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Autore: Placebogirl_Black Stones    28/02/2021    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 29: La fine di un sogno
 
 
 
Parcheggiò la macchina nel primo posto che trovò disponibile, ormai era arrivata già parecchia gente e lo dimostrava la fila di persone che ancora doveva entrare. Guardò la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore: nonostante avesse rifatto il trucco e indossasse gli occhiali, si vedeva che aveva gli occhi gonfi, rossi e lucidi, tipici di una persona che aveva pianto molto. Era rimasta a versare lacrime accasciata sul pavimento per parecchio tempo, non avrebbe nemmeno saputo definire quanto, poi aveva raccolto le ultime forze rimaste e si era alzata e sistemata, pronta per andare al locale da Clay. Doveva vederlo per capire se poteva davvero essere lui l’uomo che l’avrebbe salvata da quel suo incessante desiderio di rincorrere Shuichi o se il suo destino era quello di restare legata al suo ex per il resto dei suoi giorni.
Inspirò profondamente ed espirò dalla bocca, cercando di rilassarsi. Uscì dall’auto e la chiuse a chiave, alzando gli occhi verso il cielo: sperava di vedere qualche meteora prima di entrare, ma in quella zona fatta di locali e circondata da palazzi era impossibile vedere il cielo in modo nitido a causa dell’inquinamento luminoso. Rinunciò così al suo desiderio e si apprestò ad entrare nel locale, ovviamente saltando la fila grazie al pass che Clay le aveva dato.
Dentro c’erano molte più persone di quante si aspettasse, faticò ad avanzare fino al bancone in un punto dove potesse avere una visuale più ampia del locale e individuare così dove si trovasse Clay. Mentre lo stava cercando allungando il collo, si sentì afferrare i fianchi da dietro e un paio di braccia muscolose l’attirarono a sé. Per un attimo trasalì, pronta a sferrare uno dei colpi che aveva imparato durante il suo addestramento per diventare un’agente dell’FBI, ma quando riconobbe la voce che le parlò vicino all’orecchio si rilassò.
 
- Sei arrivata finalmente. Pensavo che mi avessi dato buca-
 
Si girò verso Clay, che però non la lasciò andare nemmeno per un secondo, stringendola ancora di più a lui. Posò le mani sul suo petto e lo guardò negli occhi. Sorrideva come sempre, felice di averla lì con lui. Avrebbe voluto ricambiare a pieno quell’emozione, ma invece che perdersi in quel volto bellissimo la sua mente le restituì capricciosa i flashback delle foto che le aveva portato Shuichi quasi due ore prima.
 
- Scusami, ho fatto tardi al lavoro- mentì.
- L’importante è che tu sia qui- le sussurrò, avvicinando le labbra alle sue e baciandola.
 
Dapprima fu solo uno sfioramento di labbra, ma quando sentì la lingua di Clay premere per approfondire il bacio si tirò leggermente indietro. Non se la sentiva di baciarlo così, non in quel momento.
Lui la fissò corrugando la fronte e guardandola con fare indagatorio.
 
- Va tutto bene? Hai una faccia strana…- le fece notare.
 
Così non andava. Era venuta in quel locale per stare con lui e capire cosa provava nei suoi confronti, ma si stava comportando come se avesse già preso la sua decisione. Non ci stava neanche provando, la sua forza di volontà era pari a zero. Era come se la sua mente si fosse divisa dal suo corpo: fisicamente era lì con Clay, ma con il pensiero era da tutt’altra parte. Doveva sforzarsi di tornare in sé e dare una risposta alle sue domande. Doveva farlo per se stessa ma anche per rispetto di quel ragazzo che aveva di fronte, che non vedeva l’ora di darle ciò che desiderava.
 
- Sono solo un po’ stanca, oggi è stata una giornataccia al lavoro- mentì, sforzandosi di sorridere.
- Capisco…allora dobbiamo fare qualcosa per il tuo cattivo umore- l’abbracciò più forte - Che ne dici di venire con me nel backstage per conoscere di persona i The Perisher? Potrebbe aiutarti?- le sorrise, attendendo la sua risposta.
- Dici sul serio? Posso davvero?- chiese stupita.
- Ma certo, dai andiamo!-
 
La prese per mano e si face largo tra la folla che aspettava con lo sguardo rivolto al palco. La sua mano era calda, eccetto per alcuni anelli in metallo che indossava e che rendevano quei punti più freddi. Per un attimo pensò che anche la mano di Shuichi era calda, ma la sua stretta era più forte e decisa di quella di Clay. Cercò di scacciare quel pensiero, giusto in tempo per vedere la band seduta nello stanzino adiacente al palco che si preparava per entrare in scena.
 
