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Autore: Chiara PuroLuce    12/03/2021    13 recensioni
Ernesto scopre un segreto sulla sua vita che gli sconvolgerà completamente l'esistenza... e non solo a lui!
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cellulare squillò proprio mentre era intento a cambiare il freno di un Opel Corsa. Dannazione, non poteva mollare il lavoro a metà, così lo lasciò squillare. Cinque minuti dopo ricominciò e poi ancora.
 
«Ma insomma, vuoi rispondere o no? Va bene che sei impegnato, ma cavoli amico, se sento ancora una volta quella tua terribile suoneria… giuro che te lo riduco in mille pezzi.»
 
«Ma come, Tony, non ti piace la Macarena
 
«No, la detesto e non capisco come mai tu abbia scelto proprio quella.»
 
«Perché tu la odi» disse lui tranquillamente, guadagnandosi un’occhiataccia dall’amico. «Diciamo che le mie due nipoti hanno trovato il modo per farmi uno scherzo. L’altro giorno hanno voluto il mio cellulare per inserirmi i loro numeri – nel caso dovessimo rimanere ancora in strada, zietto, hanno detto – come no. Avrei dovuto capire dallo zietto che ne stavano studiando una delle loro.»
 
Mentre Antonio rideva, lui posizionò il freno e iniziò a stringere.
 
«Be’, ti hanno fregato alla grande… zietto. Ma se non l’hai ancora cambiata, vuol dire che ti piace.»
 
«No, significa solo che non so come si fa. Non ne sono capace. Non me ne intendo di tecnologia, io. Non ho neanche un social… bazzico giusto su WhatsApp e ci ho messo un mese a capire come funzionasse.»
 
«Come essere una cariatide a cinquant’anni» sentenziò quello «persino mia madre, che ha superato gli ottanta, lo usa e mi sommerge di immagini stupide e pretende che io risponda o si offende. Buongiorno, buon pomeriggio, buonasera, buonanotte, buona cacca… ah, no, quello non esiste, per il momento.»
 
«Tua madre è un caso a parte» gli rispose lui scuotendo la testa
.
 
Proprio in quel momento Tom Jones riprese a cantare
 
«Va bene rispondo, ok?» disse poi ridendo del cipiglio dell’amico.
 
E lo fece, con il vivavoce. Gli servivano le mani libere.
 
«Pronto?» disse mentre cercava di regolare il freno.
 
«Signor Roversi? Parla Giacomo Redaelli.»
 
L’investigatore. Ernesto si bloccò e si tirò su di scatto, andando a urtare la testa contro il ponteggio ed emettendo un gemito.
 
«È un brutto momento?» continuò quello.
 
«No, no, è che a volte essere troppo alti ha i suoi svantaggi» si affrettò a tranquillizzarlo lui massaggiandosi la sommità del capo. «Mi dica che ha buone notizie da darmi, per favore.»
 
«Volevo fissare un incontro con lei e sua sorella, per aggiornarvi. È passato un po’ di tempo e trovo sia doveroso farlo» rispose quello in modo molto evasivo.
 
«Em… certo, sì. Mi lasci informare Elisa e…»
 
«Mi dispiace mettervi fretta, ma dalla vostra risposta in merito a quello che vi dirò, dipenderanno il resto delle indagini. Quindi, se non è un problema per voi, direi di vederci quanto prima – ovvero domani che è sabato – nel mio ufficio a Lecco. Facciamo alle 14.30?»
 
«Ah, perfetto. A domani e grazie.»
 
Che avrà mai di così importante e urgente da dirci?, si disse tra sé.  
 
«Che il mistero stia per essere svelato?» gli chiese Antonio.
 
«E chi lo sa, ma da come ha parlato, non ci giurerei. Quell’uomo è molto bravo, ma anche estremamente enigmatico. Finisco questo lavoro e poi approfitto della pausa pranzo per chiamare Elisa. Domani avevo in programma di passare al discount per il signor Idelfonso, ma dovrò anticipare a questo punto. Non ne sarà molto contento, ma se ne farà una ragione, per una volta.»
 
«Il vicino svampito e perennemente malato? Quello ipocondriaco? Non mi dire che si appoggia a te per la spesa. Non lo sapevo.»
 
«Non è male se sai come trattarlo e poi non vado in giro a fare pubblicità sulle mie opere di bene. Quell’uomo non ha nessuno che lo aiuti ed è troppo orgoglioso per chiedere assistenza al comune. Non mi costa niente dargli un occhio e una mano ogni tanto.»
 
«Magari quanto sarà la sua ora, scoprirai che ti ha lasciato l’appartamento.»
 
