Quella
sera mi trasferii dalla sig.
Hudson. Mi accompagnò Molly che mi aiutò disfare
i miei pochi bagagli. Sistemai
la camera mentre pensavo al primo giorno al San Bart, e come avrei
affrontato
la mia prima vivisezione. Ero preoccupata ma decisa a imparare in
fretta.
Finii
di rifarmi il letto e scesi.
Molly se ne andò quasi subito e così rimasi con
John e Rosie. Preparai la tavola
e diedi una mano per la cena. Sherlock
non c’era, conversai con John della mia visita
all’obitorio, lui era un medico
e poteva capire le mie difficoltà. Fu comprensivo e mi
incoraggiò a continuare.
Poi gli raccontai della visita di Mycroft, e sogghignò per
tutto il tempo.
“Laura,
non hai cominciato bene con
Mycroft, devi prendere le giuste misure con lui.” John era
sincero, conosceva
già da tempo il fratello di Sherlock, e il rapporto
complicato che li legava.
“Ma
come, se è sempre così sopra le
righe! Con quel fare saccente e irritante. Pensare che
l’inizio mi era sembrato
pure simpatico. E
solo.”
“La
solitudine per lui non esiste,
ci sta bene dentro, non ama avere amici, nè relazioni, nel
suo ambiente lo
chiamano Ice Man.” Non mi stupii più di tanto
vista la freddezza che mi aveva
dimostrato.
“Starò
più attenta visto che sarà
spesso da queste parti. Cercherò di essere più
tollerante.” Finii
di apparecchiare e presi in braccio
Rosie per leggerle un libro di favole. Ci sedemmo sulla poltrona.
Non
passò molto tempo, sentimmo dei
passi salire le scale, la porta si aprì e invece di Sherlock
fece la sua
apparizione Mycroft. Una visita inaspettata vista la faccia di John,
che non
nascose la delusione.
“Se
cerchi tuo fratello non è
ancora tornato.” Lui
alzò la mano
all’indirizzo del dottore. Si
era
piantato al centro della stanza, con autorità.
“Sono
venuto per dirti che stasera
e forse domani sarà fuori. Un lavoro governativo improvviso,
ma niente di
pericoloso.” Appoggiò tutto il peso
sull’ impugnatura del suo ombrello,
inquadrandomi irritato. Mi aveva degnato della sua attenzione. Gli
rimandai un
sorriso falso.
John si alterò. “Avrebbe potuto
avvisare, voi e i vostri
segreti di stato!” Poi
sbuffò. “Almeno
rimani a cena visto che avevo già preparato per
tre.”
Mycroft
tergiversò mi osservava mentre
coccolavo Rosie. Stava valutando se passare una serata dove ci fossi
anche io, sembrava
poco convinto. Gli
indirizzai un cenno del capo come saluto.
Lui si accigliò e prese ancora tempo.
John stava perdendo la
pazienza, tormentava i
fornelli con rabbia. Allora
intervenni,
in fondo potevamo convivere nella
stessa
stanza per un paio d’ore senza azzuffarci.
“Rimanga
Mycroft, per pietà o John
darà fuoco alla casa.”
Presi in braccio
Rosie e la portai al padre. Mi rivolsi a lui che sembrava tediato.
“Perché
non mi dà una mano, Holmes,
così John si calma. Le prometto che non le darò
fastidio.” Risi
vedendo la faccia di entrambi, John
allibito, Mycroft contrariato. Non
gli
lasciai il tempo di rispondere presi il grembiule, e glielo allungai,
lo
invitai a togliersi la giacca. Volevo
farmi perdonare per come l’avevo trattato.
“Avanti
Mycroft, mi dia una mano,
trascorra la serata con noi.” Contrasse
i muscoli delle spalle, ma accettò.
Tolse la giacca, e la
sistemò accuratamente
piegata sulla sedia, rimase in camicia e gilet con due buffe
giarrettiere alle
maniche, gli allacciai il grembiule dietro la schiena dritta e stretta,
le
spalle si allentarono un poco. Magro
e
alto, profumava ancora di bucato fresco. lo
indirizzai ai suoi compiti di cuoco.
John
ci osservava dalla poltrona
con la bocca aperta senza dire nulla, perfino Rosie cinguettava felice.
“Chiudi
quella bocca Watson, lo
faccio per riparare al danno di mio fratello, che si è
defilato.” Holmes fece un
lungo sospiro rassegnato. A capo chino sogghignavo, ma mi piaceva
vederlo
allentare quella sua stupida freddezza.
Devo
dire che si comportò bene in
cucina, fu
all’altezza, evidentemente
cucinava spesso da solo. Sapevo della perspicacia degli Holmes e subito
la
trovai esposta.
“Che
c’è Lorenzi? Pensava
fossi un impedito ai fornelli? “Mi
rivolse un mezzo sorriso, che fatto da lui era decisamente molto. Affettava le verdure con
perizia, poi io le
saltavo in padella. Non invadeva i miei
spazi, e non era pedante nel dare consigli, semplicemente svolgeva il
suo
lavoro attento. Che fossero documenti governativi o semplici verdure
per
Mycroft era uguale, stessa meticolosa attenzione. Era
difficile che si distraesse, che si
sporcasse, cosa che invece regolarmente accadeva a me.