- Come va ragazzi? Tutto bene?- chiese loro Clay, con una sicurezza da fare invidia.
- Non vediamo l’ora di salire sul palco- rispose Ola Klüft, cantante e chitarrista della band, dandogli il cinque.
 
Era sorprendente come quel ragazzo riusciva ad interagire con chiunque come se fossero stati amici di vecchia data, incluse delle rock star a cui le non si sarebbe mai nemmeno sognata di dire “ciao ragazzi”. Forse perché nel suo mondo così distante dal loro, lei li vedeva solo come degli idoli irraggiungibili, mentre Clay che ci lavorava a stretto contatto li vedeva per quello che erano in realtà: delle normalissime persone comuni che avevano scelto di sfruttare il proprio talento per far sognare gli altri.
 
- Non ci presenti la tua bellissima amica?- chiese Martin, il tastierista, guardandola e rivolgendole un sorriso che la mise in imbarazzo.
 
Fino a quel momento era rimasta sulla porta, timorosa se entrare nello stanzino oppure no, ma Clay la invitò ad entrare prendendola per mano e portandola fino a pochi passi dai quattro musicisti.
 
- Lei è Jodie, è una vostra fan ed è venuta qui per vedervi-
- Salve- riuscì solo a dire, salutando con un cenno della mano, stringendo la testa nelle spalle e sorridendo.
 
In quel momento le sembrò davvero di essere una groupie come Shuichi l’aveva definita, una stupida groupie che non riusciva nemmeno a formulare una frase di senso compiuto. Che diamine, quelle persone mangiavano e andavano al bagno esattamente come lei, che motivo aveva di imbarazzarsi?
 
- Adoro le vostre canzoni, i testi sono così profondi. Non è facile saper scrivere qualcosa che arrivi alla gente- disse loro, cercando di rimediare al pessimo saluto di prima.
- Ottima scelta Clay, la ragazza ha buon gusto- disse il batterista - Se hai una sorella gemella dille di venire da me- scherzò, rivolgendosi a lei e facendo ridere tutti quanti.
- Ok, allora io direi che potete iniziare il vostro show. Ora vado a presentarvi, voi preparatevi- disse loro Clay, puntandogli gli indici contro in segno di incoraggiamento - Tu vieni con me?- chiese poi a lei.
- Sì- annuì - In bocca al lupo!- si rivolse poi alla band.
- Non ti deluderemo Jodie- le fece l’occhiolino Ola.
 
Uscì dallo stanzino insieme a Clay, che la prese nuovamente per mano. Camminarono fino a pochi metri dal palco, fermandosi in un posto dove c’era un’ottima visuale senza il rischio di avere persone davanti.
 
- Vuoi venire sul palco con me a presentarli?- le chiese.
- Oh, no no, meglio di no- scosse le mani.
- Ti vergogni? Cerchi ancora di sfuggire al “circolo dei famosi”?- citò la battuta che lei stessa aveva fatto la sera in cui si erano incontrati.
- Beh, non è consigliabile per un agente dell’FBI dare troppo nell’occhio. Dobbiamo mantenere un profilo basso per evitare di essere riconosciuti quando agiamo come infiltrati o assumiamo altre identità per investigare senza destare sospetti- spiegò - Ti aspetto qui, tu vai pure-
- Vado a salvare il mondo e torno!- corse sul palco, lasciandola lì a ridacchiare di quella battuta.
 
Stava iniziando a rilassarsi e forse le cose stavano prendendo la giusta piega. Clay la faceva stare bene, le dava un sacco di attenzioni e la trascinava in quel suo mondo che lei non avrebbe nemmeno lontanamente immaginato di toccare. Eppure, una parte di lei pensava a Shuichi che in quel momento era seduto al Forest Park ad attenderla. Chissà se le comete si sarebbero viste davvero…
Alzò lo sguardo verso le finestre del locale, troppo alte per vedere l’esterno ma perfette per vedere il cielo: tutto ciò che vide fu il buio della notte e le luci artificiali della città che filtravano dai vetri.
La voce di Clay amplificata dal microfono la riportò alla realtà.
 
