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Autore: SilvanaFreesound    04/03/2021    1 recensioni
Si tratta del sequel del mio primo racconto "My Angel" in cui i nostri beniamini Kei Tsukishima e Tadashi Yamaguchi si troverranno alle prese con le loro prime esperienze erotico/amorose. I due pallavolisti si inerfacceranno con alcuni personaggi trovandosi in situazioni a volte comiche, al limite del paradossale! Vi auguro buona lettura e buon divertimento !
Genere: Comico, Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Tsukishima, Nuovo personaggio, Tadashi Yamaguchi
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SEI

 

Era già mezzogiorno inoltrato di quel sabato nel boschetto abbarbicato vicino Sendai.

Il sole picchiava forte nel cielo e non un alito di vento soffiava per portare frescura.

Le tende erano già state montate all’albeggiare della giornata.

Le acque erano floride e pescose: gli uomini Mazuka avevano riempito parecchie gerle e confabulavano fra di loro pregustando un pranzo luculliano.

Solo, in mezzo al fiume, con l’acqua fino alla vita, Tadashi, con indosso la salopette per l’occasione prestata dal nonno, era ancora con un nulla di fatto, impegnato a divincolarsi dal groviglio di lenze in cui si era impigliato.

Seduto sulle sponde del fiume, Tsukishima tentò di infilzare un verme schifoso il quale, per una buona mezz’ora, non gli sembrò essere particolarmente collaborativo.

Spazientito, finì per mollare la canna da pesca per poi rovistare negli zaini da camping.

L’invertebrato ne uscì vittorioso dalla lotta.

“Ehi, Yamaguchi! Ma dove diavolo hai messo la protezione solare? Ed il repellente per le zanzare?”

“Scu….scusa Tsukki! Forse saranno dentro la pochette che ho dimenticato a casa, vicino al lavandino. Mia madre mi ha chiamato ed io...”

“Taci, Yamaguchi!” tuonò imperativamente alquanto seccato.

“Basta, ne ho abbastanza di questa natura! Ora chiamo mio fratello e mi faccio venire a prendere!”

“No, Tsukki, non mi lasciare da solo con quello lì!” supplicò l’amico in preda al panico.

“Ma mi vedi? Ho la faccia come un peperone e ‘ste cazzo di zanzare mi stanno rosicando vivo!”

E così dicendo, Kei si schiaffeggiò dappertutto cercando invano di contrastare il nutrito sciame che stava allegramente banchettando con lui, quasi del tutto indisturbato.

“Ti prego Tsukki, resta! Io a domani mattina non ci arrivo!”

Tsukishima rimase immerso in un lungo silenzio di riflessione.

“Già mi immagino stanotte, sotto quella tenda: io, tu e Godzilla!”

“Grazie, Tsukki!”

Il volto del lentigginoso cambiò ad un tratto espressione: gli fece un sorriso a trentadue denti che lo ripagò ampiamente per il suo immolarsi.

L’idillio di quel momento fu subito interrotto; distratto dall’animata discussione, Yamaguchi non si accorse che la sua lenza si stava agitando già da un pò: qualcosa aveva iniziato ad abboccare.

Dopo poco si sentì strattonare violentemente:

“Aaaarrgggg, Tsukki, vieni, presto! Aiutami, non so cosa ho preso! Tira forte, aiutooooooooooooo! “

Tsukishima, senza pensarci due volte, si fiondò in acqua per soccorrere l’amico in difficoltà.

Il fiume era gelido e, benché fosse adeguatamente equipaggiato, il biondo occhialuto sentì delle ondate che gli arrivarono dritte dritte al basso ventre: fu come essere trafitto da mille spilli, un’esperienza sensoriale da non augurare al peggior nemico.

Kei rimase inorridito nell’intravedere sottacqua, ai piedi dell’amico, una creatura scura che si dimenava.

“Merda, cos’ è sto schifo? Ma cosa hai preso, Yamaguchi? Il mostro di Lockness?”

“Non lo soooooo! Aaaaarrggggg, aiutami! Prendi, prendi il retino!” urlò Tadashi come se non ci fosse un domani.

Ryotaro li vide da lontano agitarsi in mezzo a mille spruzzi: in due non riuscivano a tirar fuori la bestiola fuori dall’acqua.

Fece finta di nulla continuando a pescare, mormorando:

“Sfigati!”

Fu così che il nonno, notando i due giovani in ambasce, ordinò al nipote di intervenire in loro ausilio.

