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Autore: IndianaJones25    12/03/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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XX.
CHICAGO, ILLINOIS, NOVEMBRE 1919

   Il suo primo incontro con Abner Ravenwood era avvenuto in uno dei corridoi della facoltà. Indy non aveva mai visto in faccia quell’uomo a cui aveva deciso di affidare tutto il suo futuro; non aveva la minima idea di come fosse fatto il professore. Poteva almeno addurre questa, come scusa per quel pessimo, primo scambio di saluti.
   Si era perso tra i labirintici corridoi dell’Università di Chicago e, ben presto, si era trovato a gironzolare senza sapere dove stesse andando di preciso, aprendo porte a casaccio e salendo rampe di scale che non aveva idea di dove conducessero. Mai come in quel momento aveva compreso che cosa dovesse provare Marcus Brody ogni volta che smarriva la strada nel suo museo.
   A un certo punto, quando cominciava a perdere le speranze di potersi orientare all’interno di quell’immenso edificio di stile neogotico, il ragazzo intravide in fondo a una scalinata un uomo alto e possente, con i baffi castani e il pince-nez sul naso, avvolto in un’ampia e antiquata palandrana nera, che teneva per la mano una bambinetta dai capelli corvini e mossi; stava parlando con voce roboante con un tizio smilzo e i capelli pettinati all’indietro. A giudicare dall’abbigliamento scialbo e dai modi rozzi che ostentava a ogni singolo movimento, doveva trattarsi di un inserviente.
   «Mi scusi» disse Indy, avvicinandosi, «lei è il bidello, vero? Saprebbe indicarmi l’aula del professor Ravenwood? È il mio primo giorno e temo di essermi perso…»
   Aveva parlato molto bruscamente, perché era quasi un’ora che camminava ed era stanco, teso e nervoso. Non aveva quasi neppure guardato negli occhi il suo interlocutore, continuando a lanciarsi sguardi tutt’attorno. Non voleva arrivare in ritardo, ma ormai mancavano soltanto pochi minuti all’inizio della lezione.
   Il tizio smilzo, da dietro le spalle dell’omone, gli fece un cenno eloquente, mentre la bambina gli rivolse uno sguardo intenso, come se stesse cercando di scoprire come fosse fatto sotto i suoi abiti un po’ sciupati e dimessi. Indy, però, ignorò entrambi e, dopo aver dato altre occhiate in varie direzioni, tornò a guardare l’omaccione, che si volse di colpo verso di lui.
   «Come si chiama, lei?» interloquì bruscamente l’uomo, con fare inquisitorio. «È uno studente di archeologia? Ha già delle conoscenze pregresse, sulla materia? Sa che non è facile come sembra? Ha una buona preparazione storica? Conosce qualche lingua antica? È consapevole che scavare in un sito archeologico non è affatto come fare una buca nell’orto per piantarci i pomodori?»
   Erano trascorsi appena tre giorni dal feroce litigio con suo padre e Indy era ancora piuttosto scosso. Di certo, non aveva voglia di mettersi a raccontare i fatti propri al primo venuto.
   «Senta, le ho chiesto se poteva darmi una semplice informazione, non che mi facesse il terzo grado!» sbottò, indispettito. «Se vuole darmela bene, altrimenti mi arrangio!»
   I baffi dell’uomo fremettero come se il loro proprietario fosse sul punto di esplodere come una bomba. Tuttavia, si mantenne calmo e il suo tono non salì nemmeno di mezza ottava.
   «Molto bene, molto bene, molto bene» commentò. Gli girò le spalle. «Harold, Marion, venite con me. E anche lei, signor sconosciuto bisognoso di una semplice informazione, mi segua. Le mostrerò personalmente l’aula del professor Ravenwood e la introdurrò alla sua presenza.»
   L’uomo si incamminò a grandi falcate, trascinandosi dietro la bambina, che non staccava più gli occhi di dosso a Indy, e fu seguito subito dal tizio smilzo di nome Harold. Il ragazzo li fulminò tutti e tre con lo sguardo e, per un momento, fu tentato di lasciar perdere e continuare a cercarsela da sola, l’aula. Ma il tempo stringeva e non voleva arrivare in ritardo alla prima lezione. Così, si rassegnò a seguire quell’uomo indisponente.
   Avanzarono per vari corridoi, superarono saloni e transitarono accanto a diverse aule. Studenti e docenti si muovevano in tutte le direzioni. Indy disse a se stesso che non sarebbe mai riuscito a trovare quel posto e che, per i giorni seguenti, si sarebbe dovuto disegnare una mappa, con una grossa X a indicare il posto giusto.
   «Ci siamo» grugnì l’uomo con i baffi, fermandosi finalmente davanti a una porta. «Questa è l’aula del professor Ravenwood.»
   «Bene, grazie tante e addio» borbottò Indy, superandolo senza guardarlo ed entrando.
   Il docente per fortuna non era ancora arrivato. Individuò un posto libero in prima fila, si tolse il cappello e andò a sedersi accanto a un ragazzo con i capelli riccioli, vestito in maniera molto elegante. Quello gli lanciò un’occhiata, studiò con attenzione il suo aspetto, come se lo stesse valutando, e poi gli porse la mano.
   «René Belloq» si presentò, con accento francese.
   Indy, avvertendo un’istintiva simpatia, gliela strinse volentieri.
   «Indiana Jones» rispose.
   «Conosce già il professor Ravenwood?» domandò René, voltandosi a osservare la cattedra deserta, ingombra di libri, cartelloni arrotolati e curiosi reperti di vario genere.
   «Solo di fama» replicò Indy. «Quando sono stato al fronte, ho letto spesso di lui sui giornali. Le sue ricerche sono sempre state molto importanti, al punto da meritarsi spazio persino in mezzo ai bollettini e alle cronache belliche.»
   «Nemmeno io l’ho mai conosciuto, ma ho letto parecchio di lui e sono davvero curioso di scoprire che cosa avrà da insegnarci. Sono appena giunto a Chicago e non conosco nessuno, qui.»
   «Vale anche per me» rispose Indy. «A parte che con lei, ho parlato soltanto con un vecchio antipatico che spero vivamente di non vedere mai più in vita mia.»
   In quel preciso momento, il vecchio antipatico entrò in aula. Indicò al ragazzo di nome Harold un posto in prima fila, non lontano da dove sedevano Indy e René, e gli affidò la bambina perché la tenesse vicino a sé. Poi salì sulla pedana della cattedra, si rassettò la palandrana e fece fiammeggiare lo sguardo arcigno su tutti i presenti. Quando giunse su Indy, parve indugiare un po’ troppo a lungo, attraversato da un brillio che non prometteva niente di buono. Infine si mise a sedere.
   «Buongiorno a tutti!» tuonò, in segno di saluto. «Io sono il professor Abner Ravenwood! Non farò molte premesse, prima di iniziare con il corso. Vi dico solo una cosa, una regola fondamentale che dovete apprendere ora e non dimenticare mai più: qui dentro, voi fate quello che dico io e obbedite a me! Se vi sta bene, saremo tutti amici. Altrimenti, la porta è quella e la strada per tornarvene da dove siete venuti la conoscete di sicuro, o potete farvela spiegare da un bidello, se avete difficoltà di orientamento. E ora, cominciamo subito parlando dello scavo archeologico di Ur dei Caldei, che ha avuto luogo proprio la scorsa estate…»
   Indy deglutì a fatica e si concentrò sui fogli che aveva disposto davanti a sé per prendere appunti.
   La sua carriera da studente di archeologia era cominciata.
   
 
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