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Autore: Enchalott    01/03/2021    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Il sacrificio
 
Il cielo del Nord era nero come l’inchiostro, la spaventosa ferita violacea che lo slabbrava non si era rimarginata. Il vento mugghiava, infierendo spietato e l’acqua, mulinando tra le rocce in gorghi rabbiosi, sommergeva con esponenziale avidità il picco su cui i cittadini di Jarlath stavano combattendo.
La veggente di Odhran percepì una scossa nella struttura dell’esistente: l’essenza malvagia e infausta si era dissolta, ma l’etere era ancora contaminato dall’oscurità.
«Non può essere…»
«Màrsali?» la chiamò Kesthar, affiancandosi con l’ascia in pugno.
Le entità deamhan si arrestarono all’unisono, come se avessero ricevuto un segnale ambiguo da tradurre, sibilando l’una verso l’altra in quella lingua incomprensibile che vantava l’età del creato. Sorprese ma non arrendevoli, indecise ma non sazie di morte. Abbassarono le spade, rattrappendosi sotto i mantelli, facendo dardeggiare le iridi scarlatte verso gli uomini e le donne che avevano osato opporsi al loro perfido incedere. Gli iomharesi si irrigidirono, temendo che la rappresaglia stesse per giungere al culmine. Tutto si fermò in quella tensione priva di destinazione certa.
«Non avverto la presenza di Ishkur! Eppure l’ombra è ancora qui, è forte!»
«E Anthos?» domandò Haffgan «Riesci a sentirlo?»
Màrsali raccolse le vibrazioni che si incanalavano lungo i dehalbh, alcuni dei quali erano attraversati da ferite aperte.
«Lo avverto, però lui… fatico a riconoscerlo, è diverso»
«Sarà estenuato. Avrà dato fondo ai poteri.»
«È stanco, ma non… non capisco.»
«Se il reggente è vivo, è possibile che la regina sia con lui» intervenne Dessri, tergendosi le macchie di terra «Dobbiamo accertarcene.»
«No! Dobbiamo restare qui, le tenebre non stanno retrocedendo. Sono in attesa. Io… ho paura!»
«Forse è necessario del tempo» congetturò la guaritrice «Qualora loro padrone sia stato distrutto in questa dimensione, saprebbero di non avere possibilità!»
«In ogni caso dobbiamo approfittarne» suggerì Kesthar «Finché scorgo demoni ripugnanti, in forma smagliante o destabilizzati, non mi sento sereno.»
Màrsali guardò il mulinare dei vortici fangosi, che indicava che il livello dell’acqua stava salendo. La volta celeste brulicava di lampi lividi e le raffiche incessanti portavano l’odore spaventoso della catastrofe. Il dio del Nulla si era dileguato, ma la caduta dell’universo era in atto, le loro esistenze erano appese a un filo. Rimaneva Irkalla, armato di una volontà inappellabile. Ovunque si trovasse, che fosse intervenuto o meno nella disfatta del Nemico, tutto portava a credere che avesse deliberato di annientare il genere umano.
«Non è finita. Il male stagna come una nebbia. Non ha più una direzione, ma non è meno pericoloso. Chiunque lo piegherà ai propri desideri, annienterà il cosmo.»
Dessri si strinse nello scialle lacero.
«Oh, voi credete che…»
«Il Distruttore non è sconfitto» rispose Màrsali, pallida come le nevi del Sirideain.
In quell’esatto istante i demoni smisero di esitare a mezz’aria e volsero gli sguardi di sangue. Si fecero compatti, alla stregua di una coltre di nubi temporalesche. Le loro risate lugubri risuonarono per la montagna, confondendosi con lo sciabordio assordante dell’alluvione.
 
Adara si strinse ad Anthos, nascondendo il viso contro il suo petto caldo. Prese una boccata d’aria, inalando il suo profumo attraverso la camicia lacera e la pelle nuda.
