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Autore: Lady I H V E Byron    27/02/2021    0 recensioni
(DescendantsXKingdom Hearts crossover)
Auradon è stata distrutta da creature oscure chiamate Heartless: i sopravvissuti decidono di divenire custodi dell'arma chiamata Keyblade per difendere ciò che è rimasto loro. Ma dovranno superare una prova...
(Un AU in cui gli eventi ed i personaggi di "Descendants" si incrociano con quelli di Kingdom Hearts. Un AU dove i personaggi di Descendants hanno vissuto nei mondi dei loro genitori fino ad essere condotti o abbandonati da essi su Auradon o nell'Isola degli Sperduti. Un AU dove Auradon non è un regno, ma un mondo. Un AU in cui, ad ogni capitolo, verrà raccontata la storia di ognuno dei personaggi principali di Descendants.)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Organizzazione XIII, Riku, Sora, Terra, Yen Sid
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note dell'autrice: mancano altri due Descendants! XD



 
Jane's Dive Into The Heart

https://www.youtube.com/watch?v=yq_9-uJOCGs

Jane non era portata per le armi. E meno di tutti si sentiva idonea di divenire Custode del Keyblade.
Ma Carlos aveva esposto una tesi convincente: proteggere ciò che rimaneva loro.
Questo l'aveva convinta almeno a tentare il Tuffo Nel Cuore.
Se non fosse stata ritenuta idonea, forse Yen Sid l'avrebbe fermata. Ma non l'aveva fatto.
Anzi, l'aveva persino esortata a tentare il Tuffo Nel Cuore.
Aveva letto, nel suo cuore, i dubbi, i sensi di colpa del giorno in cui, inconsapevolmente, aveva attirato Malefica ad Auradon.
Il Keyblade l'avrebbe fortificata, soprattutto nello spirito.
-Possa il vostro cuore essere la vostra chiave guida.-
Non aveva detto molto sul Tuffo nel Cuore, con l'eccezione di questa frase.
Basandosi sui propri studi, Jane sapeva che era la frase con cui si rivolgevano gli antichi Custodi del Keyblade.
Ma, ormai, nessuno conosceva più quella frase. Con l'eccezione dei maghi che componevano il Concilio.
Jane doveva scoprire da sola, quale fosse effettivamente la sua chiave guida. E come il suo cuore poteva condurvela.
Ci stava pensando, mentre sprofondava nel buio.
I suoi occhi erano tra il chiuso e l'aperto. Rivolti verso una luce in rifrazione, come se fosse sott'acqua.
I lunghi capelli castani le solleticavano le orecchie e le guance.
Quella luce si allontanava sempre di più.
A quel punto, rivolse la testa verso il basso, lasciando che il suo volto venisse illuminato da un'altra luce, sottostante.
Una piattaforma. Il colore dominante era il cobalto chiaro.
Vi era raffigurata lei, con gli occhi chiusi. Ed accanto, in immagini più piccole, notò alcune delle persone a lei care: sua madre Smemorina, suo padre Merlino, Carlos, Chad, Doug. E anche una ragazza incappucciata. Era impossibile notare il volto.
La sua luce illuminava gli occhi glaciali, come fossero uno specchio.
Vi atterrò sopra, con delicatezza.
Intorno a lei vi era solo il buio.
-Bibbidi bobbidi...- mormorò lei, quasi impallidendo.
Era da sola. In un luogo sperduto. Un lieve senso di timore si impossessò del suo cuore.
E non solo timore...
Le sue mani stavano già tremando. Dalla paura, dal dubbio, dall'incertezza.
“Sarò degna di possedere un Keyblade?” pensò “E se venissi di nuovo inghiottita dall'Oscurità? O se non tornassi più nel mondo reale?”
Alzò lo sguardo, quasi sobbalzando.
-Carlos?!-
Il suo Carlos. Con il suo sguardo dolce e premuroso. Era impensabile che fosse figlio di una donna che avrebbe ucciso dei cuccioli innocenti per una pelliccia e di un membro dell'OrganizzazioneXIII.
Corse da lui, con il sorriso sulle labbra.
-Cosa fai qui? Non dovresti essere anche tu sottoposto al Tuffo?-
Allungò una mano per prendere la sua. Ma vi passò attraverso.
Aprì la bocca, dallo stupore, ed il suo cuore sussultò.
Nessun libro di storia dedicato al Keyblade aveva mai descritto dettagliatamente il Tuffo nel Cuore.
Era una prova cui venivano sottoposti i futuri possessori del Keyblade, ma non veniva mai riportato altro. Era un segreto.
