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Autore: _Lakshmi_    10/03/2021    1 recensioni
[Fantasy!AU][Steampunk!AU][Greek!AU]
Dal prologo:
[...] Ma erano solo vecchie storie.
Fiabe raccontate per giustificare una terribile, precaria situazione.
Dabi si mise seduto sulla branda disfatta ed inspirò l'aria satura di carbone e legna bruciata.
Persino nella sua cabina riusciva a sentire il rombante cigolio degli ingranaggi della sala macchine, spinti al massimo della loro potenza. Quel rumore costante e disperato gli ricordò il pianto angosciato di una madre, i lunghi bracci meccanici volti a proteggere il pargolo con tutte le loro forze.
Un eco terribilmente reale.
Assordante.
Non avevano avuto un attimo di tregua.

[DabiHaul][TodoBaku][Altre coppie][Presenza di OC secondari]
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Dabi, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Overhaul, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Terzo CapitoloKóre

 

« Puntuale come sempre, Principe Todoroki.
Vostra madre vi sta aspettando.»

 

     Todoroki Shōto annuì e salì le ampie, maestose gradinate in marmo bianco dell'ospedale psichiatrico. Monumentale come qualsiasi altro edificio presente nella capitale angelica, Kóre, glorioso inno al benevolo Dio del Sole.
Dal Palazzo di Giustizia, che sorgeva in cima alla gigantesca cascata del fiume Lethe, fino ai manicomi e alle prigioni stipati nelle periferie, tutto doveva apparire bello, uniformato da un comune colore bianco del marmo. L'unica, altra tonalità ammessa era l'azzurro trasparente dell'acqua dei canali su cui la città si diramava, con ponti e vie sotterranee dalle volte in vetro per poter rimirare sempre, dal basso, la bellezza dell'opera degli Angeloi devoti. Passeggiando per quelle strade, il dettaglio di trovarsi nel cuore di impervie, brulle montagne passava sicuramente in secondo piano, tanto che persino soffitto roccioso, grazie alla magia angelica, appariva etereo quanto la notturna volta celeste, un magnifico dipinto di costellazioni.
Ma agli occhi di Shōto, quella non era altro che una crudele illusione: non era la reale notte, non erano le vere stelle.
Avrebbe tanto voluto vederle, almeno una volta nella vita.
Un'infermiera lo accompagnò -come sempre- all'interno della camera spaziosa in cui riposava sua madre, poi lo lasciò, menzionandogli -come sempre- a grandi linee la tabella degli orari di visita.
Si sedette composto su una comoda poltroncina e fissò quella donna candida, con lo sguardo perso al di là della finestra, nel mondo esterno.
Come sempre, le disse qualcosa di circostanza, le parlò dei progressi nel canto e nella lira, menzionò qualche dettaglio sulla famiglia, soprattutto sui suoi fratelli.
Poi, il silenzio.
Shōto adorava il silenzio, si sentiva a suo agio. E proprio ascoltando la quiete, trascorse l'ultima mezz'ora di visita.
Come sempre.
A pochi minuti dal termine, si alzò e iniziò a prepararsi per uscire, indossando il morbido, caldo himation che sua sorella gli aveva amorevolmente cucito. Salutò educatamente sua madre, rassicurandola -come sempre- che suo fratello sarebbe passato prima o poi a trovarla, e si preparò ad uscire.

« Shōto.» improvvisamente, però, un singhiozzo spezzò non solo la calma, ma anche quei gesti e quelle cortesie divenute col tempo meccaniche « Shōto...» calde lacrime rigarono il volto della donna, le sue bianche ali di pura luce tremarono così come tremarono le esili spalle.

Un'infermiera entrò nella stanza e dopo di lei, numerosi altri medici.
E la sedarono.
Shōto fu scortato fin fuori dall'edificio. Attorno a lui, rimbalzavano le scuse da parte del personale dell'ospedale, ma nella sua mente erano semplici echi.
Le lacrime di sua madre, invece, rimasero impresse a fuoco nella sua mente per tutto il tragitto fino al Tempio.


« Puntuale come sempre, Principe.
È un onore accogliervi nel Nostro Tempio.
Per di qua,
il Sommo Sacerdote vi sta aspettando.»