Era finita. Il Nemico era sconfitto. Erano salvi.
Il principe rimase a terra: il suo corpo mortale ansimava e tremava, spossato dalla battaglia durante la quale aveva tenuto testa a Ishkur, aveva difeso a oltranza la donna che amava, sostenuto l’intervento spirituale di Dionissa e impedito a Narsas di spirare prima del tempo.    
Adara avvertì una fitta lancinante al pensiero del giovane guerriero. Non la sua morte, bensì la sua vita si era trasformata un sacrificio, protratto per mesi e avvenuto innanzi a lei con la puntualità dell’alba. Di lui rimaneva l’amore immenso che aveva innescato il suo e redento il creato.
Anthos ricambiò l’abbraccio con intensità. Sul viso graffiato e imbrattato di polvere le iridi d’ambra scintillavano indomite, venate di una malinconia profonda. Forse quello scontro impari aveva scatenato in lui ricordi sopiti, forse aveva rievocato responsabilità e ferite di cui lei non era a conoscenza. L’incubo che Irkalla potesse essere richiamato al pantheon tornò a occuparle l’anima, un timore confermato dall’espressione irrequieta che gli leggeva sui tratti.
Non andare! Non andare, ti scongiuro…
Il Distruttore sorrise, captando la preghiera fuori controllo che scaturiva dal seno palpitante e pieno d’amore di sua moglie. Il suo respiro si regolarizzò. Le lesioni che lo martoriavano iniziarono a chiudersi con più lentezza del consueto.
«È davvero morto?»
«Sì. Ogni fibra tangibile di lui ha cessato di esistere.»
Adara vagliò la risposta con nuovi dubbi a martellarle il cervello. Gli dei potevano sparire per sempre? O cambiavano forma e il Nemico sarebbe tornato per vendicarsi? Il buio stava avvolgendo il mondo e non accennava a invertire la rotta.
Anthos le accarezzò i capelli, certo che stesse pensando alla sorte del fratello.
«Era impossibile salvarlo. Ma all’ultimo Shion ha ripreso il sopravvento, ha scelto di sacrificarsi: con tale decisione ha sganciato la sua anima corrotta dalle tenebre. Yfrenn-ammri non lo possiede. Ora è affrancato dal male: credo sia ciò che conta, anche se risulta una magra consolazione per un mortale.»
«No. È in pace, sicuro tra le braccia del sommo Reshkigal, non si dibatte nell’inferno deamhan. Ho udito cos’hai promesso a Narsas. Ho dunque speranza di incontrare anche uno Shion sereno in una delle prossime vite?»
«Questo dipende da lui. Dal suo libero arbitrio.»
Lo sguardo feroce di Irkalla volò al cielo. Inalò l’ossigeno come se scrutare quel segno ostile gli costasse fatica. Adara seguì la direzione e fu percorsa da un brivido.
«Anthos, perché…?»
Lui le posò le dita sulle labbra. Si avvicinò e la baciò con dolcezza, facendo sparire all’istante tutte le escoriazioni e i lividi che le costellavano la pelle. Anche la spossatezza svanì, le energie tornarono e ripresero a scorrerle nelle membra. Solo il cuore rifiutò di placare i battiti, come se conoscesse una realtà ancora ignota.
«Il corpo mortale di Ishkur è stato disintegrato dal contatto simultaneo con il Diadema e il Medaglione. È impossibile conciliare due energie antitetiche: le shad hanno cercato di condensare ed espandere il suo potere ancestrale, fuso con le entità demoniache, mentre le yamhnai hanno obbedito al loro ufficio di disperderlo e annullarlo. Un contrasto insanabile dal quale la Profezia ci ha messi in guardia. Io l’ho compreso, Ishkur no. La sua essenza divina si è dispersa nell’altrove e si sarebbe estinta se non fosse stata tutt’uno con deamhan. Se quella creatura fosse stata solo l’incarnazione di Ishkur, come io lo sono di Irkalla, l’avrei eliminato da ogni luogo con le mie attuali facoltà.»
