Max indicando un punto preciso del pavimento “Io e Chloe da bambine volevamo fare una degustazione di vini e…. beh incidente… i suoi non l’hanno presa benissimo, diciamo.”
“Eri spesso qui?”chiese Steph
“Molto spesso. In pratica, se non ero a casa mia, ero qui e se ero a casa mia, di solito c’era Chloe.”
“Avete veramente passato una vita insieme.”commentò Steph. Qualcosa in lei era cambiato. Sembrava essersi addolcita nella voce e nello sguardo. Poi, si voltò di scatto e aprì la porta finestra sul giardino, andando a passeggiare nell’erba.
“Li avevamo un’altalena.” disse Chloe  “Era la nostra ‘nave pirata’ quando eravamo piccole. Ci abbiamo speso quasi ogni giorno di sole finché… beh non eravamo troppo grandi…”
Finché non me ne sono andata, volevi dire, pensò Max, sentendosi maledettamente in colpa.
“Addirittura un’altalena?”
Steph sembrava ammirata. Fissò le due ragazze con un sorriso sincero
“Vi rendete conto che parlate al plurale? E’ una cosa tenerissima…Cazzo, perché non ci siamo potute conoscere prima? Mi sarei goduta questa love story come si deve!”
Max e Chloe si guardarono imbarazzate e non parlarono. Allora Steph rincarò la dose
“Oh e smettetela! Dovreste solo essere contente di esservi trovate così presto! Chloe, piantala di sentirti in colpa se ti sei innamorata di Rachel: non hai tradito Max, non sapevi nemmeno cosa fosse essere innamorate. Ti serviva, sennò chissà quanti anni ti ci sarebbero voluti per accettare la realtà dei fatti. Max, smettila di sentirti in colpa per non so cosa, ma si vede che ti senti indegna di Chloe o che hai paura di chissà cosa. Cazzo io ho conosciuto la Price menefreghista e credimi: ti ama. Nemmeno con Rachel intorno era così.”
Le ragazze la fissarono. Erano stupite e imbarazzate allo stesso tempo.
“Steph ma cosa…”
“Piantala Chloe. Non sono solo una nerd, lo sai che amo osservare la gente. Lo facevo sempre alla Blackwell, ricordi? Per questo le mie indicazioni agli spettacoli di Keaton erano perfette: basta capire chi ti circonda. E voi due siete trasparenti. Siete cotte perse l’una per l’altra. Immaginate cosa potreste combinare se solo lasciaste andare un paio di pesi che vi siete messe al collo. “
Silenzio.
Chloe fissava Steph ma Max aveva gli occhi puntati ai suoi piedi
“Non riesco a smettere di sentirmi in colpa per Seattle.”mormorò infine “Cinque anni lontana da te e non ti ho mai….stavo male, continuavo a odiarmi ed essere convinta che mi odiassi anche tu….avrei voluto…”
“Zitta.” disse Chloe “Sei tornata, sei qui, mi hai dimostrato cosa provi dal giorno che ci siamo ritrovate. Io sto imparando a lasciare andare il fantasma di Rachel, ti giuro che so di poterlo fare. Da quella litigata al cimitero, mi sento già meglio. Io sto… OH FANCULO STEPH! PAGHIAMO GIA’ UN TERAPISTA!”
Steph sghignazzò e si batté le mani da sola
“Cazzo, se vi adoro. Dai Price, fammi vedere la tua camera, il tuo antro dell’ammmmoooore.”
E le sorpassò, dando a entrambe una pacca amichevole sulla schiena e rientrando in casa.
Max e Chloe la seguirono. Istintivamente, senza motivo, si afferrarono per mano mentre rientravano.
Steph sembrava entusiasta come una bimba di otto anni in gita. Trotterellò su per le scale, continuando a canticchiare a bocca chiusa. Si fermò in mezzo al pianerottolo, indecisa su dove andare, ma la testa di Chloe sbucò dalla rampa e attirò la sua attenzione.
“La porta a destra, signorina. Ma potresti  aspettare che sia io a fare gli onori di casa?”
Steph si fece indietro per far passare le ragazze e attese l’invito di Chloe per entrare in camera, ove vi s’infilò con entusiasmo. Non lo aveva mai confessato, ma le piaceva molto quella ribelle. Non in senso romantico o sessuale, ma comunque era sempre affascinata e ammirata dalla sua personalità. Ai tempi della Blackwell, vederla in azione le suscitava sempre interesse e, in qualche caso, invidia. Era contenta di aver legato un pochino con lei, ma avrebbe voluto diventare sua amica. Non quanto Rachel, ma almeno più della media delle sue altre conoscenze nella scuola. Sapeva di essere rispettata da quella punk arrabbiata e dal passato difficile, ma molte volte aveva immaginato come sarebbe potuto essere avere un rapporto amichevole ed extrascolastico con lei.
Roteò su se stessa mentre ammirava la stanza, sorridendo spensierata.
“Beh? E’ di tuo gradimento?”chiese Chloe.
Lei e Max erano rimaste accanto all’ingresso, a osservarla. Chloe sembrava alquanto perplessa, mentre l’altra appariva molto divertita.
“Sto cercando di immaginarmela al massimo del suo splendore. Quando, prima della tempesta, qui abitava Chloe Price al massimo della sua cazzutaggine.”
“Oh, non ti sei persa granché”disse Chloe “Era sporca.”
“E odorava di sigarette.”aggiunse Max che, notando l’occhiata gelida di Chloe, aggiunse “Però era molto bella. Particolare direi.”
Steph si sedette sul letto e fissò le due ragazze con un sorrisetto furbo
“E prima com’era? Prima che diventasse la Chloe che ho conosciuto. Illuminami Max…”
La ragazza lanciò un’occhiata alla sua compagna dai capelli blu che le ricambiò lo sguardo con un eloquente ‘di-quello-che-ti-pare’.
“Questa stanza è sempre stata Chloe. E’ cresciuta con lei. Prima che me ne andassi, era luminosa, colorata, con un sacco di roba che non voleva buttare. Conservava tutto ed è stata la prima a esporre le mie foto, sai?”
Indicò il soffitto verso la finestra
“Stavano lì. Appese con una cordicella e delle mollette. Foto terribili, le prime che scattai con la mia macchina professionale. Le facevo pensando che fossero belle, ma in realtà non lo erano. Non mi stupisce che le abbia tolte. Ha fatto bene. Io stessa non le avrei tenute…
“Le ho tolte perché mi faceva male ogni cosa che mi ricordasse te.”disse Chloe.
Aveva le mani dietro la schiena e la testa china, a fissarsi i piedi, appoggiata al muro.
“Scusa Max. Ma ho messo via molte cose che mi ricordavano te, in quel periodo. Mi faceva fottutamente male. Le tue foto erano belle. Lo sono da sempre, Max. Sono io che non potevo tenerle più. Specie con Rachel che dormiva qui dove dormivi tu…”
“OOOK! Basta depressione da teen drama per oggi, ok?” strillò Steph “E’ bellissimo che stiate aprendo voi stesse più di quanto non abbiate mai fatto e che, probabilmente, stasera farete del gran sesso e tra due anni vi sposerete clandestinamente da qualche parte siccome siete sempre più cuccioline, ma io ho solo chiesto com’era questa stanza prima! Tipo, quel cassettone è fatto a mano? Perché lo adoro. E quella specie di scrivania è dipinta di blu a mano. Adoro. I graffiti non mi stupiscono, ne ho visti a iosa a scuola quando Chloe era in giro. Cazzo, chissà che bella infanzia avete passato qui. Però…”
Si fermò con lo sguardo nel punto in cui Chloe aveva pasticciato sopra le righe della sua crescita, dove suo padre ogni anno appuntava i centimetri in più di sua figlia. Tacque.
Aveva letto tutto e ora non seppe che dire.
“Non preoccuparti. Sono solo altri graffiti.” disse Chloe, per stemperare “Ero molto arrabbiata, confusa e stupida. Beh, lo sono ancora a dire il vero, ma sto migliorando. Non come Max: lei è proprio un caso perso. Dovresti vederla quando mangia…”
“La vuoi smettere, Chloe?”
Steph si godette la scena delle due ragazze e sorrise. Chloe la stuzzicava, Max s’imbarazzava. Copione già visto ma sempre efficace.
E di copioni ne aveva visti tanti. Chissà come sarebbe stato metterle in scena…. Nah, non si poteva. O le riprendevi di nascosto o non avrebbero reso.
Erano opposte ma complementari.
Si sentiva bene, sollevata, rilassata. Quelle due avevano un effetto catartico su di lei, qualcosa che negli anni di Portland non aveva più trovato. Aveva bisogno di questo. Di persone vere, di amiche…. Cazzo gli mancava Mickey…
“Se avete finito, mie dolci Giulietta e Giulietta, inizierei a parlare di cose serie.” sentenziò “Ovvero del perché io sia qui. “
Chloe si schiarì la voce e prese a parlare, facendo un paio di passi in direzione del suo vecchio letto
“Come saprai benissimo, ufficialmente noi siamo tornate perché mia madre è uscita dal coma pochi giorni fa. Ovviamente, potevamo essere abbastanza fortunate da dire ‘Hey facciamoci una cazzo di gitarella in tranquillità, salutiamo mamma e torniamo alle nostre noiose vite’? Sicuramente no. Non che avere culo sia mai stata una mia prerogativa, ma sta succedendo di tutto. Prima ci contatta la sorella di Nathan Prescott perché vuole una mano a trovare il cadavere di suo fratello…”
“Aspetta: vi siete incontrate con Kristine?”chiese Steph
Chloe parve sorpresa
“Si, certo. O meglio, lei ci ha stalkerate e implorato di aiutarla ma…”
“Kristine Prescott? Davvero?”
“Si Steph. La conosci?”
“Non di persona.” ammise Steph “Ma mi sono informata molto sui Prescott, specie dopo che Sean faceva pressioni affinché Nathan fosse preso ne ‘La Tempesta’. Dovresti ricordartelo. Beh, da brava ficcanaso mi sono un po’ interessata a loro e Kristine è la più emblematica: in pratica si è distaccata da loro appena ha potuto. Che tipa è?”
“Alla mano. Non c’entra nulla con i Prescott. Per quello abbiamo voluto accettare la sua offerta.”spiegò Max
“Quindi ora siete le sue archeologhe? Alla ricerca della tomba di Nathan?”scherzò Steph
“Può sembrare strano, ma è così. Vorrei anche dirti che è tutto qui, ma non lo è.”disse Chloe “Perché questa bizzarra concatenazione di eventi, ci ha portato prima a dover investigare per trovare un cadavere finito chissà dove, poi alla Blackwell ha parlare con il buon vecchio Wells, poi a ricevere una richiesta da parte di Jefferson di fargli una visitina amichevole in prigione in onore dei vecchi tempi, cosa che Max ha accettato con entusiasmo e abbiamo anche incontrato Frank, poi abbia….”
“COSA?”esclamò Steph “Siete andate da quel pazzo?”
Max annuì debolmente, un po’ imbarazzata. Steph la fissò con un misto di ammirazione e severità
“Stronzata gigantesca! Lo sai, non è vero, Max? Non dovevate accettare! Non dovevate rivederlo per nessuna ragione! Non date a quel maniaco di merda un’occasione per torturarvi!”
“Prova a spiegarlo alla signorina ‘Sono-timida-ma-sono-determinata’. Ha delle palle gigantesche quando vuole e le ha avute con Jefferson, ma non abbiamo ottenuto nulla. Il motivo per cui abbiamo accettato è che, in fondo, speravamo di avere un indizio su dove potesse aver nascosto il corpo di Nathan.”spiegò Chloe
“Perché voi due siete sicure che sia morto?”chiese Steph “Insomma, si penso che sia così. Non sarebbe ancora scomparso, specie dopo il suo coinvolgimento e un tornado sulla città. Ma avete prove?”
Max scosse la testa “No. Ma ne sono certa.”
“Io pure. Anche Kristine. Per quello ci ha contattate: lei dà per scontato che suo fratello sia morto, perciò vuole trovarlo per metterlo nel culo a Jefferson.”
Steph appoggiò i gomiti sulle cosce e fissò le ragazze, aguzzando gli occhi.
“Capisco. Si, Jefferson è palesemente colpevole di tutto. Mi sono un po’ informata a riguardo e so che può essere stato principalmente lui, con la complicità di Nathan. Credo però alla teoria che Rachel sia stata uccisa da Nathan e, se no sbaglio, è la stessa cosa che avete sostenuto voi due. Seguendo il ragionamento di Kristine, trovare Nathan equivarrebbe a trovare una prova decisiva per incolpare Jefferson. Ma non di tutti i crimini: quello stronzo potrebbe uscirne con un ‘ho dovuto farlo per il bene delle altre vittime’ o robe simili. Quel porco ha in mano uno degli avvocati più in gamba di tutto l’Oregon, sapete?”
“Si, lo abbiamo incontrato.”disse Max “Ma secondo me lo appoggia ma non gli crede.”
“Non mi stupirebbe, Max. Tu e Chloe non siete le sole a pensare che Jefferson sia un mostro. L’opinione pubblica è spaccata, è vero, ma a livello legale nulla sembra favorire l’accusa. McKinsey è un verme abile: lo avrà preso per arrivare alle luci della ribalta dopo una carriera discreta ma senza troppi proclami. Ora ha l’occasione di uscire fuori dall’anonimato: l’ultima occasione prima di ritirarsi. Logico che non gli creda ma che lo supporti.”
“E qui arriviamo all’ultimo colpo di scena.” disse Chloe “Incastrarlo. So che non servirebbe molto trovare il corpo di Nathan, ma almeno si farebbe altri anni in gabbia. Però le ragazze che ha molestato non avrebbero giustizia. Rachel non avrebbe giustizia. Non possiamo permetterlo, per cui abbiamo ottenuto una lista di potenziali vittime che la polizia ha rintracciato.”
Prese il portafogli, estrasse un quadrato di carta e lo porse a Steph, che la osservò per un minuto come se fosse una reliquia sacra. Con un sorriso compiaciuto, tornò a fissare il duo in piedi davanti a lei.
“Quindi volete una mano a rintracciare queste ragazze e incastrare quel figlio di puttana?”
Annuirono.
“Non credo che io sia qui solo perché vi serve il mio computer. Sono certa che avreste potuto usarne uno vostro o rintracciare qualcuno più vicino e più scaltro. Mickey è sicuramente più abile in queste cose, ma tu hai voluto me Chloe. Inoltre, voi due sembrate abbastanza sveglie da cavarvela da sole, cosa che avete già dimostrato di saper fare. Perciò sono abbastanza sicura  che io non sia qui solo per questo, ma per ben altri motivi.”
Chloe incrociò le braccia e fissò Steph con aria interessata e interrogativa. Max sembrava solo perplessa. Non vedendo reazioni verbali, la ragazza riprese
“Vi serve qualcuno che non sia coinvolto emotivamente in questa faccenda. Voi due lo siete, anche tropo: conoscevate alcune vittime e Nathan, Max tu andavi a lezione da Jefferson, avete assistito alla distruzione di Arcadia e siete nel bel mezzo di un ciclone mediatico su questa storia. Ci siete dentro fino al collo con le vostre emozioni, perciò fatichereste ad essere lucide e ci impieghereste troppo tempo, tempo che non avete se volete incastrare del tutto Jefferson. Con Rachel, la cosa era diversa perché solo tu, Chloe, eri emotivamente coinvolta nella cosa. Poi arriva Max che, per quanto fosse inconsapevolmente cotta di te da quando vomitava latte, è riuscita a districare i fili nel giro di pochi giorni e avete risolto non solo la sorte di Rachel, ma anche un bel casino ben più grande. Questo la dice lunga sulla testolina che avete. Ma ora non riuscireste a replicare il miracolo in pochi giorni. Troppa pressione, troppa emotività che vi riguarda entrambe in primo piano. Ma soprattutto, vi serviva una ragazza, qualcuno che potesse dialogare e comprendere le vittime di Jefferson. Chi meglio di voi due? Nessuno, ma non potete farlo. Perciò, vi serve un supporto femminile, qualcuno che vi spalleggi, come Max ha spalleggiato te, Chloe, per la situazione di Rachel. Inoltre, il fatto che io sia leggermente più socievole di voi due non dovrebbe guastare.”
Chloe e Max si scambiarono un’occhiata, poi la ragazza con i capelli blu ammise
“Non ci avevo pensato, ma credo che inconsciamente sia come dici tu. Mi sei venuta in mente subito non appena ho capito che quella lista era troppa per solo me e Max. Sei la persona più tosta che mi sia venuta in mente.”
“Per non parlare del fatto che sono la tua preferita anche se non lo ammetti.” scherzò lei, facendole un occhiolino “Ma Kristine?”
“Non sa nulla della lista e non vogliamo dirglielo.”spiego Max, questa volta
“Ok, ma poteva fornirvi lei tutti i mezzi, no? Non aveva un pc da prestarvi? Vi ha chiamate, chiesto di darle una mano e non vi offre nulla?”
“In realtà ci potrebbe dare tutto quello che vogliamo.” spiegò Max “Ci ha dato la sua stanza al Seaside gratuitamente. Sono sicura che ci fornirebbe tutto quello di cui…”
“Al Seaside? Complimenti! Anch’io vorrei farmela amica! Ma a lei non avete detto della lista.”
“No.” disse Chloe “Come ti stava dicendo Max, siamo d’accordo sul tenerla all’oscuro, per il momento. Vogliamo aggiornarla solo per quanto riguarda le ricerche di suo fratello. Questa è una cosa parallela ma che potrebbe aiutare anche per scovare Nathan. Solo che è più personale rispetto alla sua esigenza, perciò teniamola momentaneamente fuori.”
“Ma la avviseremo che sei dei nostri.”aggiunse Max
Chloe si voltò di scatto a guardarla
“Noi…cosa??”
“Dobbiamo farlo, Chloe. Ok tenerla all’oscuro che vogliamo parlare con le vittime di Jefferson, ma almeno avvisiamola di Steph. Gli diremo che potrà tornarci utile in qualche modo.”
Chloe non sembrava entusiasta ma Steph parve appoggiare in pieno l’idea.
“Sono d’accordo. Meglio dire quasi tutto che omettere il più possibile. Non si sa mai che lo veda come un buon segno da parte vostra!”
Chloe non era convinta ma fece le spallucce e borbottò un ‘Ok’. Steph si limitò a un sorrisetto e poi riprese
“Beh avvisiamola subito, così la potrò incontrare già oggi. Intanto, iniziamo? Vediamo i primi nomi su questa lista!”
“Prima vorrei che tu cominciassi con un nome che non è presente sulla lista.”disse Chloe, prendendo una foto da un cassetto. Rimase un attimo perplessa e mormorò qualcosa come ‘non ricordavo di averla lasciata così ‘, poi la porse alla ragazza seduta sul letto.
Steph la osservò rapidamente e poi esclamò
“Samantha Myers?”
Chloe annuì
“So che si è allontanata dalla Blackwell prima di finire gli studi ma, da quello che mi disse Rachel anni fa, si era allontanata prima da Nathan, con la quale aveva una specie di flirt.”
Si, lo ricordo Chloe. Già, tu non c’eri già più e Rachel è stata quasi precisa nel dirti le cose. Ha omesso un dettaglio, però.”
“Sarebbe?”
Steph sfoderò di nuovo il suo sorriso malizioso. Sembrava una gatta che giocava insistentemente con il topo. Si stava divertendo un mondo e non lo nascondeva per niente.
“Hanno litigato. Anzi, Sam gli urlò contro in corridoio.”
“Samantha? Quella Samantha che a malapena apriva bocca in presenza di qualcuno?”esclamò sorpresa Chloe
“Certo. Non so dirti esattamente come andò, io ero di spalle e mi sono voltata solo quando lei ha iniziato a gridare. Ho colto chiaramente le parole ‘Non toccarmi mai più’. Non era affatto diplomatica a riguardo. Mai vista Sam così.”
“Questo si che è interessante!”esclamò Max “Non è una cosa da poco!”
“Certo. Ma dobbiamo rintracciarla, perciò qui entri in gioco tu.”disse Chloe, rivolgendosi a Steph.
La ragazza si alzò in piedi e restituì la foto a Chloe. Poi prese la sua tracolla beige, con sopra disegnato il logo di ‘Doctor Who’, estrasse il piccolo portatile e lo appoggiò alla scrivania, spostando la piantina.
“Dovrò fare un hotspot con il telefono, perché qui non credo ci sia un wi-fi. Ma se tutto va bene, sarà una ricerca breve: non ho il suo numero di telefono, ma sui social dovrei averla aggiunta qualche tempo fa. Se riesco, la contatto direttamente da lì. Intanto, datemi la lista che voglio cominciare a dare un’occhiata. Max, avvisa la Prescott che l’A-Team ha una nuova componente, così risolviamo subito la cosa.”
Poi si voltò iniziò a leggere la lista dei nomi, mentre Chloe e Max discutevano su cosa potevano comprare per rendere la camera più carina e, soprattutto, cosa potesse tornare utile per allestire una bella parete per raccogliere tutto quello che avrebbero potuto trovare e usare.
Steph borbottò nella loro direzione un paio di volte, sostenendo che fosse una pessima idea e che non era così divertente, ma le due sembravano così prese che non le diedero retta. Dopo una decina di minuti, Steph disse di nuovo la sua.
“Sentite, non per infrangere i vostri sogni da commissariato, ma qui la situazione non è rosea. Ho controllato la lista, ci sono pochissimi indizi per risalire a tutte. Dovrò fare una ricerca per ogni nome, incrociando più dati. Suggerimenti?”
Max rispose prontamente
“Non sappiamo per quanti anni Jefferson abbia fatto quello che ha fatto, ma se online ci sono delle sue biografie attendibili, o anche solo su Wikipedia, potremmo sfruttare la cosa. Andrebbero cercate giovani donne, tra i sedici e diciannove anni all’epoca dei fatti, vulnerabili quindi o bullizzate o con una situazione difficile alle spalle, non necessariamente emarginate ma comunque non ragazze comuni o con una vita sociale completamente semplice e stabile. Ma, cosa più importante, devono suscitare innocenza. Devono avere un viso pulito e sembrare delle ragazze caste, non volgari.”
“Rachel non lo era.”pensò Steph “Era bella e aveva un’aria innocente, ma le voci su di lei giravano.”
“Quali voci?”sibilò Chloe
“Nulla che tu non abbia già sentito o scoperto, tranquilla. Penso non te le avesse detto per non sentirsi giudicata, o forse te ne parlava, non lo so. Ma nulla di oscuro o che tu non possa già sapere.”la tranquillizzò Steph, senza non molto successo.
“La vita sessuale di Rachel non era proprio segreta.” disse Max “Ma lei non fa testo: era una vittima di Nathan. E’ nell’elenco per puro caso, ma penso che non sia catalogabile come le altre. Era molto bella, certo, ma non aveva molto altro in comune con le altre.”
“E con te.” disse Steph, sbandierando il secondo foglio “Ti aveva puntato il figlio di puttana, eh? Beh abbiamo una base da dove cominciare: togliamo gli ultimi quattro nomi, anche perché viva ci sei solo tu ormai, Max. Toglierei anche quelle che sono determinate come quasi certe o certe: se non hanno parlato con la polizia, non vedo perché dovrebbero parlare con tre ragazze senza titoli ne distintivi. Magari darò un’occhiata, ma dopo aver cercato le altre. Dovremmo partire da quelle: se convinciamo qualcuna delle più recenti a collaborare, forse avremo più possibilità.”
“Prima però: Samantha. Credo che lei possa dirci qualcosa di veramente interessante su Nathan.”disse Chloe
 
