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Autore: Alarnis    28/02/2021    4 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Veramente non ho capito cosa vorresti fare?” chiese in tutta franchezza Braccioforte, curioso perché un giovane in fuga fosse finito proprio nelle terre di chi lo aveva messo al bando, visto che Rocca Lisia era ora disponibilità dei Montetardo. Moros non poté dargli torto, mentre le loro voci si confondevano con quelle interne alla locanda, che visti i molti spifferi, fuoriuscivano come fossero accanto a loro.
“E’ questo il motivo per cui cerchi Ludovico…” indagò Braccioforte, continuando a ragionare, l’indice alla fronte. “Vorresti entrare a Rocca Lisia.” disse quasi completamente sicuro; gli occhi fattisi grandi e tondi nel’aggiungere “Segretamente.” il suo volto divenne scuro e pensieroso, ma si capiva a cosa pensasse: per rubare qualcosa, uccidere qualcuno, cose che disapprovava in pieno.
“Tu hai lavorato per Iorio e Ludovico.” incalzò Moros “Gli sei sempre stato fedele.” esplose entusiasta “Scommetto che mi potresti aiutare!”. Moros si sentì leggero come un soffione in volo e, si toccò vivace il petto fiero. La sua voce corse veloce “Disegnami com’è fatta Rocca Lisia… Descrivimi Ludovico…”, non avendolo mai visto in volto era più di quanto avesse sperato.
Braccioforte si portò una mano in fronte e chiuse gli occhi impotente “Benedetto ragazzo!”, giudicando che il suo piano, facesse acqua da tutte le parti. Il viso che aveva giudicato burbero, ora a Moros appariva disponibile e comprensivo: le sopraciglia grigie che addolcivano il contorno bianco della barba ben sagomata in viso che cerchiava la bocca sopra e sotto le labbra; gli occhi neri come i suoi.
“Non se ne parla!” chiarì senza rimorso Braccioforte sicuro e allo stesso tempo dubbioso di tanta determinazione “Se vuoi che mi fidi di te devi fidarti di me!” insegnò: quella era la base per un’amicizia. Moros non poteva dargli torto ma non voleva rischiare nel rivelare più del dovuto, ma un passo lo doveva fare se così sperava facesse Braccioforte.
“E va bene.” piegò il suo orgoglio e sviolinò “Mio cugino è in quella rocca.”, confidò stupendo Braccioforte.
Una porta sbatté improvvisa e Moros rizzò le spalle. Quel fracasso, gli ricordò involontariamente casa e la poca grazia che sua madre infondeva su gesti che divenivano solo molesti e sgradevoli, cornice all’apatia della donna verso gli innumerevoli figli, partoriti come conigli, tra un’alzata di sottana e l’altra. Fratelli tra di loro indifferenti, tali solo per identità di madre.
Una donna uscì barcollando dalla locanda. Pur di spalle, si notava portasse davanti al grembo un pesante cesto di viburno intrecciato, che le infastidiva l’andatura. Moros la vide dirigersi verso un piccolo recinto e poi darsi lo slancio vigorosa, esclamando un liberatorio “Oplà!”.
La vide abbandonare di malo modo il cesto vuoto, che finì addosso alla staccionata; infine sistemarsi il vestito, alla buona, sbeffeggiando “E’ tutto vostro, bestie schifose!”, rivolta ai maiali che accorrevano grufolanti e voraci a festeggiarne l’arrivo. Un timbro di voce allegrotto e derisorio, quanto profetico, “Oggi a me, domani a voi!”, a sottolineare che la fatica da lei fatta non era gratuita per quei suini.
La donna si pulì i palmi delle mani, sfregandoseli energica, quasi applaudendo. Raddrizzando le spalle, si riassettò nuovamente il vestito: un lungo camicione color del grano che faceva risaltare il corvino viperino della sua chioma fluente e ondeggiante fino ai glutei dall’aria soda.
Quasi si sentisse spiata, la donna si girò di scatto.
Due occhi inchiostro si fermarono su Moros. Aveva un bel volto, dalla pelle diafana, come se la luna avesse preso forma terrena, mentre le labbra si stagliavano come un arco teso nella sorpresa ci fosse uno straniero.