«Cosa? Lui è ancora qui?»
«Non proprio. Di lui è rimasta la parte peggiore, la più pericolosa. Quella che il Traditore denominava Nulla e che si attribuiva come una virtù pregressa. In verità si tratta dell’entità demoniaca che ha stanato dal pozzo e assorbito in sé, rendendola inscindibile dalla sua esistenza immortale. Essa sta divorando impunemente l’universo, lieta che il suo dispotico signore non sia che pulviscolo. Svincolata da Yfrenn-ammri e incontrollabile. In forma mortale mi è stato ovviamente precluso dissolverla.»
«Vuoi dire che Ishkur non stava mentendo? Che senza di lui il male allo stato puro dilagherà per ogni dove?»
«Sì, sapeva che sarebbe accaduto. Ha tentato di salvarsi descrivendo una realtà peggiore di quella che stava progettando. Essa è ciò che vedi in atto.»
La principessa lo fissò: i suoi occhi castani esprimevano paura e dolore, non accettazione, addirittura rabbia. Ma nessun dubbio. Nessuna accusa a colui che annientava i mondi. Solo fiducia incondizionata.
Irkalla sorrise con tristezza, sfiorandole la guancia. Il suo ovviamente aveva enunciato senza giri di parole che prima del duello si era prefigurato la situazione drammatica come la più ragionevole. Non si era sbagliato. L’accordo che aveva stretto con Narsas non era stato una garanzia di salvezza per l’universo.
«Tuttavia, quando ha affermato che nessuno sarebbe stato in grado di arrestare deamhan, non è stato sincero» specificò «O forse non ha considerato altre eventualità. Ishkur non era in grado di amare, dunque non è giunto a contemplare un’altra via o, se è andato oltre la propria mancanza, si è rifiutato di credervi.»
«Neppure io» bisbigliò Adara, tremando «Neppure io capisco.»
«Sono convinto di sì.»
«No! Tu hai detto che il Crescente avrebbe sconfitto il Nemico e io ti ho creduto! Lui è scomparso! Adesso, invece…»
«Così è stato. Per me e per Ishkur Leuhan ha assolto il suo compito. Tu hai fermato il male che, in due forme dissimili e parimenti nocive, era insito in noi. Ma deamhan non spetta a te, Adara. Deamhan è un mio problema.»
Lei lo osservò attraverso il velo di lacrime che le offuscava la vista. Irkalla aveva scelto. Aveva deliberato le sorti del cosmo e aveva bisogno dei pieni poteri. Subito. La stringeva tra le braccia in attesa, spendendo secondi preziosi.
«Se potessi» mormorò Adara «Se non fosse un terribile egoismo, ti supplicherei di restare. Ti direi che il pantheon potrebbe sprofondare nel nulla, poiché non ti ha mai meritato. Ma smetterei di essere degna di te. Lo so, amore mio, so che sei un Superiore e che non appartieni né al tempo né al mondo. Ne sei l’arbitro. Per la salvezza di tutto, perché questa è la mia missione, lo accetterò. Vai, Irkalla, sono certa che troverai un modo, quando sarai te stesso.»
Il Distruttore sentì il cuore lacerarsi ancor prima che il riverbero della sofferenza di lei lo raggiungesse come un reflusso d’onda. Le asciugò le guance e unì le labbra alle sue, assaporando quel contatto come la cosa più preziosa che avesse mai avuto.
«Conosco un solo sistema. Non ho bisogno di pensarci, è indicato nei Testi Sacri. Lo abbiamo letto insieme e osservato nel dipinto. Devo smettere di essere Anthos.»
«C-cosa?»
«Tuttavia non è sufficiente volerlo e non posso realizzarlo da solo.»
La ragazza lo osservò terrorizzata. Lui sguainò la spada. Il raschiare del metallo che scorreva lungo il fodero d’argento apparve infinito. Atroce.
