CAPITOLO 8
“H.O.P.E.: Hold On, Pain
Ends.”
2000,
Lynch Manor, Edimburgo
Nel momento in cui mise piede nell’immenso
salone di casa
sua, Harry sapeva di trovarsi nei guai: nei suoi quattro anni, era
già un bimbo
molto sveglio. Non appena aveva varcato la soglia della stanza, il solo
incrociare gli occhi con quelli di suo padre lo aveva fatto
rabbrividire.
D’altronde, William Lynch era un uomo che incuteva timore,
sia per l’altezza
prorompente che per il suo sguardo di ghiaccio, che sarebbe stato
capace di far
rizzare i capelli in testa al peggiore dei Mangiamorte. Lentamente, il
bimbo si
avvicinò alla poltrona in broccato scuro, dove ora stava
seduto il padre, che
lo osservava con sguardo serio.
-Ciao
Harry, è andata bene
la giornata? – domandò l’uomo e Harry
sentì un brivido attraversargli la
schiena.
-E’
andata bene, padre. –
rispose lui, facendosi forza per non balbettare. Il padre lo
squadrò ancora e
il biondo sapeva che sarebbe successo qualcosa. Infatti,
l’uomo si alzò e si
avvicinò a lui, che si faceva forza per non indietreggiare.
-
Ho saputo che hai giocato
tutto il pomeriggio con i bambini della Signora Wilson. Sono babbani,
giusto? –
fece ancora e Harry capì subito di trovarsi in grossi guai.
Non appena vide il
padre alzare la mano chiuse gli occhi, aspettandosi subito il colpo.
Tuttavia,
sentì qualcosa accarezzargli la testa e, quando
aprì gli occhi, incontrò subito
lo sguardo intenerito del genitore.
-Stai
attento, non ho voglia
di dover obliviare qualche bambino perché ti ha visto far
fluttuare un pallone
o altro. – disse e Harry, dopo un attimo di smarrimento,
sorrise. Ad un certo
punto, sentì la voce di sua madre chiamarli dalla cucina e
si voltò verso
l’uomo, che gli sorrise di rimando.
-Penso
che tua madre abbia
fatto la torta. Sarà meglio andare. –
19
Novembre, Primo Piano, Criterion Restaurant, Londra
-Fëdor,
dimmi per favore che stai scherzando. Non può essere. Un
tredicesimo? Ma
scherziamo? E adesso cosa ci aspetta, maghi viaggiatori nel tempo?
– di fronte
all’incredulità di Emerald, che tuttavia era la
stessa reazione degli altri,
Numero Uno annuì. Una volta ricevuta la notizia dal Signor
Karkaroff, Fëdor
aveva subito contattato i suoi fratelli, desideroso di comunicare il
prima
possibile quello che aveva scoperto. Non aveva parlato però
con i membri
dell’Ordine di Morgana, in quanto ne voleva discutere prima
con gli altri
membri dell’Umbrella Academy.
- Se davvero
esiste un tredicesimo ragazzo o ragazza
come noi, perché nasconderlo? – domandò
Lauren e, accanto a lei, Felikz scosse
la testa, turbato da qualcosa. Elaija, esattamente di fronte al
fratello, notò
subito l’occhiataccia che il numero sette aveva ricevuto da
Cameron e Travis.
Fece per chiedere qualcosa, ma le sue orecchie captarono una frase di
Oberon.
- Io avrei una
proposta. – esclamò il numero sei,
ricevendo attenzione da tutti.
- Cosa vorresti
fare? – chiese Sheryl e il ragazzo
continuò.
- Io ed Emerald
avevamo pensato di intrufolarci
nell’ufficio di papà al Ministero. – a
quelle parole, gli altri dieci si
guardarono tra loro.
- Pensateci,
pensiamo che papà sia stato ucciso per
quello che scriveva nei diari. E se avesse parlato anche di questo
Numero
Tredici? A casa non li abbiamo trovati ma forse perché,
semplicemente, non li
ha nascosti lì. – disse Numero Due.
- Non
è una brutta idea. Se vogliamo scoprire qualcosa
dobbiamo assolutamente trovarli. Domani mattina possiamo andare a
cercare. –
fece Ophelia ma Lauren negò.