Bella, stese il lungo collo, di una piega aggraziata, a controllare chi e se fosse solo. Sembrò sollevata dalla presenza di Braccioforte. “Ahhh, è un tuo amico!” sbottò, guardandoli ancora seduti a terra.
Moros, si alzò in fretta educato, precisando “Non volevo spaventare.”, mimando con le mani il gesto di frenare un eventuale panico della donna, ma non ce ne fu bisogno “E chi si spaventa?”. Quella donna, praticamente gli rise in faccia, appuntando beffarda “Con chi credi di avere a che fare, moccioso?”.
Moccioso? Quella parola gli fece effetto o meglio lo offese proprio, facendo ridere grossolanamente Braccioforte, che spalancò la larga bocca, espettorando un sonante colpo di tosse che sprizzò alcol nell’aria.
Minimamente sconvolta dalla sua indignazione, “Pochi uomini mi sanno tenere testa!” precisò avanzando a falcate in un ondeggiare del petto, di glutei e capelli. Una camminata energica e decisamente grossolana. Fu veloce ad arrivargli quasi sotto il naso, per poi smorzare la propria ostilità quando lo guardò maliziosa “In tutti i sensi.”. provocante, con un ché di fatale, giudicò Moros.
“Non so’ se mi spiego.” ammiccò lei, arricciando il naso. Moros deglutì. Restò immobile, a disagio per la loro discutibile vicinanza. Decisamente quella frase era sconveniente per… una fanciulla? Meglio signora, perché doveva essere più matura di lui di una decina d’anni, anche se non era affatto sciupata a vederla.
L’odore genuino di lei era stuzzicante e il calore che sentì alla mano gli provocò quasi un brivido, che faticò a trattenere per orgoglio.
“Mi piacciono i forestieri.” lo lusingò lei. La temperatura di Moros ebbe un rialzo quasi febbrile. Non sembrava mentire.
“Una mano forte…” convenne quella donna, che prendendogli la mano tra le sue, iniziò a girarla da palmo a palmo, con tutto l’intento di iniziare un approccio “Che dici di entrare?”.
Moros alzò lo sguardo leggermente, per cercare di fuggire all’imbarazzo che provava per il calore che sentiva invaderlo a quel contatto tanto banale quanto intimo; quasi non volendo mancarle di rispetto, se si fosse accorta dell’inquietudine che gli provocava a pelle.
“Ohhh.” soffiò lei verso l’alto, solleticandolo sul mento col suo alito; leggermente più bassa di lui.
“Sei innamorato.” rise civettuola, spiazzandolo.
Moros negò come un ragazzino incerto, rimproverato da un tono pretenzioso e gustosamente divertito di lei.
Lavinia. No! Non sono per nulla innamorato di lei! Il primo pensiero che gli sfiorò la mente.
“Di me?” saggiò la donna: una voce carezzevole, come un battito d’ali, non aspettandosi altre risposte se non una conferma. “Come tutti!” la sentenza inclemente che dettò di se stessa, rispondendosi da sola. Era sicura di sé. Anche troppo, giudicò Moros.
Il rossore si impadronì del suo volto, imbarazzato. Non era abituato ad una donna così. Non vi era in lei il broncio schivo di Lavinia e neppure la naturalezza di molte fanciulle che aveva conosciuto. Ogni atteggiamento di lei era conturbante, il brillare di quelle due tormaline nere che le dimoravano negli occhi, come perle nere.
“Lascialo in pace…” prese le sue difese Braccioforte, seccato dell’intromissione, vigile sì, ma visibilmente disturbato per il goccio vuoto “E’ un bravo ragazzo.” confermò, scatenando l’effetto contrario perché lei ammiccò sul doppio senso pronunciando le labbra, appuntando “Tu non t’impicciare!”, precisando a Moros con un voluttuoso sorriso, avanzando la mano perché lui la raccogliesse “Malia. Questo è il mio nome.”. Lo proferì con voce seducente, stringendolo alla vita con entrambe le mani che sembravano frementi. Malia era di nome e di fatto.