«No…no! Tu non… no! No!»
«Adara…»
«No! Hai affermato che la maledizione era spezzata, che la Profezia era un assurdo! Perché!? Perché estrai quell’arma maledetta!?»
«Non ti ho mentito. Diversamente da allora, nessuno mi sta imponendo di agire in nome del prescritto: non il destino, non il volere di una divinità avversa. Sono io che lo desidero, per ragioni opposte a quelle biasimevoli che erano germogliate in me nei millenni trascorsi a Iomhar. Questa è la mia risoluzione, aspiro alla giustizia che incarno, non alla vendetta che mi aveva ottenebrato l’anima. E per realizzarlo, per fermare il male puro, Anthos deve morire.»
Adara si prese il viso tra le mani, disperata. Il futuro non aveva diritto di pretendere un’altra immolazione. Non la sua! Era rassegnata ad accettare che Irkalla partisse, ma non avrebbe guardato quella lama trapassare l’uomo che era il suo tutto, lacerare il corpo che tante volte aveva accolto in sé, la vita sparire dall’unico sguardo che avrebbe anelato contemplare per sempre. Lui le prese le mani. Il metallo gelido dell’elsa le ustionò le dita. Lo respinse, rifiutandosi di toccarlo, inorridendo.
Non da solo.
Il senso dell’affermazione le precipitò addosso come una valanga bianca e stordente.
«No…» ripeté, come se fosse l’unica parola rimastale.
La voce le si spezzò in un singhiozzo straziante.
«Adara» pronunciò il Distruttore, posando su di lei gli occhi dorati che a stento trattenevano il loro carico insopportabile «Non te lo chiederei, se avessi altre opzioni. Ma è così che deve andare. Se mi conficcassi quella lama nel cuore sarebbe un suicidio: un atto abominevole nonostante il fine altruistico per il quale avverrebbe. Sono diverso da quando mi hai impedito di farlo nel buio solitario di Leu-Mòr. Se sei tu a privarmi del respiro, diventa un sacrificio, una supplica degna d’onore e di rispetto. Ho sempre saputo quale sarebbe stata la mia sorte, i sogni non hanno mai mentito, hanno solo cambiato accezione, anche se ho sperato che possedessero un margine più clemente di incertezza. Tu hai donato un senso al mio cammino terreno e in virtù di questo accetto il fato. Lo scelgo. Anche tu devi assumerlo, portarlo a compimento. Uccidimi, completa il tuo mandato.»
«Non voglio! Mai! Non lo farò mai! Non puoi chiedermelo!»
Irkalla forzò se stesso, avvertendo il medesimo dolore, imponendosi di non prenderla tra le braccia come ogni sua fibra bramava.
«Non costringermi a riscuotere l’ultimo debito. A porre il patto che abbiamo stretto sul freddo piatto del dovuto.»
La principessa si irrigidì. Nelle sue iridi brune transitò un’espressione di sconfitta, ma caparbiamente rifiutò di impugnare l’arma. Lui inalò l’aria.
«Io ti chiedo di restituirmi la promessa che hai pronunciato sulla Xiomar in cambio della vita di Narsas, un sigillo sacro agli dei…»
Adara afferrò la spada come un automa, con orrore indicibile, persa in un vortice di terrore, d’angoscia, di impotenza. Voleva che lui smettesse. Che non chiedesse conto di un atto falsamente misericordioso, compiuto quando era ancora una creatura spietata e assetata di rivalsa. Non voleva ascoltare nessuna necessità imposta, nessuna richiesta disumana. No. No!
La lama scintillò, buia come il cielo sovrastante, crudele nella sua nudità argentea.
«Esaudiscimi» mormorò Irkalla con palese sollievo, lasciando l’impugnatura.
Ma con infinita e indicibile sofferenza.