Persino Yen Sid non era stato esauriente al riguardo.
Questo aveva messo Jane a disagio. Lei doveva sapere. Sarebbe stata più tranquilla.
Si sentiva esattamente come se qualcuno l'avesse improvvisamente spinta in acqua per imparare a nuotare.
Solo di una cosa era certa: che la persona di fronte a lui non era Carlos.
-Di cosa hai più paura?-
Jane assunse uno sguardo confuso. Si limitò a sbattere le palpebre una volta.
-Ehm...- iniziò.
Di troppe cose aveva paura. Una più di tutte.
-Non essere all'altezza del mio futuro compito di protettrice di Auradon, e deludere i miei genitori.-
Il compito che avrebbe ereditato dalla madre.
Aver attirato Malefica e Gambadilegno ad Auradon non le aveva dato la prova di esserne degna.
Non aveva cambiato parte. Era stato un incidente. Dovuto alla sua vanità.
Non passava giorno senza provare imbarazzo, al solo ricordo.
Ma perché quel ricordo non pesava più come prima? Non sentiva più la pesantezza nel suo cuore. Anzi, sentiva il suo cuore più leggero. Come se, in modo o in un altro, avesse superato quel momento.
Ma come?
La stessa domanda che si poneva su Carlos. Era lui che si era avvicinato a lei, e le aveva proposto di uscire e farle da accompagnatore al cotillon in onore di re Ben.
Lei, presa dai dubbi e dall'indecisione, avrebbe dovuto rispondere di no, insieme a tante scuse. Ma ricordava di aver accettato, e convinta, tra l'altro.
Cosa l'aveva spinta ad accettare? Non lo ricordava più.
Dal suo risveglio da umana, sentiva un vuoto nel suo cuore. Come se mancasse qualcuno.
Tutta la popolazione di Auradon era scomparsa. Erano sopravvissuti solo in tredici. Tutte persone vicine a Jane. Ma mancava comunque qualcuno.
Jane non riusciva a ricordare chi fosse. Il suo volto o il suo nome. O i ricordi legati ad esso.
Come se fosse svanito nello stesso modo in cui “Carlos” era svanito di fronte a lei.
Al suo posto, era apparso un sentiero fatto di vetro colorato. Conduceva verso un'altra piattaforma, uguale alla precedente.
I suoi passi riecheggiavano nel buio, nonostante procedesse in modo cauto.
Quel luogo la inquietava sempre di più. Percepiva il costante timore di essere aggredita da un abitante dell'Oscurità da un momento all'altro.
Non aveva ancora un Keyblade. Non poteva difendersi.
Raggiunse, illesa, la seconda piattaforma. Una seconda persona la stava attendendo.
-Mamma?!-
La fata Smemorina.
Aveva lo stesso sguardo che aveva Carlos. Dolce, rassicurante, ma vuoto.
-Cos'è più importante per te?-
Un'altra domanda. Almeno non era costretta ad affrontare nemici, o Heartless.
Lo scontro diretto non era il suo forte.
Ma sperava che ottenere il Keyblade l'avrebbe almeno fortificata nello spirito. Non le importava di combattere.
Si morse il labbro inferiore, guardando da un'altra parte.
-Mi basta sapere di non essere da sola.- rivelò -Che qualunque cosa faccio o farò, avrò sempre il sostegno e la compagnia dei miei amici. Non voglio più restare da sola. I miei amici sono il mio potere.-
Sapeva che era una frase dell'Eroe del Keyblade, Sora. Anche lei lo ammirava. E si rivedeva, in quella frase.
Il suo momento di debolezza, quando, spinta dalla vanità, aveva rubato la bacchetta della madre per cambiare aspetto ed essere più bella, era proprio dovuto alla sua solitudine.
La solitudine l'aveva resa più debole e vulnerabile. Se Chad o Doug le fossero rimasti vicino, anziché seguire Evie, non sarebbe stata indotta in tentazione; di conseguenza, non avrebbe attirato Malefica ad Auradon.
Anche se in quel momento, in quel luogo, era da sola, sapeva di non esserlo davvero. Al suo risveglio nella Città di Mezzo temeva di essere di nuovo da sola: fu sorpresa di rivedere i suoi amici.
Con loro, sentiva di poter fare qualsiasi cosa, persino viaggiare in tutti i mondi.
Anche sua madre svanì.
Raggiunse la terza piattaforma.
La persona che la stava attendendo portava un cappotto nero con il cappuccio alzato.
Jane, lì per lì, si allarmò: una persona che indossava un cappotto simile era dell'OrganizzazioneXIII.