“Non entrare o ti farà suo schiavo.” confidò leale Braccioforte, dandogli un calcio sul polpaccio perché non rispondesse a quell’invito e chissà se parlava per esperienza.
Lei ritirò la mano ma fu veloce a precisare “D’amore!”, mentre quella stessa mano scivolava dolcemente lungo il fianco di Moros, quasi volesse insinuarsi tra le pieghe dei suoi vestiti.
“Aiii!”. Malia ritrasse improvvisa la mano, quasi si fosse scottata o punta e Moros la vide scuotere la mano più e più volte come se veramente le dolesse atrocemente. “Che diamine!”. Sembrò una vipera infastidita “Ma con cosa è fatto? Con le ortiche?” lo riprese seccata e lui non seppe cosa rispondere “Tua madre o tua sorella devono aver lavorato in silenzio per farlo!” ammise indignata, rievocando antiche dicerie.
“Che mi prenda un accidente!” ridacchiò Braccioforte, subito rimproverato acidamente da Malia che gli rispose per le rime, digrignando i denti perfetti e bianchi “A te!”, mentre questi continuava a ridere a crepapelle.
Lei sembrò fare il verso alla sua risata, mentre assottigliava alla vita il camicione, cingendosi i fianchi. “Bhaaa” esclamò isterica “Venite dentro!” li invitò tutti e due con un atteggiamento militare. Si girò senza aspettarli con passo deciso, borbottando e brontolando tra sé.
Malia non si voltò indietro. Sull’esempio di Braccioforte, che si alzò fiaccamente, Moros la seguì.
Era una locanda piccola e per nulla accogliente. Regnava la confusione e tutto sembrava disposto a casaccio.
Sgabelli impilati, giacigli di paglia a terra negli angoli. Un camino annerito sembrava sul punto di collassare su se stesso, ma un paiolo spandeva un gradevole profumino. Avventori ciarloni, viandanti sonnacchiosi, stravaccati sui tavoli, uomini spocchiosi ben vestiti che stonavano indignati da quella sosta forzata, inaspettati visto che Moros non aveva visto né carrozze né cavalli. Moros si sentì praticamente a casa. Non che ne fosse felice, ma poteva capire la fatica e gli imprevisti che quella donna doveva affrontare. Decisamente l’ammirò, perché vivace e non piegata nell’animo.
“Siedi, moccioso.” si sentì invitare Moros con un cenno di mano, mentre Malia stappava una bottiglia e se ne versava generosa un bicchiere colmo.
“Bevi?” indagò lei: lui doveva pagare.
“Preferisco mangiare, prima.” si scusò lui e lei scrollò le spalle, ma si dette da fare a sfornare qualcosa. Fu un pranzo squisito: bocconi di maiale navigavano in un brodino di densa farina ebbene sì accompagnati da vino dolce.
“Posso? Permetti?” invitò Moros. Lui non afferrò subito il concetto, ma di fronte al suo sorriso di presa in giro ed ai suoi occhi orientati sulla sua mano capì.
Un leggero sorriso nelle labbra di Braccioforte, che approvò con un cenno del capo.
Lei restò in silenzio per qualche istante, limitandosi solo a guardargli la mano, per poi iniziare, disegnando un cerchio sul suo palmo lenta e attenta.
“Ohhhh.” si scurì, ma non suggerì a cosa si riferisse, tuttavia il suo indagare sembrava evocare vicende passate più che future.
“Ahhhh annn?” timbrò vittoriosa, come se avesse centrato il bersaglio “Una fanciulla.”. Malia, ora, lo guardava fisso negli occhi, per intuire gli sfuggisse una qualche reazione su cui far breccia.
Moros non ci sarebbe cascato! si disse.
Lei sorrise compiaciuta, tornando alle tracce disegnate; studiandole meticolosa.
“Pena nel cuore…” schiacciò l’unghia sul punto che aveva individuato, facendolo gridare di colpo “Aiii!” e ritirare la mano, al ché lei rise sfacciata: ora erano pari.
Lui riconsegnò la mano, ma si trattenne tuttavia dall’approvare, sentendo sviolinare “Sei in fuga… da qualcuno…” e, Moros sempre attento a non cedere di rispondere per darle suggerimenti. Una piega irrisoria illuminò il volto di Braccioforte che con il braccio diede una leggera gomitata a Malia, come ne svilisse le capacità.