 
 
 
McKinsey era infuriato.
Non stava lavorando, ma solo bevendo quel pomeriggio. Purtroppo però, l’alcool non stemperava il suo malumore, anzi lo ingigantiva. Come cazzo era possibile che non avesse trovato nulla? Che cazzo stavano facendo?
Quella mattina, inoltre, si era sentito dire che una terza ragazza sconosciuta si era aggiunta ma non avevano fatto nulla di strano, a parte andare alla casa dei Price, ove stavano ancora tutt’ora.
Perché una terza? Bisognava scoprirlo! Nowak aveva protestato ma poi aveva ceduto: gli interessava solo il denaro, oramai. Bastava pagarlo e tutto sarebbe stato eseguito.
Aveva anche ricevuto la foto che era nascosta in casa Price: uno scatto fatto con la fotocamera del telefono che raffigurava una vecchia foto in carta, che raffigurava due ragazzi adolescenti. Il maschio era Nathan Prescott, stessa faccia da culo che aveva anche sui volantini da ricercato, ma la ragazza non seppe dire chi fosse. Nowak disse che non poteva saperlo, dato che non vi erano indizi né appunto a riguardo. Non seppe spiegare nemmeno perché l’avessero, forse solo un vecchio ricordo. Ma la ragazza non poteva essere la Price, era completamente diversa. Dovevano trovarla!
Nowak protestava troppo, era palese che lavorasse controvoglia, ma non gli importava. Era un compito facile: doveva solo seguirle e, se necessario anticiparle o depistarle. Doveva durare pochi giorni, il tempo del processo, poi tutto sarebbe finito. Non avrebbe mai perso.
Passeggiò nervosamente nel suo ufficio, riflettendo su quanto tutta quella situazione si stava complicando a un passo dalla fine. Non riusciva proprio a stare sereno, non si fidava di quelle due. Avevano scovato un cadavere e beccato Jefferson con niente, non voleva assolutamente rischiare ora. Non gli fotteva di quel maniaco, ma della sua reputazione. Non avrebbe tollerato uno schiaffo in pubblica piazza, non ora. Iniziava a pentirsi di aver voluto quel caso. Sua moglie lo aveva avvisato: lascia stare, hai quasi terminato la tua carriera, non importa, accetta il ladro di auto, non impegnarti in questa inchiesta è troppo grossa….
Ma no, no  e ancora no! Lui VOLEVA concludere con un ultimo grandioso trionfo. Il più luminoso. Lo Stato lo avrebbe scoperto al traguardo, ma poco importava. Non avrebbe perso.
 
 
Kristine mise giù il telefono. Il messaggio di Max era chiaro: avevano una novità e desiderava vederla. Aveva risposto che si sarebbe liberata entro un’ora e Max aveva risposto che le avrebbe trovate a casa Price.
Adorava quella ragazza: era sincera, dolce e delicata. Aveva sbirciato le sue foto presenti nella sua pagina Facebook e le aveva adorate. Era abile, molto più abile di suo fratello (che amava molto il macabro negli ultimi tempi), ma c’era qualcosa di particolare nei suoi scatti. Non si definiva un’esperta di fotografia, ma aveva girato abbastanza il mondo e visto abbastanza artisti da riconoscere un tocco di magia quando lo vedeva. Max possedeva veramente qualcosa di unico, ma non era solo nella sua fotografia. Guardandola negli occhi, percepiva una fredda determinazione. Era più forte di quanto apparisse e la ammirava. Era più forte della sua ragazza, Chloe. Probabilmente, Chloe stessa lo sapeva. Provava simpatia anche verso di lei, anche se sapeva che non sarebbe mai stata ricambiata. Ma non poteva non ammirarla. Con la sua storia poi….cazzo che schifo di vita che deve aver avuto. Lo vedeva. Se in Max vedeva forza interiore nascosta, in Chloe vedeva una forza gigantesca esterna ma un’inquietudine e una romantica tristezza dentro di se. Ma quelle due insieme erano inarrestabili. Si completavano, e sapeva che aveva affidato alle persone giuste il compito di trovare il cadavere di suo fratello.
L’aver girato il mondo, l’essere uscita dalla gabbia dorata dei Prescott gli aveva fatto questo regalo: la capacità di capire le persone. Era meglio di un superpotere, perché si basava solo sull’esperienza e sulle ferite personali che ogni persona affronta. Una sorta di difesa preventiva: comprendere, anticipare, studiare e selezionare. Questo aveva imparato e presto le sarebbe tornato utile anche negli affari. Suo padre era volgare e aggressivo, otteneva quello che voleva incutendo timore e gettando bustarelle. Che uomo patetico.
Lei, invece, capiva. Bastava ascoltare. Bastava guardare.
Guarda negli occhi una persona e saprai chi hai davanti. Osserva come muove le mani dopo una domanda, e saprai dove colpire. La natura umana era tremendamente affascinante e utile, una volta compresa.
“Siete sicuri?”chiese infine, rivolgendosi ad Adam e Martha.
Annuirono.
Allungò una mano e afferrò il calice di pinot nero gelido che si era versata poc’anzi. Sorseggiò mentre rifletteva sulle conclusioni che i suoi amici gli avevano riferito su quel McKinsey.
C’era troppo su cui riflettere e lavorare. Il tempo scarseggiava. Sentiva la rabbia ribollire in fondo allo stomaco ma doveva restare lucida. Aveva spodestato e ridotto all’anonimato suo padre con la virtù della calma, mentre lui era un fottuto iracondo (esattamente la qualità che aveva donato a Nathan) perciò era stato semplice ingabbiarlo nei suoi stessi errori e toglierli il trono dei Prescott, limitandolo a una gabbia dorata in Florida.
Altro sorso.
Espirazione.
Si stava rilassando. Meglio. La sua mente cominciava già a lavorare: ottimo segno.
“Se devo toglierlo dai giochi, avrò bisogno di altre informazioni. Datemi una mano a scavare: sto stronzo non me la racconta giusta.”
 
 
Max era irrequieta.
Chloe e Steph erano concentrate da mezz’ora sul pc di lei, cercando tutte le informazioni possibili su Jefferson. Per ora avevano trovato abbastanza materiale, ma non potevano stamparlo né trascriverlo. Annotò mentalmente di comprare un bloc notes e delle biro, oltre ad altro che avevano pensato che potesse servire.
Samantha non aveva ancora risposto, ma non sembravano scoraggiarsi.
Max rifletté ancora su come potesse risolvere al più presto quell’intrico. Sentiva che gli sfuggiva qualcosa di minuscolo e ovvio. Una sensazione familiare a quando cercavano Rachel, come se sapessero già la fine di quella storia, ma non riuscissero a leggerla. Cercavano indizi eppure perché era convinta che avessero già la soluzione in mano loro…..
Kristine?
No, lei aveva già dato loro tutto quello che aveva a disposizione. Non aveva altro che potesse aiutarle.
Arcadia Bay aveva inghiottito di nuovo un corpo e lo celava con ancora più riserbo e forza di quello di Rachel. Perché? La città le odiava? Dopotutto avevano deliberatamente scelto di ferirla, quasi a morte, meno di nove mesi fa. Ora Arcadia esigeva vendetta e la stava ottenendo, facendole impazzire e rischiando di liberare il mostro peggiore cui avesse dato i natali.
 
 
No. No, no e ancora no. Non possiamo permetterlo. Per tutte quelle ragazze su quella lista. Quel mostro non deve uscire! Pensa Max, pensa!
 
Sentì vibrare il telefono e vide il numero di suo padre. Scusandosi con le altre due, uscì dalla camera.
“Hey papà…che sorpresa…”
“Max! Sei con Chloe?”
“Si ma lei è al momento…”
 
Inventa una bugia, inventa una bugia
 
“…impegnata. Dicamo impegnata. Se sai cosa intendo..”
 
Tropo vaga!
 
“Oh, capisco…. Beh, tanto cercavo solo te, a essere onesto…”


 
SI!
 
“Dimmi tutto, pà!”
“Non allarmarti ma….. Qualcuno ha chiamato qui a casa…. Chiedendo se fossi qui. Non si è presentato, non ha spiegato il motivo. Sembrava un uomo adulto, di sicuro non David.”
Max era sorpresa.
“Non ho idea di chi fosse, pà. Sicuramente non abbiamo avuto a che fare con nessun uom…”


McKinsey! Figlio di puttana!
 
“Per quello non sono tranquillo. Max, so che laggiù sembra tutto tranquillo, che siete solo andate per Joyce ma, per favore, fate attenzione. Non credo ci siano solo i giornalisti sulle vostre tracce. Ho paura per voi due. Ovviamente non ho detto nulla a tua madre ed eviterò di farlo, ma quella telefonata mi ha preoccupato ed è una fortuna che l’abbia ricevuta io.  Guardatevi le spalle.”
“Ricevuto. Staremo il più possibile al riparo da chiunque, promesso.”
Si sentiva in colpa per aver mentito a suo padre, ma non sapeva che dire: cosa sarebbe successo se avesse scoperto quello che stavano facendo?
Si sedette sulle scale. Non se la sentiva di rientrare dalle altre due, dopo quella telefonata. Certo, non avrebbe mentito a loro, avrebbe detto cosa gli aveva riferito suo padre, ma non occorreva farlo subito. Non sapeva dire come avrebbe preso quella notizia Steph, ma poteva facilmente intuire la reazione di Chloe: si sarebbe eccessivamente agitata, sarebbe diventata protettiva e sul piede di guerra con chiunque. Poteva anche essere capace di investigare su ogni uomo dell’Oregon….
Sospirò.
Voleva solo una vita normale.
Istintivamente, guardò la sua mano destra.
 
 
Cazzo, che casino…. Se non fosse per questo potere, Chloe sarebbe morta da un pezzo e forse la mia vita sarebbe una merda. Sarei stata depressa? Forse. Magari non sapendo che settimana avremmo passato assieme, avrei sofferto ma non quanto avrei potuto soffrire se fossi tornata indietro a quel giorno dopo aver passato tutti quei momenti con lei…. Dopo aver capito di amarla…
Sarei riuscita ad andare avanti? No, non credo.
Forse era meglio rimanere inconsapevole, testimone ignara dell’omicidio della sua amica più cara, dell’unica persona di cui era certa di essere mai stata innamorata? No.
Pero questo potere è un tale peso….
 
Si stupì del fatto che non aveva mai avuto la tentazione di usarlo. Il trauma fu tale da impedirle di avere mai la tentazione di riutilizzarlo. La sua goffaggine le aveva fatto rompere un paio di oggetti nei mesi scorsi e mai si era azzardata a riavvolgere. Persino a scuola, quando non sapeva, piuttosto stava zitta o ammetteva di non conoscere la risposta. Le pesava e la sua ansia di fallire e di fare pessime figure non la aiutava, ma meglio quella che un altro tornado. O peggio!
Che cosa sarebbe successo se l’avesse usato di nuovo? Meteore stavolta?
Sospirò di nuovo.
Con quel potere aveva Chloe nella sua vita, in una veste nuova e più intensa. Forse non era tutto un male, nonostante il prezzo carissimo che aveva pagato.
Ora era qui, di nuovo, a tirare le somme.
Il conto, pensò, non si era saldato con il tornado. Ora c’era un maniaco da tenere in cella e un uomo che chiamava a casa, cercandola. Ovvio che era un depistaggio, era solo una tortura psicologica: chiunque avesse chiamato, sapeva che NON era in casa, ma voleva far sapere che…
“Mi tiene d’occhio….”mormorò fra sé.
Si alzò di scatto e tornò in camera precipitosamente, sbattendo la porta.
Steph e Chloe sussultarono e si voltarono
“Max, ma che cazzo!” esclamò Chloe
“Ci spiano.”esordì
Spiegò velocemente la telefonata con suo padre ed espose le sue riflessioni.
Steph sembrava scettica ma poi ammise che era una possibilità
“Forse sono solo i giornalisti, ma avrebbe poco senso dato che sanno che siete qui. Forse hanno paura che siate tornate nello stato di Washington, ma ha ancora troppo poco senso: il pick – up di Chloe è troppo riconoscibile e vi avrebbero pedinato. Voi non siete state pedinate, vero?”
Max non seppe cosa dire, ma Chloe negò
“Non credo. Ci sono poche auto in giro. Sì, un paio di volte avevamo un'auto sul nostro stesso percorso, ma non ho badato. Però, oggi la porta d’ingresso mi sembrava strana, faceva fatica ad aprirsi come se fosse stata manomessa…”
Calò il silenzio, rotto solo da Max
“Non lasceremo nulla d’importante o delicato qui. Sì, continueremo a usarla come ‘base’, ma non lasceremo nulla che sia fondamentale per noi. Terremo tutto sul pc di Steph, mentre qui solo appunti sparsi. Se ci spiano, chiunque sia, non dobbiamo far sapere che potremmo aver capito, ma nemmeno lasciare in giro qualcosa che potrebbe metterci nei guai. D’accordo?”
Annuirono.
“Mi piaci quando sei così decisa. Ecco cosa diceva prima Chloe quando in intimità sei una decisa, quando vuoi.”
Max arrossì e lanciò un grido esasperato.
 
 
Kristine parcheggiò la Dodge e attese.
Aveva voglia di una sigaretta ma doveva smettere.
Tolse gli occhiali da sole e li gettò sul sedile del passeggero, smontò dall’auto e si adagiò alla portiera in attesa che le due ragazze uscissero dalla casa. Voleva entrare, ma sentiva che Chloe non l’avrebbe presa bene. Doveva guadagnarsi la sua fiducia, perciò limitò le sue azioni. Sapeva che, fosse stata casa di Max, sarebbe entrata senza annunciarsi.
Poco importa.
Certo, cominciava a fare caldo, ma dopo mesi in Brasile, l’estate dell’Oregon era notevolmente sopportabile.
Aveva avvisato le sue due eroine che era in dirittura d’arrivo, ma parevano tardare. Con la coda dell’occhio, vide un movimento sulla finestra sopra il garage. Che diamine facevano lì? E quella sembrava….una piantina?
Stavano ristrutturando?
Sorrise.
Sperava ardentemente che riuscissero ad avere una vita normale, nonostante tutto quello che avevano passato e alla richiesta che aveva fatto loro. Cazzo, se avessero saputo cosa sospettava e cosa cercava….
Non gli avrebbe detto nulla, per il loro bene. Meno pressione avevano, meglio era per loro.
Finalmente, vide aprirsi la porta d’ingresso e sbucare Max, seguita da Chloe e….
Una terza?
Era poco più alta di Max, snella e atletica, affascinante a modo suo nel viso. Quasi sensuale nonostante fosse palesemente impacciata e molto più simile a Chloe nei movimenti. Un’interessante novità, ammise.
Salutò le due ragazze e subito Chloe la introdusse.
“Stephanie. Ma puoi chiamarmi Steph.”disse la terza.
Gli strinse la mano ma quella, oltre a ricambiare, le lanciò un’occhiata penetrante e studiò attentamente la sua fisionomia.
“Però….niente male questa Prescott….”disse, lanciandolo un sorriso malizioso.
“Grazie. Anche tu non sei male ma purtroppo non penso di essere il tuo tipo. Non credo di essere….”
“Mai una gioia qui ad Arcadia, eh?” scherzò Steph “Ma penso tu sia più interessata a sapere cosa ci faccio qui e perché, vero? Prego Chloe!”
La ragazza dai capelli blu fece un passo in vanti, si grattò la nuca e poi iniziò a spiegare
“Crediamo di avere bisogno di un aiuto esterno, qualcuno che sia più obiettivo di noi e che abbia anche un pc portatile che noi, scioccamente, non abbiamo portato con noi. Non pensavamo che…..beh che potesse servire.”
“Quello avrei potuto fornirvelo io.” disse Kristine “Sapete benissimo che avete carta bianca: voi chiedete, io vi procuro.”
“Giiiiià maaaaa ecco….. forse non è solo una questione di pc…”
“Ci seccava farti spendere soldi, Kristine.” disse Max “Ci stai già aiutando tantissimo, non vogliamo aggiungere altro.”
“Come se un portatile fosse per me fonte di perdita. Quello di stronzo di papà Prescott ha abbastanza grana per un paio di portatili.”
“Beh, ok ma abbiamo deciso di sopperire questa mancanza, salvando anche questa spesa unendo l’importanza di Steph per noi con il fatto che ne possedesse uno.” disse Chloe “Perché lei era alla Blackwell quando… beh quando io non c’ero già più. Con Max in trasferta a Seattle, lei è la sola che fosse presente per qualche tempo, prima di andarsene via anche lei da Arcadia, quando tuo fratello era a scuola e Jefferson cominciò a lavorare lì.”
“Ma soprattutto, ero lì quando ruppe con Samantha. E non fu bello.” sottolineò Steph con una occhiata furba.
Kristine ora era interessata. Ottimo risvolto!
“Sicuramente una buona cosa….
“Non solo: forse posso mettermi in contatto Sam. Ma non garantisco. Sto facendo un tentativo e, se dovesse andare in porto, potrò avere un contatto diretto con l’unico flirt che tuo fratello ha avuto alla Blackwell e l’unica ragazza con cui abbia legato prima di Rachel e questa Victoria che non ho conosciuto.”
Kristine sorrise. Forse questa Steph era davvero un valore aggiunto.
“Se dovesse accettare di vedervi, cosa avete intenzione di…”
“Farla parlare. Non importa con che mezzi. E’ una ragazza fragile, basta toccare le corde giuste.” spiegò Steph “A queste due serviva anche una personalità che sappia dialogare con gli altri. Che sia socievole. Come avrai notato, tra rabbia, diffidenza, ansia e remissività, quest’adorabile coppietta non è molto portata per le relazioni con troppe persone.  Aggiungiamo che Sam ha legato più con me che con Chloe, sia perché ero notevolmente meno incazzata di lei, sia perché io non mi sono fatta cacciare malamente. Poi Sam mi vuole bene: negli spogliatoi era l’unica che non mi guardava male. Chissà perché, quando sei adolescente e dichiari apertamente di essere lesbica, le tue compagne non vogliono cambiarsi davanti a te, come se io potessi masturbarmi guardandole. Bah.”
Kristine ridacchiò.
Steph studiava le persone, esattamente come lei. Certo, con metodi più ortodossi e diretti, ma lo faceva. Si, decisamente promossa a pieni voti.
“Credo che tu sia perfetta. Assolutamente perfetta. Le ragazze hanno fatto bene a contattarti: il tuo aiuto sarà determinante.”
Steph fece un finto inchino
“Lieto di sentirlo dire, Lady Prescott. Il mio compenso potrebbe essere una modica cena a lume di candela con lei e magari un dopo cena più intimo e a base di alcool…”
Mi dispiace, ma devo declinare: gusti diversi. Però rimedio con altro: contatto il Seaside e ti faccio riservare una delle stanze al mio piano privato, quella accanto a quella delle nostre due comuni amiche.”
Steph spalancò la bocca colpita.
Max intervenne
“Ma può dormire con noi! Non importa! Non vogliamo crearti ulteriori fastidi…”
“Max dimentichi una cosa: quell’hotel è MIO. Non mi costa nulla. Inoltre, quelle stanze sono vuote da mesi. Preferisco che siano sfruttate.”
Steph s’intromise
“Ammetto che anche la soluzione di Max non mi dispiace però.. Dormire con loro…. Max, tu e Chloe indossate pigiami o andate a letto nude? Perché in quel caso…”
“Dà quella camera a Steph, per favore!”la interruppe Chloe, un po’ seccata e lievemente paonazza.
Steph esplose in una risata sonora poi si rivolse a Kristine.
“Beh, grazie. Sono davvero colpita dalla tua generosità.. sai i Prescott…”
“Non erano ben visti né conosciuti per la loro benevolenza e se donavano, era sempre per corrompere o ottenere favori. Sì, lo so.” concluse per lei Kristine “Ma io non sono la mia famiglia. Il mio cognome è già abbastanza pesante così. Una domanda però.”
“Si sono single. Cercami pure su Facebook: Stephanie Gingrich. Per quella cena sono libera anche stasera.”
“Che cosa pensi di scoprire da Samantha?”chiese Kristine, ignorando ancora le avances di Steph, che rifletté un secondo prima di rispondere
“Capire cosa potesse sapere di inusuale su di lui. Scoprire anche come hanno rotto. So che non è stata molto bella come fine relazione, anzi…. Abbastanza turbolenta, direi. Magari Sam sa, inconsciamente, qualcosa che potesse aiutarci ha scoprire qualcosa che ancora non si sa su tuo fratello. Magari le ha parlato di alcuni posti che potrebbe aver detto anche a Jefferson, noti solo a loro e dove potrebbe averlo sepolto.”
Kristine approvò con un cenno della testa.
“Beh, direi che hai le idee chiare: benvenuta a bordo Steph!”
Steph esibì un sorriso sincero questa volta e fece un finto inchino
“Lieta di sentirlo dire, Lady Prescott.”
Kristine lanciò un’occhiata al pick-up di Chloe, parcheggiato in bella vista nel vialetto di fronte al garage e poi, con tono abbastanza fermo, disse
“Vi devo chiedere di usare sempre meno il vostro mezzo, ragazze: è troppo riconoscibile.”
Chloe lanciò un’occhiata alla sua auto e fece le spallucce
“Sì ma non ci sta infastidendo nessuno. E’ comodo, poi.”
“No, dovete lasciarlo nel garage dell’Hotel, se non per casi eccezionali. Ora che avete anche Steph con voi, se lei possiede un’auto, vi consiglio di usare la sua. Stanno per arrivare un sacco di giornalisti in zona. Il processo a Jefferson non è molto distante…”
Chloe alzò le mani in segno di resa
“Ok, ok. Se la mia auto è troppo sexy per le videocamere, farò in modo di nasconderla. Promesso.”
“Bene. Non vorrei che vi stiano con il fiato sul collo a breve. Cerchiamo tutte di essere discrete, ok?”
“Perché? Anche tu rischi di avere giornalisti addosso?” chiese Max
“Che domanda, Max! E’ la sorella del principale sospettato!” esclamò Steph con fare da maestrina “Penso che vogliano il suo culo tanto quanto vogliano il vostro.”
Kristine abbozzò un sorriso.
Salutò le ragazze e salì in auto, ripartendo a tutta velocità. Nella sua testa, sperò che le ragazze se la fossero bevuta: non dovevano usare il pick-up per un pezzo. Se i suoi sospetti erano giusti, presto le avrebbe tolto un impiccio notevole senza che lo sapessero. Sperava solo di essere sulla strada giusta.
 