- Come va gente, siete pronti?-
- Sììììììììì- rispose la folla, accompagnando quell’esclamazione con qualche fischio.
- Allora date il vostro caloroso benvenuto ai The Perisher!-
 
Si unì anche lei all’applauso collettivo, mentre Clay la raggiungeva sorridendole. Senza che avesse il tempo di accorgersene, si mise dietro di lei e le cinse la vita con le braccia, stringendola a sé. Ricambiò quel gesto posando le mani sulle sue e intrecciando le loro dita, mentre la band saliva sul palco e iniziava a suonare quella canzone che era la sua preferita del loro repertorio.
 
- Non riusciamo a vedere dove sei ma questa la dedichiamo a te, Jodie- disse il cantante, per poi suonare i primi accordi con la chitarra.
 
Sorrise felice, mentre Clay l’abbracciava sempre più. Sembrava tutto perfetto, un sogno dal quale non svegliarsi mai, ma le parole di quella canzone che amava così tanto disintegrarono quella felicità.
 
“I talk to you as to a friend
I hope that's what you've
Come to be
It feels as though we've
Made amends
Like we found a way
Eventually”

 
Si ricordò il perché aveva iniziato ad amare quella canzone solo anni dopo averla sentita: perché ne aveva realmente compreso il testo solo quando lei stessa aveva vissuto sulla pelle quella sensazione. E ora, dopo quella discussione che avevano avuto in Giappone mesi prima, nella quale i loro sentimenti erano venuti a galla, poteva comprendere quelle parole ancora di più. Da quando Shuichi era tornato dalla missione e dopo aver rotto con Akemi, fra di loro c’era stata soltanto un’amicizia che lei l’aveva accettata per quello che era pur di non vederlo uscire dalla sua vita. Si era ripetuta che andava bene anche così, che averlo vicino ogni giorno al lavoro le bastava. Ma un bel giorno si era accorta che non poteva più tenersi dentro i suoi sentimenti e glieli aveva serviti su un piatto, pronti perché potesse divorarli. Lui però non lo aveva fatto, al contrario aveva confessato le sue colpe e i suoi errori e aveva scelto di conviverci e di essere infelice, perché credeva di non meritarsi niente di più. Alla fine avevano trovato comunque il loro equilibrio, la loro amicizia aveva funzionato bene fino a poche ore fa, quando si era presentato a casa sua mettendo in discussione tutto.
 
“It was you who picked
The pieces up
When I was a broken soul
And then glued me
Back together
Returned to me what
Others stole”

 
Shuichi le aveva ridato la gioia di vivere, nonostante il suo carattere. Da quando suo padre era morto e la sua vita era stata un lungo nascondersi dalla donna che la cercava per ucciderla, Shuichi era stata la cosa più bella che le potesse capitare. Aveva raccolto il suo cuore infranto e lo aveva aggiustato. Non avrebbe mai immaginato, però, che quel cuore che aveva ricostruito con tanta maestria lo avrebbe poi distrutto di nuovo con le sue stesse mani. Le aveva fatto male, male da morire. Le aveva dato tutto e poi glielo aveva tolto senza nemmeno chiederle se fosse d’accordo. Aveva deciso lui per entrambi e lei non aveva avuto la forza di opporsi. Aveva passato anni ad essere gelosa della donna che glielo aveva portato via e aveva continuato ad essere gelosa di lei anche da morta, nonostante si vergognasse per questo. Era gelosa del posto speciale che Akemi aveva conquistato nel suo cuore, dove lei sentiva di non avere più uno spazio. 
 
“I don't want to hurt you
I don't want to make you sway
Like I know I've done before
I will not do it anymore”

 
Si era convinta di non poterlo più avere e per questo motivo aveva deciso di dare una possibilità a Clay e di andare avanti con la sua vita. E quando le cose sembravano andare per il verso giusto, ecco che si era ripresentato alla sua porta dicendole quello che aveva atteso di sentirsi dire da una vita. Si rendeva conto solo in quel momento, ascoltando il ritornello di quella canzone, di quanto avesse agito in modo sbagliato trattandolo in quel modo e lasciandolo andare via da a guardare le comete da solo. Non era andato lì per ferirla, non voleva ferirla più. Stava solo cercando di rimediare agli errori commessi, ma lei lo aveva cacciato via per paura che quei sentimenti che aveva rinchiuso si liberassero più forti di prima. Shuichi era come una tempesta per lei, bastava che pronunciasse poche parole giuste o che la sfiorasse per farla vacillare e ondeggiare come una bandiera che garriva al vento.