- No,
quell’ufficio è già stato parzialmente
svuotato
dalle sue cose. So che probabilmente li ha nascosti da qualche parte al
suo
interno ma, così come adesso, non possiamo entrare.
–
- Allora ci
conviene farlo stanotte. La sorveglianza
sarà ridotta e noi non abbiamo mai avuto problemi ad entrare
da qualche parte.
– spiegò Mathias, mentre si torturava le mani.
Accanto a lui, Gabriel gli mise
una mano sul braccio per rassicurarlo e Numero Dieci gli sorrise. Poi,
prese
parola.
- Anche secondo
me si può fare, ma non possiamo andare
tutti, altrimenti la gente si insospettirebbe. Io propongo di dividerci
in due
gruppi da sei. Ovviamente, dovremmo comunicarlo anche agli altri,
magari
possono aiutarci. – alle spiegazioni di Numero Tre, i
fratelli concordarono.
Quella notte, avrebbero scoperto l’identità di
Numero Tredici.
Giardino
Cercando
di passare nella folla di persone che
si trovava all’interno della Sala da Ballo, Emanuel si
diresse verso il
giardino, dove si era dato appuntamento con Katrina. Aveva appena
saputo
dell’esistenza di un altro fratello da Oberon e aveva la
massima urgenza di
parlarne con la sua vice. Non appena raggiunse la fontana centrale
notò subito
la ragazza, seduta su una delle tante panchine di marmo.
-Sai, ad un
ballo di solito si sta tra la gente, non
qui da sola. – fece lui, mentre la ragazza sorrideva.
- In
realtà, fino a cinque minuti fa non ero sola.
Allora, suppongo che tu abbia qualcosa di urgente da dirmi per essere
venuto
qui in fretta e furia. – replicò lei sistemandosi
una ciocca di capelli
scappata dall’acconciatura. Emanuel, mentre si sedeva di
fianco a lei, annuì.
- Oberon mi ha
detto della presenza di un Numero
Tredici che non conoscevano. – a quella frase, la mora si
voltò di scatto verso
l’amico.
- Come
l’hanno scoperto? – domandò.
- Uno dei
rappresentanti del Ministero russo, il
Signor Karkaroff, ha raccontato a Fëdor che il Signor McKinnon
ne parlava
spesso. E no, non ha fatto nomi. – rispose, precedendo
così la domanda che
Katrina voleva rivolgergli. Si passò una mano sul viso,
abbastanza stressato da
tutta quella situazione. Tuttavia, Katrina sembrava più
tranquilla.
- Se non hanno
nomi da cui partire, significa che
abbiamo ancora tempo. Cosa hanno deciso di fare? – chiese
ancora la ragazza.
- Hanno deciso
di intrufolarsi al Ministero stanotte. Stanno
ancora cercando i diari del padre e pensano che lì abbia
scritto qualcosa a
riguardo. Ho deciso che tu, Charlotte e Harry li accompagnerete, mentre
io,
Caleigh, Scarlett e Jem resteremo qui con i restati membri
dell’Umbrella a
controllare. – spiegò il ragazzo.
L’amica annuì e, dopo un cenno con
l’altro,
si diresse verso l’edificio, dove avrebbe subito comunicato a
Charlotte e Harry
le decisioni del loro capo.
2003,
Old Calton Cemetery, Edimburgo
Quel giorno, il cielo di Edimburgo aveva deciso di
oscurarsi, regalando alla città una piccola nube di pioggia,
che aveva iniziato
per le prime luci dell’alba e che non aveva ancora smesso.
Tuttavia, il brutto
tempo non aveva impedito all’Old Calton Cemetery di celebrare
un funerale,
dando a quell’evento un’ulteriore malinconia.
Mentre il prete celebrava la
messa, il piccolo Harry osservava attentamente le bare contenenti i
suoi
genitori, strappati alla vita in seguito al brutto incendio che aveva
colpito la
loro abitazione. Era successo tutto all’improvviso: il fuoco
aveva cominciato a
diffondersi mentre tutti dormivano e quando Harry venne portato via
dalla
domestica della casa, per i suoi genitori era già troppo
tardi. Così, ora si
ritrovava a seppellire le due persone più importanti della
sua vita, coloro che
lo avevano cresciuto e che gli avevano voluto bene sin dalla nascita.