 
“Ragazze, dato che sarò vostra vicina di stanza, non fate rumori molesti o potrei essere gelosa.”
Steph era radiosa mentre salivano sull’auto di Chloe. Avevano deciso di andare tutte insieme fino a Portland, usando per stavolta ancora il mezzo della ragazza dai capelli blu. Steph non si era portata nessun cambio, perciò doveva passare al dormitorio della sua università e prendere una borsa con qualche ricambio. Max e Chloe avrebbero ingannato il tempo facendosi una gitarella in città. La strada per Portland non era delle più corte: bisognava dirigersi verso la OR-6 E in direzione SW Market Street, impiegando quasi un’ora e mezza. Sarebbero arrivate poco dopo l’ora di pranzo in città e Steph insistette per portarle a mangiare al Vista Spring Café, suo luogo preferito e molto vicino all’università.
Una volta convintesi, Max e Chloe accettarono e, finalmente arrivate, pranzarono con Steph nel suo adorato locale.
Appena varcarono la soglia, un cameriere salutò allegramente Steph, provando la sua fama di cliente abituale del posto.
In effetti, non poterono negare che mangiarono davvero bene, ma erano troppo lontane per ripromettere che sarebbero tornate lì. Finito di pranzare, si separarono: Steph andò in direzione della Portland State University, mentre le due si diressero al centro commerciale per impegnarsi nella costruzione effettiva della loro idea di ‘camera – centrale operativa’ e continuare ad abbellire la stanza, oltre che cercare un pensierino per i genitori di Max e per Joyce e David.
Fecero una deviazione verso il Multnomah Arts Center che attirò entrambe poi, una volta completato il loro giro, attesero la chiamata di Steph, che le avvertiva di essere pronta e le aspettava all’ingresso dell’Università.
La strada del ritorno fu caratterizzata dalle mille domande di Steph in merito ai loro acquisti e alla sua spiegazione del contenuto della sua borsa, riposta nel vano del retro.
“Steph, perché dovremmo sapere nel dettaglio che mutande ti sei portata?” chiese, infine Chloe
“Non si sa mai che vogliate togliermele! Almeno mi rendo presentabile. Piuttosto: ho preso il costume da bagno come mi hai suggerito. Strano che ne avessi uno dietro in università.”

Arrivarono finalmente al Seaside, sulle note di Neighborhood #1 (Tunnels) degli Arcade Fire

 

The middle of the town
And since there's no one else around
We let our hair grow long and forget all we used to know
Then our skin gets thicker from living out in the snow

You change all the lead
Sleeping in my head
As the day grows dim
I hear you sing a golden hymn

 
Parcheggiarono il pick – up all’esterno, nonostante le indicazioni di Kristine. Steph disse che avrebbe recuperato la sua auto l’indomani mattina con calma, tanto era parcheggiata al Fisherman, perciò a pochi metri di distanza.
Mentre s’incamminavano all’ingresso, videro due persone di fronte all’hotel ad attenderle. Il sole stava calando e riconobbero facilmente David, mentre la donna con lui non seppero dire chi fosse.
Aveva pelle olivastra, capelli neri, spesse sopraccigli neri e occhi molto scuri, bocca piena e fisico slanciato chiuso in un completo leggero ma formale.
Incuriosite da quel comitato, avanzarono dubbiose ma David non si scompose, se non per un cenno e un sorriso tirato.
La donna si avvicinò a passo spedito e, sfoggiando un sorriso d’ordinanza, allungò la mano in direzione del trio.
“Signorina Price? Signorina Caulfield? Sono l’agente Jana Castillo, FBI. Vorrei fare due chiacchiere con voi, se possibile.”
Nessuna delle due strinse la mano, ma Steph si.
“Non ho sentito il mio nome ma, Gingrich. Stephanie Gingrich. Ma lei può chiamarmi Steph, agente.” disse con tono malizioso.
L’agente Castillo la guardò perplessa ma rispose con tono piatto
“No, temo di non avere necessità di parlare con lei, signorina….”
“Steph.”
“…Gingrich.”concluse l’agente “Devo solo conferire con le sue due amiche. Spero non le dia fastidio.”
Steph scosse la testa ma continuava a sorridere
“Nossignora. Ne approfitto per andare a registrarmi. A dopooooo.”
Lanciò un bacio in direzione delle due e, borsa in spalla con tracolla annessa, si diresse verso l’ingresso dell’hotel.
Appena si fu dileguata, l’agente Castillo si rivolse verso Max e Chloe, con un viso rilassato e un sorriso spontaneo
“Vi chiedo scusa se sono piombata qui senza preavviso, ma era necessario potervi vedere. Ho dovuto insistere molto con il signor Madsen che so essere il suo patrigno, signorina Price. Ha cercato di farmi capire che non era il caso che venissi qua, dopotutto siete qui solo per salutare sua madre, ma non so se mi capiterà ancora un’occasione del genere. Vi dispiacerebbe dedicarmi qualche minuto?”
Max e Chloe si lanciarono un’occhiata perplessa, poi annuirono. Sorridendo, l’agente Castillo riprese
“Ragazze, ho saputo che Jefferson ha voluto conferire con voi privatamente. Vi ha detto qualcosa di particolare? Qualcosa che ritenete utile ai fini dell’indagine?”
“No, nulla. Voleva solo infastidirci.” disse Max “Non credo che volesse tradirsi.”
“Già. Voleva solo arraparsi vedendo Max.” confermò Chloe.
Castillo rimase imperscrutabile
“Ditemi: avete idea che possa nascondere qualcosa in particolare o siete a conoscenza di qualcosa che potrebbe incastrarlo? Sarebbe utile una risposta sincera.”
Max ebbe un sussulto.
Lei sapeva….
“No, nulla.” mentì prontamente Chloe “Ci ha solo molestate. Abbiamo anche parlato con Frank, quello che accusate di spaccio, l’ex di Rachel. Giusto per informarvi che non nascondiamo nulla. Siamo solo qui a fare visita a mia madre e tuffarci in brutti ricordi.”
Castillo le puntò addosso uno sguardo indagatore, mantenendo una maschera gentile.
“Vi credo, ma se mai sapeste qualcosa, vi prego di dirmelo.”
“Dove sta il suo Mulder?” chiese Chloe
“Come, scusa?”
“Mulder…sa come Dana Scully e Fox Mulder….X-Files… l’FBI…. Bah, al diavolo: non ha un partner con lei?”
“No, signorina Price. Quantico non ha ritenuto necessario e personalmente, preferisco così. Anzi, ufficialmente l’ho richiesto io, per loro, di essere assegnata da sola. Sono io che mio occupo di seguire gli sviluppi sulla vicenda Prescott. Una mia coppia di colleghi si sta occupando, in maniera ufficiosa, dell’eventuale fuga in altri Stati. Io, anche se assegnata totalmente a Prescott, sto scavando la pista che lo vuole morto e nascosto qui. Per questo vorrei davvero che vi fidaste di me: sono con voi.”
Max si fece avanti, ancora un po’ titubante, ma conscia che Castillo era più interessata a lei che a Chloe.
“Siamo contente di sentirlo. Noi non vogliamo che Jefferson resti impunito, anche se Nathan ha ucciso Rachel. Sono sicura che avrebbe continuato a uccidere e non più a scattare, se David non lo avesse fermato quella sera. Ormai è fuori controllo.”
“Una evoluzione nel suo schema comportamentale? Ottimo suggerimento, signorina Caulfield. Ma di fatto, non ha mai materialmente ucciso nessuno. A meno che, non saltasse fuori il corpo di Nathan Prescott.”
“Cosa che ci auguriamo tutte.” rilevò Max “Anche se da sola, non deve essere facile.”
“Già. Da sola.”mormorò la Castillo, guardandola con occhi complici.
Steph era di ritorno e si unì alla conversazione
“Che mi sono persa?” chiese
L’agente Castillo prese il portafogli, estrasse un biglietto da visita e lo porse a Max
“Qui c’è il mio numero personale. Per qualsiasi cosa e intendo qualsiasi, contattami. Avrei anche bisogno di parlare con te privatamente, prima del processo. Penso che potrebbe servire, dato che eri una potenziale vittima. Scusa se te lo dico così schiettamente, ma era giusto fartelo sapere.”
“Lo avevo intuito.” mentì Max
“Bene. Un’ultima cosa: non andate più da quel pazzo. Non importa quante volte ve lo possa chiedere, ma non accettate più richieste di incontri privati, soprattutto senza avvocati presenti. Che marcisca. Non voglio che vi entri in testa e faccia altri danni. Chiaro?”
Annuirono tutte, Steph compresa.
“Avete domande?”chiese infine l’agente Castillo
“Si, io ne ho una.”chiese Steph “Le agenti dell’FBI sono tutte…. Beh come lei ? No perché potrei fare domanda…”
Questa volta, Jana Castillo ridacchiò e i congedò da loro.
David intervenne immediatamente
“Ragazze, vi giuro che non avrei voluto portarla qui. So che siete già troppo sotto pressione ma…”
“Ti crediamo, David. Tranquillo. Anzi, forse ti dobbiamo ringraziare per averla portata.” disse Chloe “Così ora possiamo mandare lei da Jefferson, la prossima volta. Uh, quello si che sarebbe divertente!”
David sembrò rilassarsi. Salutò le ragazze e andò con l’agente Castillo, per riportarla in centrale.
“Che situazione assurda.” borbottò Max
“Che giornate sempre piene qui in Oregon.” aggiunse Chloe
“Che chiappe sode.” affermò Steph, che ancora guardava in direzione dell’agente Castillo.
 
 
Portarono in stanza i loro acquisti, decidendo di trasferirli l’indomani in casa Price, eccetto che per i souvenir, ovviamente.
Steph aveva la camera alla destra di quella di Max e Chloe. La sentirono gridare un sentito ‘WOW, CAZZO’ attraverso la parete, una volta entrata.
Dopodiché, scesero per cena e lasciarono andare tutte le dinamiche della giornata, dilungandosi in chiacchierate spensierate a base di film e delle avventure di Chloe come giocatrice di Dungeons and Dragons. Max era allibita: Chloe non aveva mai confessato di averci giocato e si divertì un mondo a sentire le storie di Steph, che narrava come fosse una vera elfa spregiudicata, non dissimile dalla sua reale controparte.
“Non mi avevi mai detto di questo tuo lato nerd!”esclamò tra le lacrime Max.
Chloe, che aveva le guance piene di patate, lanciò un’occhiataccia a Steph, che fece il simbolo della vittoria in direzione sua.
Presero un paio di cocktail al bar, fatto che aumentò l’ilarità di Max che iniziava a sentirsi brilla.  Accompagnata a letto, Chloe prese il suo turno per divertirsi, ridendo di come Max era diventata viola per aver bevuto.
“Dio mio non vedo l’ora di vederti davvero sbronza. Chissà di che colore diventeresti!” esclamò tra le risate.
Max, per tutta risposta, la freddò con uno sguardo e le promise che si sarebbe scordata per un mese di vederla con in mano un alcolico.
S’infilarono a letto, dove Chloe tirò fuori il suo lato più mansueto, accarezzando la sua ragazza mentre si addormentava come un sasso, russando lievemente.
Non riuscendo a prendere sonno e non volendola disturbare, Chloe scivolò fuori dal letto, prese la chiave elettronica e uscì dalla stanza, lasciando comunque socchiusa la porta nel caso Max si fosse svegliata e l’avesse cercata.
Voleva andare in piscina a guardare il cielo ma vide che non era sola. Steph era al computer, seduta su una sdraio a bordo vasca.
Il corridoio era illuminato a giorno ma l’area piscina, nonostante le luci dentro l’acqua e sul pavimento esterno, era in penombra.
La porta era spalancata e Steph sembrò non accorgersi del suo arrivo
“Hey, Master. Che fai sveglia?”chiese
“Dovrei farti io questa domanda.” rispose lei, senza staccare gli occhi dal pc  “Dovresti dormire accoccolata alla tua dolce metà, no?”
“Oh, lei è cotta, ma io sono ancora abbastanza sveglia. Posso sedermi?”disse, indicando la sdraio alla sinistra di quella occupata da Steph
“Il piano è nostro, no? Tutta tua, Callamastia.”
Chloe si sedette sulla sdraio, con le gambe piegate verso il petto, e si mise a fissare l’acqua piatta e illuminata.
“Sono felice che tu sia qui.” disse infine  “Mi ha fatto piacere che tu abbia voluto aiutarci.”
“Ho un fascino magnetico, lo so. Ma non dirlo a Max: non vorrei che fosse troppo gelosa.”scherzò Steph, ma sempre intenta a lavorare al pc.
Chloe abbozzò un sorrisetto
“Mi fa piacere che tu non sia cambiata.”
“A me fa piacere che tu lo sia, invece.”
Chiuse il pc e la fissò
“Sai, forse non te ne sei resa conto, ma ora sei completamente diversa da come ti ho conosciuta io. Certo, sei la solita cazzona, ma sembri finalmente serena, meno arrabbiata con il mondo. Non so se sia tutto merito di Rachel o solo di Max. C’è da dire che, nonostante la presenza di Rachel fosse importante, non ti ha mai tranquillizzata così tanto. Ti impediva solo di fare cazzate.”
“Mi ha salvata molte volte, a modo suo.” spiegò Chloe “Tipo sul farmi eccessivamente male  e farne solo agli altri o smetterla di rincorrere persone a cui non volevo bene. Tipi i maschi, in generale.”
“Uomini! Mai potuti tollerare, per fortuna.”commentò sarcastica Steph “Però Max….. lei ti ha cambiata. Anzi, ha fatto tornare la vera Chloe fuori dal guscio di rabbia in cui si era cristallizzata.  Per te, quella ragazza, è speciale più di Rachel, vero?”
Chloe sorrise e si mise a giocare con le dita tra le sue caviglie
“Rachel è stata importante, a modo suo. Non penso si possa fare un paragone. Come non posso paragonare nessuno a mio padre, l’uomo se non l’essere umano cui devo più di tutti. Max è certamente qualcuno che, nella mia assurda esistenza, occupa un posto unico e gigantesco. Le devo la vita, come la devo a Rachel, ma in una maniera molto più complicata di quanto sembri. Non ti parlo della Max come mia ragazza, ma di come sia sempre stata una persona che per me contasse quanto l’aria. Quando lei se ne andò a Seattle, beh….cazzo ha fatto male. Mi fa ancora male, se ci penso. So che è sciocco, lei è lì a due metri che dorme nel nostro letto e mi ama, mi ama, cazzo! Ma se penso a quegli anni senza di lei….Cristo vorrei trovare un metodo per rimuoverli dalla testa.”
“Nemmeno Rachel ci riuscì. Ha mitigato, ma non del tutto, vero? Questo intendevo: sei diversa, sei trasformata. Più matura e forte, se posso dirlo. Un cambiamento notevole che, per quanto fosse straordinaria, Rachel non ti aveva inculcato. Tu e Max siete legate in maniera più profonda.”
“Siamo amiche d’infanzia. Lei abitava a pochi metri da casa mia e ci siamo conosciute un pomeriggio d’estate, all’angolo di Cedar Avenue. Io avevo sette o otto anni e lei era…beh era lì, impacciata e timida con una strana bambola in mano. Una bambola con un cappello da pirata. Non capivo perché dovesse portare un capello da pirata, perciò mi avvicinai a lei per chiedere. Mi rispose ‘Perché i pirati sono tosti!’ mi rispose con la sua vocetta. Cazzo, quella bambina doveva essere mia amica! Non so quando ho iniziato ad amarla, forse non c’è un momento. Forse è così che doveva andare per forza.”
Steph posò una mano sull’avambraccio di Chloe, sorridendole
“Si vede. E’ diverso quello che si percepisce tra voi, molto distante da molte storie che ho visto e, credimi, v’invidio. Cazzo, se v’invidio!”
“Scusa Steph… io non volevo..”
“Smettila! Mica sono offesa! Io sono davvero felice per voi due. Soprattutto per te: con tutta la merda che hai passato, meriti un po’ di serenità adesso. Anzi, chiudiamo questa storia di Jefferson e poi promettimi che vi godrete ogni istante.”
Chloe strinse la mano a Steph
“Ci proveremo ma non lo prometto: ci piace complicarci le giornate, sai?”
Steph rise e diete una pacca sulla spalla destra di Chloe che, per tutta risposta, si ricompose e si mise a sedere guardando l’altra ragazza
“Come è possibile che tu…. Beh che tu non abbia mai trovato una?”
Steph fece le spallucce
“Non so. Non sono abbastanza apprezzata, credo. Troppo sfacciata, troppo nerd, troppo pignola…. Non so, ma andavo bene solo per qualche fugace scopata per qualche sfigata di turno o qualche indecisa in crisi con il moroso. Sai la cosa più triste? Che mi stava bene così. Mi vado bene così, anche se non sono felice. Cazzo, vorrei avere anch’io qualcuno che mi voglia bene. Non dico una Max, ma almeno una che mi ami. Ma la buona e vecchia Steph non è mai adatta per qualcuna. Cazzo, sembra che sia solo il passatempo occasionale delle represse. Evidentemente, essere nerd non è un buon partito di questi tempi.”
Chloe mise una mano sulla spalla di Steph. Si sentiva realmente frustrata e dispiaciuta per lei. Leggeva, nei suoi occhi, una nota amara di tristezza. Sotto tutte quelle battute e la sfacciataggine, Steph si sentiva molto sola e voleva davvero una ragazza che la amasse.
“Ti giuro che se potessi fare qualcosa…”
“Sii mia amica, Chloe.” disse con dolcezza
“Ma lo sono.”
“Non proprio. Non averne a male, ma non mi sei mai stata molto amica. Sì, ti ero simpatica, una delle poche della Blackwell. Avevo il tuo rispetto e la tua considerazione, ma io davvero volevo esserti amica, ma tu non hai mai voluto darmi realmente occasione. Ti chiudevi con Rachel e non permettevi a nessun altro di entrare. Nessuno. Avrei tanto voluto che tu mi considerassi di più che una delle poche decenti di Arcadia.”
“Cazzo, Steph… mi dispiace, io non me ne sono resa conto….sono stata una stupida…”
“No, non fraintendere. Eri ferita, arrabbiata e avevi tutta la mia comprensione. Ma speravo che ti accorgessi di me. Però, sono felice che tu abbia voluto me come supporto qui: almeno ti sei ricordata che esisto, visto che non mi hai più scritto.”
Chloe arrossì per l’imbarazzo ma Steph la rincuorò
“Non pensarci, non te ne sto facendo una colpa. Sono solo contenta che, comunque, hai pensato a me.”
“Steph, ti giuro che finita sta storia del cazzo, cercherò di essere una amica decente. Sia io che Max… beh come avrai notato non siamo proprio degli animali sociali…. Ci servirebbe davvero un’amica come te…. Sai una vera rompicoglioni cazzuta….. non sarebbe male..”
“Sì, peccato che tornerete a Seattle..”
“Vieni con noi!” esclamò Chloe “Fanculo all’ università: ti trattano di merda! Vieni a Seattle, fatti trasferire lì. Finisci gli studi e poi partiamo all’avventura tutte e tre assieme. Ti ci portiamo noi in California a tentare la fortuna!”
Steph sorrise e si mise a fissare il cielo stellato attraverso il soffitto in vetro
“Sì, la fortuna….. siamo oneste, Chloe: è già tanto se riuscirò a essere assistente di regia in un teatro di sesto ordine.”
“Beh, per cominciare. Ma poi, la scalata sarà inarrestabile!”
“E dovrei partire da Seattle?”
“Si. Dovresti partire da Seattle ed essere l’assistente di regia sociale di una testa di cazzo tinta di blu. Scusami, scusami davvero. Vorrei essere io ora a sperare di averti come amica, ora. Non mi sono mai accorta di essere così….beh egoista…. Sto facendo un bel percorso di disintossicazione dalla mia merda, però. Non sarebbe male avere gente come te intorno. Anche a Max farebbe bene, sai? Le daresti una svegliata.”
“Uh, guai a letto?”
“No, quello no. Ma vorrei che si lasciasse andare di più. Ha sempre questa ansia addosso….sempre a pensare troppo…. Lei è troppo…”
“Dolce.” concluse Steph “Qualsiasi cosa tu dica, si riassume in questo. Lo si vede subito che lo è: troppo dolce. Ma se, come sostieni, ha le palle quando serve, allora è già ok così com’é.”
Chloe sorrise a Steph, con molto calore
“Siamo troppo sentimentali, stanotte. Dovremmo ricominciare a cazzeggiare un po’.”
“Vero… anzi a tal proposito…”
Prese il portatile e lo aprì, porgendolo a Chloe che notò una chat aperta
“Sam ci incontrerà. Ha accettato. Beh, ha accettato di vedere me, non te e Max, ma poco importa. Non ho specificato se sarei andata a salutarla da sola. Ops, ho scritto salutarla…. Già le ho omesso i dettagli. Pazienza, sarà divertente.”
Chloe non lesse la chat. Spalancò gli occhi e prese per le spalle Steph
“Sei la stramaledetta numero uno, cazzo! Quando?”
“Domattina. Alle dieci in punto a un café che mi ha indicato.”
“Sei meravigliosa Steph! Sapevo che ci avresti aiutato!”
Steph sorrise
“Frena l’entusiasmo, carina. Non ho detto dove sta Sam.”
“E dove? Ci andiamo, abbiamo le auto!”
“A Eugene.” Rispose Steph, stavolta con meno entusiasmo “a tre ore da qui.”
Chloe si alzò in piedi
“Solo? Chissenefrega! Ci sveglieremo all’alba, se dovesse essere necessario! Andiamo da Sam e facciamole dire qualcosa che ci torni utile. Sento che stiamo per collegare i giusti pezzi.”
Steph si alzò anche lei e si stiracchiò
“Beh meglio andare a letto allora. Sarà una lunga giornata domani.”
Istintivamente, Chloe la abbracciò
“Grazie. Anche da parte di Max.”
Steph, colpita, ricambiò l’abbraccio
“Ora tocca a te, Callamastia.”
 