Cosa ci faceva un membro dell'OrganizzazioneXIII nella sua prova? O meglio, nel suo cuore?
-E tu chi... sei?- domandò, infatti, avvicinandosi un po' circospetta.
Non provò vero timore o malafede: stava, invece, provando una sensazione di rilassatezza, confidenza, fiducia.
Come se, effettivamente, la conoscesse.
Dall'interno del cappuccio si intravedeva solo la bocca. E una ciocca di capelli neri.
-Cosa ti aspetti dalla vita?-
Era la voce di una ragazza.
Jane si morse entrambe le labbra, mentre pensava alla sua risposta.
Poi sospirò, con aria triste.
-Vorrei trovare un modo per dimostrare che posso essere degna di proteggere Auradon, ed ereditare il ruolo di protettrice da mia madre.- rispose, con voce lieve -Lo so, ho commesso uno sbaglio, ma sono pronta a rimediare. E so che mi servirà il Keyblade, per farlo. Se sono degna di possederne uno, allora sarò anche degna di aiutare Chad, Ben ed Audrey a ricostruire Auradon.-
La ragazza incappucciata svanì, sorridendo. Mentre svaniva, Jane notò un altro particolare, di quella ragazza: da dentro il cappuccio, intravide due grandi occhi blu.
Non aveva memoria di lei. Ma qualcosa, nel suo cuore, aveva vibrato, alla sua vista. Come se avesse incontrato una persona che non vedeva da tanto tempo.
Tre piattaforme, tre persone, tre domande.
Ecco la prima parte del Tuffo nel Cuore.
Jane era tentata di appuntarlo, una volta tornata nel mondo reale, per le nuove generazioni. Ma era cosciente della sua segretezza. Avrebbe fatto parlare la voce della ragione e tenerlo segreto.
A mezz'aria, stava fluttuando qualcosa: un giglio bianco, trasparente, etereo.
Jane lo fissò, ammaliata dalla sua bellezza.
-Com'è bello...- mormorò, allungando una mano, per prenderlo sullo stelo.
-Sei a metà del tuo viaggio, Jane.-
Quella voce la fece sobbalzare e scattare all'indietro, lontana dal fiore.
-Chi c'è?!-
C'era solo lei. Quella voce stava riecheggiando nella sua mente.
-Ciò che ti ha spinto ad attirare l'Oscurità ad Auradon non è stata la tua vanità, ma il tuo senso di inadeguatezza, di inferiorità.-
Quel ricordo pungente... ancora gravava nel suo cuore. Un sassolino, non un masso.
-Non riesco a liberarmene.- confessò, a voce bassa -E non posso cambiare il passato. Cosa posso fare, dunque, per dimenticare quello che ho fatto?-
-Hai già superato quel momento.- rivelò quella voce -Con l'aiuto di una persona. Solo che non lo ricordi.-
Quella rivelazione illuminò Jane.
-Con l'aiuto di una persona...?- disse, incredula -Chi?-
-I ricordi connessi sono spariti con la scomparsa di questa persona. Ma il tuo cuore ancora ricorda.-
Aveva dunque dimenticato, quindi? Si era dimenticata di una persona? La stessa persona che, da come diceva quella voce, l'aveva aiutata a rimuovere il peso della sua colpa? Ecco perché non sentiva più quel peso, nel suo cuore.
Perché l'aveva dimenticata? Se era importante, per lei, non doveva scomparire dalla sua memoria.
Tuttavia, non era del tutto sparita dal suo cuore. Jane iniziò a comprendere la presenza della ragazza incappucciata: era forse lei la persona di cui si era dimenticata?
-Il tuo cuore si è alleggerito da quel ricordo, ma vi è ancora un'ombra attaccata al tuo cuore. Sta a te decidere se e come estrarla.-
-Come?-
Era apparsa una porta, al centro della piattaforma.
-Prosegui. Non avere timore. Il tuo cuore è la tua arma più forte. Affidati ad esso, e non perderai.-
La voce tacque, infine.
Jane era rimasta di nuovo sola.
Le domande erano la prima parte del Tuffo, dunque, pensò. Cosa le sarebbe accaduto, una volta superata quella porta?
La sua vera prova sarebbe iniziata non appena avrebbe varcato la soglia.
Si guardò indietro: il sentiero era svanito. Come le piattaforme precedenti.
Non aveva altra scelta che proseguire.
Si morse il labbro inferiore, fece un respiro profondo e mise una mano su una delle maniglie della porta.
Questa si aprì al suo tocco.
Uno spiraglio di luce colpì uno degli occhi glaciali di Jane, che chiuse eseguendo un movimento scattante della testa.