«Non lo faccio per quello, ma se dovesse accadere, chi sono io per rifiutare? Sarebbe sempre un’entrata extra visto che lo metterei in affitto.»
 
Per fortuna il capo richiese la presenza di Antonio in ufficio e venne lasciato solo. Era tanto buono e gentile, quanto veniale, a volte. Il suo vicino era una spina nel fianco, il più delle volte, ma era anche una persona molto sola che non sapeva rapportarsi con il prossimo.
All’improvviso si ricordò di come il vecchio aveva definito sua sorella e suo cognato, la settimana precedente e scosse la testa divertito.
Quando terminò il lavoro e la revisione all’auto, era già mezzogiorno e mezzo e si affrettò a informare sua sorella della novità.
Aveva appena preso il cellulare dalla tasca quando un furgoncino parcheggiò lì di fronte e ne uscì una donna piccoletta e rossa di capelli. Quella chioma, quel corpo formoso… oddio, Gemma? Cosa ci faceva lì? Che domande, era in un’officina e quindi… sì, ma perché proprio quella? Non aveva un meccanico di fiducia? E come faceva a sapere dove lavorava?
 
«Salve, disturbo?» esordì quella.
 
«Em… no, sono in pausa pranzo, ma se ha bisogno…»
 
«Uh, sì, grazie. Scusi se mi sono precipitata qui senza appuntamento, ma è da stamattina che questo catorcio si spegne mentre vado e poi riparte e… e be’, il mio meccanico oggi è chiuso per lutto, così ho chiamato Elisa e…»
 
«E lei le ha detto dove trovarmi» concluse lui al posto suo.
 
«Sì, e meno male ero in zona. Può aiutarmi, per favore? Per domenica ho una festa di compleanno di un bambino che compie dieci anni e…»
 
«Ma quanto è carina quando implora.»
 
Eh? Ho detto davvero… carina? Sì, a giudicare dalla sua faccia scioccata direi proprio di sì… dannazione.
 
«Come, scusi?»
 
«Chiedo scusa, non so come mi sia uscita. È che dopo averla vista arrabbiata e sarcastica, non mi aspettavo questo suo atteggiamento e be’… mi ha spiazzato. In positivo» le disse con un certo imbarazzo.
 
«È perdonato. Ma solo perché sono disperata» gli disse con una voce di riso nella voce.
 
«Sia mai che debba rinunciare alla torta.»
 
«Chi?» chiese lei, evidentemente presa in contropiede dal cambio di argomento.
 
«Il pupo. Non ha detto che…»
 
«Ah, sì. Guai se non avesse la sua torta con Iron Man sopra.»
 
«Lo posso capire benissimo. Lo invidio sa? A me mai nessuno ha fatto un regalo del genere.»
 
«Ma non mi dica… è un fan di Iron Man?»
 
«E non solo, di tutti gli eroi Marvel. Una passione che coltivo fin da ragazzo. Ho perso punti?»
 
Gemma gli sorrise scuotendo la testa e lui – inspiegabilmente – si sentì sollevato.
 
«Nessuno tocchi Wolverine o dovrà vedersela con me» dichiarò, seria.
 
Ah, però. E chi l’avrebbe mai detto che quella donna apprezzasse i fumetti e i film della Marvel. Ernesto scoppiò a ridere.
 
«Tornando a noi» le disse poi «se mi lascia il furgoncino, le prometto che glielo sistemerò entro domani mattina e poi – se mi dice il suo indirizzo, ma solo per questo motivo, non immagini altro ora – la riaccompagno a casa e glielo recapito direttamente lì, appena terminato il lavoro. A patto che poi mi riaccompagni qua.»
 
«Em… se promette di salvare il mio culone, affare fatto.»
 
«Non me la perdonerà mai questa, vero?» gli disse lui sospirando tra il serio e il divertito.
 
«Dipende. Se farà un ottimo lavoro, gliela abbonerò.»
 
«Troppo magnanima, grazie Gemma» le disse. «Quanti anni ha?»
 
«In teoria non si dovrebbe mai chiedere l’età a una donna, ma io non mi sono mai vergognata della mia quindi… cinquantadue.»
 
Suo malgrado, Ernesto rise di gusto e poi, sentendosi guardato con sconcerto, specificò.
 
«Portati benissimo, tra l’altro. Ma io mi riferivo al suo furgoncino.»
 
«Ah. Oddio che figura» rispose lei arrossendo lievemente. «Be’, lui solo dodici. Perché?»
 