 
In tutto ciò, Max si era svegliata.
Rimase accanto alla porta socchiusa a vedere le due compagne di scuola riappacificarsi e ritrovarsi.
Si emozionò ascoltandole e per poco non pianse. Avrebbe voluto correre da loro, baciare Chloe, stringere Steph e gettarsi in piscina. Voleva dire a Chloe di invitare Steph in vacanza con loro. Ma non fece nulla. Si limitò ad ascoltare, amando ogni parola. Certe emozioni erano davvero uniche e le dispiacque non avere con sé la sua macchina fotografica per immortalarle.
Poteva amare Chloe più di così? Non seppe dirlo, ma ora sapeva una cosa nuova:
Voleva dannatamente bene a Steph Gingrich.

 
 
 [1] Citazione e omaggio a ‘Tell Me Why’,altro gioco della Dontnod
 


 
13.
 
 
“Svegliati subito pigrona!”
Chloe si mise a scuotere e chiamare Max che, controvoglia, aprì gli occhi.
Era ancora pesantemente confusa e assonnata, tant’è che replicò con un gigantesco sbadiglio
“Che ore sono?” mugugnò
Chloe tirò le lenzuola, scoprendola del tutto.
“Le sei e mezza. E dobbiamo andare! Sam ci aspetta! Dai, alzati!”
Si strofinò gli occhi e scese controvoglia dal letto. Non le aveva detto di aver origliato la conversazione tra lei e Steph, perciò non disse nulla sull’incontro che le attendeva. Non aveva calcolato che avrebbero dovuto svegliarsi così presto e si chiedeva come fosse possibile che la sua ragazza sprizzasse energia quando, molto probabilmente, aveva dormito meno di lei. Sbadigliò di nuovo poi, a piedi nudi, andò in bagno, trascinandosi con fatica.
Mentre si dava una lavata alla faccia, nella speranza che l’acqua gelida aiutasse, Chloe entrò nel baglio e le calò i pantaloncini del pigiama
“Sbrigati! Ti aiuto a cambiarti: eccoti degli shorts!”
“Chloe, apprezzo il tuo entusiasmo ma dammi cinque minuti di tregua, per favore.”
Dopo un quarto d’ora, erano nell’atrio. Max continuava a sbadigliare, mentre Chloe osservava impaziente l’ingresso vuoto.
“Dove si è cacciata?”chiedeva.
La sua risposta giunse poco dopo: Steph uscì raggiante dall’ascensore, dondolandosi sulle punte dei piedi e fischiettando. Max invidiò anche la sua capacità di recupero. Notò che indossava dei pantaloncini corti blu, una maglietta con disegnato Doraemon, la sua tracolla e un paio di occhiali da sole con lenti molto piccole.
“Buongiorno ladies…. Vi vedo in forma!”salutò allegramente
Max si chiese come fosse possibile che sia Steph che Chloe fossero in forma, mentre lei era uno zombie. Steph, inoltre, si era anche truccata. Chloe a malapena aveva messo la matita agli occhi, mentre lei aveva rinviato la sua minima sessione di trucco per il viaggio in auto, talmente era ancora priva di forze.
“Niente colazione?” chiese speranzosa
“Certo che no, Max!” esclamò Chloe “Dobbiamo andare: la faremo con Sam!”
“Ma…. Potremmo farne due no?”
“No! Inoltre il ristorante è ancora chiuso. Scusa Maximus: digiunerai per un paio d’ore. Andiamo, prendo l’auto.”
Steph accelerò il passo e si mise davanti tagliando la strada a Chloe
“No, no e no Price: ti è stato detto di usarla il meno possibile e così sarà. Andiamo al diner, dove ho lasciato la mia. Non rompere!” aggiunse, stroncando sul nascere la quasi certa reazione di Chloe.
Uscite dall’hotel s’incamminarono fino al parcheggio del Fisherman, attraversando la 101. La macchina di Steph, una Toyota Corolla del 2008, blu scuro, era ancora li immobile e in attesa.
“In carrozza, principesse!” esclamò, appena la aprì.
Chloe si sedette sul sedile anteriore, mentre Max occupò beatamente quello posteriore, sdraiandosi e sperando di poter dormire per il viaggio di andata. Speranza resa vana dalla musica a tutto volume che partì un paio di minuti dopo, appena imboccata la 101.
“Che cazzo di musica ascolti, Steph?” strillò Chloe
“Hey, macchina mia, musica mia, ok? E poi ci sta ‘sto pezzo!”
Il brano in questione era 212, di Azealia Banks.
Notevolmente carico di bassi e poco indicato a una pennichella.
“Dove siamo dirette?” strillò Max
“Eugene!”rispose Steph, prima di abbassare il finestrino e mettersi a cantare

 
The bitch who wants to compete and
I can freak a fit that pump with the peep and
You know what your bitch become when her weave in
I just wanna sip that punch with your peeps and
Sit in that lunch if you're treatin'

 
Chloe fissava Steph con una aria mista tra il sorpreso e il divertito.
Max, invece, si rassegnò e prese l’occorrente per truccarsi.  Sperò di mitigare la sua faccia sconvolta dal sonno con un briciolo di make-up rudimentale.
 
 
David stava sorseggiando il suo caffè fuori dalla stazione di polizia di Tillamook. Il dipartimento era un edificio piccolo, con le pareti bianche e il tetto rosso accesso. Ovviamente, prima di tutto il caos, era adibito a un corpo di polizia cittadino abbastanza modesto ma, visto ciò che era accaduto e con l’intensificarsi delle indagini, la contea aveva lasciato campo libero per occupare anche alcune stanze degli edifici limitrofi, tra cui alcune del Tillamook County Justice Court.
Quella mattina, lo attendeva un corso intensivo per le ultime fasi di reclutamento effettivo nel nuovo corpo di polizia di Arcadia Bay, in previsione della sua entrata operativa effettiva nella prima settimana di Settembre. Odiava quei corsi, ma stava per realizzare un piccolo sogno e avrebbe speso ogni energia mentale per sorbirsi tutte e sei le ore che lo aspettavano con un culo adagiato su una sedia di legno scomodissima.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, l’agente Castillo uscì dall’edificio e si avvicinò
“La disturbo, agente Madsen?”
“No, affatto. Solo una cosa, come le dissi già ieri: non sono ancora un agente ufficiale e mi chiami pure David. Passiamo alle formalità, se lo gradisce.”
L’agente Castillo sorrise e annuì
“Come vuoi, David. Volevo solo ringraziarti ancora per ieri….”
“Nessun problema.”
“….e chiederti una piccola spiegazione.”
“Dimmi tutto.”
Castillo si appoggiò alla parete, accanto a David.
“Riguardo alla signorina Chase… beh, veramente un peccato che sia morta: ci avrebbe aiutato a incastrare Jefferson definitivamente, non pensi?”
David rifletté. Aveva un senso di colpa immenso verso Victoria: avrebbe preferito che fosse viva e non testimoniasse, piuttosto che morta in quella maniera.
“Francamente, Jefferson è stato abile anche in quell’occasione: ha distrutto la SD della macchina fotografica quando ha capito che stavamo entrando, lasciando il raccoglitore di Victoria Chase praticamente vuoto. Inoltre, ha scaricato la droga rimasta nel lavandino e quella rimasta non prova nulla. Perfino la ragazza era quasi rinvenuta e non ricordava nulla. Disse solo che aveva seguito il suo professore volontariamente, cosa che non ci avrebbe aiutato molto. Lei era attratta dal suo professore, molte voci insistevano su questo fronte. Io stesso la vidi molte volte a scuola attenderlo davanti al suo ufficio. Jefferson ha solo dovuto invitarla e offrile da bere qualcosa corretto con una droga. Nemmeno un buco aveva. E’ stata molto ingenua ma chi non lo sarebbe stato? Tutti ci siamo fidati del nostro professore, no?”
Castillo annuì
“Già. Anch’io ebbi una cotta mostruosa per il mio professore di Inglese: cazzo era sexy da morire e sua moglie era così ordinaria che nella mia mente di stupida adolescente mi feci di quelle fantasie assurde su di lui che la lasciava perché invaghitosi di me. Se lo pensassi ora, immaginerei solo di che crimini imputare un uomo attratto da un’adolescente. Quindi, anche se fosse viva, non ci sarebbe stata d’aiuto?”
“Non saprei dire. Penso di sì, alla fine: dopotutto era stordita e confusa, non credo che volesse questo. Il tuo professore ti offre da bere e ore dopo ti risvegli confusa in una sala sotterranea con dei poliziotti che ti scortano via? Direi che chiunque in grado di fare due più due non potrebbe certo sostenere di non essere stata una vittima. Purtroppo, ho avuto la stupida idea di riportarla alla Blackwell. Dovevo convincerla a restare in commissariato! Cazzo, il tempo non era ancora così peggiorato, sembrava sereno. Lei insisteva nel dire che voleva tornare nel suo dormitorio, che aveva bisogno di stare sola e dormire. Sembrava scossa e bisognosa di riposo e l’ho portata indetro…. Stupido!”
“Non hai fatto nulla di sbagliato. Chiunque avrebbe fatto qualsiasi cosa per abbassare il livello di stress di una vittima. Se lei sentiva quell’esigenza, hai solo fatto il tuo dovere per farla sentire meglio.”
“Si, ma non mi do pace per questo. Se l’avessi persuasa a dormire almeno a casa mia, si sarebbe salvata! C’era Chloe e anche Max. Lei era compagna di classe di Max, sarebbe potuta rimanere in loro compagnia e loro due l’avrebbero salvata, di nuovo. Invece le ho solo detto che sarei ripassato l’indomani mattina alle nove a prenderla e portarla in centrale….Peccato che alle nove Arcadia Bay avesse smesso di esistere e lei era già morta! Cazzo, che imbecille che sono stato!”
“Perché era uscita?”
“Non sappiamo dirlo. Alcuni sostengono che cercasse Nathan Prescott, con cui aveva un rapporto molto confidenziale e magari volesse sfogarsi con lui, ignara del coinvolgimento del ragazzo nella faccenda. Altri sostengono che volesse andare in classe, nell’aula di fotografia, a prendere dei lavori extra che aveva fatto per Jefferson, che abbiamo ritrovato nella scrivania dell’aula e non nello studio del professore. Io personalmente non so rispondere. Ipotizzò entrambe le cose, dato che forse era ancora un po’ stordita dalla droga. Ma è morta e questo non cambia le cose.”
Castillo annuì
“Si. Purtroppo non serve a niente penare perché fosse fuori, dato che non è rilevante. Dispiace che una ragazza così giovane abbia perso la vita, come del resto molti altri studenti e non, in Arcadia, quel giorno. Solo che non riesco a non pensare quanto potesse essere decisiva per noi una sua eventuale testimonianza. Quel McKinsey ha ribaltato molto bene l’accusa. Se non avessi letto i fascicoli e non fossi una sbirra, potrei quasi credergli.”
“Lo so bene: non hai idea di quanti hanno iniziato a dirmi che mi ero sbagliato. Alcuni credono che abbia agito mosso dalla buona fede, che io e le ragazze abbiamo fatto tutto per dovere civico, ma ci siamo sbagliati e abbiamo preso solo un uomo dedito troppo al suo ruolo di mentore per ragazzi, beccato nel posto sbagliato.  Cazzo, ci credo che l’opinione pubblica e il processo pendano verso la soluzione migliore per lui. Non so come andrà a finire.”
“Lo impediremo. Troveremo qualcosa, me lo sento.”
“Mh? Una confessione scritta di Nathan? Oppure Victoria che risorge? Oppure tutte le vittime di Jefferson che finalmente si decidono a parlare?”
Castillo si accese una sigaretta e tirò una boccata. Sorrise a David e disse
“Forse. Ma la tua figliastra e le sue amiche nascondono qualcosa. Speriamo che abbiano più fortuna di me.”
 
 
Steph archeggiò la sua Toyota a pochi passi dal Dutch Bros Cafe,luogo dell’incontro con Samantha Myers.
A Max non sfuggì l’ironia della situazione: il café era nel quartiere di West Eugene che confinava con il quartiere…. Jefferson Westside.
 
Cazzo, una persecuzione!
 