«Morirò anch’io» disse Adara «Un centesimo dopo di te e ciò costituirà un’ingiustizia. Non sopravviverò senza di te, niente per me avrà senso. Non l’avrà, Irkalla! Sarò colpevole di aver versato il tuo sangue e mi odierò, perciò prima ti seguirò. Non te ne andrai privo di me.»
Il reggente sorrise con profonda commozione.
«Starai bene, Adara. Non accadrà ciò che temi, non rimarrai sola. Hai la mia parola. Sarai felice. Giuralo.»
«Allora perché… perché?»
«Non esitare, non è il momento. Se non lo farai, Deamhan vincerà. Ecco la risposta che cerchi. Sarebbe la vera morte, il non ritorno, un’eternità di tenebra. Lascia che lo impedisca. Consentimi di mettere in pratica ciò che mi hai chiesto. Non rimproverarmi ora il fatto che ti ho ascoltato. Altruismo, generosità, compassione… quanto viene chiamato Illtyd e che, dalla prima volta in cui ci siamo visti, mi hai invitato ad abbracciare.»
«Non a questo prezzo…»
«È un costo irrisorio, se vagliamo quanto è posto sulla bilancia.»
«Vorrei essere egoista!»
«Ma non lo sei, non puoi ingannare te stessa. Sono certo che non abbandonerai chi spera in te, non deluderai chi ha offerto se stesso in nome di questo ideale. Neppure io lo farò. Alzati, regina del Nord e sposa del Distruttore. Concludi il tuo compito!»
Si guardarono con amore infinito, con tormento ineffabile.
«Mi chiedi di operare un’iniquità.»
«No, Adara. Non ho dimenticato chi sono stato in questo mondo finché non ho trovato te. È la mia penitenza, la mia espiazione e la merito. Concedimela.»
La principessa capitolò, abbagliata dal suo sorriso privo di timore. Si alzò in piedi e appoggiò la punta acuminata della spada contro il suo petto, piangendo. Non voleva che la supplicasse. Irkalla rimase inginocchiato e sollevò il viso: nei suoi occhi fieri e tristi luccicavano lacrime che non avrebbe voluto versare.
«Il cuore, per chi ce l’ha, è più in alto» disse, spostando la lama «Te l’ho insegnato tempo fa.»
«A differenza di allora, lo sento battere.»
«Perché ti appartiene» rimandò Anthos, allargando docile le braccia.
«Ti amo, Irkalla…»
Tutto rimase sospeso.
Affondò la spada, qualcosa in lei si spezzò. Lui si contrasse, ma non fece nulla per estrarre l’arma che gli sporgeva dal torace. Lasciò che lo uccidesse, che nessuna reazione involontaria lo guarisse. Senza che il Crescente si attivasse a bloccarlo, poiché sceglieva di morire non obbligato. Il sangue prese a fluire dalla ferita aperta, scorrendogli sulla pelle in un fiotto vermiglio, irrorando la terra maledetta. Adara abbandonò l’elsa con un moto d’orrore e represse l’istinto di volgerla contro se stessa. Si piegò sul marito e lo circondò con le braccia, inondandolo di lacrime.
«Ti amo, Adara» rantolò lui «Ricordalo sempre…»
Le accarezzò il viso, lasciandole impresse le scie rosse e calde della sua vita che si esauriva. La ragazza continuò a stringerlo, mentre avvertiva il suo respiro farsi più fioco e il suo corpo raffreddarsi. Gli affondò il volto nell’incavo del collo e ascoltò il palpito del suo cuore rallentare. Pianse e basta, non poté articolare parola, non riuscì a porgergli alcun addio, a domandargli perdono, a implorare di poterlo accompagnare ovunque sarebbe andato.
«Io…» esalò Irkalla dalle labbra esangui «Io non posso morire…»
Delirava, catturato nella morsa della fine. Ebbe uno spasmo, poi si abbandonò. La mano che la sfiorava divenne inerte. Anthos si spense.