«Perché quella, sommata ai km percorsi che ora scoprirò… potrebbe aiutarmi a farmi un’idea su cosa sia successo. Ha la mia parola che domani entro mezzogiorno sarà a sua disposizione di nuovo. Anche perché nel pomeriggio ho un appuntamento e proprio non posso mancare.»
 
Appuntamento… galante? Con chi? Cosa? Ma era impazzita del tutto? Gli fece un bel sorriso. Non l’aveva per nulla colpita quella frase, proprio no.
 
«Mi va benissimo. E mi porti il conto, per favore.»
 
«Ehi, come corre.»
 
«Preferisco sapere di che male morire. Ahahah, scherzo, è che sono previdente e mi piace pagare i miei debiti per tempo. Su tutto il resto sono una casinista, ma nella questione entrate/uscite, non ho nulla da invidiare a un commercialista.»
 
E niente, quella donna lo intrigava. Punto. No, niente punto. Basta donne, anche se bellissime, carismatiche e spiritose come quella Gemma. E poi, chi l’avrebbe sentita Elisa nel caso le cose si fossero evolute al peggio?
Guardò l’orologio.
 
«Ho ancora tre quarti d’ora di pausa pranzo. Pensavo di mangiarmi un panino, ma improvvisamente non ne ho più voglia. Che ne dice se ce ne andassimo alla trattoria qua davanti?» disse indicandogliela. «Come può vedere ci sono molti camion parcheggiati e sa cosa significa, vero?»
 
«Ovvio. Che si mangia da Dio e si spende poco. È tutta la mattina che corro e mi arrabbio con il catorcio. Ho bisogno urgente di carboidrati» gli rispose massaggiandosi la pancia. «A una sola condizione però.»
 
«No, non offrirà lei, se è questo che sta pensando.»
 
«Cosa? No. Sarò anche emancipata e viva il girl power, ma adoro farmi offrire il pasto da un bell’uomo» poi si bloccò e arrossì. «Ho dimenticato di dire imbranata e incline alle figure di merda.»
 
Ernesto scoppiò a ridere. Non sapeva bene perché, ma sentirsi definire tale da lei, gli fece piacere oltre ogni buon senso. Dannazione.
 
«Em, grazie. Be’, e quale sarebbe questa fantomatica condizione?» le chiese.
 
«Come? Ah, sì, ecco… che d’ora in poi ci dessimo del tu. Mi sembra il minimo, no?»
 
Lui finse di pensarci un attimo e poi le tese la mano con un ampio sorriso.
 
«Affare fatto» accettò stringendogliela «e ora vogliamo andare a mangiare? Non so tu, ma lì dentro fanno dei pizzoccheri spettacolari e io ne voglio proprio un piatto.»
 
«Oh, wow. Io pure» accettò di buon grado, quasi saltellando dalla gioia e battendo le mani dalla contentezza.
 
Ernesto avvisò il capo e Antonio su dove trovarlo in caso di bisogno urgente e poi si diresse con Gemma a mangiare uno dei suoi piatti preferiti.
 
 
 
 

Antonio era basito. Come, come? A braccia conserte dalla finestra dell’ufficio vide il suo amico dirigersi tutto gongolante dalla parte opposta della strada. Una donna bassa e formosa al fianco, con la quale sembrava intendersela a meraviglia.
Ma tu pensa e poi andava in giro a dire che dopo Gianna aveva messo una pietra tombale su tutto il genere femminile.
 
«Allora, cosa ne pensi?»
 
La voce del suo anziano capo lo riportò alla realtà.
 
«Penso che si stia prendendo una bella cotta.»
 
«Eh? Chi, di grazia?»
 
Oh, cavoli, aveva riflettuto a voce alta. Si girò verso il suo anziano capo che lo fissava basito dalla sua scrivania.
 
«No, nulla, ero sovrappensiero» glissò. «Si riferiva alla vendita, vero?»
 
«Sì. Ho voluto parlare con te per primo, perché sei qui da più tempo, ma dopo pranzo informerò anche Ernesto e gli altri due operai. Sono stanco e ho la pressione ballerina che mi impedisce di essere presente come vorrei. Il medico mi ha detto che data la mia età e una piccola polmonite pregressa mai guarita del tutto, se non voglio incorrere in problemi più seri e debilitanti, devo starmene tranquillo.»
 
«E così si ritira.»
 
«Esatto, Antonio. E sarei felicissimo se tu ed Ernesto rilevaste l’officina. Siete i miei operai migliori e vi meritate una ricompensa per tutto l’ottimo lavoro svolto qua dentro. Ultimamente avete fatto anche le mie veci e non potrò mai ringraziarvi abbastanza. Se non donandovi la mia creatura. I vostri due colleghi sono ancora troppo giovani, inesperti e immaturi, ma sotto la vostra guida, miglioreranno velocemente. Per questo la offro a voi e non a loro che, tra l’altro, sono arrivati da poco più di un anno e ancora non hanno capito bene come funziona un’attività del genere. Vi considero i miei eredi.»
 