 
Non era mai stata a Eugene e si stupì di quanto fosse enorme e, al tempo stesso, immersa nel verde. Steph disse loro che era la terza città dell’Oregon, come se non avessero studiato geografia, ma Chloe le ricordò che questo non cambiava sostanzialmente un dato fondamentale: non importava di quanto fosse grande, ma che ci fosse solo la persona per cui erano venute fino laggiù.
Il Dutch Bros Café non era propriamente un locale, ma un minuscolo chioschetto con due tavolini di ferro dipinti di blu. Benché vi fosse molta clientela, non era esattamente il tipo di locale cui pensavano di recarsi.
“Pensavo fosse al chiuso, dove potevamo accomodarci e parlare con calma, invece sembra un bar per coppiette preadolescenti.”commentò Chloe, per nulla entusiasta.
Steph si guardava attorno, ma non vide nessuna che potesse somigliare a Samantha. Decisero perciò di avvicinarsi al chiosco, in attesa della ragazza.
“Non fanno da mangiare!” protestò Max, che rimase con la bocca e gli occhi spalancati per l’indignazione.
Chloe le scombinò i capelli con una mano
“Dai, non piangere piccina. Mangerai di più a pranzo.”
“Non arriverò viva a pranzo.” si lamentò Max
Steph, invece, continuava a guardarsi intorno, finché..
“Gingrich?”
Samantha Myers era sbucata dall’angolo di destra. Indossava un vestito leggero, azzurro chiaro con un’ampia gonna e dei sandali e portava una piccola borsetta bianca.
“Heyyyy Sam! Eccoti qui!” strillò Steph, attirando l’attenzione delle altre due “E’ una vita che non ci vediamo!  Ti trovo in forma!”
Samantha abbozzò un sorriso timido e fece per avvicinarsi a Steph ma, vedendo avanzare le altre due ragazze, si bloccò un secondo e le squadrò, soffermandosi parecchio su Chloe.
“Un momento ma tu…. Price?”esclamò
Chloe alzò i pollici all’insù
“In carne e ossa, Sam! Come butta?”
Sam fece un passo indietro
“Bene ma…. Non mi aveva detto Steph che sarebbe venuta con te e….. e lei chi sarebbe?”
Chloe strinse a sé Max
“Max! La miglior fotografa dell’Oregon, nonché la mia ragazza. Max, lei è Samantha Myers, Sam, lei è Max Caulfield.”
Max si sciolse dall’abbraccio di Chloe per stringere la mano a Sam, che ricambiò debolmente e in fretta. Lesse distintamente ansia e terrore nei suoi occhi.
“Piacere….. beh, perché questa ‘sorpresa’, Steph?”
“Prima, ti andrebbe di trovare un posto in cui possiamo sederci e al chiuso? Abbiamo molto di cui parlare.”
Sam annuì, ma era sempre più visibilmente nervosa.
“Possiamo andare al Voodoo Doughnut.  E’ a soli cinque minuti a piedi da qui.”
“Ciambelle eh? Andiamo subito, allora!” esclamò Chloe “Facci strada Sam!”
Mentre passeggiavano fino al Voodoo, cercò di far parlare e rilassare Sam. La ragazza era palesemente tesa come una corda di violino e sospettosa. Ovviamente, aveva ragione. I suoi capelli castani molti scuri brillavano alla luce del mattino, ma la testa rimaneva sempre china, con lo sguardo a terra. Raccontò loro di essersi trasferita a Eugene con la famiglia sia per una occasione di lavoro molto promettente per sua madre  e anche in funzione dell’ Università, dato che era riuscita a farsi ammettere alla locale University of Oregon, per studiare matematica e che le permetteva di tornare a casa sua dopo le lezioni. Sognava di diventare una professoressa in quella materia, ma la strada si stava rivelando più ardua del previsto.
“Non vorrai tornare alla Blackwell per insegnare matematica ai fighetti di Arcadia?” scherzò Chloe
Sam non prese bene la battuta, parendo raggelarsi
“Non ho nessuna intenzione di tornare in quel posto, né per lavoro né per viverci. Sono stata solo felice di abbandonare Arcadia. Certo, mi è dispiaciuto sentire del tornado ma….. non mi ha coinvolto tantissimo. Spero non abbiate perso nessuno di caro.”
“No. O meglio, Max penso abbia perso metà dei suoi compagni di classe ma nulla di grave.”
“Chloe!” esclamò indignata Max.
“Si, battuta infelice. Scusa.”
Arrivate al Voodoo, presero un tavolino e ordinarono tre cappuccini e due tipi di ciambelle a testa, tranne Chloe che preferì tre ciambelle.
Una volta che arrivò tutto quello che ebbero ordinato Steph, a sorpresa, tirò fuori il pc dalla sua tracolla e lo aprì
“Sam, siamo qui per parlare di Nathan.” disse, senza risparmiare giri di parole.
La ragazza strabuzzò gli occhi e il pezzo di ciambella che aveva in bocca, le andò di traverso. Max, che era quella seduta più vicino, le diede un paio di colpetti sulla schiena con la mano.
“Stai scherzando, vero?”mugolò Sam
“No.” disse Steph, con piglio deciso e freddo “Siamo venute qua perché vogliamo sapere cosa è successo tra voi due. Lo sapeva tutta la scuola che vi eravate mollati malamente e la tua scenata nel corridoio è stata leggendaria, visto che nessuno si aspettava di vedere la Myers sbottare così. Perciò, per favore, dovrai parlare.”
“Che vi interessa? E’ una storia di anni fa!” piagnucolò Sam
“Ci interessa perché potrebbe essere essenziale a capire cosa ne potrebbe avere fatto di lui quel maniaco di Jefferson.” spiegò Chloe “Potrebbe esserci un dettaglio rilevante che tu ritieni di poco conto.”
Samantha ora era più cuba e rabbiosa
“So di quella storia. Mi dispiace per Rachel, ma non so cosa dirvi. Nathan l’avrà uccisa, anzi sicuramente è così, ma cosa volete che ne sappia io di cosa sia successo dopo? Cosa c’entra la mia scenata con tutto questo? Nemmeno la polizia è mai venuta a parlarmi!”
“Perché Nathan potrebbe aver iniziato a peggiorare dopo che lo hai scaricato.”spiegò Max “O forse, tu avevi intuito qualcosa e non ci ha dato peso ma, se ci pensassi ora, potresti notare delle incongruenze.”
Sam gelò con lo sguardo Max che, scommise con se stessa, che non sarebbe mai più potuta diventare amica di quella ragazza. Lentamente, però, lo sguardo si fece meno duro, mutando in uno più rassegnato.
“Mi fece delle foto, quando fui investita.” disse infine, a bassa voce, come se si vergognasse.
“Quando eri in ospedale? Nello stesso periodo in cui Rach…”
“No, Chloe. Me le fece durante l’incidente. Quel motociclista mi finì addosso e, prima che potessi realizzare, ero distesa sull’asfalto. Lui era sul ciglio a scattare foto. All’epoca pensai che, essendo stato tutto così rapido lui, semplicemente, non aveva ancora realizzato l’accaduto. Mi fece foto anche in ospedale, mentre ero ingessata e malconcia, dicendo che voleva solo creare un ricordo per me, per quando ne sarei uscita. Stronzate, a quanto pare. Lui aveva solo il gusto del macabro. Più c’era sofferenza, più lui ne era attratto.”
“Non posso negarlo. Come fotografo era inquietante, lo avevo notato anch’io. Non si può negare che avesse un certo stile, ma i suoi soggetti erano sempre macabri, cupi, sofferenti. Sicuramente, si poteva intuire da quello che non stava bene.” commentò Max, ricordando le fotografie fatte da Nathan.
A quell’affermazione, Sam sembrò considerare nuovamente Max in maniera positiva, abbozzando un sorriso per il sostegno.
“Esatto. Ma questo, malauguratamente, non lo compresi. Per tutto il tempo che lo frequentai, pensavo che i suoi attacchi di rabbia fossero causati da quella carogna di suo padre. Nathan, certamente, era pericoloso ma suo padre era veramente il peggio che si potesse avere intorno. Lo umiliava e maltrattava costantemente, come se odiasse saperlo vivo. Per quello, molte volte, lo perdonavo. Poi, un giorno, ho capito che non era solo quello. Sapevo che era malato, sapevo che era trascurato, ma stava diventando pericoloso anche per gli altri, oltre che per se stesso. Io sono stata la prima a farne le spese.”
“Per l’incidente?” chiese Chloe “Pensi fosse voluto?”
“Ci ho pensato moltissimo, ma credo di no. Ma, forse, potrebbe essere stato un acceleratore a fargli capire cosa lo stimolasse. Noi….”
Sam divenne rossa. Chinò la testa e prese un profondo respiro prima di continuare
“Noi….quando facevamo sesso….beh lui sembrava eccitarsi solo se poteva essere violento con me. Doveva dominarmi totalmente. Non come pensate voi ma….”
Il rossore sulle gote di Sam era sempre più acceso. Essendo una ragazza timida già di suo, raccontare dettagli della sua vita sessuale non la stava aiutando. Soprattutto davanti a una sconosciuta e due ex compagne di scuola che non vedeva da anni.
“Con calma. Non avere fretta. Oppure non dire tutto, se non te la senti.” provò a suggerirle Steph, con molta comprensione
“No, siete venute qua per capire e devo farvi capire….. beh la nostra prima volta è stata orribile.  Non orribile come la classica prima esperienza, ma per altri motivi. Sia io sia lui eravamo vergini e lui….beh lui non riusciva a mantenere l’erezione. Più si arrabbiava, più diventava nervoso, più faceva fatica. Ho provato a calmarlo e… beh anche in altri modi….ma nulla. Alla fine, preso dallo sconforto, si stava rivestendo. Ho provato ad abbracciarlo ma lui mi ha aggredita dicendo che era tutta colpa mia, che non ero capace di farlo sentire un vero uomo. Mi ha stretta e spinta sul letto e li…. Mi sono spaventata, aveva uno sguardo così feroce…. Si sentiva umiliato da quella situazione ma, poco dopo avermi aggredita così, si tolse di nuovo i boxer perché era…. Beh lo abbiamo fatto così. Lì mi teneva ferma, schiacciandomi le braccia…..ho solo sentito molto dolore e umiliazione. L’unico modo era che io non provassi che questo: umiliazione e dolore. Doveva controllarmi. Doveva essere sempre lui.”
Sam si coprì la faccia con le mani. Max cercò di consolarla, ma Steph fu più rapida, scivolandole accanto e abbracciandola con calore.
Chloe lanciò un’occhiata d’intesa a Max. Sapeva cosa voleva dirle: non era una prima volta…..
Sam provò a riprendersi e continuò il suo racconto
“Con lui andava solo così: dovevo essere sempre sottomessa, anche umiliata. Per anni, anche dopo che lo avevo scaricato, ero convinta che l’intimità con un uomo fosse solo così. Fortunatamente, ho conosciuto un ragazzo che mi ha aiutata molto a capire che non era quello il modo corretto…..Ci siamo lasciati da poco, ma sono felice che sia entrato nella mia vita. Se foste arrivate qua due anni fa, non so se avrei potuto fare questa conversazione. O forse sì, ma non so come lo avrei dipinto. Purtroppo, questo portò un peggioramento anche fuori dal letto. Si sentiva sempre più inebriato dal potere del controllo e del dominio. Inoltre, alla Blackwell stava diventando lui il maschio alpha, il nuovo bullo. Ma non fu quello il motivo per cui volli rompere con lui. In privato, a volte, rimaneva lo stesso: dolce, premuroso e realmente interessato al mio benessere. So che sembra assurdo, ma era spesso così, specie quando eravamo soli e se suo padre non era in circolazione da un po’. Ma negli ultimi tempi aveva iniziato a…..riprenderci mentre….beh mentre eravamo soli. Ma non si limitava a quello….aveva iniziato a pretendere che fossi legata, imbavagliata…come se non fossi consenziente. A volte mi scattava foto… per un po’ ho acconsentito, ma un giorno ho iniziato a non sentirmi più troppo in me, in quelle situazioni. Ho avuto un attacco di panico e gli ho chiesto di cancellare tutto. S’inferocì moltissimo. Diceva che non capivo, che non apprezzavo la sua arte, che anch’io volevo solo approfittare di lui.
Io approfittare di lui! Quella fu davvero la goccia che mi fece perdere la testa: presi il suo pc portatile, con dentro tutti gli scatti che mi fece e lo gettai a terra, rompendolo. Lui, per tutta riposta, mi colpì.”
Seguì una pausa, con silenzio tombale. Nathan Prescott era instabile e lo sapevano ma furono comunque inorridite e sorprese. Sam, asciougandosi una lacrima, terminò il racconto
“Mi diede un pugno in pancia. Mi fece male, molto male. Non ebbi il tempo di riprendere fiato che mi mollò un ceffone in pieno viso. Caddi a terra e iniziai a piangere e tremare. Provai a guardarlo e lo vidi. Vidi il vero volto di Nathan, di quel Nathan Prescott: distorto dalla rabbia, feroce e appagato dalla violenza fine a se stessa. Forse aveva un’erezione pure in quel momento. Poi, vedendomi conciata così, a terra e piagnucolante, deve aver ripreso lucidità perché pochi secondi dopo era di nuovo un timido adolescente dispiaciuto e disperato per quello che aveva fatto. Cercò di aiutarmi a rialzare, ma rifiutai. Mi presi le mie cose e scappai. Qualche giorno dopo provò ad avvicinarmi a scuola, poiché rifiutavo ogni sua chiamata e non rispondevo ai messaggi. Beh, Steph ha assistito alla mia reazione. Lo volevo morto, morto sul serio. Non dissi niente ai miei, ma capirono che qualcosa era successo. Volevano andare dai Prescott, ma non ci fu bisogno: Sean Prescott venne direttamente da noi, una sera. Circa un mese dopo che avevo urlato nei corridoi della Blackwell, venne dai miei dicendo che voleva parlarmi in privato, ma poi lo obbligai ad accettare di parlarmi solo alla presenza dei miei. Sean Prescott non ama le sconfitte. Quel giorno lo imparai a mie spese. Fece intendere che suo figlio mi aveva scopato, che io ero stata al gioco e poi io avevo reagito male. Insomma, mi dipinse con tante belle parole ma, sostanzialmente, una puttana accondiscendente finché si era stufata. Voleva pagare il mio silenzio facendo passare me per quella che ricattava la sua onesta famiglia che ‘tanto aveva dato ad Arcadia’. Mi offrì una borsa di studio in qualsiasi università avessi voluto, ma rifiutai. Lo cacciammo da casa e meno di un anno dopo ero a Eugene. Curiosamente, ad Arcadia, iniziammo ad avere piccoli problemi e incidenti. Multe non chiare, graffi e gomme tagliate alle auto, piccoli atti di vandalismo che crescevano d’intensità con le settimane…. Beh, per fortuna che c’è capitata quest’occasione, lontano da quel buco di merda. Scusate il termine.”
“Nah, tranquilla Sam: anch’io descrivo Arcadia in maniera simile!” sdrammatizzò Chloe
Steph, dal canto suo, si sentiva amareggiata e la sua espressione in viso era un misto di solidarietà e dispiacere
“Sam io….. non potevo immaginare….. non sapevo che avessi passato tutto questo…. Scusaci, siamo state indelicate…. Volevamo solo delle informazioni ma non immaginavamo che tu avessi passato tutto questo.”
Sam provò a sorridere per tranquillizzarle
“Non preoccupatevi. Ora sto molto meglio. C’è voluto un po’ e qualche seduta da uno psicologo, ma ora fa meno male parlarne. Ammetto che avrei voluto essere meno sciocca e fragile all’epoca: se solo avessi capito subito, chissà: forse Rachel Amber sarebbe ancora viva!”
Max provò a dire la sua
“Non è colpa tua. Non pensarci nemmeno. Non sei stata fragile, ma molto molto forte e coraggiosa. Non ti sei lasciata distruggere totalmente da lui. Anch’io mi sono fidata ciecamente di Jefferson e…. beh, guarda cosa è successo! Avrei potuto finire con lui e Nathan in quella stanza! Non è colpa nostra, se siamo persone che danno possibilità agli altri. Non è di noi che si dovrebbe pensare, ma del loro modo di approfittare di persone come noi, ragazze che vogliono solo dedicarsi a far sentire bene gli altri e sentirsi accettate quando il mondo intero pensa che essere timidi o ansiogeni sia un fottuto problema. Questo non deve e non può essere una nostra colpa.”
Sam le sorrise spontaneamente
“Hai ragione. Non chiedevo altro che farmi voler bene da lui. Una parte di me è ancora convinta che me ne volesse, che non fosse totalmente cattivo. Ma tutta questa esperienza mi crea difficoltà a  immaginare Nathan come una vittima innocente di tutto questo. A volte penso che sia davvero fuggito.”
“Tu lo credi?” chiese Chloe
Sam scosse la testa
“No, penso sia morto. Quel Jefferson deve averlo sicuramente ucciso. Insomma ha stuprato e assassinato Rachel Amber, mentre Jefferson non ha mai ucciso nessuna. Avrà voluto fargliela pagare per aver rovinato tutto, così lo avrà ucciso.”
Steph voleva fare un’altra domanda ma Chloe la anticipò
“Come sarebbe a dire ‘stuprato Rachel’?” chiese, tremante.
Sam spalancò gli occhi
“Scusa, non ricordavo più che tu e Rachel eravate molto amiche. Comunque, sono abbastanza sicura che Nathan, una volta che Rachel aveva perso i sensi, ne possa aver approfittato sessualmente. Era attratto da lei, in maniera morbosa. Lo avevo intuito nell’ultimo periodo in cui lo frequentavo. Da quello che ho sentito dai notiziari, sembra che questo desiderio morboso sia stato poi confermato, giusto?”
Steph annuì e ne approfittò per impedire a Chloe di fare altre domande
“A proposito di interessi morbosi, sai anche se Nathan aveva dei feticci per determinati posti o zone di Arcadia Bay? Qualcosa che, inspiegabilmente, lo attraeva?”
Sam ci pensò su per qualche istante
“Qualcosa si. Aveva una fissa per il cimitero di Arcadia, ma so che andava anche a quelli di Garibaldi e Bay City, ogni tanto. Andava anche in spiaggia, durante la brutta stagione, sperando di cogliere il momento in cui il mare e la vita marina sembravano più desolate e morte. Odiava la Blackwell ma era affascinato dal totem, per tutta la storia che aveva dietro. Ma so che preferiva più di ogni altra cosa il bosco dietro casa sua: non per la natura, ma per le carcasse di animali divorate da lupi e orsi. Se poteva, andava in cerca di quelle per fotografarle. Diceva che era una importante dimostrazione della natura senza il moralismo dell’uomo.”
Le ragazze si guardarono per un istante, poi tornarono a concentrarsi su Samantha. Max chiese
“Ti ci ha mai portato? Nei boschi, dico.”
“Svariate volte. Dietro casa sua, specialmente. Aveva una specie di spiazzo fra tre alberi, a circa cento metri dalla sua proprietà. Li andava spesso a meditare o osservare. So che ci ha seppellito un paio di uccellini, da bambino.”
Steph lanciò un’occhiata decisa alle altre due: era finita la sessione di interrogatorio. Passarono un’altra ora in compagnia di Sam, ordinando un secondo giro di cappuccini e ciambelle, stavolta, però parlarono di cose leggere e imbarazzanti per far ridere un po’ la loro ospite. Sam sembrava gradire moltissimo le storielle di Steph, anche se molte volte erano volgari. Apprezzò moltissimo quella in cui aveva avuto un flirt con la fidanzata di uno dei giocatori di football dell’università. In pratica, lei non aveva mai avuto un orgasmo con il suo ragazzo e Steph si vantò di averci messo sei minuti e mezzo soltanto per darle quella nuova sensazione. Si frequentarono per un paio di mesi, nemmeno tanto di nascosto dato che lui era convinto che la sua ragazza avesse bisogno di aiuto con lo studio. Un bel giorno però, spaventata dall’idea di essere giudicata male da tutta la scuola e dalle famiglie, interruppe bruscamente quella relazione clandestina, affermando che ora sapeva come ricevere piacere e non sarebbe stato difficile farlo capire al suo uomo. Risultato: si lasciarono una settimana dopo, perché lui si era scoperto omosessuale e l’aveva tradita con uno del club di lacrosse. Steph raccontò di come si fosse seduta nel tavolo accanto a quello di lei in cafeteria, il giorno dopo che fu scaricata, osservandola mentre sorseggiava maliziosamente un frappé e sorridendole divertita mentre lei le lanciava occhiate umiliate.
Si congedarono da Samantha che, nonostante loro avessero insistito per accompagnarla fino a casa, decise di tornare da sola. Questo, diede alle tre la possibilità di parlare subito tra loro.
“Quel verme ha stuprato Rachel!” tuonò Chloe
“Non lo sappiamo. Non ho letto il referto dell’autopsia, ma nessuno ne ha mai accennato.” disse Max “Potrebbe essere solo una congettura di Sam.”
“E di congetture ne abbiamo poche: fortunatamente ci ha dato molti fatti.” sottolineò Sam “Alcuni molto interessanti, anche. Direi che dovremmo chiamare Kristine e dirle che passeremo a trovarla il prima possibile.”
“Vuoi andare nei boschi dietro casa Prescott?” chiese Max
“Ovviamente.” affermò Steph “Ma sono onesta: non credo che il corpo sia lì. Ma potremmo trovare altro d’interessante.”
“Tipo?” chiese Chloe, ancora visibilmente irritata all’idea che Rachel fosse stata violentata
“Tracce, indizi, qualsiasi cosa possa suggerire che Nathan amava quel posto abbastanza da lasciare segni riconducibili ad altrove. Un posto abbastanza sicuro e nascosto per lui e interessante per Jefferson.”suggerì Steph.
Prima di andare dai Prescott, decisero di fermarsi a casa di Chloe a buttare giù un po’ d’idee. Rimasero a Eugene anche per pranzo, a base di hot dog al volo, poi ripresero la Corolla e la guidarono alla OE-6, direzione Arcadia Bay.
 
 
 
Nowak era esausto. Non sopportava più McKinsey, nonostante si conoscessero da anni. Quella rogna del processo a Jefferson lo aveva reso più nervoso, avido e spericolato. Lui non ci teneva a finire nella merda per causa di una paranoia immotivata di quel vecchio arrogante avvocato.
Si era dovuto appostare fuori dall’hotel tutta notte perché quel coglione aveva insistito sul fatto di ‘non mollare le ragazzine’.
Poi, aveva dovuto seguirle fino a Eugene, senza aver potuto chiudere occhio. Due ore e più di automobile, senza mezzo minuto di riposo, senza caffè. Cazzo che nervi.
Le aveva seguite fino a un chioschetto anonimo poi, all’improvviso, si unirono a una quarta ragazza che riconobbe come quella nella foto con il giovane Prescott, solo più cresciuta. Le seguì con cautela fino a un locale chiuso, ove si sedette a poca distanza da loro e riuscì a origliare quasi tutto.
Pareva che il giovane Prescott fosse un maniaco come quel fottuto Jefferson, quel maiale che il suo caro avvocato del cazzo voleva difendere.  La ragazza, quella chiamata Sam, sembrava davvero sconvolta dalla sua esperienza con quel pazzoide. Cristo, si augurava davvero che fosse morto! Non seppe ben capire, all’inizio, il perché di quella storia, ma poi verso la fine intuì: le ragazze cercavano di capire se Prescott avesse un altro luogo in cui nascondersi da tutti! O forse ne aveva uno che aveva ceduto a Jefferson? No, impossibile: lo avrebbero già scoperto.
Anche se Jefferson era stato maledettamente furbo: aveva smagnetizzato l’hard disk del suo pc e poi, il tornado imprevisto, lo aveva aiutato distruggendolo del tutto. Aveva anche fatto una discreta pulizia del suo telefono, a sentire le autorità ma Nowak era convinto di una cosa: non c’era nulla su suo telefono, poiché non usava quel telefono. Quello era troppo furbo per cadere in un errore così banale: ne aveva sicuramente uno usa e getta. Doveva dirlo a McKinsey? Forse.
Una volta che le ragazze ebbero terminato, attese un tempo ragionevole e poi uscì dal locale anche lui, ritrovandole e seguendole ma vide che si erano già divise e stavano facendo ritorno all’auto. Aspettò che se ne andassero prima di tornare sulla sua e seguirle, ma non ebbe fretta dato che era alquanto sicuro che sarebbero tornate a Bay City o direttamente ad Arcadia, a casa dei Price. Avevano solo quelle due destinazioni, se si escludeva la vecchia casa dei Prescott che, però, dedusse non fosse un reale rifugio per loro.
Tornato all’auto, accese e fece retro quando sentì un colpo al paraurti. Allarmato, smontò e vide un giovane massaggiarsi la gamba.
“Ci è mancato poco, eh?” disse il giovane
“Cazzo ragazzo! Poteva saltarti un femore! Stai bene? Non ti ho visto!”
“Colpa mia, colpa mia. Ero distratto.” rispose il giovane, sorridendo e sventolando il suo telefono.
“Io non ti ho proprio visto dallo specchietto. Sicuro di stare bene?”
“Si, certo. Solo una botta di striscio, nulla di grave. Sto bene, davvero. Lei è molto gentile, comunque. Grazie e mi scusi per il disguido signor….”
“Nowak” rispose il detective “Beh, se sei sicuro di stare bene, io andrei. Fai attenzione!”
“Sicuro!”
Nowak si rimise al volante e osservò attentamente il giovane, che si dileguava, mentre faceva retro. Lo intravide ancora, mentre saliva nella sua auto, una Mercedes nera. Dopodiché lo dimenticò, pensando solo che voleva dormire almeno un paio di ore.
Quello che non vide, era che il ragazzo era a partito a sua volta, seguendolo a debita distanza. Non aveva intenzione di farsi beccare né di seguirlo sul serio. Non importava se lo avrebbe perso: Adam aveva tutto quello che occorreva.
Con il vivavoce attivato, fece una chiamata. Dopo due squilli, la voce di Kristine Prescott rimbombò nell’auto.
“Dimmi.”
“Ho la targa. Ho fatto una foto con il telefono. Ma ho anche un nome: Nowak. Ti mando tuttavia sms. Poi, se non ti spiace, vorrei andare a dormire, Kristine.”
“Sei grande! Sì, fai pure. Da ora in avanti ci penserò io. Grazie mille Adam, sei un mito. Giuro che farò in modo che Martha cambi idea su di te e ti conceda un appuntamento.”
Adam ridacchiò. Cosa non si faceva per una donna!
Nel suo abitacolo, invece, Nowak aveva a che fare con la voce nervosa di McKinsey.
“Cazzo, la Myers! Perché? Cosa se ne fanno di quella?”
“Te l’ho detto, Mc: stanno scavando nel passato di Prescott. Non sembra che abbiano nulla in mano contro Jefferson.”
“Questo lo dici tu! Scavare su Prescott, è scavare su Jefferson! Se trovano qualcosa che lo possa compromettere…”
“Tu lo farai uscire ugualmente. Cazzo, quel merdone è un pericolo pubblico e dovrebbe stare in galera. Ora scopriamo che pure il ragazzo era pazzo come lui e tu ti ostini a volerlo scagionare per pulirti il culo sui giornali. Cristo Mc! Non eri così, anni fa.”
“Senti Nowak, fatti i cazzi tuoi! Se scoprono troppe cose su Prescott, possono girarle all’accusa, dimostrando che Jefferson potrebbe essersi approfittato dell’instabilità del ragazzo. Se trovano troppi elementi, potrebbero mettere il mio assistito nei guai. Vanno fermate prima che scoprano quel qualcosa che potrebbe spingere troppo in favore dell’accusa. Hai ancora la pistola che ti ho dato?”
“Si ma non mi dirai che..”
“Tienila a portata.”
“COSA? SEI IMPAZZITO? SONO RAGAZZINE, CAZZO!”
“Non mi fotte una sega se sono ragazzine, bambine o vecchie di merda: non mi farò rovinare da tre lesbiche. Non serve che spari, basta che le minacci se capisci che si sono spinte troppo in là, chiaro? Falle vedere i sorci verdi, ma tienile lontano dal caso. Demotivale, Nowak!”
Nowak digrignò i denti e ingoiò un sacco di brutte parole. Poi tentò la domanda
“McKinsey, levami una curiosità.”
“Dimmi.”
“La Amber è stata stuprata?”
“Cosa? Che cazzo c’entra?”
“E’ stata stuprata o no?”
“Non sono affari tuoi e non è una cosa che ti deve interessare.”
“Si o no, McKinsey!”
Pausa.
Silenzio.
“Non sono affari tuoi. Il fascicolo sulla Amber e sull’esame sul suo cadavere sono riservate fino al processo. Non ti dirò nulla.”
 