Adara gridò con tutta la voce che le era rimasta, cingendo le sue membra esanimi, rivolta al cielo che incombeva sulla tragedia, vestito di quel taglio livido che appariva come un riso di scherno.
Gridò e pianse, l’anima frantumata, incapace di alzarsi. Rimase sotto l’improvviso rovescio battente di pioggia e grandine, scostando le ciocche bionde dal volto cereo di colui che amava e che, all'opposto ai vaticini ma come scritto, aveva dato se stesso.
Il vento scatenò la sua furia, sollevando spruzzi salati dai marosi che flagellavano Iomhar, spingendo l’acqua verso la città. Rimase prostrata nel fango, scenario dell’ultimo duello di Irkalla, cullandolo come se potesse riaversi. Estrasse la spada dal suo cuore e la scagliò lontano, sfogando il proprio dolore, come se l’oggetto fosse in grado di scontare la propria nequizia.
Il metallo chiaro prese a splendere, un bagliore delicato e folgorante. Eppure il Nord era buio come l’ultima notte del creato, sbranato dal male vittorioso, attraversato da sciami funesti di deamhan, che sibilavano come serpi finalmente sfuggite alla cattività millenaria.
Adara si asciugò gli occhi, pensando a un’allucinazione: la lama conficcata nel suolo fradicio sfavillò per qualche secondo, poi svanì nella sua stessa luce. Il corpo mortale di Irkalla divenne leggero, impalpabile e si dissolse, sfumando dal suo abbraccio in scintille dorate.
Nulla. Non era rimasto nulla su cui versare il dolore. Anthos era scomparso dalla sua vita.
 
La veggente di Odhran diede un grido e barcollò, dagli occhi azzurri, spalancati per il terrore, sgorgarono lacrime istantanee e copiose.
«Principe Anthos!»
Haffgan abbatté con un affondo di scure un demone, che aveva pensato di approfittare della sua distrazione.
«Màrsali!»
«Il reggente! Non ne avverto la presenza! La sua energia si è esaurita!»
Il guardiano delle prigioni si appellò alla propria costanza per non indietreggiare. Una delle lame nere si insinuò nelle sue difese e lo ferì al braccio. Imprecò, avvertendo il bruciore della sostanza vischiosa di cui era imbevuta. Restituì il colpo, squarciando le vesti fluttuanti dell’avversario. Questi si leccò le labbra, astioso e sogghignante.
«Kesthar!»
«È uno stupido graffio! Dimmi cosa sta accadendo oltre la montagna!»
Màrsali gli rivolse uno sguardo disperato.
«No!» sbottò lui «Non è possibile! Uno scherzo della stanchezza, hai bisogno di riposo! Mi rifiuto di crederci!»
«Possibile che sia stato sconfitto?» raggelò Dessri «Il dio del Nulla si è dileguato prima di lui, chi sarebbe in grado di tenere testa al principe? Abbiamo visto di cos’è capace! Non potrebbe essere incosciente?»
«Anthos di Iomhar non è più qui. Ho avvertito la sua vita estinguersi. Lui è… morto.»
«Dei pietosi, è la fine!» esalò la guaritrice.
Kesthar strinse i denti, ignorando il bruciore sempre più intenso della ferita.
«Che Irkalla abbia pietà di noi e ci estingua senza sofferenza» pregò «Per quanto mi riguarda, venderò cara la pelle. Màrsali, raggiungi gli altri al fondo del sentiero. Vai!»
«Resterò con te. Abbiamo giurato di lottare insieme.»
Il custode delle carceri fece per obiettare, ma gli occhi cianite incontrarono quelli chiari di sua moglie. Sì, la promessa era quella: uniti avrebbero affrontato qualunque sorte. E lei, fragile bambina che aveva salvato dalla crudeltà del mondo sotterraneo, era una donna forte e indomita, che combatteva con armi diverse da quelle tangibili. Non se ne sarebbe privato. Tese la sinistra e accolse nella sua la mano piccola e calda di lei. La luce cerulea dei dehalbh non era del tutto smorzata.