Era una luce davvero accecante. Forse rimanere nel buio a lungo l'aveva disabituata alla luce, ipotizzò.
Ma era persino più brillante di un sole in una giornata serena.
Tuttavia, doveva entrare.
Lasciò che i suoi occhi si abituassero almeno un poco a quella luce.
Proseguì, tenendo le palpebre socchiuse.
Durò un attimo.
La luce era sparita non appena aveva varcato la porta.
Si accorse di essere dentro una stanza. La sua stanza.
Ma non quella della Città di Mezzo. Quella di Auradon.
Auradon. Il suo mondo natio. Casa sua.
Sgranò gli occhi dalla sorpresa.
-N-non è possibile!- esclamò, incredula.
Si guardò intorno, mentre il cuore le batteva a mille.
Il suo letto, il suo armadio, la sua scrivania, tutto perfettamente in ordine, come lo aveva lasciato.
-Sono a casa.-
Si permise di sdraiarsi sul suo letto, con le braccia aperte, con un sospiro di sollievo.
Troppe emozioni in un giorno solo.
Chiuse gli occhi per un solo attimo. Poi li riaprì.
-Ho sognato tutto, allora.- mormorò, rilassandosi e sorridendo -La distruzione di Auradon, il mio risveglio nella Città di Mezzo, la mia visita a Yen Sid per ottenere un Keyblade...-
Sarebbe stato più facile, per lei, credere che tutto quello che aveva vissuto fino ad allora fosse stato un sogno. Un brutto sogno.
Era l'ipotesi più plausibile, dato che si era sdraiata sul letto.
Guardò sul comodino, alla ricerca della sua sveglia.
-Strano, non ha suonato.- impallidì -Oh, no! Da quanto mamma mi starà aspettando?! Devo muovermi!-
Saltò giù dal letto, correndo verso la porta.
La vita era monotona, ad Auradon, ma almeno era al sicuro. Senza il timore di un'aggressione da parte degli Heartless.
Sperò che oltre quella porta ci fosse il corridoio che conduceva all'ufficio di sua madre.
Ma i suoi occhi videro tutt'altra realtà.
-No... no... no... Non era un sogno...-
Gli occhi di Jane iniziarono ad inumidirsi.
Non era entrata nel corridoio. Era dentro un'altra stanza.
La testimonianza della dura realtà che la stava circondando.
-Sono ancora nel Tuffo nel Cuore.- ammise, a se stessa, mentre lasciava che le lacrime le rigassero le guance; ancora non riusciva a credere di aver perduto per sempre la sua casa -Auradon è stata distrutta. Vaga nell'Oscurità. E noi siamo gli unici sopravvissuti. Per colpa mia. Se stiamo sostenendo questa prova, è solo per colpa mia. Perché tormentarmi con ciò che non potrò più ottenere?! Che razza di prova è questa?!-
Era una stanza molto grande, quella in cui era entrata.
Piena di specchi.
Jane avrebbe voluto rimanere in quella stanza, un tempo camera sua.
Ma non poteva. Voleva, ma non poteva.
Non sarebbe stata come la sua vera casa. Nessun posto è come casa propria, si dice.
Inoltre, la porta dalla quale era uscita era sparita. Era rimasto solo un muro in pietra.
Jane non aveva altra scelta se non proseguire.
Quegli specchi, però, le incutevano timore.
Fece un passo in avanti, voltandosi involontariamente verso uno specchio alla sua sinistra.
Una figura stava assumendo la sua stessa posizione. Ogni movimento che Jane faceva, lo faceva anche il riflesso nello specchio.
Ma non era Jane: era una creatura orrenda. Naso enorme aquilino, dalla corporatura talmente massiccia che i suoi abiti, probabilmente di seconda mano, stringevano il suo corpo.
Jane provò a scuotere la testa, ondeggiando i boccoli bruni. La figura allo specchio non riusciva nemmeno a muovere la matassa di capelli crespi e unti che aveva sulla testa.
Ma gli occhi, sebbene contornati da profonde occhiaie, avevano lo stesso colore di quelli della ragazza. Anche i capelli.
Jane stava osservando quel riflesso con orrore.
Esso, invece, stava sorridendo.
-Dimmi, Jane...- stava parlando; aveva la sua stessa voce -Ne è valsa la pena?-
Aveva compreso dal primo momento in cui si era specchiata, chi stava osservando di fronte: un'ombra del suo passato. Come si vedeva, effettivamente, allo specchio.
Ogni volta che osservava le abitanti di Auradon, principesse, nobili, così belle, raffinate, perfette, correva in camera sua e si guardava allo specchio. In confronto a loro, si vedeva esattamente come la creatura al di là dello specchio.