 
 
Casa Price.
Di nuovo.
Nella calura del primo pomeriggio, le ragazze si erano rintanate nella camera di Chloe, ormai divenuta il vero e proprio centro operativo delle indagini. Avevano preso dei fogli, su cui avevano annotato appunti sparsi su Jefferson e Nathan Prescott. Steph aveva portato il pc quella mattina perché aveva scritto tutto quello che Sam aveva detto loro. Si era scritta un file Word sulle confessioni intime della ragazza che ora stavano esaminando. I punti salienti erano scritti su carta, poi strappati e attaccati, con delle puntine, accanto al nome di Nathan, unendo tutti i foglietti con uno spago rosso tra le puntine. Avevano anche appeso, al centro della lavagnetta, una piccola mappa di Arcadia Bay che avevano trovato al centro commerciale: con l’imminente fine della ricostruzione, si erano cominciate a regalare delle piantine in scala ridotta della nuova Arcadia, in contrapposizione con la piantina della vecchia. Avevano piegato il foglio in modo da avere visibile solo l’Arcadia pre – tornado, cosicché potessero cerchiare i punti da loro ritenuti ‘interessanti’.
Avevano scritto a Kristine, chiedendo di poter passare a casa sua per aggiornarla. Non le dissero che volevano cercare nei boschi dietro casa sua, preferivano dirle tutto di persona. La Prescott accettò, ma le disse di passare dopo le quindici. Perciò, decisero di attendere i restanti quarantacinque minuti circa di attesa a casa di Chloe, per aggiornarsi con i loro pensieri.
“Dite che l’ha stuprata?” chiese Chloe
“No. Non lo so. Ammetto che è probabile che Nathan possa averlo fatto.” disse Steph, ancora china a rileggere le parole di Sam che aveva trascritto.
Max era in piedi, davanti alla lavagnetta, a rileggere tutte le loro riflessioni. Nulla di nuovo, cose già sentite o ripetute e note.
“Diciamo che ci sono le stesse possibilità che lo abbia fatto come non possa averlo fatto. Nathan si legava a pochissime persone e sapevamo che era affezionato, a modo suo, a Rachel. Ma la desiderava sessualmente e ha scritto anche parecchi murales offensivi in quel senso, sia alla Blackwell che altrove in Arcadia. Ma se ha praticamente stuprato Sam, che era la sua prima ragazza, non vedo perché non possa averlo fatto anche con Rachel, specie se lei era sotto effetto di droghe e vulnerabile.” commentò Max “Servirebbe l’esame dell’autopsia sul suo corpo per saperlo ma, perdonami Chloe per la schiettezza, questo non ci interessa. Che lo abbia fatto o meno, non è importante ai fini di quello che cerchiamo.”
Chloe strinse i pugni e serrò le labbra, ma annuì in segno di approvazione.
Steph staccò gli occhi dal pc e lanciò un’occhiata a entrambe le ragazze, prima di dire la sua
“Concordo con Max e aggiungo: temo che la storia di Sam sia stata un buco nell’acqua.”
“Cosa? Perché?” chiese Chloe
“Aspetto di vedere cosa troviamo nei boschi vicino casa Prescott, ma la sensazione è quella e ne sono già abbastanza certa. Sto rileggendo tutto e francamente, per quanto agghiacciante, non c’è nulla che possa indicare con precisione un posto in cui Nathan possa essere stato sepolto.”
“Questo è vero, ma non credo sia stato tutto inutile.” disse Max “
Steph fece le spallucce
“Come ho detto, è una mia sensazione. Spero e desidero di sbagliarmi tantissimo. Ma voglio vedere cosa potremmo trovare. Intanto, continuo la mia ricerca sulle vittime di Jefferson: forse avremo più fortuna con una di loro.”
Max andò a sedersi sul letto, accanto a Chloe. Le prese una mano, nel tentativo di calmarla un pochino. Sapeva che stava avendo pensieri orribili: non era facile per lei immaginare che vi fosse una concreta possibilità che Rachel fosse stata…...
Chloe, dopo qualche istante, ricambiò la stretta con affetto. Aveva recepito, compreso che Max era lì per lei.
 
 
Avanti, Max! Sai di aver capito qualcosa…. Sai di esserci arrivata vicino….. pensa!
 
 
Max si perse osservando il pulviscolo nell’aria. Lo seguiva impassibile, mentre roteava nella luce del giorno, disperdendosi, avvicinandosi, dilatandosi nello spazio.
Lo spazio….
 
 
……spazio… non tutta Arcadia Bay…… solo alcuni piccoli punti…… ci sono dei luoghi ben precisi, che potremmo ridurre per il tempo……ma occorre capire ancora qualcosa….comprendere ancora…..mancavano dei tasselli….piccoli, impercettibili frammenti che sarebbero serviti a ricomporre il quadro…..
 
 
Sentì il telefono vibrare nella tasca. Lo prese e rispose senza guardare chi fosse.
“Max? “
“David!” esclamò Max sorpresa  “Come mai questa chiamata?”
“Jefferson…. Lui…. Lui ha chiesto di vederti di nuovo…. Da sola….”


 
 
Kristine Prescott era seduta sulle scale interne di casa, che conducevano al piano superiore. La porta d’ingresso era spalancata, così poteva osservare se fossero arrivate le ragazze, parcheggiando l’auto davanti al marciapiede, come sempre. Inoltre, stava fumando una sigaretta e non intendeva impregnare le pareti di un pessimo odore. Stava elaborando, nella sua mente, le informazioni di Adam e la prossima mossa da compiere. Sapeva già cosa fare, ma non ne era totalmente certa: doveva agire con estrema cautela.
La situazione si era leggermente complicata, ma ancora pienamente sotto controllo ma lei desiderava che fosse sotto il suo totale controllo. Se avesse agito con calma e lucidità, tutto si sarebbe sistemato.
Poco dopo, vide una macchina blu parcheggiarsi davanti casa. Rimase inizialmente perplessa nel vederla, ma poi notò che vi era alla guida quella ragazza di nome Steph. Finalmente, avevano seguito il suo consiglio e tolto di mezzo il pick – up. Troppo tardi, però. Ma poteva rimediare.
Spense la sigaretta nel posacenere accanto a lei, adagiato sul gradino di legno. Si alzò, prese una gomma da masticare dalla tasca e si avviò verso il trio, salutandole con la mano.
“Bentornate, di nuovo, a casa Prescott. Per te Steph, invece, benvenuta.”
“Cazzo, sembra veramente bella!” esclamò la ragazza
Kristine sorrise. Non per orgoglio, ma perché quella nuova arrivata era sicuramente un essere umano genuino e spontaneo. Le piaceva sempre di più.
“Se vuoi, puoi fare un giro. Ma penso, da quello che ho capito, che non vi interessa la casa, oggi.”
“Esatto.” disse Max
Kristine vide nel volto della Caulfield un’irrequietezza molto marcata. La voce le sembrava più debole e tremolante. Avevano scoperto qualcosa di scomodo o era successo un fatto che l’aveva turbata. Lanciò una rapida occhiata a Chloe.
Lei era la contrapposizione di Max in tutto e per tutto, anche quando stavano male: se qualcosa urtava Max, Chloe reagiva in maniera palese e contrapposta. Difatti, vide i muscoli del collo e della faccia della ragazza dai capelli blu, tesi e le labbra erano volutamente lasciate impassibili ma nascondevano malamente una angoscia non sua.
“Ok. Andiamo allora!!”
“Aspetta Kris.” disse Chloe con tono neutro ma fermo.
Kristine si voltò sorpresa.
‘Kris’??
Da quando la chiamava così??
“Si, Chloe?”
“Ci servirà un badile. Per sicurezza.”
Ne recuperarono uno dal garage, ancora intatto. Kristine aveva in mano di vendere pure quello, ma forse non ci avrebbe ricavato granché, perciò poteva anche usarlo, tanto non avrebbe cambiato di molto l’introito che poteva garantirle.
Una volta recuperato l’attrezzo, le guidò sul retro della casa, poi nel bosco limitrofo, che iniziava a pochi metri dal confine abitativo. Benché non fosse di proprietà dei Prescott, ma del Comune, la sua famiglia aveva disposto di quella vegetazione come voleva.
Ricordò ancora quando suo padre, in mezzo alla boscaglia, tentò di insegnarle tiro con l’arco. Una volta, aveva pensato di costruire una casa sull’albero per Nathan, salvo poi cambiare idea perché riteneva che Nathan fosse troppo grande per simili sciocchezze. Ma lei sapeva il perché di quel cambio di idea: non era mai stato un padre realmente interessato e non voleva che il suo unico garante di successione del cognome andasse perduto. Odiava Nathan, ma il suo retaggio tornava utile al vecchio Sean.
Arrivarono, infine, al vecchio familiare spiazzo tra gli alberi, una specie di piccola piazza semicircolare naturale, nascosta ma non lontano da casa.
Vide subito Steph e Chloe mettersi all’opera, studiando gli alberi in cerca di segni o incisioni, mentre Max si avvicinava a lei.
“Qui ha seppellito qualcosa, vero? Tuo fratello, dico.”
Non si stupì della domanda. Dopotutto, avevano chiesto un badile!
Indicò un punto imprecisato alla sua sinistra.
“Si, un pesciolino o un canarino, non ricordo. Comunque il primo e ultimo animaletto domestico di Nat. L’ha seppellito qui, da quella parte, da che io ricordi. Ma dubito che troverete qualcosa. E poi, non penserete mica che possa essere stato sepolto anche lui qui?”
“No. O meglio, non lo sappiamo. Poco probabile che Jefferson abbia avuto il tempo per farlo e passare anche inosservato. Speriamo che tuo fratello abbia seppellito altro qui in zona. Qualcosa che possa tornare utile.”
“Come avete saputo di questo posto, Max?”
Quella domanda le era nata dal momento esatto che, al telefono, le avevano comunicato che intendevano visitare quel preciso punto. Perché? E soprattutto: come lo avevano saputo??
Max si dondolò sulle punte per un istante, poi le spiego tutto quello che aveva detto loro questa Samantha Myers, la ragazza della foto che avevano trovato in camera di Nathan e della quale avevano parlato insieme.
Kristine si sentì mancare la terra sotto i piedi. Per un secondo, ogni sua certezza venne meno e si sedette a terra, contro un albero.
“Mio fratello…..lui era davvero…. Porca troia…” borbottò confusa “Stava male, ma non credevo fosse così malmesso da tanto. Non ha avuto solo un crollo definitivo dopo la morte di Rachel, lo aveva già in corso. Semplicemente non portava più la sua maschera.”
Max s’inginocchiò di fronte a lei, adagiandole delicatamente una mano sulla spalla
“Credimi: mi dispiace davvero. Non so quanto Nathan fosse… malato, ma non so davvero come abbia fatto tuo padre a ignorare volutamente tutti questi segnali. Forse solo con Samantha aveva queste esplosioni ma lo ritengo comunque poco probabile, visto che andava in terapia. Sicuramente segnali molto forti ce ne erano già. Mi dispiace che tu lo abbia dovuto sapere.”
Kristine nascose il volto tra le mani per qualche secondo, tentando di riflettere e riappacificarsi con se stessa.
Lei lo sapeva ma lo aveva ignorato? No.
Aveva creduto che, nonostante tutto, suo padre stesse facendo curare suo fratello nel modo migliore? Mai, nemmeno per un minuto ci aveva creduto.
Eppure, non immaginava nemmeno lontanamente che suo fratello avesse già iniziato a cedere e diventare così feroce con una ragazza indifesa che, come sola colpa, aveva quella di volergli bene.
Non poteva accettarlo e nemmeno negarlo. Chi era suo fratello?
Si riprese, si rimise in piedi e sbuffò
“Max? Chi era davvero mio fratello, secondo te?” chiese di getto
La ragazza la osservò confusa e dubbiosa. Poi, con molta insicurezza e timore, le rispose
“Credo fosse solo un ragazzo con dei grossi problemi, non capito e trascurato da ogni persona adulta che ha incontrato. Tua madre l’ha abbandonato, tuo padre lo sottometteva, tu lo hai abbandonato. Aveva bisogno di aiuto ma era troppo orgoglioso per chiederlo e se mai lo avesse fatto, non lo avrebbe ricevuto nella forma che necessitava. Sì, medicine adeguate e dottori lo avrebbero aiutato, ma gli serviva una famiglia. Se mi stai chiedendo se fosse cattivo dentro di sé, totalmente marcio, ti risponderei che non lo so. Non credo, visto il suo ultimo messaggio. Penso fosse solo spaventato e molto, molto deluso dal mondo.”
Kristine annuì
“Ma questo non lo giustifica. Non con quello che ha fatto a Samantha e Rachel.” aggiunse la Prescott.
“Non dimenticarti di Kate Marsh!” strillò verso di loro Chloe.
“Direi che vi sfugge anche un piccolo dettaglio.” disse Steph “A scuola è finito nelle grinfie di Jefferson. Un ragazzo confuso, arrabbiato, deluso e con enormi sensazioni di abbandono amplificate dai suoi disturbi era una bomba pronta a esplodere. Aveva bisogno di una miccia ma quella è stata la morte di Rachel, causata da lui stesso. Chi ha maneggiato quella bomba di tuo fratello abbastanza a lungo da farlo scoppiare e approfittarsene abbastanza, contenendolo finché ha potuto? Mark Jefferson. Prima gli ha fatto da finto padre, l’ha accolto e ascoltato, se lo è resto amico. Poi ha ottenuto ciò che voleva, ha finto di istruirlo solo per fare di lui quello che meglio ha creduto. La tua famiglia ha pagato ogni assurda richiesta di Nathan senza sapere che erano solo volontà di Jefferson. Per questo, ora, risultate complici. Tuo fratello è stato una delle vittime, prima che complice. Deve essersene accorto a un certo punto, dato che ha voluto fare di testa sua con Rachel. Voleva sentirsi accettato da Jefferson, di nuovo. Aveva intuito che non c’era più quel rapporto di cui tanto aveva bisogno. Rachel è più vittima di Jefferson che di tuo fratello, così come Kate Marsh. Sempre se quello che ho letto e ciò che mi hanno detto queste due sia tutta la verità.”
Kristine sorrise
“Non finisce di stupirmi questa vostra amica. Fredda analisi ma degna di un film poliziesco. Brava Steph, mi hai quasi tirato su di nuovo il morale.”
Steph fece le spallucce
“Sapessi cosa potrei farti, se solo tu me lo permettessi, mia bella Prescott.”
Lei e Chloe avevano scavato alla base di uno degli alberi più lontani, verso nord. Avevano trovato un piccolo segno sulla corteccia, quasi svanito a causa del tempo e della crescita della pianta, ma ancora abbastanza leggibile. Sembrava una sorta di croce e una lapide: lì sotto doveva trovarsi il vecchio animaletto domestico di Nathan ma la speranza che fosse stato sepolto in quel punto anche lui era risultata presto vana. Steph aveva intuito che era il posto sbagliato e così si era rivelato tale.
Tornarono entrambe verso le altre due, Chloe con badile in spalla e visibilmente sudata.
“Non ha senso che fosse qui, ma valeva la pena tentare per togliersi i dubbi.” disse Steph “In fondo, per tempistiche, non poteva combaciare. Aggiungiamo anche il fatto che non poteva non essere notato, se avesse lasciato la sua auto qui in zona e poi avesse trascinato un cadavere nella boscaglia per poi seppellirlo e tornare indietro, fino alla Blackwell. Davvero impossibile che fosse il sito giusto.”
“Ma poteva esserci altro.” sottolineò Chloe, che non accettava il buco nell’acqua
“Penso che dovremmo ricominciare.” concluse Max “Questa storia ci sta portando da qualche parte: dobbiamo solo capire la direzione.”
Kristine sbuffò
“Non importa, ragazze. Vi state impegnando alla grande e va bene così. Se troverete mai mio fratello o qualcosa che possa aiutare la polizia a rintracciarlo, sarà una vittoria ma, se così non fosse, sarà comunque stato tutto positivo: almeno voi vi state sforzando, a differenza delle forse dell’ordine, specie negli ultimi mesi. Se aggiungiamo anche che voi siete le ultime persone al mondo che vorrebbero collaborare con una Prescott… in ogni caso, non potrò che esservi debitrice.”
Chloe adagiò il badile con la punta a terra e lo porse a Kristine, che lo rifiutò con gesto della mano.
“Tenetelo voi. Non si sa mai, magari sarà di buon auspicio!”
Le accompagnò alla macchina, poi si fermò sul marciapiede a osservare il loro veicolo svanire dietro una curva. Oggi sembrava che nessuno le stesse seguendo. Meglio così: presto avrebbe detto la sua in merito.
 
