Primo
Capitolo
Lola si precipitò giù per il declivio. L’erba
alta bagnata dalla rugiada le sfregava le gambe inzuppandole i
jeans per quanto correva. No, non puoi scappare via così, le diceva una vocina
dentro di sè, implorandola di tornare indietro e
chiedere scusa a tutti. E dopo, che ne sarebbe stato
di lei? Al collegio si sarebbero arrabbiati ancora di più. No, non ne poteva
più di quella situazione. Non poteva più tornare in quella radura dall’erba alta
ogni domenica,guardare le farfalle, respirare l’odore
di abete ed erba fresca, sedersi sul masso al centro e…scoppiare a piangere. –No,
non posso più!!!-si disse Lola tra le lacrime che le
scendevano a fiotti lungo il volto, stringendo i denti e i pugni.
Non era certo una
ragazza normale, Lola. Non era come gli altri bambini, odiava
i giocattoli, i libri interessanti, il teatro, i clown e i palloncini. Odiava
quando la direttrice certe domeniche diceva:-Bhe, ragazzi, oggi vi siete comportati bene quindi faremo
un’eccezione! Andremo tutti a mangiare a quell’Alek..KleK….oh, come diavolo si
chiama?!?- e tutti rispondevano in coro:-Mc Donald’s, signora!”
Lei adorava
arrampicarsi sugli alberi, non imparare la pallavolo; le piaceva dormire in un’amaca
all’aria aperta, svegliarsi la mattina con il canto del gallo, stiracchiarsi e
andare giù in paese a salutare i suoi amici, per poi tornare su in collina al
ruscello e ritrovarsi ad essere pirati, oppure improvvisare capanne di bastoni,
vecchie lenzuola e corde per diventare indiani oppure i più ricchi sultani di questo mondo! Detestava, invece, il luogo dove stava
vivendo da due anni.
Il collegio di San
Luigi sorgeva in un paesello in mezzo alle montagne, Avelio. La città distava
qualche chilometro e gli allievi, di solito, era lì
che passavano la domenica se non stavano con i loro parenti.
Quel giorno
assolato era una di quelle domeniche, e Lola non sopportava l’idea di dover
andare in città, con tutto quello smog e quella confusione, quella freddezza
dei passanti in perenne fretta…no, lei prima di tutto amava il paese. -La gente
nel paese è sempre più calorosa-pensò,- anche se non
ti conoscono alla fine sono tutti più simpatici e gentili-. E
poi, amava la natura: gli uccelli, il verde dei prati, i fiori, le farfalle…ma
non era solo questo. Era che di solito, se qualche ragazzo la domenica restava
in collegio e andava poi in città, era perché non aveva nessuno che lo
accoglieva a casa, nessuna mamma e nessun papà, nessun parente, nessuno…zio. Ecco,
era proprio per questo, quest’ultimo legame che Lola
la domenica fuggiva e tornava a casa.Sì, perché lei
una casa dove tornare ce l’aveva eccome, e non solo,
aveva anche uno zio. Solo che quello zio le avevano detto
che era volato in cielo il giorno in cui l’avevano trascinata in collegio tra
le urla e le lacrime.
Ma Lola no, non ci
credeva che era in cielo. Non che non sapesse cosa
volesse dire. È solo che secondo lei lo zio era volato
nell’erba, non nel cielo. Stava in ogni albero, ogni fiore e nella casetta dove
abitavano prima della sua morte. Così, ogni domenica alle cinque del mattino,
prima che tutto il resto del collegio si svegliasse, lei si faceva un fagotto
con dentro qualcosa
da mangiare, scavalcava la finestra al primo piano che dava sul cortile e poi
giù per il declivio fino a raggiungere la radura e andare a trovare lo zio. Poi
apriva la porta della casetta, andava nella cucina e preparava sul tavolo un
piatto per lui, dove metteva quello che era riuscita a
rimediare. Aspettava che lo spirito dello zio assorbisse lo spirito degli
alimenti, dopodiché lei ne mangiava la sostanza. Il pomeriggio giocava un po’ nell’erba
e al ruscello, poi andava giù in paese di nascosto per salutare il signore e la
signora Olamare.