A
fine funerale, una donna
gli si avvicinò e gli mise la mano sinistra sulla spalla
mentre, con la destra,
si asciugava le lacrime con un fazzoletto color lilla. Harry si
voltò verso sua
zia Isabelle, sorella minore di suo padre e la osservò
mentre tentava di
fermare i singhiozzi.
-Secondo
te si trovano in un
posto migliore? – domandò il ragazzino e la donna
sussultò, per poi voltarsi
verso il nipote. Trovandosi di fronte i suoi occhi pieni di lacrime,
sorrise e
lo strinse a sé.
-Stai
tranquillo, adesso
stanno meglio. Veglieranno su di te come hanno sempre fatto.
– gli rispose lei.
Dopo qualche attimo, Isabelle gli fece segno di andare, avvertendolo
della
passaporta che, di lì a pochi minuti, lo avrebbe portato a
casa della zia.
Harry annuì e, dopo aver dato un’ultima occhiata
alla lapide dei suoi genitori,
si avviò.
Sala
Principale
Appoggiato
alla parete della Sala Principale, dove si trovava il tavolo del
buffet, Elaija
osservava attentamente le varie persone attorno a lui. Di comune
accordo, si
era deciso che Felikz, Oberon, Sheryl, Lauren, Emerald e Travis
sarebbero
entrati al Ministero, mentre gli altri sei sarebbero rimasti
lì. Insieme a loro
si sarebbero uniti Katrina, Harry e Charlotte, in quanto Emanuel aveva
deciso
di rimanere lì insieme agli altri.
“Mi
fido di Katrina, ha più doti di leadership di me.”
Aveva detto il capo dell’Ordine ridendo.
Ad un certo
punto, il ragazzo notò Andrew, impegnato
in una conversazione con altre persone. In quel preciso istante, gli
tornò in
mente la promessa che i due avevano fatto ai tempi di Hogwarts e,
prendendo
coraggio, decise di avvicinarglisi. Non appena gli fu vicino, Andrew lo
notò e,
dopo essersi congedato dalle altre persone, gli sorrise.
-Ti ringrazio
per avermi salvato da quella
conversazione. Ancora qualche minuto e mi sarei maledetto da solo.
– fece il
biondo facendo ridere Numero Nove.
Possiamo parlare
in privato, per favore?
Domandò
ed Andrew annuì. Così, I due si diressero verso
l’atrio del locale, dove si
trovavano solamente due o tre persone.
-Allora, come
procede? Sei tornato a casa con i tuoi
fratelli? – chiese il ragazzo ed Elaija annuì,
nonostante con la testa fosse da
tutt’altra parte.
Sì,
abbiamo avuto la stessa idea. Un po’
ne sono contento, perché mi ha permesso di riavvicinarmi a
loro.
Rispose il numero nove.
-E per quella
vecchia cosa… Come va? – a quelle parole
per poco Elaija non soffocò con la sua stessa saliva e si
voltò verso Andrew:
anche lui si ricordava di quella vecchia promessa.
L’ex-Grifondoro fece
spallucce, cercando di non mostrare il suo stato d’animo.
Va
bene… Penso. Tutto tranquillo, tu?
Gesticolò
ma, notando lo sguardo dell’altro, capì subito che
non gli aveva creduto.
-El, ti conosco
ormai da tanto tempo e so che non va
tutto bene. Mi ricordo ancora del tuo “problema
amoroso”. Allora, come va? Mi
ricordo che durante il settimo anno la situazione era rimasta la solita
e no,
non guardarmi così, - fece, riferito
all’espressione sorpresa di Elaija, -
nonostante non stessimo più insieme ti osservavo comunque da
notare quegli
sguardi da ragazzina innamorata. Spero tu sia diventato meno ovvio.
– a quel
commento Numero Nove gli fece la linguaccia, per poi ridere.
- Elaija.
– nel sentire il suo nome essere pronunciato
così bruscamente, il ragazzo sobbalzò, voltandosi
poi verso la persona che lo
aveva chiamato: Felikz se ne stava lì, in piedi di fronte a
loro insieme a
Sheryl, mentre osservava Andrew come le lo volesse uccidere con lo
sguardo.