«Grazie, sono commosso. Ma i suoi figli?»
 
«Ah, loro. Non vedono l’ora di sbarazzarsene. Non hanno mai amato sporcarsi le mani e la chiuderebbero domani mattina se potessero. Gli ho già esposto la mia idea e non si sono opposti.»
 
Antonio era tentato dall’accettare quell’offerta. Aveva sempre sognato di possederne una sua un giorno, di officina, ed era molto affezionato al signor Fausto per averlo preso con sé in età giovanissima e avergli insegnato il mestiere dal nulla. Gli doveva tutto, anche la sua amicizia con Ernesto.
 
«Posso pensarci bene e domani mattina dirle la mia decisione?»
 
«Ovviamente, non mi aspettavo una risposta diversa da te. Ti conosco e so che ponderi tutto con cautela e non lasci nulla al caso. Non appena il nostro Ernesto sarà tornato dal suo pranzo con quella rossa tutta curve, gliene parlerò. Eh, sì, credo che il suo cuore potrebbe essere in pericolo.»
 
Cosa? Il signor Fausto non finiva mai di stupirlo. Aveva previsto il disastro del matrimonio di Ernesto con Gianna – pur senza mai intromettersi – e smascherato i tanti tradimenti di lei. Ora aveva capito anche che Ernesto era attratto da quella nuova donna. Quell’uomo possedeva il fantomatico sesto senso. A proposito, chissà chi era la rossa Una nuova cliente senza dubbio. Ma le clienti non si portavano a pranzo fuori, giusto? Giusto. Quindi, una volta che l’amico fosse rientrato, l’avrebbe tampinato fino a farsi dire l’identità della donna misteriosa.
 
 
 
 
 
«Ti ringrazio per il pranzo – era da tempo che non mangiavo dei pizzoccheri così buoni – e per avere accettato di sistemarmi il furgoncino. Ti sono debitrice. Mi hai salvato la pancia e il lavoro.»
 
«Ahahah esagerata. Non ci ho ancora messo mano e poi chi ti dice che riesca a mettertelo a posto?»
 
«Ah, Ernesto, tua sorella dice che sei un mago dei motori. Se ce la farai, ti prometto che da oggi avrai una nuova cliente.»
 
«Wow, sarà felice il mio capo. E se dovesse risultare impossibile da aggiustare?»
 
«Be’, allora vorrà dire che domenica mi accompagnerai tu alla festa di compleanno e mi aiuterai a scaricare tutto, per poi preparare l’ambiente – in modo che sembri sia stata la madre a cucinare – prima di dileguarci.»
 
«Ah, e tu lasci che altri si prendano il merito del tuo lavoro?» le chiese sbarrando gli occhi dalla sorpresa.
 
«Se mi pagano bene, sì. E poi la famiglia in questione, in genere, si sente in debito con me e mi fa pubblicità gratis. I clienti, in questo modo, non mancano mai. Come vedi, non lascio nulla al caso.»
 
«Sei incredibilmente scaltra, complimenti.»
 
«Sono una donna d’affari» gli ricordò lei. «E tu che mi dici? Non ti piacerebbe avere un’officina tutta tua, un giorno?»
 
Lo vide pensarci su un attimo, serio in volto con lo sguardo rivolto al luogo dove lavorava e poi parlò.
 
«Non ti nascondo che mi piacerebbe, ma alla mia età… e poi non vorrei mai lasciare il signor Fausto, neanche per mettere in piedi qualcosa di mio. Lui e Antonio mi hanno insegnato tutto e mi sentirei di tradirli, in quel caso.»
 
Gemma era sorpresa dalla sensibilità di quell’uomo e da come si trovasse bene con lui. Era bello parlarci insieme e confrontarsi. E dire che all’inizio l’aveva preso a male parole.
Stava per rispondergli, quando una macchina parcheggiò all’officina. Elisa. Cavoli e adesso cosa avrebbe pensato vedendola insieme a suo fratello? Ma poi non stava facendo nulla di male, aveva solo pranzato con lui dopo avergli commissionato un lavoro.
 
«Ehi, voi due» esordì quella raggiungendoli poco dopo «fate comunella quando non ci sono? Oppure… no, non vi sarete mica scannati, vero?»
 