Il respiro di Jane si affannò.
-Attirare l'Oscurità ad Auradon per vanità ne è valsa davvero la pena, Jane?-
Jane scosse la testa, indietreggiando. Stavolta il riflesso non si mosse.
-No... tu non sei reale... Sei nella mia mente. Tu non esisti!-
-Hai ragione, non esisto. Ma quello che hai fatto è reale. Tutto perché ti sentivi brutta? Non devi sorprenderti se i nostri genitori sono delusi di te.-
-No,no,no... è solo un'illusione, è solo un'illusione...-
Jane era scappata da quello specchio, per cercare un'uscita, facendosi strada tra gli innumerevoli specchi che la ostacolavano. In tutti vi era riflessa lei, come era solita vedersi, in passato, brutta, orrenda e grassa.
-Traditrice!-
-Vanesia!-
-Hai attirato l'Oscurità nel nostro mondo!-
-Non meriti di proteggere Auradon!-
I riflessi le stavano parlando, torturandola con il suo crimine.
Jane cercava in tutti i modi di ignorare quelle voci, di non incrociare il suo stesso riflesso. Ma erano tutti intorno a lei, con il dito puntato in avanti.
Ogni accusa gravava nel suo cuore.
Era impossibile trovare un'uscita: intorno a lei si era creato un labirinto di specchi. Era come essere circondata da se stessa.
Il tempo sembrava rallentare, mentre correva, terrorizzata, in mezzo a tutti quei riflessi.
Le mancava il respiro, e le lacrime stavano tornando.
Scansò un ultimo specchio. Improvvisamente, si era ritrovata in un angolo buio. Un vicolo cieco.
C'erano solo lei, e una fievole luce provenire dall'alto.
Riuscì, almeno, a riprendere fiato.
Il suo crimine stava tornando a gravare nel suo cuore. La voce aveva detto che era riuscita a superare quel momento. Allora perché quella sensazione stava tornando?
La sensazione di colpa, di delusione verso se stessa. E aver deluso le persone intorno a lei.
Sentì dei passi alle sue spalle, un'ombra che stava occultando la luce.
Jane si voltò; una mano piena le strinse la gola.
Il riflesso era diventato reale.
Ciò che era solita vedere allo specchio era lì, davanti a lei: una ragazza grassa, brutta, con il naso grosso, i capelli sempre fuori posto, e due fila di denti storti.
Stava osservando quella vera negli occhi, con ira.
-È valsa la pena distruggere il nostro mondo per un desiderio di vanità, Jane?!-
Jane urlò, chiudendo gli occhi.
Si aspettava un colpo, un pugno, unghie che le laceravano il volto.
Niente.
Non accadde niente.
-Ti prego, non farmi del male...- mormorava continuamente, a bassa voce, ancora con gli occhi chiusi, le spalle curve e le mani strette a pugno di fronte al volto.
Non si era accorta che niente, ormai, stringeva la sua gola.
Riaprì gli occhi. Era da sola.
E non più nell'angolo buio. Era in un luogo spazioso. Molto spazioso.
Con un ampio ed alto soffitto. Tre navate, di cui la centrale era la più larga. E grandi vetrate che raffiguravano le Sette Principesse della Luce.
Jane rabbrividì: era la Cattedrale di Auradon. Lo stesso luogo dove lei aveva consumato il suo crimine, nel giorno dell'incoronazione dei tre sovrani.
Un impeto di pazzia si era impossessato di lei, spingendola a rubare la bacchetta magica della madre.
Rivisse quel momento, per un attimo.
“FAMMI DIVENTARE BELLA O LO FARÒ DA SOLA!”
Quella frase ancora riecheggiava nella sua mente. Era come un'eco, che la torturava.
In quel momento sembrò riecheggiare nelle mura della cattedrale.
Il suo respiro si mozzò. Era pronta? Non era pronta?
Neppure lei ne era sicura.
Ma doveva andare avanti. Non poteva tornare indietro.
Avrebbe ottenuto il Keyblade o sarebbe rimasta imprigionata nel suo cuore per sempre.
Decise di fare un passo in avanti.
-Ok... niente di strano è ancora accaduto...- mormorò, principalmente per tenersi compagnia.
Procedeva a passi lenti, ma titubanti.
Canticchiò qualcosa, per farsi coraggio, la canzoncina che cantava il padre ogni volta che lanciava un incantesimo.
Ripensare a suo padre la fece sorridere. Specie quando faceva innervosire Anacleto di proposito per farla ridere.
