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Autore: coopercroft    07/03/2021    0 recensioni
Laura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologa forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata.
Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complicato e singolare con cui inizia un rapporto altalenante pieno di luci e ombre: Mycroft Holmes, fratello maggiore del più noto Sherlock.
Quella frequentazione problematica trascina Laura in gioco di potere, di attentati, di omicidi che logorerà entrambi.
Tra discussioni e riavvicinamenti, si ritroverà a combattere con caparbietà per quel sentimento tormentato che li avvolge sempre più strettamente: una "solitudine elettiva" che li porterà ad aprirsi reciprocamente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quella sera mi trasferii dalla sig. Hudson. Mi accompagnò Molly che mi aiutò disfare i miei pochi bagagli. Sistemai la camera mentre pensavo al primo giorno al San Bart, e come avrei affrontato la mia prima vivisezione. Ero preoccupata ma decisa a imparare in fretta.

Finii di rifarmi il letto e scesi. Molly se ne andò quasi subito e così rimasi con John e Rosie. Preparai la tavola e diedi una mano per la cena.  Sherlock non c’era, conversai con John della mia visita all’obitorio, lui era un medico e poteva capire le mie difficoltà. Fu comprensivo e mi incoraggiò a continuare. Poi gli raccontai della visita di Mycroft, e sogghignò per tutto il tempo.

“Laura, non hai cominciato bene con Mycroft, devi prendere le giuste misure con lui.” John era sincero, conosceva già da tempo il fratello di Sherlock, e il rapporto complicato che li legava.

“Ma come, se è sempre così sopra le righe! Con quel fare saccente e irritante. Pensare che l’inizio mi era sembrato pure simpatico.  E solo.” 

“La solitudine per lui non esiste, ci sta bene dentro, non ama avere amici, nè relazioni, nel suo ambiente lo chiamano Ice Man.” Non mi stupii più di tanto vista la freddezza che mi aveva dimostrato.

“Starò più attenta visto che sarà spesso da queste parti. Cercherò di essere più tollerante.”  Finii di apparecchiare e presi in braccio Rosie per leggerle un libro di favole. Ci sedemmo sulla poltrona.

Non passò molto tempo, sentimmo dei passi salire le scale, la porta si aprì e invece di Sherlock fece la sua apparizione Mycroft. Una visita inaspettata vista la faccia di John, che non nascose la delusione.

“Se cerchi tuo fratello non è ancora tornato.”  Lui alzò la mano all’indirizzo del dottore.  Si era piantato al centro della stanza, con autorità.

“Sono venuto per dirti che stasera e forse domani sarà fuori. Un lavoro governativo improvviso, ma niente di pericoloso.” Appoggiò tutto il peso sull’ impugnatura del suo ombrello, inquadrandomi irritato. Mi aveva degnato della sua attenzione. Gli rimandai un sorriso falso.

 John si alterò.  “Avrebbe potuto avvisare, voi e i vostri segreti di stato!”  Poi sbuffò. “Almeno rimani a cena visto che avevo già preparato per tre.” 

 Mycroft tergiversò mi osservava mentre coccolavo Rosie. Stava valutando se passare una serata dove ci fossi anche io,  sembrava poco convinto.  Gli indirizzai un cenno del capo come saluto. Lui si accigliò e prese ancora tempo.

 John stava perdendo la pazienza, tormentava i fornelli con rabbia.  Allora intervenni, in fondo potevamo convivere  nella stessa stanza per un paio d’ore senza azzuffarci.

“Rimanga Mycroft, per pietà o John darà fuoco alla casa.”  Presi in braccio Rosie e la portai al padre. Mi rivolsi a lui che sembrava tediato.

“Perché non mi dà una mano, Holmes, così John si calma. Le prometto che non le darò fastidio.”  Risi vedendo la faccia di entrambi, John allibito, Mycroft contrariato.  Non gli lasciai il tempo di rispondere presi il grembiule, e glielo allungai, lo invitai a togliersi la giacca.  Volevo farmi perdonare per come l’avevo trattato.  

“Avanti Mycroft, mi dia una mano, trascorra la serata con noi.”  Contrasse i muscoli delle spalle, ma accettò.

 Tolse la giacca, e la sistemò accuratamente piegata sulla sedia, rimase in camicia e gilet con due buffe giarrettiere alle maniche, gli allacciai il grembiule dietro la schiena dritta e stretta, le spalle si allentarono un poco.  Magro e alto, profumava ancora di bucato fresco.  lo indirizzai ai suoi compiti di cuoco. 

John ci osservava dalla poltrona con la bocca aperta senza dire nulla, perfino Rosie cinguettava felice.

“Chiudi quella bocca Watson, lo faccio per riparare al danno di mio fratello, che si è defilato.” Holmes fece un lungo sospiro rassegnato. A capo chino sogghignavo, ma mi piaceva vederlo allentare quella sua stupida freddezza.

Devo dire che si comportò bene in cucina,  fu all’altezza, evidentemente cucinava spesso da solo. Sapevo della perspicacia degli Holmes e subito la trovai esposta.

