Martedì,
il giorno del ricevimento all’ambasciata, mi
preparo mentalmente, mi riposo e prendo accordi telefonici con Anthea.
Prima
che mi venga a prelevare, John mi scruta con attenzione, mi chiede se
sto bene.
Sono nervoso, ma sono determinato.
“Sherrinford,
metti le medicine in tasca, mi sento più
sicuro se le porti con te.”
Annuisco
silenzioso. “Va
bene Doc, dà un bacino a
Rosie.” Torno
in camera, vado sotto la
doccia, mi sbarbo e indosso lo smoking.
Quando
ho quasi finito, John mi aggiusta il papillon.
“Sei
elegante Sherrinford,
Mycroft sarà orgoglioso di te.” Gli
vedo le mani insicure, è preoccupato
e un po' mi fa piacere essere nei suoi pensieri.
“John,
oggi sarà di tutto, tranne che orgoglioso, visto come
mi devo comportare!”
Mi
sento parte della famiglia, e ne sono fiero.
Anche
lo zio Sherlock mi guarda severo.
“Sii
prudente Hayc, Auberton è un serpente.
Sai cosa devi fare.”
Lo rassicuro al meglio che posso.
“Starò attento, è ora che
dia una mano a
papà.” Sorride compiaciuto si gira per prendere il
violino.
Suona
un pezzo allegro e mi sento sollevato. Mi aggiusto il
cappotto costoso come quello di Mycroft.
Anthea
arriva puntuale e dopo un breve saluto alla mia stravagante
famiglia, partiamo per la recita del secolo.
La
berlina nera ci aspetta, dentro alla guida c’è
Albert, mi
saluta con un cenno del capo.
Lei
non ha aperto bocca, ma sento la tensione tra noi. Ci
sprofondiamo sul sedile, allunga la mano e mi
stringe il polso, ci osserviamo, fa un cenno di intesa col capo.
“Va
bene, sono pronto.” Ritorno a guardare la strada, mentre
l’auto scivola via lenta.
L’ambasciata
ci compare davanti in tutta la sua maestosità,
illuminata a giorno.
Scendiamo, Anthea mi
aspetta, io indugio con l’aria insofferente. Poi
l’avvicino, la seguo annoiato.
Dentro mantengo la calma, ma è solo apparente.
Nella
Hall, consegniamo i cappotti al guardaroba, mi
aggiusto la manica e tiro il polsino mentre osservo con finta
indifferenza il
lusso che trasuda da ogni dove.
Anthea
è bellissima, fasciata in un abito nero con una
scollatura generosa sulla schiena, non mi sforzo a fingere mentre la
ammiro
strafottente, allungo una mano che evita decisa.
Lo
smoking mi rende giustizia, sono elegante e bastardo al
punto giusto. Ho accorciato i capelli, con un taglio sobrio. Magro e
alto come
mio padre, di cui ho acquisito un alone di potere essendo suo figlio,
imito il
suo portamento e mi riesce bene.
Entriamo nella sala,
mentre altezzoso vado subito al banchetto a riempirmi il bicchiere. Anthea è come
un’ombra, sempre attenta e
abile attrice.
Mi
scosta il bicchiere, me lo fa posare, le mando un
grugnito mentre tento di liberarmi di lei.
Entra
Mycroft, mantiene le giuste distanze, lo saluto con un
sorriso beffardo.
Prima
che lei possa fermarmi lo raggiungo e mi pianto
davanti.
“Padre!”
Lo apostrofo ghignando. “Che fai prepari una
guerra? O l’ennesimo accordo economico tra Stati? Hai una vita intensa,
tutta lavoro e niente
affetti.” Rido toppo forte, troppo sguaiato.
Anthea
si para di fianco cercando di proteggerlo. Mycroft è
visibilmente imbarazzato, sorpreso dalla mia piazzata.
Auberton entrato poco prima, assiste alla
scena. Un piccolo
cenno di intesa passa
tra noi tre. Papà si scosta, lo ostacolo ridendo, Anthea mi
trascina via, per
mettere fine alla sceneggiata.