     Una leggiadra sacerdotessa dalle ali piumate d'un immacolato candore, che segnavano la sua appartenenza ai Cherubim, antichissima stirpe di fedeli servitori degli Angeloi, lo accolse con un sorriso serafico. Non era diversa da qualsiasi altra sacerdotessa -veste etera, piedi scalzi e leggero trucco sui toni dell'oro-, se non per un tatuaggio appena visibile sulla spalla, ma che probabilmente ricopriva tutta la schiena: un albero in piena fioritura, chiaro richiamo alla bellezza di una primavera che mai, laggiù nelle profondità della Terra, sarebbe riuscito a vedere.
Un dettaglio insignificante che passò in secondo piano, davanti alla magnificenza del principale tempio della Capitale, il glorioso Pantheon.
Shōto, seguendo la fanciulla, camminò tra le colossali, magnifiche statue delle divinità, piegate a sorreggere l'imponente soffitto a cassettoni mentre con lo sguardo privo di pupille osservavano il lungo, estenuante viaggio del fedele.
Le due gemelle, le libertine dee 'Astéres, personificazioni delle stelle, custodi del destino degli uomini.
Nyx contrapposta a Eos, rispettivamente la notte e l'alba, allucinazioni e premonizioni, morte e rinascita.
Gea e Uranus, Terra e Cielo, moglie e marito, fedeltà assoluta.
E infine, seduto su un imponente trono di fiamme, il benevolo Dio del Sole, che più di ogni altra divinità aveva amato e protetto le sue creature più perfette, gli Angeloi. Alla sua destra, la prima moglie, nonché sorella Seléne, le cui infinite lacrime scorrevano incessanti quanto l'acqua di un fiume dagli occhi senza pupille.
Shōto pulì e purificò le mani nella bacinella in cui era raccolto il pianto costante della dea, mentre la sacerdotessa si allontanava per lasciarlo solo, permettendogli così un colloquio più intimo con l'alta carica religiosa, Endeavor, nonché Sacro Monarca del Paese.
Le pesanti porte del Pantheon si chiusero.

« Padre. Volevate vedermi.» dopo essersi asciugato con un panno di seta, spezzò il sacro silenzio con voce piatta, priva d'ogni emozione.

« Noto che finalmente hai accettato il tuo ruolo. Sono certo che onorerai il nostro magnanimo Dio del Sole.» seppur profonda e solenne, la voce del Sommo Sacerdote tradì una leggera nota di rammarico, che però passò del tutto inosservata alle orecchie e al cuore di Shōto.

Silenzio.
Il ragazzo continuava a fissare la statua del Dio del Sole, il cui capo era poggiato contro la mano destra, chiusa in un pugno: interi tomi di Storia dell'Arte avevano descritto quella posa come “la posa del Re Benevolo”, il cui pugno rappresentava chiaramente la mano della Giustizia, serrata per sorreggere il capo, ovvero l'Intelligenza, fedele sposa della Giustizia; ma per il giovane, quella postura era semplicemente dettata dalla noia.
C'è da dire che, col suo carattere assolutamente riservato, era sempre riuscito a cogliere qualche dettaglio al di là del velo.
Leggere il cuore delle persone.
Anche se dalla lettura all'effettiva comprensione il passaggio non era affatto immediato.

« Ma da qui alle Hekatombaión, ci sono ancora diversi mesi. E tutto potrebbe cambiare.» dopo un attimo di assoluta quiete, Endeavor riprese a parlare « L'attacco dei dragoni ha profondamente scosso l'intero Paese, tanto che il Consiglio del Sacerdoti vuole dichiarare guerra all'Impero.»

« L'Impero non ci attaccherebbe mai senza una ragione.» Shōto si sorprese della propria voce, che alle sue orecchie risuonò fin troppo irrequieta.

Ciò, in verità, turbò più il ragazzo che il padre, convinto che fosse solamente un ennesimo scatto d'ira nei suoi confronti.
Era trascorso un mese da quando aveva salvato la vita a quel drago, possibile che la visione complessiva della realtà fosse già così tanto influenzata da quel contatto? Dopotutto si stava parlando di un drako su chissà quanti guerrieri simili, magari con meno principi morali.
Forse era semplicemente stato fortunato a salvare il meno crudele.
Forse avevano realmente ragione i vecchi Angeloi, con i loro racconti terrificanti.
Forse...
Forse stava semplicemente pensando troppo.

« Shōto.» Endeavor lo richiamò, riportandolo alla realtà « Vorrei che tu mi rappresentassi.»

E per la prima volta, dall'inizio dell'incontro, si guardarono: gli occhi turchesi del figlio incontrarono quelli del padre, gli uni dubbiosi e diffidenti, gli altri più che seri.

« Come ben sai, non posso muovermi dalla Capitale: ora più che mai serve una figura di potere, che rassicuri i civili. Ma quando verrà il momento, vorrei che tu, con i miei uomini più fidati, assumessi il ruolo di ambasciatore per trovare un accordo con l'Impero d'Ēlýsion.»

E magari,
se tutto andrà a buon fine,
il consiglio del Sacerdoti non potrà più avere voce in capitolo sul sacrificio.

Un pensiero di Enji, che però rimase tale.
Lo stupore e la gioia iniziale di Shōto alla realizzazione di poter finalmente vedere il mondo esterno si scontrarono con il ricordo, il conflitto e il puro odio per il padre.
Le lacrime di sua madre.
Tutto il dolore provato nell'infanzia.
Suo fratello maggiore...
Shōto arretrò di un passo, seguito da un altro.