«Fino all’ultimo respiro» garantì.
Màrsali si fece avanti. I demoni snudarono le fauci aguzze.
 
Manawydan faticava a trattenere la furia del Pelopi, scatenata dalla potenza nefasta di Ishkur e dall’attivazione del Diadema. L’intero universo si stava assestando e il mare ne seguiva le sorti, imbizzarrendosi all’ordine perentorio del suo signore.
«Dannazione!» ringhiò, portando le dita alla Chiave Oceanica «In queste condizioni è inutilizzabile, rischierei di inasprire l’inondazione. Accidenti alla tua maledetta arroganza, Irkalla!»
Da Iomhar non era giunto segnale, dopo che aveva captato il tranciarsi dell’entità del Traditore. Recisa e annullata in modo incomprensibile. Perlomeno uno dei pazzi scatenati, che si era reincarnato in un mortale per brama o punizione, era fuori gioco. Ma c’era poco da festeggiare. La ributtante sostanza deamhan, liberata dal Nemico, infestava l’ordine cosmico e appariva più spigliata che mai.  
Il dio del Mare si spazientì, imprecando contro il prendersela comoda di Anthos o peggio, contro il suo costante sopravvalutarsi. Sarebbe stato da lui, per quanto era presuntuoso e sprezzante!
«Allora, sbarbatello, vogliamo muover…»
La rimostranza si arrestò a metà strada. Manawydan tacque quando la realtà transitò per la sua essenza divina, vanificando le precedenti supposizioni. Comprese. Osservò la volta celeste, sconvolta dalla caduta in fieri del cosmo.
«Per tutte le onde che mi sono figlie!» borbottò incredulo «Non pensavo lo avresti fatto, Irkalla. Mi toccherà chiederti scusa un giorno o l’altro.»
 
Kalemi sollevò una mano e l’animato dibattito si arrestò. L’attraente sovrano degli Immortali si appoggiò alla ringhiera del Palazzo delle Anime, seguendo gli eventi riflessi nell’aldilà.
«Anche stavolta il carico è tuo, Distruttore. Me ne dolgo.»
Reshkigal trasalì come se fosse stato sfiorato da un tocco inaspettato. Nei suoi occhi d’argento passò un lampo d’affetto profondo.
«Irkalla…» mormorò, incrociando le braccia sul petto e seguendo la scia di luce che splendeva oltre la soglia del regno eterno.
Dopo di lui, gli altri presenti ebbero un moto di stupore.
Valarde scambiò un cenno con Elkira, che ricambiò l’occhiata con un sorrisetto scanzonato. Il pantheon e il creato avevano una chance.
Amathira smise di pensare al trapasso miserando del suo gemello che, nonostante l’evidente follia e il trattamento da sciocca pedina che le aveva riservato, non riusciva proprio a detestare.
«Oh, ha scelto il sacrificio…» si lasciò sfuggire, posandosi una mano sulla bocca.
«Te ne sorprendi, tesoro?» obiettò impettita la dea della Montagna «Tu non hai mai capito niente di Irkalla e questo lo dimostra! Una parte di te dovrebbe essere in tripudio! Hai annullato la maledizione, ma il Distruttore è morto come prevedevano i tuoi riprovevoli piani!»
La dea del Cielo abbassò la testa e avvampò contrita.
«Non la penso come allora. Mi dispiace.»
«Un po’ tardi, non credi?» sferzò Valarde «Ah, non so se essere più adirata perché hai pianto la dipartita di Ishkur o perché a causa tua Irkalla è stato costretto a separarsi dalla donna che ama!»
«Penso che il Distruttore ti farà scontare entrambe le cose, Amathira» interloquì il dio del Buio «Posto che deamhan venga respinto.»
Kalemi aggrottò la fronte e tornò a prestare attenzione all’esterno.
«Tacete!» ordinò secco tra i denti.
   
 
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