Le
lancio un’occhiata velenosa, allungo un pò troppo
la mano
sul retro della scollatura scivolando in basso. Tutto tra gli sguardi
allibiti
degli ospiti.
Lei
è brava a dribblare, mi pianta seccata. Inizio a girare
annoiato, mi fermo tra un gruppo di gente che chiacchiera e
infastidisco chi mi
capita sotto.
Intanto
seguo Auberton, Anthea è vicino a mio padre che
parla fitta mentre tento il primo approccio con lui.
Con
il bicchiere in mano lo urto. “Mi scusi.” Lo guardo fisso.
“Forse la conosco, è un collega
di mio padre?”
Cerco
di pulirlo e faccio di peggio. È seccato e non lo
nasconde. “Ragazzo
dovresti tornare tra
le braccia di tuo padre o si preoccuperà.”
È viscido, e questo mi spinge a
continuare. “Chi?
Il pezzo di marmo che
ha in mano la Governance?”
Ammicco. “Non
ci tengo.
Preferisco stare da solo come ho sempre fatto.”
Appoggio il bicchiere mentre non guarda e ne prendo un
altro, non ho
bevuto nemmeno un goccio, ma sono l’ubriaco perfetto.
“Sir
Auberton, lo sa che per colpa del vecchio Holmes,
qualcuno ha tentato di rapirmi? Guardi che bei ricordi mi hanno
lasciato in
faccia.” Fingo un passo falso e lo urto. “Mi scusi
ancora.” Mi
guarda perplesso, incapace di reagire, si
chiede dove voglio arrivare.
“Forse
abbiamo in comune più di quanto sembri.” Gli pianto il viso troppo
vicino, si
scosta. “Per
esempio, so chi è stato a
farmi questo. Diciamo non voglio succeda più. Non voglio
entrare nelle beghe di
potere del mio amato padre.”
Rimane muto e mi
studia. Allora semino il dubbio, gli sibilo secco.
“È
stato lei, Sir Auberton, per quel maledetto portatile che
tanto desidera.” Ora il gioco è partito, Auberton
mi scruta, la mascella
talmente stretta che posso sentire i denti stridere. Fa segno di
seguirlo.
Andiamo
in un posto appartato, mentre mi dà di spalle, metto
giù il bicchiere e rapido ne prendo uno vuoto. Siamo sulla
porta della
terrazza, ha il volto tirato nero di rabbia.
“Non
sei chiaro, ragazzo! Come sai queste cose?” Ha la voce
incolore come se trattasse con un bambino viziato.
“Perché
le ho sentite dal vecchio.” Ora ho la sua
attenzione, lo osservo arrogante.
“Via,
Sir Auberton non faccia torto alla sua
intelligenza! Chi,
se non lei, aspira al
posto di Holmes? E
ai codici di accesso
di quel portatile, che si porta sempre dietro?”
Assumo
l’aria sfrontata e lo prendo sottobraccio, con una
confidenza che mi concede nonostante tutto l’odio che non
riesce a nascondere.
“Holmes
sa che è stato lei, la vuole incastrare e io voglio
entrare nel gioco. Se
ne starà
tranquillo e io le porterò il laptop, ma voglio tutte le
chiavi di accesso ai
conti Holmes. Il
resto se lo può
tenere.” Mi avvicino al suo orecchio.”
Sarà travolto dallo scandalo, ma
starà zitto, si sente stupidamente in
colpa per avermi abbandonato. Non
tradirà il sangue del suo sangue.”
Vedo
Anthea arrivare con il giusto tempismo.
“Eccolo
il cane da guardia di papà!
Ci sentiamo più tardi appena me ne
libero.”
Mi fa un gesto di
intesa. Auberton si scosta mentre Anthea mi afferra per la manica e mi
trascina
via. “Sir Auberton spero Sherrinford non L’abbia
infastidito, è bravo a perdere
tempo in cose inutili.” Fa credere di essere preoccupata per
qualcosa che posso
avergli detto.
Le
metto la mano nel fianco e scivolo dietro.
“Che
dice della solerzia di Anthea? Lei è così brava a
obbedire a papino. Vero cara?”
Si
toglie la mano dalla schiena, mentre ridacchio e lei finge imbarazzo.