Moros sorrise di quelle ciarle: quale giovane non aveva amato una fanciulla, quale viandante non poteva essere in fuga o in cerca di avventure, ma dovette ricredersi.
Inappellabile e sicura la voce di Malia puntualizzò “Questa linea è spezzata da una freccia!”.
Moros sudò freddo e non poté evitare di trattenere un viso tirato.
“Una freccia ha cambiato la tua vita.” disse Malia studiando le sue reazioni. Rincarò la dose “Non solo la tua!”. Non era una dilettante. Trattenne tra i denti il labbro inferiore vittoriosa.
“Un solo bacio. Unico… Scotta… Consuma…” Malia rise: una risata cristallina. “Sono quelli che preferisco.” disse senza pudore, come se provasse una gioia immensa anche solo al pensare a quel concetto: alzò le spalle quasi assaporando la dolcezza di un dolce, come se la sua virtù si stringesse in una stretta di passione.
Moros ritrasse veloce la mano, sfuggente. Rosso come il fuoco in volto.
Lei sporse la lingua umettandosi le labbra, il volto diretto a Braccioforte “Allora… cosa volevi suggerire al tuo amico? Di non fidarsi?”. Lui fece il gesto di riempire i loro bicchieri, annunciando leale “Chiedo perdono.”.
Moros non seppe cosa pensare “Come ci riesci?” gli sfuggì, ma lei non rispose, limitandosi a sorridere, portando l’indice alle labbra intimando il silenzio.
“Ti do’ un consiglio da amica…” rivelò alzando un sopraciglio “Lei non ti ama.”, poi un sospiro di stanchezza nella voce, come fosse sfiancata dai sentimenti, non solo da quelli di Moros.
“Io non amo proprio nessuno!” mise in chiaro lui acido e quasi prepotente.
“Sì! Sì!” fece lei di contro, immaginando esattamente il contrario. Sembrava più chiaro a Malia, il suo cuore, che a lui stesso.
“Sentiamo… Se non ti porta qui la tua bella, allora cosa ti porta?” indagò. Ecco forse il futuro non era propriamente la sua materia.
“Vuole incontrare suo cugino. E’ a Rocca Lisia.” intervenne Braccioforte amichevole.
“Chiedere di entrare?” ammise ironica lei.
Lui non rispose. “Diciamo che Gregorio Montetardo non sarebbe d’accordo!” aggiunse pungente Braccioforte: questo era chiaro come il sole.
“Certi lavori non si possono commissionare. Vanno affrontati da soli!”  accordò Malia, riempiendosi nuovamente il bicchiere, stuzzicata dai propositi di Moros ma soprattutto da una storia che si faceva interessante: un occhio anche agli altri avventori, che ne richiedevano le grazie.
A Moros fece effetto quella parola: commissionare. Sentì la gola farsi riarsa, perché tanto sembrava evocare l’assoldo di un assassino, come succedeva nelle fiabe, quasi fosse una strega cattiva.
“Dunque, sei un nemico di Gregorio Montetardo o un simpatizzante di Ludovico?” alzò la voce, perché tutti i presenti sentissero la risposta. Mettendolo alle strette in una confessione che avrebbe potuto rovesciarli addosso antipatie. In ogni locanda succedeva sempre nessuno si facesse gli affari suoi, rifletté Moros.
Braccioforte lo trattenne al braccio consigliando di moderare la voce, ma lui come volesse fronteggiarla vociò determinato “Non parteggio per nessuno. Devo entrare a Rocca Lisia! Il resto è affar mio!” chiarì esuberante, come se non temesse nessuno.
“Ma che paura!” lo sbeffeggiò lei; sembrava trovare la questione divertente, tanto da fargli sviolinare “Deve esserci…”.
Una voce irritata lo riprese imponendosi sopra le altre “Ragazzo, non fare così chiasso.”. Un uomo biondo, vestito di buona fattura lo fissava indisposto. E anche se fosse?
Lui non aveva dubbi sulla sua missione.
   
 
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