« Eseguirò gli ordini.» quando la distanza divenne incolmabile e il ragazzo si sentì di nuovo a suo agio, rispose come avrebbe risposto un qualsiasi altro soldato.

E, dopo un muto congedo, si allontanò nel silenzio.


« Shōto!
Ti ho portato la cena!»

 

     Shōto con il viso sprofondato nel cuscino, alzò il capo e stancamente si mise seduto, sfregandosi con forza l'occhio destro.
Già, la cena.
Fuyumi non aspettò nemmeno una risposta: con un grande, gentile sorriso in volto entrò nella stanza trasportando un vassoio sui cui c'erano porzioni di cibo sufficienti per sfamare un esercito.
Il ragazzo sospirò.
Non era tenuta a farlo, soprattutto non dopo essere tornata da poco dall'ospedale: doveva badare a ben due bambini, un neonato e uno di quattro anni, per di più più da sola; certo Burnin, l'attendente di loro padre, di quando in quando cercava di aiutarla, ma era un sostegno occasionale e Fuyumi non voleva assumere nessun Cherub come governante.

« Nostro padre è impegnato, come ben sai, però nessuno di noi si è dimenticato la giornata di oggi.>> dopo aver sistemato i piatti su un tavolino al centro della stanza, la sorella si avvicinò al suo amato fratellino e lo abbracciò calorosamente « Buon compleanno!»

Shōto batté le palpebre con assoluta sorpresa.
Già, era il suo compleanno.
Con la questione dell'attacco dei dragoni, ogni altra festività era passata in secondo piano, anche se, in effetti, nessuno aveva ancora dichiarato guerra a nessuno: il monarca, sotto a quel punto di vista, sembrava intenzionato ad osteggiare i membri del Consiglio che chiedevano di riorganizzare l'esercito, produrre armi, reclutare nuovi soldati.

« Uhm.» Shōto condensò in quel mugugno un intero vocabolario di ringraziamenti.

Fuyumi, conoscendo bene il particolare modo di esprimere i sentimenti in quella famiglia, rise divertita ed invitò un altro, misterioso -ma neppure tanto- figuro ad entrare nel territorio appena conquistato.

« E guarda: c'è persino Natsuo! Incredibile, eh? È tornato dal fronte per te.»

« Piantala! Mi fai passare per un grande eroe. Invece sono solo una sentinella.» Natsuo, in fondo anche lui a disagio, diede una pacca amichevole al fratellino.

Per il bene sia suo, sia del festeggiato, evitò epiteti come “Campione!” o “Piccolo uomo!”, limitandosi invece ad un significativo, solenne cenno col capo, che in quel caso valse anche come discorso tra uomini adulti, responsabili.
Non fumare.
Non drogarti.
Bevi con moderazione.
Non frequentare strane compagnie.
Usa sempre il preservativo.
Tutto in un lieve movimento della testa.
A interrompere quell'intenso dialogo, fu però l'arrivo delle cameriere accompagnate dai nipoti di Shōto: il suo sguardo eterocromo si posò prima su Sora, il neonato più tranquillo del mondo, tanto che in quel momento stava dormendo saporitamente incurante di ciò che lo circondava; poi la sua attenzione fu totalmente catturata dalla piccola Yuki, che da quando aveva imparato a fare brevi voli battendo ripetutamente le sue alette piumate, ora si ostinava a svolazzare per tutto il palazzo, generando panico e terrore attorno a lei.
Normalmente i matrimoni misti non erano propriamente ben visti, ma quello era un caso speciale, voluto dal Sacro Monarca in persona sia per reintegrare nella società il suo Cavaliere più leale, sia per dare in sposa sua figlia a una persona fidata.
Non era un matrimonio felice, ma d'altro canto le unioni per amore erano una semplice utopia.

« Zio! Tanti auguri!» la bambina planò malamente tra le braccia di Shōto, finendo per dargli una colossale testata in pieno petto « Zio Shōto, guarda!» prima ancora che sua madre potesse intervenire, la piccola spalancò orgogliosa le sue ali rosse « Mi sono cresciute altre piume! Presto avrò delle ali belle come il mio papà.»

Il viso di Shōto ebbe un improvviso spasmo.
Un sorriso.
Certo, mal sopportava il cognato soprattutto per come gravitava attorno a Endeavor, però quei due bambini erano davvero piccoli raggi di Sole in un mondo fin troppo oscuro.

« Sono davvero belle.»

« Vero?» rise tutta contenta la nipotina « A zio Natsuo invece non piacciono. Mi ha detto che sembro un pulcino spennacchiato.»