Gli invidiava la serenità ed ottimismo che provava in ogni momento, anche in quelli critici.
Avrebbe tanto voluto essere come il padre.
Entrambi i suoi genitori erano coraggiosi, ed affrontavano qualsiasi cosa con il sorriso sulle labbra.
Non comprese da chi potesse aver preso la sua attitudine a scoraggiarsi facilmente.
Pensò a sua madre, inoltre, ed a quanto l'avesse delusa, quel giorno.
Quando le aveva strappato la bacchetta dalle mani, ed essa aveva iniziato ad impazzire.
Le aveva riconosciuto l'ombra di Oscurità nel cuore. Questo aveva attirato Malefica e Pietro.
Non si era accorta di essere vicina alla fine della navata, immersa come era nei ricordi.
C'era una piccola scalinata, che conduceva ad un tavolo con sopra una campana di vetro.
E dentro quella campana di vetro... c'era la bacchetta di sua madre. La bacchetta che garantiva la protezione di Auradon dall'Oscurità. O così dicevano.
Non aveva impedito l'avanzata degli Heartless.
A causa sua e della sua vanità.
Rimase ferma, a fissare quella bacchetta senza sbattere le palpebre.
Di nuovo un'altra fitta alla testa: di nuovo quella visione. E di nuovo quella frase.
-No! No, no, no...!- mormorava, cercando di scacciare quella sensazione. Provava imbarazzo, tanto imbarazzo e delusione verso se stessa.
La futura protettrice di Auradon che aveva rubato la bacchetta della madre per un bisogno egoistico... Nessuno l'avrebbe più ritenuta idonea per il suo compito.
Richiuse di nuovo gli occhi, scacciando quei pensieri. Espirò dalla bocca.
Riprese la calma.
Non aveva idea di cosa la stesse aspettando. Restava ferma, a fissare la bacchetta.
-Sei stata la mia rovina...- mormorò -Ma un giorno diventerai la mia salvezza... forse.-
Un giorno sarebbe spettata a lei.
Ma, attualmente, il suo obiettivo era ottenere un Keyblade. Ma cosa doveva fare?
Sospirò di nuovo, mentre il suo piede prendeva la via del primo scalino.
-Non avvicinarti a quella bacchetta!-
Una voce femminile, anziana, furibonda.
Proveniva dall'ingresso della cattedrale.
Jane si voltò di scatto: un mago dalla lunga barba bianca ed una fata un po' grassottella stavano procedendo lungo la navata centrale.
I suoi genitori: Mago Merlino e la Fata Smemorina.
Avevano lo sguardo serio, deluso.
Lei, invece, era pallida.
-Mamma...? Papà...? Ma come...?-
Altre sagome comparvero dal nulla, tutti vicini a lei.
-Un traditore non merita quel potere.-
Ogni membro del Concilio dei maghi la stava circondando.
Lei cercò di indietreggiare, sempre più pallida.
Si aspettava di inciampare sulla scalinata, ma la sua schiena toccò qualcosa; una veste blu e una lunga barba grigia. E due occhi grandi che la fissavano severi e delusi.
-Maestro Yen Sid?!- esclamò, sorpresa -Cosa... voi qui?!-
Lui evitò la sua frase: le sue parole erano mute alle sue orecchie.
-Sei un disonore per tutti noi.-
La voce di Yen Sid era ancora più terrificante di quella dei suoi genitori. E le sue parole erano più taglienti.
Jane era imprigionata; non aveva via di fuga. L'intero Concilio, tra cui i suoi genitori, si chiusero intorno a lei, rivolgendole parole velenose ed umilianti.
-Vergogna!-
-Se fossi stata più forte non avresti attirato l'Oscurità ad Auradon!-
-Ti sei lasciata tentare dalla vanità! Non meriti di divenire la protettrice di Auradon!-
-Auradon è sparita per colpa tua!-
-Traditrice!-
-Corrotta!-
Umiliazioni che un tempo non faceva che ripetere a se stessa, come pensava di essere, ormai, per gli abitanti di Auradon: una delusione. Aveva commesso uno sbaglio enorme. Aveva portato Malefica ad Auradon, rischiando di farla cadere nell'Oscurità.
Se Mal non si fosse battuta contro di lei, ed i tre sovrani, con l'aiuto della Fata Smemorina, non avessero usato la Luce dei loro cuori per cacciarla via, Auradon sarebbe già un regno oscuro.
Ma l'equilibrio era già stato compromesso. Jane aveva aperto uno spiraglio, intorno alla barriera di Luce che proteggeva il mondo dall'Oscurità: Uma e la sua brama di vendetta, Audrey e la sua caduta nell'Oscurità, e il matricidio di Carlos non avevano fatto che allargare quello spiraglio. Di conseguenza, Auradon era svanita, come i suoi abitanti.