“Muoviti Ryò, vai ad aiutarli! Dai che stasera faremo una bella grigliata!”

“Si, nonno!” sbuffò il batterista contrariato.

L’energumeno in men che non si dica travolse i due ragazzi: con uno spintone scalzò Tsukishima che cadde, bagnandosi fino al midollo; afferrò con irruenza la canna di Tadashi sollevando, con un sol movimento di bicipite, il malcapitato pesce.

Il quella circostanza il drago sputafuoco fu molto orgoglioso del suo padrone.

I pallavolisti sgranarono gli occhi increduli: avevano catturato una grossa anguilla nera.

“Pappemolli!” sentenziò il palestrato tenendo il viscido capitone per le mani che ancora si contorceva ostinato.

Ryotaro pose presto fine alle sue sofferenze: con un colpo secco gli staccò di netto la testa dal corpo e, fissando con ferocia il povero Yamaguchi, lo minacciò dicendo:

“Hai visto che fine ha fatto il tuo pesce? Il tuo pesce doveva stare buono lì dov’era, a casetta sua! E’ voluto uscire…..ed ha fatto questa fine!”

Così dicendo, ripose l’animale esanime nel secchio assieme al resto del pescato.

“Ma che è sta storia? Che c’avrà mai contro ‘ste anguille?“ domandò interdetto Tsukishima il quale non afferrò l’allusione che invece fu subito ben chiara all’amico, consapevole, sin dalle primissime battute, che il cognato non si stesse riferendo alla creatura acquatica ormai passata a miglior vita.

Yamaguchi decise ancora una volta di tenere per sé quanto accadde a casa di Kaori sotto quel tavolo ed accennando una risatina nervosa rispose:

“Boh? Come dici sempre tu, Tsukki, noi, persone normali, certe cose non le possiamo comprendere!”

Giunse sera; l’allegra combriccola si sedette vicino al fuoco consumando quelle prelibatezze: il pesce arrostito appena tirato dalla brace era buonissimo e il nonno trovò particolarmente gustosa l’anguilla pescata da Tadashi.

L’anziano ad un tratto si alzò dal masso in cui era seduto ed entrò in una delle due tende; di lì a poco tornò, tenendo in mano un buffo cappello da pescatore decorato con tanto di ami, piume e finte esche.

“Bravo figliuolo, te lo sei meritato! Questo è per te, d’ora in poi fai parte a pieno titolo della famiglia Mazuka, benvenuto!”

Detto ciò, incoronò soddisfatto il giovane lentigginoso il quale provò un forte senso di orgoglio per essere stato insignito di cotanto onore.

Poi si rivolse al nipote il quale, udita tale proclamazione, non fiatò, scuotendo la testa in segno di profondo dissenso.

“Ryò, si è fatto tardi. Io e tuo padre ce ne andiamo a riposare…..se volete, potete rimanere ancora un pò a chiacchierare, chissà quante cose avete da raccontarvi!”

I due pallavolisti sospirarono all’unisono sconsolati.

Dopo essersi premuniti nello spegnere il fuoco, i tre ragazzi si diressero in tenda senza dire una parola. Fortunatamente per loro, Ryotaro dopo qualche minuto crollò come un sasso, iniziando a russare peggio di un martello pneumatico.

Trascorsa più di mezz’ora, nel calduccio del suo sacco a pelo, Tadashi non riusciva a prendere sonno: si girava e si rigirava senza trovare pace.

Tsukishima sorrise a quell’immagine paragonando il contorcersi dell’amico a quello della viscida anguilla da lui pescata poche ore fa.

“Ehi, stai dormendo?” gli chiese Kei.

“Non ci riuscirei nemmeno se lo volessi!” rispose terrorizzato Yamaguchi.

“Vieni qua e siediti vicino a me” gli propose affettuosamente il biondo.

E così dicendo, tirò fuori il suo inseparabile Ipod.

“Lucy ha registrato alcuni dei suoi nuovi pezzi, ti va di sentirli?”

Tadashi s’illuminò dalla gioia: si accomodò vicino all’amico del cuore condividendo con lui gli immancabili auricolari.

Si addormentarono così, testa contro testa, con le gambe rannicchiate al petto.

Quella notte Tsukishima sognò: sognò di quel prato nel parco, di quella torta di fragole, di quel ripostiglio delle scope, ripercorrendo pedissequamente ciò che accadde, arricchendolo via via di nuovi ed eccitanti particolari.

 

 

 

 

   
 
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