“Che c’è Lorenzi?  Pensava fossi un impedito ai fornelli? “Mi rivolse un mezzo sorriso, che fatto da lui era decisamente molto.  Affettava le verdure con perizia, poi  io le saltavo in padella. Non invadeva i miei spazi, e non era pedante nel dare consigli, semplicemente svolgeva il suo lavoro attento. Che fossero documenti governativi o semplici verdure per Mycroft era uguale, stessa meticolosa attenzione.  Era difficile che si distraesse, che si sporcasse, cosa che invece regolarmente accadeva a me.

“Due grembiuli non le basterebbero Lorenzi.” Mi guardò già sporca di sugo, ghignando nel avermi sorpresa così maldestra.

Alla fine portammo in tavola la cena, ci raggiunse John con la piccola Rosie,  si era calmato per la  lontananza di Sherlock.  Mycroft era seduto al mio fianco, si dimostrò educato e gentile, mi riempiva il bicchiere come un perfetto gentleman, mi passava il cibo. 

Conversammo di cose leggere o di Rosie, ma mai del lavoro o di quelle cartelle così importanti. Nemmeno John chiese nulla.  

 Il British Government era rilassato appoggiato alla sedia, si era rimesso la giacca. Non avrebbe mai cenato in disordine. Notai che manteneva una costante distanza, difficilmente si lasciava toccare o avvicinare. Lo permetteva solo a Rosie.  Che spesso era attirata da lui e mai  si tirò indietro. La coccolava discretamente e le parlava come un’adulta. Lei lo ricambiava imbrattandolo di cibo, ma non perse mai la pazienza, mi sopresi di vederlo così disponibile. Per pochi minuti vidi una parte di lui che credevo non avesse : era premuroso.  John a testa bassa mi guardò e mi sorrise complice. 

Rosie cominciò a sentire la stanchezza.  John ci lasciò soli mentre la preparava  per la notte. 

Ci prendemmo carico di riassettare la cucina. Mi alzai e Mycroft mi seguì silenzioso per riordinare. Ruppe il silenzio dopo un po', forse non sapevamo entrambi come approcciarsi.

“Come va il tirocinio, Lorenzi?”  Mi sorpresi alla sua domanda, nessuna inclinazione nella sua voce.

“Bene, qualche difficoltà con L’inglese. Non sono mai stata ferrata nelle Lingue.” Fui gentile in fondo se lo meritava.

Mi fissò ironico, “Un lavoro così complesso e una cosa semplice come l’Inglese la spaventa?”  Ecco lì che ricominciava ad essere stressante!

“Non mi spaventa Holmes, ma ho delle difficoltà  con i termini tecnici,  non possiedo la sua “notevole intelligenza.” Così presi a infastidirlo anch’io.

“Chi le ha detto del mio quoziente intellettivo?” Fece una smorfia, mentre asciugava le stoviglie con meticolosa attenzione.   

“Voci che hanno messo in giro :   “Mycroft Holmes, the British Government”,   “The Smart one” o  soprannominato “Ice man”.  Risi e lui si offese, cambiò in volto, evidentemente non gli piacevano i nomignoli che gli avevano affibbiato. “E’ stato Sherlock?”

“Non svelerò le mie fonti.” Soghignai alla sua irritazione. “Nemmeno sotto tortura!  Oh, avanti Mycroft era una battuta, la sua fama la precede. Non fanno altro che dirmi di esser tollerante con lei.”

“Tollerante? “  Mi fissò arcigno e aumentò la forza con cui  si adoperava sulle forchette.

“Beh, non so mai come prenderla, in verità tende a offendersi spesso.”  Lo guardai divertita mentre gli caddero   le posate nella lavastoviglie.

“Non sono così difficile, sono gli altri che sono irritanti. Siete tutti cosi lenti.” Ora era ironico, era passato al contrattacco.   Lo aiutai a rimettere a posto il danno che aveva fatto.   “Ci scusi “Smart one” se non siamo alla sua altezza.”  Le cose stavano degenerando tra noi. Misi fine alla discussione.

“Smettiamola Holmes, ora basta finiamo la serata tranquillamente.”  Mi avvicinai, troppo per la sua area confort, lui indietreggiò.

“Non tema non voglio toccarla, nessun gesto che potrebbe ferirla.” Mi fissò stupito, chiedendosi come facessi a sapere dei suoi limiti autoimposti. “Non si preoccupi, ho notato che non ama il contatto fisico e per me non è un limite o un problema.”

Grugnì, si sottrasse al mio sguardo e scivolò di fianco. “Sto bene così, non ho bisogno di sostegno psicologico.”

“E non glielo darò, tranquillo.”  Le sue spalle si irrigidirono di nuovo, raggiunse il suo cappotto  e faticò a indossarlo.  Non lo aiutai, sapevo che non avrebbe apprezzato, non quando si sentiva messo alle strette.

“Comunque è stata una bella serata, e lei è un ottimo zio.”  Fui educata, non volevo che andasse via con un brutto ricordo.  Rimase silenzioso, mentre con la testa inclinata di lato per un lungo attimo mi valutò,  poi dopo una specie di assoluzione, si avviò alla porta con il suo amato ombrello.

“E’ stata piacevole anche per me. E Rosie è un’ottima nipote.”  Uscì dedicandomi uno sguardo fugace.

 

 

 

 

 

   
 
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