Elaija gli riservò un’occhiataccia ma,
fortunatamente, Andrew non sia accorse
di quello sguardo.
- Da quanto
tempo. Felikz e Sheryl, giusto? Condoglianze
per la vostra perdita, sono davvero dispiaciuto. – disse il
biondo mentre gli
tendeva la mano. Il numero sette la strinse, nonostante gli occhi
continuassero
a comunicare una sorta di astio nei confronti del ragazzo. Anche Sheryl
imitò
il gesto, sorridendo tristemente.
- E’
stato un brutto colpo per tutti. Per fortuna
siamo qui ad affrontare questo dolore insieme. – rispose la
rossa, rivolgendosi
poi al numero nove.
- Io e Felikz
siamo venuti a dirti che Gabriel ti
stava aspettando, ma penso non gli dispiaccia aspettare, visto che sei
già impegnato.
– Elaija aggrottò le sopracciglia, ma poi
capì subito il messaggio sottinteso
della sorella: era un modo buffo per avvisarlo che sarebbero partiti
per il
Ministero. Fece loro un cenno del capo, facendo intendere di aver
capito e i
numeri sette e undici lo salutarono, per poi allontanarsi.
- Non so
perché, ma ho come l’impressione che tuo
fratello non mi sopporti. – disse Andrew ed Elaija scosse la
testa, mentre
ripensava a quanto fosse stato scortese Numero Sette.
Fidati, lo
conosco da anni e ancora non
riesco a capirlo.
Terrazza
-Raccontami
un po’ come stanno Michael e Shirley? E’ da un
po’ che non ci sentiamo. – Dopo
l’incontro avuto con Gregor, che se non fosse stato per
l’intervento di Lucy
sarebbe finito probabilmente al San Mungo, Scarlett aveva deciso di
passare un
po’ di tempo con la sua migliore amica che, causa lavoro e
altre cose, era
riuscita a vedere pochissimo.
- Stanno bene,
grazie per averlo chiesto. Michael mi
scrive praticamente ogni settimana raccontandomi di tutto, dalle
lezioni di
volo alle tende del dormitorio. E’ vivace e sono contenta
stia vivendo
quest’esperienza in modo molto positivo. Nonna invece
è la solita: si arrabbia
se la casa è sporca è in disordine, ma
è fantastica e mi ha aiutato tanto. Tu
con i bambini? – domandò la bionda e Lucy
alzò gli occhi al cielo.
- Sei fortunata
ad avere un figlio in età da Hogwarts,
davvero. Jessica ha sette anni ed è la più grande
ma sta già imparando qualcosa
sulla magia e Asher e Declan hanno avuto già i loro scatti
di magia involontaria.
John è fantastico con loro, ma il lavoro come poliziotto lo
prende più del
previsto e io non sempre riesco a liberarmi dalle cause in tribunale.
Ti
invidio tanto, davvero. – mentre Lucy raccontava delle
avventure della sua
famiglia, Scarlett sorrideva, fiera della sua amica: era riuscita ad
ottenere
il ruolo dei suoi sogni come Magiavvocato, aveva sposato un uomo
meraviglioso,
un babbano poliziotto di nome John e aveva avuto tre figli magnifici.
- Ehy Scarlett,
conosci quel ragazzo laggiù? Ti sta
osservando da un po’. – fece ad un certo punto la
ragazza e la bionda si voltò,
aspettandosi di sicuro Emanuel che la teneva d’occhio.
Tuttavia vide,
dall’altra parte della terrazza, un ragazzo che non aveva mai
visto: era
abbastanza alto, dai corti capelli neri e la carnagione olivastra.
Tuttavia,
gli sembrò familiare. Non appena si accorse di essere stato
visto, si
allontanò, rientrando così nella Sala Principale.
- Secondo me ti
stava puntando, ma non avrei dubbi.
Sei bellissima in quest’abito, davvero. Ti slancia parecchio.
– esclamò Lucy
mettendola sul ridere ma Scarlett, complici tutte le sue esperienze da
Auror e
da membro dell’Ordine, non riusciva a rilassarsi
completamente.