“I've always been a dreamer
I've had my head among
The clouds
Now that I'm coming down
Won't you be my solid ground?”

 
Era nata donna e come a tutte le donne anche a lei piaceva fantasticare e immaginare tante cose, tra cui un amore folle e travolgente. L’aveva avuto alla fine, ma si era resa conto che gli amori di quel genere non erano come li rappresentavano nei film, erano una complessa unione fra desiderio e dolore, un legame che non poteva essere scisso. Non esiste amore che non porti in sé dolore, Shuichi le aveva insegnato anche questo. Il sogno che Clay le aveva regalato quella sera stava andando in mille pezzi e lei era la principessa della fiaba che cadeva dalla torre più alta del castello. Si era aggrappata fino alla fine alla mano del suo principe salvatore, ma alla fine non l’aveva stretta con abbastanza forza. La sua unica speranza di salvezza era che ad aspettarla sotto la torre ci fosse quel re solitario che l’aveva protetta così tante volte da averne perso il conto. Chissà se avrebbe ancora voluto farlo, dopo il modo in cui lo aveva trattato…

“I look at you and see a friend
I hope that's what you want to be
Are we back now where
It all began?
Have you finally forgiven me?”

 
Ci aveva provato ad odiarlo quando l’aveva lasciata per Akemi, ci aveva provato con tutta se stessa, ma l’amore che provava per lui era più forte del suo desiderio di cancellarlo dalla sua vita. In fondo non avrebbe potuto farlo, se lo sarebbe ritrovato davanti al lavoro ogni giorno. Si dice che il tempo curi le ferite e alla fine anche il suo risentimento si era assopito, forse aiutato dagli anni in cui avevano vissuto lontani in due diversi stati. Quando era tornato in America dopo che la sua copertura era saltata, aveva accettato l’idea di essergli soltanto amica e sperava che anche lui volesse essere lo stesso per lei, almeno quello. Lo aveva perdonato alla fine, ma non aveva mai dimenticato. Ed ora erano di nuovo lì, al punto di partenza, dove avevano cominciato sei anni prima: lui le aveva chiesto di uscire e si era dimostrato interessato a lei non come una semplice amica.


“I don't want to hurt you
I don't want to make you sway
Like I know I've done before
I will not do it anymore”

 
Senza accorgersene, strinse forte la mano di Clay al punto da spingerlo a pensare che fosse un gesto voluto per dimostrargli i propri sentimenti, quando in realtà i sentimenti li stava provando per un altro. Era stata un’egoista, Shuichi aveva ragione in questo. Non poteva più mentire a se stessa e non poteva mentire a Clay. Aveva conosciuto il dolore di essere ferita da qualcuno che amava e proprio per questo motivo non poteva dare lo stesso dolore a Clay. Doveva essere onesta con lui e con se stessa.
Non appena la band terminò quella canzone, approfittò dell’applauso del pubblico per sciogliere quell’abbraccio e girarsi verso di lui, guardandolo seriamente negli occhi.
 
- Clay ascolta…vorrei parlarti, possiamo andare in un posto un po’ meno rumoroso?-
- Ma…adesso? Stanno suonando i The Perisher, sei venuta apposta per vederli- si stupì.
- Lo so, però è importante- insistette.
- D’accordo- acconsentì - Ma non posso assentarmi per molto, devo comunque controllare che sia tutto ok-
 
La prese per mano e la condusse nello stanzino dove erano stati prima con la band. Ad ogni passo sentiva il nervosismo crescere, non voleva ferirlo ma sapeva di doverlo fare per il suo bene. Era sempre stata lei la vittima e Shuichi il carnefice, ma ora per uno strano scherzo del destino la carnefice era diventata lei e Clay era la sua vittima.
 
- Allora, cosa dovevi dirmi di così importante da non poter aspettare la fine del concerto? Non è che hai inventato una scusa per stare sola con me?- scherzò, cingendole nuovamente la vita con le braccia e cercando di baciarla.
- Aspetta Clay- lo fermò, posando le mani sul suo petto e facendo una leggera pressione per allontanarlo.
- Che ti prende? È tutta la sera che sei strana-
- Io…Io non posso più vederti- disse infine, chiudendo gli occhi e abbassando la testa.
- Cosa? Ma perché?- chiese lui, allargando le braccia e guardandola spaesato - Mi sembrava che le cose andassero bene-
- Sembrava anche a me e credimi, mi spezza il cuore doverti dire questo ma credo sia la cosa migliore-
- Se ho fatto qualcosa di male dimmelo-
- No, tu non hai fatto nulla. Anzi, sei davvero fantastico e solo una stupida si lascerebbe scappare un ragazzo come te-
- No, ti prego non usare la scusa del “non sei tu, sono io”. È la stessa che ha usato Abby quando mi ha scaricato-
 
Percepiva un cambiamento nel suo tono di voce, che si era fatto più alto e più duro. Aveva affondato il coltello nella sua carne e lui, giustamente, si stava ribellando. Il pensiero di doverlo rigirare nella ferita appena inferta le diede un senso di nausea.
 