-Buongiorno,
Anna!-
-Ohhh, ma ciao, caaaaaaaraa!!! Come stai caaaaaaaaaara??siediti
pure qui, tesoooooro!!-
La signora Olamare, una vecchietta dai capelli di un colore ocra
spento, con la faccia pallida solcata da profonde rughe e gli occhi azzurro
chiaro, ogni volta che veniva a farle visita qualcuno per lei molto speciale, usava
sempre parole smielate come –cara-o –zuccherino!-,-
pasticcino-, tesoro, prolungandone le vocali all’infinito.
-Ma gioiellino mio,sei di nuovo
scappata dal collegio? Ma chissà come ti puniranno
stavolta!Da quella volta che mi hai detto che ti hanno fatto pulire i gabinetti
dei maschi per una settimana e ti hanno fatto
saltare la cena tre volte, ho sempre paura…-
-Stia tranquilla,
signora:omai lo faccio talmente spesso che non ci
fanno più caso:tanto lo sanno che prima o poi torno…-
- Ma bocconcino
allo zuuuuuuuuuuucchero!!!!
Potrebbe capitarti qualcosa di brutto e…-La conversazione fu interrotta da un
rumore di pantofole che scendevano dalle scale a passo di gigante:era il marito della signora Anna, Bruno, che esclamò, con
quel suo gran vocione:-Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!Rieccola qui, la nostra fuggitiva!!-
-Buonasera, Bruno-balbettò Lola abbassando
gli occhi e arrossendo-Sono andata a trovare lo zio…-
-Tesoro,-disse il signor Bruno accigliandosi ma provando un po’ di
pena per lei-Tesoro mio, anche io sono stato tanto triste per il Vecchio Benjo.Tu sai meglio di chiunque altro quanto c’ero affezionato. Avrei dato la vita per lui, cavolo! Ma ormai mi sono rassegnato… ed è quello che dovresti fare
tu, tesoro. Ormai sei grandicella ed è tempo che tu
ti faccia crescere le unghie, cominci a farti forza e..
a cercare di sopravvivere in quel collegio senza continue scappatelle, chiaro?
Tuo zio, cara, ti è sempre vicino anche se non gli porti da mangiare e non gli disfi e rifai il letto ogni domenica!-
-Ma quelli lì mi prendono in giro. Dicono che
sono la più “sfigata”, che sono brutta e antipatica e
parlo solo con gli alberi e le piante. Dicono che a me..la domenica..-ma la voce le si bloccò: sentiva un nodo alla gola, un
nodo così stretto da non riuscire quasi a respirare. Scoppiò a piangere e la
signora Anna corse ad abbracciarla.
-Fagottino mio..non è
vero che la domenica non ti vuole nessuno!!!Tu sei il bignè alla crema più
dolce del mondo..-disse dolcemente mentre la
accarezzava ripetutamente sul volto con quelle sue mani ossute, premendola sulla
sua pancia bella rotonda.
-Dai, ora ti
riaccompagno e informo la direttrice che puoi venire a
passare la domenica da noi, d’accordo?Su, su con la vita, piccola:dammi la mano
e andiamo,dai!-disse Bruno.
Ma al collegio, quando il signor Bruno se ne
fu andato, ricominciarono tutti a prenderla in giro.
-Ehi, Heidi!!Vieni qui, sono una
capretta!!Beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeehhhhhhhhhhhhh!!AHAHAH!!!-fece una bambina
dalle trecce rosse correndo a quattro zampe sul pavimento di marmo.
-Ehi Lola, ma si può sapere perché sei sempre inzuppata e sporca
d’erba? Togliti quella salopette sudicia e metti la divisa…-le gridò un altro tirandole un grembiule in faccia.
-Secondo me ha pure le pulci!-fece un’altra bambina con fare
schifato.
-Bleahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!Aiuto scappiamoooooo!!!>>urlarono
gli altri tutti in coro.
Lola si sentiva rifiutata.Diversa
da tutti gli altri.E allo stesso modo si sentiva un
altro bambino, ZEluh…ma non
qui, in questo collegio. Ma nemmeno in un altro.
Semplicemente, in un altro pianeta.