«Eh? No, no, che vai a pensare. Gli ho solo lasciato il catorcio come mi avevi suggerito tu» si giustificò lei «e ora, visto che sei capitata a fagiolo, mi riaccompagnerai a casa e risparmierai la strada al tuo caro gemello qui.»
 
«Ma certo, contaci» le rispose lei e poi guardò Ernesto. «Ha chiamato anche te l’investigatore, vero?»
 
«Mh, mh. Ah, che tipo, gli avevo detto che ci avrei pensato io a contattarti. Ci ha fissato l’appuntamento per domani, deve essere davvero importante se si è portato avanti e con così poco preavviso.»
 
Investigatore? Ma certo, quei due stavano ancora cercando notizie sul guaio combinato dai genitori, come aveva fatto a scordarselo. Ecco perché l’indomani pomeriggio non ci sarebbe stato e lei che aveva pensato… ah, che stupida.
 
«Dite che finalmente avrà chiuso il vostro caso?»
 
«No, ha detto che gli serve parlarci per sapere come continuare l’indagine, quindi o è ancora in alto mare oppure è vicino alla soluzione e vuole essere certo di fare i passi giusti» le rispose Ernesto.
 
E lei sperava, come tutti, che ne venissero a capo. Era arrivato il momento di congedarsi, aveva rubato fin troppo tempo al suo nuovo amico.
 
«Se mi dai il tuo numero di cellulare, ti mando il mio indirizzo» notò un Elisa basita che la fissava strabuzzando gli occhi, di contro il gemello rideva. «Per restituirmi il catorcio domani mattina s’intende» si affrettò a specificare.
 
E una volta ottenuto, si affrettò all’auto dell’amica, evitando di girarsi indietro.
 
 
 
 

 
«Dì un po’ tu, cosa stai combinando con la mia amica? Non ti avevo messo in guardia? Cosa sono quegli occhi luccicosi che le ho visto farti?»
 
Ernesto stava ancora guardando Gemma andarsene quando sua sorella gli pose quella raffica di domande. Occhi luccicosi? Ma esisteva quel termine? Era sicuro di no.
 
«Mi ha solo portato il furgoncino da riparare, sorella. Rilassati e non saltare alle conclusioni. Domani passo da te per le 13.30 così andiamo a Lecco con calma, ok?»
 
«A piedi? No, perché faccio prima a raggiungerti da Gemma e poi andiamo con la mia, però guidi tu. A meno che, tu non voglia farti riaccompagnare in officina da lei prima di venire da me.»
 
Ah, Elisa e la sua gelosia fraterna. Non gli dispiaceva, ma a volte esagerava.
 
«Senti, sono un uomo adulto e Gemma non mi dispiace, è vero. Ma sai bene come la penso su una nuova frequentazione. Andiamo d’accordo e mi piacerebbe esserle amico, tutto qui. È così difficile da pensare, per te, che due persone del sesso opposto possano andare d’accordo senza metterci il sesso o il cuore di mezzo?»
 
«Suppongo che non siano fatti miei se vi trovate bene insieme. Non sono gelosa di questo, solo lo reputo strano, dopo avere assistito al vostro primo incontro. Vorrei solo ricordarti di non prenderla in giro. Ha già sofferto molto.»
 
Ma per chi l’aveva preso? Eppure, avrebbe dovuto conoscerlo dopo tutti quei mesi. Però era ammirevole come proteggesse la sua amica e gli scappò un sorriso.
 
«Lascia fare a me. Sono un gentiluomo, dopotutto.»
 
Poi la baciò sulla guancia e la salutò. Passò uno scooter ad Antonio e portò il furgoncino di Gemma sopra il montacarichi, ma non fece in tempo ad accenderlo che la voce del capo lo distolse dal suo lavoro e lo raggiunse in ufficio.
Ne uscì mezz’ora dopo, sconvolto e pensieroso. Raggiunse Antonio e lo fissò, quello smise di provare l’acceleratore dello scooter e gli sorrise.
 
«Stasera da me, amico. Ti invito a cena e ne parliamo, ok?» gli disse.
 
E lui accettò. Era incredibile come poteva cambiare la vita in poco tempo.
La chiamata del signor Redaelli. Il pranzo con Gemma, durante il quale si era trovato benissimo. E ora la proposta del suo capo di rilevare la sua attività con l’amico di sempre.
Era troppo bello per essere vero. Se anche l’incontro dell’indomani con l’investigatore fosse andato bene, avrebbe acceso un cero in chiesa.
Ma la vita gli aveva insegnato a non dare nulla per scontato, ragion per cui si rimise al lavoro e cercò di tenere sottochiave tutte le emozioni che provava, almeno fino a quella sera.
   
 
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