- Lo penso sul serio, credimi. Tu sei perfetto, sei il ragazzo con cui ogni donna vorrebbe stare. Ma io sono così idiota da non riuscire a dimenticare un uomo che invece è il tuo esatto opposto- si portò una mano alla fronte, scuotendo la testa.
- Wow…Io non so che cosa dire- rispose lui, visibilmente deluso da quella confessione - Ora capisco perché non ti lasciavi mai andare completamente-
- Mi dispiace davvero Clay, avrei tanto voluto innamorarmi di te ma per qualche ragione a me sconosciuta continuo a sentirmi legata a quella persona. Non volevo prenderti in giro né ferirti, per questo ho preferito parlarti prima che fosse troppo tardi-
 
Seguirono alcuni secondi di silenzio, in cui Clay annuì alle sue parole ma senza riuscire a guardarla in faccia. Non seppe comprendere se era arrabbiato con lei, deluso, ferito o tutte e tre le cose insieme, ma di certo non era felice di quella rivelazione.
 
- So che in questo momento probabilmente mi odierai e non vorrai più sentir parlare di me, ma mi piacerebbe che un giorno potessimo essere amici. Mi dispiace non averti conosciuto al liceo- gli sorrise, ma con occhi tristi.
- Dispiace anche a me- disse semplicemente.
- Adesso è meglio che vada, tu devi tornare dalla band-
- Sì-
 
Abbassò lo sguardo sentendosi colpevole per aver spento il suo entusiasmo. Solo ora riusciva a comprendere cosa avesse provato Shuichi quel giorno. Aveva sempre pensato che fosse lei l’unica parte lesa, ma trovarsi dall’altro lato non era meglio. Era come una guerra dove alla fine nessuno sarebbe uscito vincitore.
Si avvicinò a Clay, gli prese una mano e la portò vicino alla sua bocca, dandogli un piccolo bacio sulle nocche.
 
- Ti auguro di trovare una donna che ti ami e ti apprezzi per la bellissima persona che sei- le sfuggì una lacrima.
 
Prima di ricominciare a piangere, gli diede le spalle e si allontanò da lui. Fece qualche passo ma si fermò nuovamente quando lo sentì pronunciare il suo nome.
 
- Jodie?-
- Sì- si voltò a guardarlo un’ultima volta.
- In bocca al lupo per il tuo amore non corrisposto. Se il tizio che ami non si accorge di te allora è un vero idiota-
- Grazie- gli sorrise, mentre un’altra lacrima le rigava una guancia.
 
Attraversò la sala gremita di gente quasi correndo, aveva fretta di uscire da quel locale il prima possibile. Mentre raggiungeva la sua macchina guardò l’ora sul cellulare: mancavano quaranta minuti alla mezzanotte, orario in cui era previsto che la pioggia di comete fosse più visibile. Forse se non ci fosse stato traffico ce l’avrebbe fatta a raggiungere il Forest Park in tempo per parlare con Shuichi e guardare quelle comete che aveva desiderato vedere per tutta la sera.
Salì in macchina e mise in moto, per poi partire alla massima velocità consentita dal motore dell’auto non ancora riscaldato a sufficienza. Era arrivato il momento di affrontare le sue paure.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
E così esce di scena il povero Clay che si è beccato un bel due di picche (com’ era prevedibile fin dall’inizio).
Curiosità sul capitolo:
- La band The Perisher esiste davvero, sono un gruppo svedese. In realtà si sono sciolti nel 2010 e la mia storia è ambientata nel 2015/2016 circa, ma il testo della loro canzone mi ha fatto pensare a Shuichi e Jodie quindi ho finto che suonassero ancora insieme.
- La canzone s’intitola “Sway” ed è appunto dei The Perisher. Ascoltatela tutta, è molto bella secondo me.
Ci vediamo al prossimo capitolo! 
   
 
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