« Dico solo che, se la smettessi di perderle in giro per casa, probabilmente a quest'ora avresti il doppio delle penne di tuo padre.» Natsuo agitò una penna incriminante davanti al viso della bimba, i cui occhi dorati brillarono improvvisamente a quell'improvvisa consapevolezza.

« Hai ragione.»

Yukiko strappò la piuma dalle mani dello zio e provò in tutti i modi a riattaccarla alle ali.
Inutilmente.

« Ehi, voi tre: basta parlare che la cena si raffredda.» Fuyumi si sedette composta su un morbido cuscino e, dopo aver ringraziato la dea Gea per quel pasto, iniziò a mangiare.

Cibo commestibile.
Non come quel disastroso tentativo di cucina di Shōto.
I due fratelli e la nipotina seguirono immediatamente il suo esempio, scoprendosi tutti e tre parecchio affamati.

 

E il silenzio,
tanto caro a Shōto,
fu presto dimenticato.

 

 

 

Fine Terzo Capitolo!


Kóre: Persefone, nell'antica Grecia, era chiamata anche Kóre. Perché ho scelto proprio una dea degli Inferi per il nome della città? Beh, diciamo per mantenere una certa continuità con il continente “Averno” e, soprattutto, perché in qualche modo rispecchia la situazione del piccolo Todoroki. Vedi, caro lettore che è arrivato fin qui, devi sapere che il mio sogno nel cassetto era assegnare un dio a ogni personaggio presente (possibilmente principale). Ci sono riuscita? Mhm, vedremo.

Lethe: chiara citazione all'acqua Lete con la sua fantastica particella di... no? Ah, sì, è vero, è anche un fiume degli Inferi.

[...] bellezza: l'ho messo in corsivo perché è importante. L'ho ripetuto qui perché è davvero importante. Forse non a livello di trama, ma più una questione culturale.

[...] quella non era altro che una crudele illusione: qualcuno ha detto “Mito della caverna”? No? Bene, meglio così.

Cherub/Cherubim: in questa storia sono gli angeli classici... quelli con le ali piumate, per intenderci.

Pantheon: eeeeeh... sì, anche se c'è un “Dio del Sole” innominabile, assieme a lui coesistono anche altre divinità. Non potevo davvero rinunciare al politeismo.

Nyx e Eos: sì, sì... è Final Fantasy XV. Cioè, davvero, tu vorresti creare una religione senza metterci dentro dei riferimenti a un videogioco? Eresia.

Sora: l'ho scelto insieme alla mia amica perché significa “cielo” e mi sembrava carino per il figlio di Hawks.

Yukiko: riferimento a una mia OS in cui la figlia del protagonista si chiamava Yuki. Poi sì, l'ho scelto anche per il significato, ovviamente.

Molti riferimenti alla cultura greca: festività, capi d'abbigliamento, nomi di divinità... tutto è preso dalla mitologia greca. I ruoli cambiano, ma la sostanza rimane.

 

 

Angolo dell'autrice:


It's has been 84 years...

Ok, qualche anno in meno, ma più o meno come tempi di attesa siamo lì e... ci tengo a scusarmi con i lettori.
Posso dire che avevo davvero bisogno di una pausa.
Pausa dopo 3 capitoli?
Beh... potrò pure sembrare un'autrice sicura di sé, che lancia citazioni colte come se fossero coriandoli e che fa la cogliona nelle note finali, ma in realtà quel che scrivo non mi soddisfa mai al 100%. E quando questi dubbi diventano troppo opprimenti non riesco più a prendere a cuor leggero una fanfiction.
Avevo anche provato a cercare l'opinione di qualcuno, ma mi ha ghostato e da quel momento in poi... beh... solo il gelo. Ed è stato un evento che effettivamente mi ha segnata, al punto che non ho più scritto questa storia proprio perché... non so... in qualche modo mi sentivo colpevole.
In realtà mi sento ancora così.
Davvero ho sempre il terrore di diventare troppo pesante e di rovinare tutto.

Ad ogni modo, mi sono fatta trascinare dalle good vibes della mia migliore amica e ho ritrovato l'ispirazione anche per continuare questa fanfic. Quindi... sì, in sostanza è grazie a lei se ho finalmente mosso il mio culo estremamente pesante. Non so davvero se alla fine il risultato sia effettivamente decente, anche perché amo studiare la psicologia di un personaggio quanto odio le descrizioni troppo prolisse. E queste di questo capitolo sono in un certo senso descrizioni prolisse, però volevo rendere in qualche modo viva l'ambientazione.
Funzionale, ecco.
Per far capire in che ambiente è cresciuto Todoroki-kun.

Eeeeeee... dopo quest'angolo di depressione, comunque, vi saluto e ci vediamo al prossimo aggiornamento!

 

Un bacio da _Lakshmi_!

  
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