E le parole dei maghi nei suoi confronti le straziavano il cuore. Cercò di tapparsi le orecchie, ma non riuscì a trattenere le lacrime. Sentiva ugualmente le loro parole di diffamazione.
-Basta... basta... basta...- mormorava. Stava per cedere. Quelle parole stavano indebolendo il suo cuore e la sua determinazione ad ottenere un Keyblade.
D'altronde, pensò, come poteva una persona che aveva fatto cadere il proprio mondo nell'Oscurità ottenere un'arma come il Keyblade? Un'arma che doveva proteggere la Luce, non estinguerla.
Poi, si ricordò di un fatto che sia sua madre che Yen Sid avevano raccontato: Riku, uno degli attuali custodi del Keyblade, aveva ceduto all'Oscurità e fatto sprofondare il suo mondo in essa. Inoltre, si era messo dalla parte di Ansem, per diventare più forte, da quanto aveva rivelato Mal. Ma lui, a differenza di Jane, aveva scelto di sua spontanea volontà di cadere nell'Oscurità e distruggere il suo mondo.
Ciononostante, si era pentito del suo gesto. Per rimediare al suo errore, aveva chiuso Kingdom Hearts e si era battuto al fianco di Sora contro Xemnas, liberando i cuori imprigionati nel Kingdom Hearts artificiale. E per farlo, aveva usato un Keyblade.
Non poteva tornare indietro. Ma poteva cambiare suo il futuro.
Lo stesso doveva fare Jane.
-Io ho sbagliato...- mormorò, riaprendo gli occhi, umidi dalle lacrime.
Alzò la testa.
-Ho sbagliato a cedere alla vanità.- riprese -Se potessi tornare indietro nel tempo, non ripeterei quell'errore. Ma non posso. Come non posso stare a rimuginarci sopra per tutta la vita. Non sento più quel peso nel mio cuore. La voce mi ha detto che l'ho superato quel momento, anche se non riesco a ricordarlo. Ma l'ho superato, questo vuol dire che ho imparato la lezione.- osservò i suoi genitori -Mamma, papà, se foste veramente voi, mi direste che si impara più dai fallimenti che dai successi. Soprattutto tu, papà, che combini sempre un sacco di pasticci...-
Il mago che stava osservando non era il sereno e sorridente Merlino: faceva strano vederlo con quello sguardo serio e deluso. Sapeva che non era il suo vero padre. E quel brontolone di Anacleto non era con lui.
Poi si voltò verso Yen Sid. Lo sguardo torvo era proprio suo tipico. Si sentì lievemente intimorita.
Deglutì.
-E voi, maestro Yen Sid, mi avete dato un'opportunità di rimediare al mio errore.- disse, seppure con voce tremante -Mi avete permesso di sostenere questa prova, per ottenere un Keyblade. E io l'ho colta al volo.-
Scostò la testa: la sua attenzione era rivolta alla bacchetta.
Qualcosa, nel suo petto, la stava attirando ad essa. Le diceva di prenderla.
Si ricordò delle parole del vero Yen Sid, prima del Tuffo nel Cuore.
-Possa il tuo cuore essere la tua chiave guida.-
In quel momento, il suo cuore le stava parlando. Le stava dicendo di prendere la bacchetta. Come quel giorno. Ma non per lo stesso fine di allora.
Ascoltò e seguì le sue parole, senza indugi. Scostò Yen Sid, salendo, di corsa, la scalinata che la separava dalla campana di vetro.
I maghi si allarmarono.
-Non toccarla!- le ordinarono, pronti a scagliare le proprie magie.
Ma lei non si fermò: alzò la campana di vetro, lasciandola cadere sul pavimento, e prese la bacchetta al suo interno, puntandola verso i maghi.
Mai, prima di allora, ebbe più fiducia in se stessa. Persino lei ne fu stupita.
-Sono stata allontanata da tutti, per l'errore che ho commesso! I miei amici mi ignoravano!- esclamò, determinata -Non era mia intenzione attirare Malefica ad Auradon. Volevo usare la magia per un desiderio superficiale! Ero così ossessionata da voler essere bella come le altre ragazze di Auradon, che ho chiuso gli occhi di fronte a ciò che conta davvero! Tutti noi compiamo degli sbagli! Io sono pronta a rimediare al mio! Voglio un Keyblade per difendere ciò che mi rimane, per essere utile a Ben, Chad ed Audrey, per poter finalmente dimostrare le mie qualità! Perché lo voglio! Il mio cuore lo vuole!-
Il Concilio stava già salendo il primo scalino, ignorando le sue parole, sguardo ancora più minaccioso verso di lei.