“Due
grembiuli non le basterebbero
Lorenzi.” Mi guardò già sporca di sugo,
ghignando nel avermi sorpresa così
maldestra.
Alla
fine portammo in tavola la
cena, ci raggiunse John con la piccola Rosie, si
era calmato per la lontananza
di Sherlock. Mycroft
era seduto al mio fianco, si dimostrò
educato e gentile, mi riempiva il bicchiere come un perfetto gentleman,
mi
passava il cibo.
Conversammo
di cose leggere o di
Rosie, ma mai del lavoro o di quelle cartelle così
importanti. Nemmeno John
chiese nulla.
Il British Government era
rilassato appoggiato
alla sedia, si era rimesso la giacca. Non avrebbe mai cenato in
disordine.
Notai che manteneva una costante distanza, difficilmente si lasciava
toccare o
avvicinare. Lo permetteva solo a Rosie.
Che spesso era attirata da lui e mai si
tirò indietro. La coccolava discretamente e
le parlava come un’adulta. Lei lo ricambiava imbrattandolo di
cibo, ma non
perse mai la pazienza, mi sopresi di vederlo così
disponibile. Per pochi minuti
vidi una parte di lui che credevo non avesse : era premuroso. John a testa bassa mi
guardò e mi sorrise
complice.
Rosie
cominciò a sentire la
stanchezza. John ci
lasciò soli mentre
la preparava per la
notte.
Ci
prendemmo carico di riassettare
la cucina. Mi alzai e Mycroft mi seguì silenzioso per
riordinare. Ruppe il
silenzio dopo un po', forse non sapevamo entrambi come approcciarsi.
“Come
va il tirocinio, Lorenzi?” Mi
sorpresi alla sua domanda, nessuna
inclinazione nella sua voce.
“Bene,
qualche difficoltà con
L’inglese. Non sono mai stata ferrata nelle
Lingue.” Fui gentile in fondo se lo
meritava.
Mi
fissò ironico, “Un lavoro così
complesso e una cosa semplice come l’Inglese la
spaventa?” Ecco
lì che ricominciava ad essere stressante!
“Non
mi spaventa Holmes, ma ho
delle difficoltà con
i termini tecnici, non
possiedo la sua “notevole intelligenza.”
Così presi a infastidirlo anch’io.
“Chi
le ha detto del mio quoziente
intellettivo?” Fece una smorfia, mentre asciugava le
stoviglie con meticolosa
attenzione.
“Voci
che hanno messo in giro
: “Mycroft
Holmes, the British
Government”, “The Smart
one” o soprannominato
“Ice man”. Risi
e lui si offese, cambiò in volto,
evidentemente non gli piacevano i nomignoli che gli avevano affibbiato.
“E’
stato Sherlock?”
“Non
svelerò le mie fonti.”
Soghignai alla sua irritazione. “Nemmeno sotto tortura! Oh, avanti Mycroft era una
battuta, la sua
fama la precede. Non fanno altro che dirmi di esser tollerante con
lei.”
“Tollerante?
“ Mi
fissò arcigno e aumentò la forza con
cui si adoperava
sulle forchette.
“Beh,
non so mai come prenderla, in
verità tende a offendersi spesso.”
Lo guardai
divertita mentre gli caddero le posate nella
lavastoviglie.
“Non
sono così difficile, sono gli
altri che sono irritanti. Siete tutti cosi lenti.” Ora era
ironico, era passato
al contrattacco. Lo
aiutai a rimettere
a posto il danno che aveva fatto.
“Ci
scusi “Smart one” se non siamo alla sua
altezza.” Le
cose stavano degenerando tra noi. Misi
fine alla discussione.
“Smettiamola
Holmes, ora basta
finiamo la serata tranquillamente.”
Mi
avvicinai, troppo per la sua area confort, lui indietreggiò.
“Non
tema non voglio toccarla,
nessun gesto che potrebbe ferirla.” Mi fissò
stupito, chiedendosi come facessi
a sapere dei suoi limiti autoimposti. “Non si preoccupi, ho
notato che non ama
il contatto fisico e per me non è un limite o un
problema.”
Grugnì,
si sottrasse al mio sguardo
e scivolò di fianco. “Sto bene così,
non ho bisogno di sostegno psicologico.”
“E
non glielo darò, tranquillo.”
Le sue spalle si irrigidirono di nuovo,
raggiunse il suo cappotto e
faticò a
indossarlo. Non lo
aiutai, sapevo che
non avrebbe apprezzato, non quando si sentiva messo alle strette.
“Comunque
è stata una bella serata,
e lei è un ottimo zio.”
Fui educata, non
volevo che andasse via con un brutto ricordo. Rimase
silenzioso, mentre con la testa
inclinata di lato per un lungo attimo mi valutò, poi dopo una specie di
assoluzione, si avviò
alla porta con il suo amato ombrello.
“E’
stata piacevole anche per me. E
Rosie è un’ottima nipote.” Uscì
dedicandomi
uno sguardo fugace.