“Come sono devoti
i
servitori di mio padre? Farebbero di tutto per lui!
Vero Anthea?”
Lei arretra e mi spinge via. Strizzo l’occhio al
serpente e me ne vado.
Sono
un pò in difficoltà, lei lo sente, mi porta in un
posto
appartato vicino ai bagni e mi spinge in un ripostiglio.
Mi
scruta mentre riprendo fiato. “Stai bene?”
“Si,
tranquilla.” Metto le mani in tasca e stropiccio il blister
delle medicine. Non ne ho bisogno, non ora, così le racconto
come è
andata. “È
parecchio sospettoso, ma
sembra che stia abboccando, ora
devo
vedere se ci accordiamo.”
“Vorrà
qualcosa in cambio, una prova che dici il vero, devi
essere bravo a fingere. E a prendere tempo.”
Mi
sorride e mi fa una carezza leggera sul viso. “Hai messo
tutti in allarme, sono andati da Mycroft a lamentarsi del tuo
comportamento
oltraggioso.”
“Povero
papà, starà soffrendo, ma spero di consegnargli
Auberton come rimborso.”
“Già.”
Sospira increspando le labbra. “Ora vediamo di
portare a casa la partita.”
Usciamo
guardinghi, ma appena vedo Auberton alla fine del
corridoio, la stringo e cerco di baciarla. Anthea è scaltra,
dapprima si
divincola, poi cede, la tengo con forza e avvicina le sue labbra alle
mie. Peccato, ho
promesso a papà di essere un
gentleman. Lei così vicina non mi capiterà mai
più.
Auberton
controlla, sghignazza, alza il bicchiere verso di
me approvando la violenza che sto facendo ad una donna.
Maledetto
serpente, Anthea sente che mi irrigidisco, mi
sussurra all’orecchio. “Non farti prendere dalla
rabbia, tienila fuori. Avrai
tempo per vendicarti.” Ci stacchiamo mentre lei torna da
Mycroft. Io seguo
Auberton. Entra nella stanza degli
Arazzi e lo trovo con un tipo al seguito. La sua guardia del corpo.
“Lui
è Serge, è fidato.” Lo sguardo cade sul
vestito costoso
che indossa ma non è armato, non certo stasera.
“Caro
Holmes se riesci a portarmi quel laptop, avrai quello
che ti spetta. E intanto starai al sicuro da brutti
inconvenienti.” Alzo
lo sguardo al cielo.
“Finalmente
qualcuno
di intelligente in mezzo a questo parco di mummie! Sta bene, Sir
Auberton,
quando lo avrò mi farò sentire, ma non credo mi
ci vorrà molto, mio padre è
piuttosto stupido quando si rapporta con me.”
Ridiamo con voce piena, ma improvvisamente si ferma.
“Però
c’è una condizione Holmes, devi dimostrarmi che
sei
serio, che non stai facendo un triste giochetto a favore di tuo
padre.” Ecco
quello che Anthea aveva preannunciato, vuole una prova.
“Nella
biblioteca c’è una telecamera di sicurezza,
trascinaci tuo padre e dagli il benvenuto piazzandogli un bel pugno in
faccia.
Puoi rompergli le labbra o il naso, vedi tu, ma deve sanguinare e
bene.”
Mantengo la calma, la cerco nel profondo di me stesso, non deve
trasparire
l’angoscia che sento. So che devo farlo anche se mi costa. Così gli rido
in faccia.
“Dovrò
farmi
perdonare, questo allungherà i tempi per sottrargli il
laptop. Però
si può fare e lo faccio volentieri. Quello
spocchioso taccagno se lo merita.”
“Ti
contatterà Serge, e vedremo di essere tutti
contenti.”
Raggiungo
la porta. Mi
volto, mentre stringo la maniglia. La
faccia scura di rabbia per quello che devo fare, per come lo devo fare.
La voce aspra.
“Sir Auberton, non sono così stupido
come sembro, ho vissuto la mia vita
in un istituto. Non provi a fare il doppio gioco con me. Non sono
tollerante
come Mycroft, e si rammenti bene il mio nome: Sherrinford Haycok
Holmes.”