 
Rientrate al Seaside, Chloe e Steph si erano cambiate e tuffate in piscina, mentre Max si limitò a immergere le gambe dentro la vasca, tenendo su gli shorts e una canotta leggera.
Tutte e tre erano di umore più cupo, specie Max che era, se possibile, più sconfortata che mai.
“Quindi siamo punto e a capo.” mormorò “Tutto quanto non ci ha portato a niente..”
“Se non a sottolineare quanto Nathan fosse grave e che questa storia è un vicolo cieco.” borbottò Chloe
Steph, che era ammollo nell’idromassaggio, mosse pigramente la testa verso le altre due.
“Ma vi ascoltate? La smettete di essere cosi deprimenti. Vi sta sfuggendo un dettaglio fondamentale.”
Chloe, incuriosita, chiese di quale dettaglio stesse parlando. Steph, per tutta risposta, sorrise raggiante.
“Me, naturalmente.”
Max abbozzò un sorriso poco convinto.
“Su una cosa hai ragione: forse siamo troppo coinvolte. Queste nuove informazioni su Nathan non ci hanno lasciato che l’amaro in bocca e messo in difficoltà nel ragionare.”
“Per questo ho detto che sono io il vostro dettaglio, Max. Chloe, anche se non lo ammette, è sconvolta. Tu, invece, sei più spaventata che mai e il tuo livello di ansia si sta alzando.”
Chloe, presa un po’ di energia, esclamò
“Steph non lo faccio apposta, ok? L’idea che possa aver fatto… quella cosa a Rachel… cazzo, non solo me l’ha ammazzata, ma potrebbe averla anche…”
“E Sam?” la rimbeccò Steph con decisione “Si, mi spiace per Rachel, per carità. Pessima fine e non posso darmi pace al pensiero che se ne sia andata così ma, per rispetto, dovremmo pensare anche a quello che ha passato Sam. So che ti farò incazzare, ma Rachel si era infilata volontariamente in un sentiero pericoloso, frequentando Nathan e spacciando. Cazzo, Samantha no! La vostra amica Kate, nemmeno. Non è giusto nemmeno per loro due, ragazze. Che colpe avevano loro, che nemmeno si sognavano di spacciare o altro? Sam voleva solo essere amata da lui e guarda cosa ha passato. Su, riprendetevi e datemi una mano a scovare qualcosa.”
Chloe voleva ribattere ma, stranamente, si zittì da sola. Max, invece, prese l’iniziativa
“Non so, Steph. Sento che ci siamo. Mi sembra che la soluzione sia qui, davanti a noi, lampante e chiara ma che ci sfugga. Come se si stesse sbracciando per attirare la nostra attenzione eppure non la vediamo. Cosa ci manca?”
Steph si appoggiò a bordo vasca a riflettere
“Secondo il tuo ragionamento, niente. Anzi, abbiamo tutto ma non lo vediamo. Ed è qui che vi volevo: abbiamo tutto nelle nostre mani ma dovete seguirmi, ok? Lo so che cosa ho detto, lo so che non potreste essere imparziali però ho bisogno di voi, anche.”
Chloe alzò le braccia al cielo, facendo partire schizzi di acqua e cloro in ogni direzione
“Come?! L’altra volta Max ed io non avevamo nulla e abbiamo trovato Rachel. Max è stata fredda abbastanza da arrivarci, io fin troppo arrabbiata per non capirlo. Ora siamo qui, sotto shock, con meno elementi e meno aiuto se non il tuo.”
“Anche Kristine, Chloe. Credimi, vi sta dando una mano enorme, solo che non lo notate.”
“OK, ok ma a me non sembra che siamo nella stessa situazione della volta scorsa, anzi: mi sembra che siamo fottute alla grande!”
“Chloe, dimentichi ancora una cosa: rispetto alla volta scorsa avete più libertà di azione, più mezzi e meno ostacoli. Soprattutto, come ha detto Max, la soluzione è qui. Sono sicura anch’io di questo, perciò sforziamoci. Manca davvero poco, sono certa che scoveremo qualcosa.”
“Cosa?” sbottò Chloe “Cosa pensi che potremmo trovare? Nessuno può saperlo. Nessuno!”
“Tu dici?” rispose Steph con un sorriso sornione “Jefferson lo saprà di sicuro.”
“Certo, Steph. Anzi, perché non andiamo e chiediamoglielo direttamente?” sibilò Chloe, sempre più insofferente.
Steph, invece, pareva divertirsi. Uscì dalla vasca, sfoggiando il suo fisico asciutto in uno striminzito costume da un solo pezzo, arancione evidenziatore, retaggio di un corso di nuoto che frequentò due anni prima.
Mise le mani sui fianchi e, fissando entrambe le ragazze, disse
“Non glielo chiederemo: sarà lui a dirlo.”
Chloe ridacchiò nervosa, Max la fissò stupita e le chiese
“Come?”
Steph alzò le mani, in segno di attesa
“Prima seguitemi con il ragionamento, ok? Dunque, sappiamo che Jefferson ha sfruttato Nathan. Storia sentita e risentita: lui ha visto la debolezza, la mancanza di una figura paterna, accesso al patrimonio dei Prescott bla bla bla. Ok ci siamo e lo sappiamo. Analizziamo tra le righe. Jefferson non era uno sprovveduto: probabilmente sono anni che andava avanti a fare questo schifo con le ragazze e la lista delle vittime lo confermerebbe, perciò perché focalizzarsi sul Prescott più instabile e imprevedibile? Possibile che non avesse calcolato il rischio? Certo che no, lo sapeva eccome. Ed ecco perché gli è stato molto vicino, anche se discretamente. Voleva rassicurarlo il più a lungo possibile, ritardare il suo crollo mentale finché non fosse stato più necessario averlo intorno. Però non ha previsto la variabile ‘Amber’, che ha sconvolto, o accelerato, i suoi piani, fino a farlo scoprire. Parliamoci chiaro: se Nathan non avesse fatto quello che ha fatto a Rachel, probabilmente Jefferson sarebbe andato avanti tranquillo per almeno un altro anno e la nostra Max sarebbe nella sua collezione. Ma secondo me c’è di più. Se lo aveva previsto, se aveva capito che non avrebbe potuto gestire a lungo Nathan, doveva esserci un motivo. Aveva già predisposto tutto: il finto alibi per farlo sembrare un fuggitivo, un luogo dove seppellirlo che sono sicura non è lo stesso dove potrebbe trovarsi ora, visto che quello forse è stato troppo improvvisato e accelerato per le tempistiche e, soprattutto, molte più prove a carico dei Prescott. Pensateci: in poche ore aveva già creato tutto questo? La sua difesa è troppo solida, troppo perfino per un uomo scaltro come Jefferson. Certo, alcuni eventi potrebbero averlo aiutato ma, pensandoci bene, sono troppo solidi. Non è il suo avvocato a essere un fenomeno ma la sua capacità di anticipare la follia di Nathan. La sola cosa che ha cambiato è il  luogo di sepoltura del ragazzo ed è su questo che dovremmo concentrarci: ha commesso un errore gigantesco, eppure non lo vediamo.”
Max pendeva dalle sue labbra ma, ora, aveva un dubbio
“Se aveva previsto tutto, perché rischiare così tanto? Perché non incastrarlo appena morta Rachel? Avrebbe avuto più senso, no?”
Steph le lanciò un sorrisetto compiaciuto: aveva già una risposta.
“Un professore che svanisce di colpo, abbandona il posto di lavoro così generosamente offerto dai Prescott? Soprattutto: scappa dai Prescott così? Senza prove sufficienti per impedire a Sean di metterlo nei guai? Nah, non era il caso. Jefferson è metodico, freddo e un eccellente calcolatore: un cazzo di ragno. Ha tessuto la sua tela e ha atteso. La morte di Rachel era il campanello d’allarme, il segnale che doveva chiudere con Arcadia però prima, andava chiuso il capitolo più ingombrante: i Prescott. Loro sapevano che era molto vicino al figlio, dunque era necessario svincolarsi il più possibile da loro e metterli nei guai. Prima cosa: la foto di Nathan con il cadavere di Rachel. Quella avrebbe garantito un bel punto di forza per tenere a bada Nathan per un po’, anche a costo di stressarlo e renderlo più instabile. Altra cosa: non destare sospetti, mantenere la sua maschera di bravo professore, stimato fotografo e benvoluto dagli studenti. Direi che ci è riuscito no? Nel frattempo, per soddisfare se stesso e aumentare il carico di colpe sui Prescott, continuare con le sessioni nella Dark Room. I raccoglitori trovati non sono completi, giusto? La lista di vittime che mi avete passato è molto, molto più lunga di quelle che sono state trovate nei raccoglitori, scelta non casuale: dovevano combaciare con l’instabilità di Nathan, esplosa da poco tempo. Inoltre, le ultime erano tutte studentesse della Blackwell che rotavano attorno a Nathan Prescott: Rachel e Victoria erano nel Vortex, Kate è stata avvicinata e poi bullizzata da Victoria. Collegamenti sottili ma che conducono tutti a Nathan. Se aggiungiamo che David lo aveva beccato come ‘spacciatore’ della scuola e scommetto che Jefferson ne era al corrente, dato che Chloe mi ha accennato che David sembrava fidarsi abbastanza di lui, direi che il quadro per incastrare definitivamente il piccolo rampollo disturbato era quasi completo. Serviva solo più tempo. Ma qui interviene una variabile ancora più pericolosa della morte di Rachel…”
Sorrise.
Sembrava una gatta che giocava con due topi. Steph indicò prima Max e poi Chloe con il suo dito indice.
“Voi due siete entrate nella Dark Room. Voi due sapevate.”
“Pensavamo fosse Nathan, però!” esclamò Chloe “Non Jeffers….oh cazzo…”
“Esatto, punk turchina: hai fatto centro e ti sei resa conto che il mio ragionamento fila. Solo che voi due non dovevate esserci in quella stanza, ma avevate comunque creduto che il colpevole fosse Nathan. Questo era l’effetto che voleva ottenere.”
“Ma le foto…” disse Max “Come poteva tenere la foto di Nathan con Rachel nello stesso posto che frequentava anche Nathan stesso? Poteva distruggerla in ogni momento, no? Sempre che…”
“Non avesse copie.” concluse Chloe “Ma su quel pc non ve ne erano. David ha detto che nei file contenuti, non c’erano copie digitali. Le stampava poi cancellava ogni contenuto in maniera impeccabile, tant’è che hanno ritrovato pochi resti. Mentre il pc personale di Jefferson è…. E’ ANDATO DISTRUTTO. CAZZO, STEPH!” esclamò Chloe, sbalordita “Vuoi dirmi che…”
“Aveva previsto tutto? Certo ma, come ho già detto, non voi due.” ripeté Steph
“Ma perché noi saremmo state la sua variante imprevista più pericolosa? Se non c’era nulla su quel pc che potesse incastrarlo, perché temerci?” chiese Max ma, vedendo sempre il viso soddisfatto di Steph, dedusse che la ragazza aveva già una risposta anche a questo quesito.
“Max, perché Jefferson vuole tanto incontrarti, secondo te?”
“Perché ero, potenzialmente, la sua vittima prediletta.”
“Errore. Eri la prima che avesse scelto personalmente dopo Kate, ma forse preferiva più di lei perché tu sei molto appassionata di fotografia e poteva avere, per la prima volta, una connessione con una vittima. Perché vuole rivederti, secondo te?”
“Non saprei. Eccitamento? Pressarmi psicologicamente?”
“Anche. Quando ha detto che vorrebbe vederti?”
“Dopodomani, di mattina.”
“Bene. Conferma e poi non ci andrai.”
“Ovvio che non ci andrà. Col cazzo che rivede quel maniaco. Meglio per lui che nemmeno io lo riveda.” intervenne Chloe “Ma perché confermare?”
“Tortura psicologica.” disse Steph “Come ho detto: sarà lui a dirci quello che vogliamo.”
“Come pensi di fare se Max non la lasci andare, allora?” sottolineò Chloe
Steph si avvicinò al bordo piscina e sorrise a Chloe
“Perché dobbiamo giocare al suo stesso gioco. Andare da lui, cupe e toste, non servirebbe a niente. Dobbiamo torturarlo. Lui ha smania di vedere Max! Un secondo incontro in pochissimi giorni? La brama tantissimo e ha molta, troppa fretta di vederla. Dobbiamo pressarlo, torturalo e negargli quello che vuole, in modo tale che ceda e possa scoprire il fianco. Allora lo colpiremo.”
“Ma questo potevamo farlo con due mesi a disposizione, non con una manciata di giorni all‘udienza. Non faremo mai in tempo, lui non cederà mai.” la rimbeccò Chloe
“Errore.” disse Steph, scuotendo il dito in senso di diniego “Se avesse avuto più tempo, ci avrebbe massacrate e questo giochino non avrebbe funzionato. Ma con poco margine, lui ha più terrore e bisogno.”
“Terrore? Non era eccitamento?”
“Hai già dimenticato cosa ho detto poco fa? Siete la variabile non prevista e pericolosa. Il bisogno di vedere così urgentemente Max in così poco tempo dall’ultima volta non è una cosa che risponde ai soli bisogni di un maniaco, anche se calzerebbe a pennello: voi due siete state nella Dark Room e lui lo sa. Avete maneggiato quel pc e sa anche questo.”
“Ma non c’era nulla!” esclamò Chloe esasperata “Ho cercato ma non c’erano file compromettenti!”
Steph le rivolse un sorriso ancora più ampio con due occhi luminosi
“Si…. Ma lui non lo sa….”
Nella mente di Max si accese un lume: aveva capito dove voleva andare a parare Steph!
“Jefferson crede di aver lasciato qualcosa e pensa che noi potessimo avere visto in quel pc un dettaglio che, inconsapevolmente, potrebbe incastrarlo. Lui vuole essere sicuro di non aver lasciato niente in quel pc!” espose Max, trionfalmente.
Steph batté le mani in segno di approvazione. Aveva fatto centro.
“Lui è un cazzo di maniaco del controllo e metodico, come vi ho detto. Un ragno che lascia la sua ragnatela e vede da lontano due insetti che entrano. Ha paura che possiate aver trovato qualcosa, anche una briciola insignificante. Non importa se non avete trovato nulla: non cambia la sua ansia. Lui ha il terrore che possiate ricordare qualche dettaglio, anche inconsapevolmente, che possa fregarlo.”
“Ma ce lo avrebbero chiesto, no?” disse Chloe
“Sì, ma voi avete fornito una generica testimonianza poi non avete più parlato, corretto? Nella situazione attuale, se domani vi fosse la prima udienza, la difesa prevarrà. Inevitabilmente, per quanto voi potreste protestare, l’accusa vi vorrà far testimoniare in aula, ponendovi domande più specifiche e con prove materiali davanti a voi. Un interrogatorio diverso, non quello che potreste affrontare con la sexy agente latina dell’Fbi o con la polizia, prima del processo. Parliamo di un interrogatorio in tribunale, da avvocati professionisti, McKinsey che tenterebbe di confondervi e quelli dell’accusa di farvi riemergere dettagli. In quel momento, una di voi potrebbe dire qualcosa, dire quel dettaglio che non esiste ma lui crede di si. La sua ansia di non aver avuto il controllo per qualche ora e di non aver rimediato a voi due, che siete scampate alla trappola e poi siete finite a Seattle, lo starà logorando. Vuole sapere se ha commesso un errore, perché lui potrebbe non aver avuto il tempo necessario, per essere sicuro di aver fatto tutto correttamente. Lo stronzo è in trappola e ci è finito da solo. Ora dobbiamo torturalo con la sua stessa fredda logica.”
Max era raggiante. Steph era una fottuta mente geniale.
“Gingrich lo ammetto: ti sei guadagnata una notte di fuoco con Max.” disse Chloe ridacchiando, salvo poi sottolineare che stava scherzando, quando vide Steph tuffarsi e nuotare verso Max.
 
 
Parcheggiò la Dodge fuori dalla stazione di polizia di Tillamook.
Kristine Prescott scese dall’auto, vestita in maniera anonima e con pesanti occhiali da sole. Non intendeva farsi riconoscere e, pensò, che usare la Dodge era stata una pessima mossa in quella direzione.
Si fermò a pochi passi dall’ingresso e attese, accendendosi una sigaretta.
Poco dopo, uscì l’uomo che stava cercando.
“Mi hanno detto che mi cercava, miss Prescott.” disse David Madsen, allungando la mano per presentarsi “David Madsen, come posso esserle utile?”
Kristine sorrise e ricambiò la stretta con energia. Notò la presa dura e sicura di David e approvò: niente galanteria e molta decisione. Magnifico.
“Kristine Prescott. Sì, credo che lei possa essere l’unico in grado di aiutarmi.”
David la squadrò con un viso dubbioso
“Non ci siamo già visti? Lei non era la ragazza che aspettava la mia figliastra e la sua amica fuori dall’ospedale?”
Annuì. Non vedeva perché doveva negare.
In fondo, il motivo per cui era lì aveva bisogno di uscire, parzialmente, allo scoperto.
“Si: gradivo conoscere sua figlia e la sua amica. Sa, con tutto quello che è capitato….”
“Avrà notato che non sono molto inclini all’amare i Prescott dopo che… beh, lo saprà meglio di me.”
“Direi che potrei saperne qualcosa, si. Fortunatamente, credo di aver chiarito abbastanza con le due ragazze, tant’è che sono mie ospiti al Seaside e sono venute  a cena da me. Una tregua non armata giova a tutti, in questo momento. Non crede, signor Madsen?”
Non se la bevve. Lo capì dallo sguardo. Ottimo, Madsen era anche sveglio. Approvò di nuovo.
“Sì, immagino di sì, signorina Prescott.” rispose David, noncurante del pensiero di Kristine “Ma tornando a noi: come mai necessitava proprio di me?”
Kristine porse un foglietto bianco, ben chiuso, a David che lo aprì e lo lesse.
“E’ un numero di targa, con una breve descrizione del veicolo e il cognome del guidatore, tale Nowak. Vorrei che potesse controllare che tutto combaci e, nel caso, fornirmi dettagli su questo Nowak.” spiegò Kristine, senza aspettare che David finisse di leggere.
Dal canto suo, David si prese il tempo per leggere e annuire con calma.
“Beh, questo può farlo un qualsiasi agente già qualificato e in servizio. Come ben saprà io entrerò ufficialmente nel corpo di polizia di Arcadia Bay da Settembre. Per ora sto solo dando una mano. Se vuole le consiglio un bravissimo poliziotto che è molto rapido in queste..”
“Deve farlo lei, signor Madsen.” disse Kristine con decisione “E riferirà lei personalmente a me, me soltanto.”
David incrociò le braccia
“Perché? In che guaio ha cacciato mia figlia?”
Lieta che avesse gettato la maschera, Kristine si rilassò e sorrise, pronta a spiegare almeno una mezza verità
“Nessuno, a dire il vero. Ho solo il sospetto che questo signore stia infastidendo le ragazze.”
“Fingerò di crederle, tanto appena salterà fuori chi davvero sia questo Nowak, dovrà comunque darmi una spiegazione. Non crede?”
“Posso dirle soltanto che tengo a Max e Chloe, per quando queste parole dette da una Prescott non contino molto, semmai possano generare più dubbi che altro. Sono onesta e voglio capire chi sia e cosa voglia da loro.”
“Cosa le ha commissionato, signorina Prescott? Se quello che mi ha detto è vero, Chloe per fidarsi di una con il suo cognome deve aver ricevuto qualcosa o sentito qualcosa di estremamente convincente.”
Kristine non riuscì a trattenere un sorrisetto
“Diciamo che stanno sbrigando un favore a me e, che mi creda oppure no, anche a loro stesse. Stiamo smantellando il nome dei Prescott, ma ho paura che qualcuno non sia del tutto d’accordo. Se tutto va come spero, il retaggio della mia famiglia finirà presto, qui in Oregon. Voglio solo accelerare questo evento. Per il bene di tutti.”
David la fissò dubbioso. Infilò in tasca il foglietto, sospirando rassegnato
“Non so perché debba fidarmi, ma le voci su di lei sono molte e sembrano ben fondate. La Prescott Ribelle, la chiamano. La Prescott controcorrente, la caritatevole. Non sembra proprio parte di quella famiglia.”
“E’ il più bel complimento che potesse farmi.” rispose Kristine, prima di prendere una boccata dalla sua sigaretta “Spero che, anche lei, possa fidarsi di me abbastanza da trovarmi quel Nowak. Al resto, penserò io.”
“Mi dica solo una cosa e sia sincera: le ha infilate in qualcosa di pericoloso o…”
“Assolutamente no. Se lo fosse, le avrei già richiamate. Per quello sono qui: prendo precauzioni e fermo una potenziale problematica.”
Silenzio. Si osservarono per qualche secondo.
“Mi vorrei fidare ma ho bisogno di garanzie più solide: mi assicura che al Seaside sono al sicuro e non possono essere seguite o infastidite, se la situazione dovesse degenerare?”
“Loro non lo sanno ma sono in un bunker. Non rischiano niente.”
Davi annuì, rifletté un altro paio d’istanti, poi allungò di nuovo la mano. Anche stavolta, Kristine la strinse con entusiasmo. Avevano un accordo.
“Solo un ultimo favore, signor Madsen: non dica nulla alle ragazze. Questo sarà il nostro piccolo affare segreto.”
“Paura di scoprire la reazione di Chloe, vero?”
“Anche per quello, in effetti.”
Risero, mentre il tramonto scendeva sulla costa dell’Oregon, illuminando d’arancio il cielo e portando un altro giorno a morire.

 
 
 

 
14.
 
 
Quella sera, dopo la cena al ristorante del Seaside, il trio scelse una passeggiata all’aperto.
Dopo la chiacchierata in piscina, l’umore di tutte era notevolmente migliorato e non potevano far altro che ignorare qualsiasi argomento che ricordasse loro la scoperta di un cadavere o incastrare un maniaco che le attendeva chiuso in una cella.
Volevano distrarsi da tutto e da tutti, perciò uscirono a godersi l’aria frizzante estiva che l’oceano riversava intorno alla cittadina.
Si diressero verso il Griffin Memorial Park di Bay City, poco lontano dal loro hotel. Li, poco fuori i confini del parco, vi era un venditore ambulante di gelati. Chloe offrì a tutte dei coni giganteschi e continuarono la loro passeggiata, entrando nel parco.
Nonostante fossero quasi le ventidue e fosse estate, con una piacevole temperatura ad accompagnare il buio notturno sceso da poco, si meravigliarono di quanta poca gente fosse presente. Si poteva pensare che fosse deserto, il parco, da quanto era desolato.
Si sedettero su una panchina a finire i loro gelati e a perdersi in chiacchierate. Steph, come sempre, faceva battutine sconce a entrambe, soprattutto a Max che, prendendo più confidenza con la nuova arrivata, iniziava a risponderle a tono.
“Se vuoi, puoi assistere la prossima volta che io e Chloe saremo in intimità.” disse “Siccome dirigevi gli spettacoli teatrali, ti potresti occupare delle luci.”
Chloe scoppiò a ridere e anche Steph che però rispose a Max
“Beh dicevo anche agli attori dove stare. Spera che non ti dica dove vorrei che ti mettessi, Caulfield: potrebbe piacerti.”
Dopo una mezz’ora abbondante, decisero di tornare indietro.
Poco prima dell’uscita del parco, un uomo sbucò alle loro spalle e afferrò Max, strattonandola con violenza.
“TORNATENE A SEATTLE, STRONZA!”
Steph e Chloe si voltarono all’istante. Videro Max bloccata per il collo da un uomo alto, magro, con il viso nascosto da una bandana e occhiali da sole vecchio stile. Poteva sembrare ridicolo, ma la pistola semiautomatica nella sua mano sinistra e puntata contro le costole di Max era fin troppo seria.
“Lasciami, stronzo!”gracchiò lei
Chloe strinse i pugni e fece per lanciarsi ma fu anticipata da Steph che, con uno scatto e una finta, si agganciò al braccio armato dell’aggressore.
“Lasciala, stronzo!”
“TORNATEVENE NEL VOSTRO STATO, PUTTANE!” gridò, mentre cercava di liberarsi di Steph e, al tempo stesso, trattenere Max. Chloe ne approfittò per assestare un cazzotto in pancia all’uomo, che mollò la presa su Max. Steph, invece, prese vigore e cercò di strappargli l’arma. Divincolandosi dalla lotta, strattonò ripetutamente la minuta ragazzina, mentre con un calcio allontanava Max, che cadde a terra e picchiò le ginocchia. Chloe, intanto, tentò di colpirlo di nuovo ma, in quel momento, un botto esplose nell’aria.
Un colpo era partito accidentalmente nella colluttazione.
L’aggressore, spaventato, fuggì di corsa con la pistola ancora in mano. Steph cadde a terra, sul sedere e rimase momentaneamente seduta. Chloe le andò incontro, urlando di terrore, mentre Max tentava di rimettersi in piedi, con il ginocchio sinistro che pulsava terribilmente.
“Fanculo!” mormorò Steph, tremante.
Chloe la prese per le spalle, cercando la ferita ma la ragazza alzò il braccio destro: aveva un segno lieve di una scottatura.
“Il colpo è finito chissà dove, però quello stronzo, nel divincolarsi, mi ha strusciato la canna bollente della pistola sull’avambraccio. Cristo, pizzica!” commentò con nervosismo.
Max e Chloe tirarono un sospiro di sollievo. Poco dopo, due passanti accorsero chiedendo cosa fosse accaduto. Le ragazze spiegarono velocemente l’accaduto e indicarono la strada presa dal loro assalitore durante la fuga. Uno di loro seguì l’indicazione correndo mentre l’altro rimase di guardia e cercò di persuaderle a chiamare la polizia ma le tre si opposero. Non volevano che David fosse informato dell’accaduto.
Ripresesi, tornarono all’hotel, accordando che era meglio andare a riposare. Max chiese a Steph se voleva cercare una farmacia, prima di rientrare
“Figurati! E’ come quando ti ustioni cucinando: diventerà viola e tra due settimane avrò una bella cicatrice ma nulla di che. Tranquilla!”
Max invidiò la tempra di Steph, che sembrava essere tornata la solita, anche se le tremavano le mani.
Una volta in camera, Chloe si augurò di poter riuscire a dormire: l’indomani mattina voleva andare a trovare Joyce e sperava, oltre a riposare, di non apparirle stressata o sotto shock per l’accaduto. Non voleva rischiare di turbare sua madre ancora convalescente.
Poco prima di spegnere la luce, sentirono bussare alla porta. Max andò ad aprire e trovò Steph.
Era in un grazioso pigiama bianco con un personaggio di un manga disegnato sopra ma che, stranamente, non seppe riconoscere. Stringeva sotto braccio un cuscino e tremava.
“Vi scoccia se dormo con voi per stanotte? Giuro che tengo le mani a posto.” mormorò, tradendo un velo di angoscia.
Max istintivamente l’abbracciò e la strinse con affetto.
Poi, la accompagnò in camera.
Chloe dormì al centro stringendo a sé entrambe le ragazze, che presero sonno con tempi diversi.
 