-Non meriti quel potere!- le dissero.
Jane non vi diede peso. Al posto delle lacrime, c'era uno sguardo deciso e determinato, sul suo volto.
Agitò la bacchetta.
-Bibbidi bobbidi bu!-
La punta era diretta all'intero Concilio. Non era impazzita. Non emise scintille.
Un raggio di luce, disegnando delle curve per aria, si posò su ogni mago, tramutando ognuno in pura luce.
Tante piccole luci si unirono alla luce della bacchetta. Essa si illuminò completamente, divenendo una sfera luminosa.
Divenne più grande, assumendo una forma particolare, di una chiave gigante.
Jane aprì la bocca dallo stupore, non appena si manifestò completamente: l'asta era uguale alla bacchetta che impugnava un istante prima. L'elsa ricordava un fiocco rosa. E come lama aveva una “J” decorata con un altro fiocco, più piccolo.
Era davvero grazioso.
Dallo stupore, la bocca di Jane si allargò in un sorriso.
-Ce l'ho fatta...- mormorò, prima di saltare dalla gioia -CE L'HO FATTA!-
Persino il suo petto si era fatto più leggero. Si era liberata di un peso.
Il Keyblade aveva scelto lei. Si era dimostrata degna. Il suo errore era stato perdonato.
E lei era riuscita a perdonare se stessa.
Era pronta a rimediare al suo gesto, e finalmente rivelarsi utile per i suoi amici. E, soprattutto, poter dimostrare alla madre di essere in grado di ereditare il suo ruolo di protettrice di Auradon.
-Ti sei liberata dell'ultimo granello del tuo macigno nel tuo cuore, Jane.-
La voce. Era tornata.
-Lei sarebbe fiera di te.-
“Lei”.
La ragazza incappucciata che aveva incontrato nella Stazione del Risveglio.
La persona che era riuscita a farla uscire dalla sua depressione e alleviato il suo senso di colpa per il suo crimine contro Auradon.
-Tu sai chi sia quella ragazza?- domandò curiosa, ma anche un po' allarmata. Forse per il timore della risposta.
-Lei ti ha aiutato quando ne avevi più bisogno. Ma anche tu hai aiutato lei. Purtroppo, la sua esistenza era precaria nel nostro mondo. Con la sua scomparsa, anche i ricordi su di lei sono spariti, non solo dalla tua mente, ma anche da quella delle persone cui era circondata. Se senti il tuo cuore più leggero è anche grazie a lei.-
Jane tentò di nuovo. Niente. Vuoto nella sua memoria.
Ricordava l'invito di Carlos al cotillon, l'organizzazione di esso, i suoi momenti di solitudine dopo l'incoronazione dei tre sovrani... ma ricordava di essere da sola.
C'era davvero qualcuno con lei, in quei momenti? Davvero qualcuno l'aveva aiutata con il cotillon e ad avere più fiducia in se stessa?
Aveva fatto così tanto per lei, che non poté fare a meno di sentirsi ingrata, nel non ricordarsi di lei.
-La rivedrò?- domandò, con un cenno di speranza nella sua melanconia.
-Tempi avversi si stanno avvicinando, Jane. Voi non siete pronti, ma il vostro aiuto verrà richiesto, per sostenere la Luce nella sua battaglia contro l'Oscurità. Incontrerete nemici, ma anche amici. Il suo ritorno farà combaciare i tasselli mancanti. E dovrete essere tutti pronti per la tempesta che sta per arrivare. Ciò che hai affrontato o provato in precedenza non ha eguali.-
Era arrivata fin lì. Tanto valeva proseguire.
Jane non si sarebbe più fermata di fronte a niente. Aveva il Keyblade, aveva riottenuto fiducia in se stessa e sconfitto il suo senso di inadeguatezza.
-Sono pronta.- disse.
In quel momento, ogni vetrata della cattedrale si frantumò. Frammenti di vetro erano sparsi per tutte le navate. La forza proveniva dall'esterno.
Persino il portone si aprì. Un vento potente scaraventò Jane verso la vetrata più grande, alle sue spalle.
Lei volò, urlando, dimenando le braccia e le gambe.
Era tornata nel buio.
La sua prova era conclusa.
L'ultima ombra del suo passato era stata sradicata dal suo cuore.


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"They all told me I should back down
Judgin' me 'cause of my background
Thinkin' 'bout changing my path now
Nah, I ain't goin' out like that now"
   
 
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