 
 
 
“Sei un coglione!”
Nowak era nervoso. Stava insultando McKinsey da cinque minuti buoni e non accennava a smettere
“Un vero coglione. Non un avvocato, ma il re dei coglioni! Hai idea di cosa cazzo mi hai fatto rischiare? Sei completamente impazzito! Potevo uccidere una ragazzina, imbecille! Quel tuo maniaco di merda in carcere vuole anche vedere di nuovo quella con il caschetto e mi dici che dovevo terrorizzarla di più? Sei un pezzo di merda, un coglione, un irresponsabile!”
McKinsey lo lasciò sfogare.
“Hai idea di cosa cazzo sta succedendo per colpa della tua paranoia insensata? Non sanno niente di niente quelle due!”
“Hai finito? Ti ricordo che sei pagato e, in quanto tale, potevi rinunciare a fare quello che ti ho chiesto rinunciando a parte del tuo compenso. Non ti ho obbligato a fare nulla. Perciò sei colpevole quanto me di quello che è successo.”
Nowak non replicò. Si sentì una merda perché, in effetti, McKinsey aveva ragione.
“Dunque, da quello che mi hai raccontato, si sono prese un bello spavento. Anche se hanno lottato, non credo che si sentano al sicuro come prima, quindi ho ottenuto quello che volevo. Bravo.”
Ancora una volta, Nowak non rispose e permise a McKinsey di continuare
“Continua a seguirle per sicurezza. Fammi sapere se lasciano la città.”
“No.” rispose freddamente “Ho chiuso. Decurtami pure parte della paga, ma ho chiuso con questa storia. Sono ragazzine innocenti, nemmeno donne, che hanno passato anche troppo. Non voglio essere ulteriore causa di loro problemi.”
“Come vuoi. Ti farò avere una busta con il contante ma, se fossi in te, continuerei a seguirle almeno fino a domani. Giusto per essere certi che se ne vadano. Se cambi idea, mandami solo un messaggio.”
Detto questo, McKinsey chiuse la comunicazione, lasciando Nowak solo a riflettere. Un giorno solo, cosa mai poteva cambiare? Sono solo soldi extra, soldi di cui non aveva bisogno ma che voleva avere. Perché, poi? Non aveva senso…..
La sua moralità era una bussola impazzita, come se avesse smarrito il suo polo magnetico. Era questo che voleva diventare, quando scelse di entrare in polizia e, in seguito, diventare un detective privato? Davvero? Spiare e terrorizzare ragazzine per racimolare soldi che non gli servivano per scagionare un maniaco?
Che cazzo stava facendo?
Pregò di avere una risposta il prima possibile.
 
 
 
“Hai una faccia strana. Hai dormito bene, tesoro?”
Joyce accarezzò il volto di sua figlia, preoccupandosi nel vederla tesa e poco rilassata.
Chloe non ci badò e sfoggiò il sorriso più sincero che riuscì a ottenere dai suoi muscoli facciali.
“Certo mamma. Solo che sono in pensiero per te.”
“Per me? Sto bene. Si, non sarò la stessa di un anno fa, ma sto decisamente bene per essere una che, in teoria, dovrebbe essere morta.”
Stavolta, il sorriso di Chloe si fece più sincero di prima.
“Vorrei venirti a trovare più spesso. Stare qui più a lungo. Io mi sento così…”
“In colpa?” concluse Joyce “Non dovresti.”
Chloe si alzò in piedi e strinse le braccia al petto
“Sì, invece! Sono stata così… così stronza…. Ero costantemente arrabbiata e non volevo nemmeno provare ad accettare che tu fossi andata avanti. Sono stata così egoista con te…. Volevo impedirti di essere felice, di accettare che tu meritavi di andare avanti. Invece volevo che tu fossi con me a crogiolarti continuamente nel dolore, che mi dicessi che eravamo solo noi due contro il mondo. Non avevo più papà, non avevo più Max e mi sono aggrappata a te con violenza. Ti ho ferita troppe volte, sono stata solo una delusione di figlia.”
Chloe voleva piangere, udendosi, ma si trattenne. Joyce, invece, le sorrise
“Lo so. Non ti dirò che non è vero, perché non ti ho mai mentito, Chloe. Hai commesso i tuoi errori mentre io…. Beh forse avrei potuto ritagliare dello spazio anche per te. Ma bisognava pagare le bollette e…. volevo garantirti un tetto e la pancia piena a discapito della mia figura. Ma forse avevi più bisogno di quella che di mangiare.”
“No, non è vero: così mi stavi dimostrando che c’eri, ma ero troppo stupida e arrabbiata per accettarlo. Sono stata così cattiva con te che quando….. quando credevo che fossi morta io….”
Si risedette e adagiò la testa sulle lenzuola, lasciandosi andare a un pianto liberatorio
“Ho sprecato cinque anni di vita insieme! Se tu non fossi qui, avrei avuto questo rimpianto per tutta la vita. Ora non so come ma devo rimediare: voglio recuperare quei cinque anni, mamma!”
Joyce accarezzò teneramente la testa di sua figlia, nella speranza di rassicurarla un poco.
“Chloe, sono qui. Appena la riabilitazione sarà finita ed io starò meglio, avremo un sacco di anni per recuperare il tempo che abbiamo perso, secondo te. Io, se posso dirtelo, non credo che tu debba crucciarti troppo: ora sei adulta, hai un lavoro e un’auto e sai che Seattle non è in Europa, potremmo sempre vederci. Certo, da bambina ti sembrava lontana e irraggiungibile e t’impediva di rivedere Max ma ora che sei cresciuta, è diverso. Sarai sempre comunque vicina e potremmo sempre vederci. Vederti serena e felice e, soprattutto, così matura mi rende orgogliosa e fiera di te. Basta pensare a quel periodo: hai solo sofferto. Abbiamo solo sofferto. Smettila di farti del male, Chloe.”
La ragazza rialzò la testa, guardando la madre
“Mi sembra comunque di aver gettato via troppo tempo. Perché ero sempre cosi tanto arrabbiata, mamma?”
“Perché non mi avevi. Non avevi Max e, specialmente, non avevi più tuo padre. Per quanto possa voler bene a David, tuo padre era, anzi è, un uomo eccezionale. Uno di quelli che non pensi mai che possa capitarti nella vita. Sapeva amarti incondizionatamente e quest’amore è stato un boomerang pericoloso dal momento in cui è mancato. Ha lasciato un vuoto enorme in te, grande quanto ogni momento felice che hai passato con lui e nessuno poteva colmare quel vuoto. Forse non lo colmerai mai ma puoi sempre iniziare ad accettare quello che ti ha dato. Come ho fatto io: ho accettato e trovato qualcuno che mi amasse. Tu hai perso Max, l’unica che poteva colmare l’assenza di tuo padre in qualche modo, poi hai incontrato Rachel, che ha saputo stabilizzarti ma non calmarti abbastanza da mettere via tutta quella rabbia. Poi, grazie al cielo, Max è tornata e, non so che piani abbia avuto per voi l’universo, in quella settimana orribile avete attraversato ogni cosa ma ti ha aiutata. Anche se con i capelli blu, sei tornata a essere la mia bambina, cocciuta e risoluta ma anche dolce e capace di sorridere. So che stai tornando a essere quella che eri prima di quel maledetto giorno: lo vedo sul tuo viso. Non avere fretta, Chloe: noi siamo sempre qui e ti amiamo. Ricorda sempre cosa diceva tuo padre: tutto ciò che credi, che cerchi, che vuoi è già qui, solo sepolto nella polvere dei ricordi e delle esperienze.”
Accarezzò la guancia di sua figlia che chiuse gli occhi e si godé il contatto con il palmo della madre, afferrandole dolcemente la mano con la sua. Voleva davvero togliersi tutti quei pesi definitivamente ma, purtroppo, avrebbe potuto farlo solo dopo che avesse chiuso quella maledetta storia. Dopo che anche Max sarebbe tornata serena, senza un fottuto Jefferson tra i piedi.
 
 
 
Steph era seduta a terra, incollata al suo portatile. Si era ripresa alla grande, rispetto alla sera precedente, tremolante e spaventata sulla soglia.
Era accasciata con il sedere sul pavimento del corridoio dell’ospedale e con la schiena contro il muro.
Max era nella stessa posizione ma seduta di fronte.
Steph aveva chiesto la password del WiFi a un infermiere che, riluttante, aveva ceduto per via dell’insistenza della ragazza, che millantava un’importante ricerca per la sua tesi di laurea.
“Come va la scottatura?” chiese infine
“Mmmh?”
“Il braccio… la bruciatura…”
“Oh? Ah! Sì, pizzica ma tutto ok…”
“Sembri indaffaratissima. Hai trovato qualcosa d’interessante?”
“Una vittima che potrebbe essere parecchio utile ma che non potremmo sfruttare. Sul web è pieno di sua vignette e qualche articolo, poiché sembra stia riscuotendo un discreto successo per alcune strisce a tema familiare. Ne ho lette alcune e un paio sono buffe ma il suo punto forte è sicuramente il disegno. Si chiama Emily Wyatt e sembra che fosse una ex studentessa della Blackwell ben prima che fosse assunto Jefferson.”
“Allora perché è segnalata come sua vittima se non è una studentessa?” chiese Max
“Pare sia tornata alla Blackwell per un brevissimo periodo, non molto tempo fa. Ha tenuto un corso intensivo sul disegno o cose così, ma soprattutto era in stretto contatto con Wells essendo, leggendo online, una delle più brillanti ex studentesse dell’Accademia e presidiava spesso riunioni di ex studenti. Pare che alla Blackwell sia normale fare radunate di ex studenti che sono riusciti in qualcosa, escludendo chi ritenuto mediocre. Ma che simpatici!”
“Potrebbe aver incontrato Jefferson in quell’occasione, quindi.”
“Molto probabile. Il suo nome risulta tra le vittime certe, perciò è abbastanza sicuro che sia andata così. Nella sua biografia online viene menzionata la fotografia tra le sue passioni e tra le principali motivazioni che la spingono al disegno. Sì, direi che è anche lei potesse aver visto quello che hai visto tu in Jefferson e per lui deve essere stato semplice avvicinarla e…. beh aggiungerla alla collezione.”
“Che sfiga. Dopo quel fatto ha smesso di fare vignette, magari? Non è più riuscita a sfondare a causa del trauma, magari. Potrebbe essere una motivazione che ci tornerebbe utile se volessimo…”
“Non credo. Si era già sposata con il suo storico fidanzato, un certo Charles Eriksen e hanno avuto pure un figlio, a giudicare dalle sue foto su Facebook. Fa solo occasionali strisce che pubblica online: lei lavora come maestra d’asilo, attualmente. Credo che abbia abbandonato del tutto quel mondo, perciò strano che Wells l’abbia continuamente invitata alle rimpatriate dei fenomeni.”
Max non si diede per vinta
“Dove abita?”
“A Beaver Creek, Max. Nella zona del Willamette National…
“Ottimo! Andiamoci! Saranno…. Quante ore sono di auto? Quattro? Se è cosi pieno d’informazioni il web e la polizia non ci ha parlato, dovremmo fare un tentativo noi!”
Steph staccò gli occhi dal pc, rivolgendole uno sguardo rassegnato
“Scordatelo, Max. Ovviamente ci avranno già provato a parlarle, no? Sarà stata lei a opporsi e non voler parlare, magari per il figlio. Se non l’hanno convinta le forze dell’ordine, come pensi che possa farsi convincere da tre ragazze a malapena ventenni?”
“Noi siamo diverse! Noi siamo coinvolte in questa storia! Avrà sentito di me e Chloe, sfruttiamo questa fama a nostro vantaggio per una volta. Ti prego Steph: è la più promettente di tutte!”
 “Anche volendo, non possiamo più permetterci un buco nell’acqua. Sprecheremmo troppo tempo ad andare e tornare da Beaver Creek, tempo che potrebbe essere meglio speso con qualcuna più giovane e residente più vicino. E’ un azzardo che, vista la data del processo, potrebbe non essere così conveniente tentare.”
Max chinò il capo, arrendendosi. Aveva ragione Steph: potevano giocare con Jefferson ma non potevano giocare con il tempo a disposizione per convincere una delle sue vittime. Che schifo, che situazione orrenda!
In più, quell’aggressore si era ritirato? Le cercava ancora?
Forse dovevano davvero semplicemente lasciare stare tutto e tornarsene a Seattle e riprendere una vita normale, in attesa di sentirsi pregare per andare a testimoniare al processo e poi, finalmente, svoltare del tutto le loro vite.
La porta della camera di Joyce si aprì e Chloe sbucò fuori con la testa, fissandola
“Cambio! Max, mamma vorrebbe parlarti un attimo, se vuoi. Ti aspettiamo qui.”
Annuì.
Si rialzò, sentendo il sedere intorpidito, poi entrò in stanza di Joyce, chiudendo la porta, non accorgendosi di Chloe, estremamente meditabonda.
La signora Price la accolse con un sorriso raggiante. Stava riacquisendo colorito e forze, ma restava comunque molto fragile. Non scelse di sedersi, preferendo di restare in piedi alla sinistra del letto. Vide una mano della donna, adagiata sul fianco, e la strinse.
“Ti vedo sempre più in forma.” disse infine
Joyce allargò il suo sorriso
“Sempre gentile, vedo. So come sono messa, Max. Avevo bisogno di parlarti.”
Max annuì semplicemente e attese
“Chloe è turbata. Non le ho detto nulla perché so benissimo che negherebbe ma sono certa che lo sia. Rimane mia figlia, dopotutto. Ora, però, vedo anche te e noto la stessa preoccupazione. Che cosa sta succedendo, Max? Che vi preoccupa?”
“Nulla, Joyce. Diciamo che la passeggiata sul viale dei ricordi non si è rivelata così semplice come pensavamo. Sì, sapevamo che ci avrebbe scosse ma…. Forse abbiamo sottovalutato la cosa.” mentì prontamente Max, complimentandosi con se stessa: stava migliorando come bugiarda.
Joyce non parve convinta ma volle crederle
“Capisco. Avete visitato molti posti di Arcadia?”
“Tutto quello che era necessario visitare: il cimitero, la Blackwell, casa vostra….. il Two Wales no perché è ancora inaccessibile. Sono stati dei piccoli shock, diciamo.”
Joyce strinse affettuosamente la mano in segno di comprensione.
“Non dovete affrontare tutto questo, ragazze. Risparmiatevelo.”
“Ne avevamo necessità. E’ difficile da spiegare, però per noi era necessario rivedere ogni luogo che abbiamo vissuto e abbandonato. Eccetto il cimitero… lì volevamo solo…. Beh chiedere scusa.”
Joyce la fissò interrogativa
“Scusa? Di cosa? Per essere vive? Ma smettetela, ragazze! Non dovete mai chiedere scusa per essere ancora vive! Per quanto sia crudele nei confronti delle famiglie che hanno perso qualcuno, voi non avete colpe. Vi siete salvate e avete tentato di salvare più vite possibili. Siete solo da lodare, semmai.”
Max abbozzò un sorriso. Le seccava mentire così tanto a Joyce, anche se l’ultima parte era vera.
“Promettetemi che state e starete lontane dai guai, ok? Anche dopo che sarete tornate a Seattle.”
“Te lo prometto Joyce.”
Altra bugia.
Il senso di colpa le crebbe dentro con una velocità allarmante.
 
 
 
Chloe era appoggiata al muro e pensava.
Non aveva considerato l’idea che, con la riabilitazione di sua madre, l’avrebbe lasciata sola per tornare a Seattle.
David sarebbe entrato nel corpo di polizia di Arcadia, perciò non poteva essere sempre presente, quindi sua madre come avrebbe potuto fare? Ok, spese pagate dallo stato dell’Oregon ma…. Sarebbe stata da sola...
Max? Non voleva lasciarla a Seattle…. Ma non voleva nemmeno lasciare sola sua madre….
Dio che cazzo di casino….
Poi c’era qualcosa nelle parole di Joyce che le aveva smosso un pensiero… che aveva detto?
 
Mio padre diceva sempre qualcosa riguardo alle nostre cose sepolte sotto l’esperienza… cazzo, come faceva….. perché sta frase mi ronza in testa…. Sepolto…. Tutto quello che ci occorre, è sepolto…. È già qui…. La soluzione che ci serve è già qui, lo diceva anche Max… avevamo tutto.., avevamo tutto…
Tutto….
 
“Cazzo!” strillò “Steph?”
“Mmmh?”
“Dobbiamo andare a casa mia a verificare una cosa e poi forse a trovare una persona. Te la senti di farci da autista anche oggi?”
“Certo, ma prima dovete dare retta a me.”
Steph chiuse il portatile e fissò Chloe. Voleva dirle qualcosa ma Max uscì dalla stanza di Joyce in quel momento. Subito, Chloe scattò verso di lei e la prese per le spalle
“Avevi ragione! Mio padre aveva ragione! Cazzo, forse potrei aver capito qualcosa. Andiamo subito a casa mia!”
“Aspetta, Sherlock.” disse Steph
Le due la fissarono. Sembrava tremendamente seria e non intenzionata a dar loro retta.
“Che c’è? Non mi hai sentita? Forse so cosa fare!”
“Si Chloe, anch’io.”
“Sì, ma.....”
“No, niente ‘MA’. Stavolta seguiamo la mia pista, non la vostra. Non abbiamo tempo, altrimenti Jefferson ci fregherà. Datemi retta e fidatevi, ok?”
Annuirono. Steph apprezzò la loro collaborazione e si mise in piedi anche lei, massaggiandosi il sedere e lamentandosi
“Cazzo ho il culo insensibile. Comunque, ho controllato ancora dei nomi delle vittime. Mi sembrava sciocco insistere con quelle certe e già verificate dalla polizia che non stanno collaborando o lo fanno a malapena. Non avrebbe senso, giusto? La prova definitiva me l’ha data quell’Emily Wyatt, in pratica la vittima perfetta che potrebbe rovinare uno come Jefferson ma se nessuno ci ha cavato un ragno dal buco con lei, non vedo come potremmo aver avuto successo noi. Perciò ho ristretto il campo a quelle non ancora confermate ma, ovviamente, il numero era troppo alto. Quindi serviva una selezione e, notando che sono forse in ordine temporale dato che le ultime quattro lo sono e le conoscevate benissimo, sono andata a ritroso e….BINGO! Vi dice nulla il nome Laureen Lantz?”
Max e Chloe scossero la testa. Max ricordò che era due o tre nomi sopra quello di Rachel ma null’altro.
Steph sogghignò. Aprì il portatile e lo porse alle due: era su una pagina Facebook e, a quanto pare, proprio di Laureen Lantz.
“Nemmeno se vi dicessi che è di Tillamook e lavora come cameriera part time al Fisherman Hotspot di Bay City?” aggiunse la brunetta, mentre le altre due spalancavano la bocca nel vedere il volto della ragazza in foto nella sua pagina social: lo stesso volto che Chloe aveva identificato come una rivale in amore solo poche mattine fa.

 
 
 
   
 
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