- Senti Lucy, ti
dispiace se mi allontano un attimo?
Mi sono appena ricordata di dover comunicare una cosa urgente ad un mio
amico
presente stasera. Ci vediamo qui tra poco, okay? – chiese lei
e l’amica annuì,
comunicandole che l’avrebbe aspettata proprio lì
in terrazza. Così, Scarlett
rientrò, cominciando a cercare uno dei suoi colleghi o anche
i ragazzi
dell’Umbrella Academy: aveva un brutto presentimento.
2008,
Sotterranei, Hogwarts
-Ehy guardate, l’orfano di Serpeverde! Stai
ancora
cercando i tuoi genitori? – nel sentire quella frase, Harry
si fermò
bruscamente, mentre gli altri ragazzini della sua casa che erano con
lui
continuavano a camminare. Il biondo si voltò, trovandosi
faccia a faccia con
tre ragazzi Corvonero, probabilmente più grandi di lui. Il
biondo cercò di
trattenere la rabbia, rivolgendo loro uno sguardo seccato.
-Cosa
volete? – chiese lui e
uno dei tre sogghignò, avvicinandoglisi poi con
superiorità.
-
Ho saputo che hai appena
ottenuto il ruolo di Cercatore per la squadra, complimenti. Peccato che
il
ragazzo che hai battuto sia il mio caro fratellino. – rispose
prontamente il
Corvonero ed Harry aggrottò le sopracciglia, avendo
ricordato perfettamente
quel momento: si erano presentati solo in due per il ruolo di cercatore
e,
grazie alla sua agilità, aveva letteralmente stracciato il
suo compagno che, a
fine allenamento, gli aveva rivolto uno sguardo carico
d’odio. A quel punto,
non riuscendo a resistere, rispose anche lui con un ghigno.
-Sì,
l’ho completamente
stracciato. Se non fosse stato totalmente una schiappa forse sarebbe
riuscito
ad entrare come riserva. – Harry non fece neanche tempo a
finire la frase che
l’altro lo sbatté contro il muro, per poi
puntargli la bacchetta alla gola.
-
Sarà, ma se tu per caso
finissi in Infermeria con un braccio rotto? Magari ti rompo anche
qualche
costola… -
-
Hey! Lascialo andare! –
gridò una voce e i quattro si voltarono, trovandosi davanti
una ragazzina con
la divisa rosso-oro. Tuttavia, la prima cosa che risaltò
agli occhi di Harry fu
la folta chioma rossa, tenuta ferma da una fascia verde smeraldo. Nel
vederla,
il Corvonero fece un verso irritato.
-
Henderson, se non vuoi
vedere i tuoi capelli trasformati in serpenti ti conviene levare le
tende,
altrimenti finirà male anche per te. – fece lui ma
la ragazza non si lasciò
intimidire, avvicinandosi con aria di sfida.
-
Provaci Wallace e sappiamo
tutti che la fine dell’idiota la farai solo tu. A chi vuoi
che credano i
professori: hai attaccato uno studente del secondo anno di
un’altra casa per un
motivo idiota, anche se confermo il fatto che tuo fratello faccia
schifo a
Quidditch, come te d’altronde; inoltre, lo hai fatto davanti
a dei testimoni e
sai che per me non è difficile convincerli a testimoniare.
– rispose la rossa,
alludendo alla piccola folla di Serpeverde che li stava osservando.
Messo
davanti ai fatti, Wallace si trovò messo alle strette e, a
malavoglia, mollò la
presa su Harry. Poi, dopo aver regalato un’altra occhiataccia
alla ragazza, se
ne andò seguito dai suoi due compagni. Mentre la Grifondoro
disperdeva le
persone che si erano fermate per lo spettacolino, Harry le si
avvicinò.
-
Potevi anche evitare di
intervenire, ce l’avrei fatta benissimo da solo. –
fece lui e lei rise,
prendendolo in contropiede.
-
Lo so perfettamente, ma
visto che mi sembravi un tipo impulsivo, ho voluto evitare spargimenti
di sangue.
Ma non avevo dubbi sul tuo coraggio. Wallace è un idiota, mi
chiedo ancora come
abbia fatto il Cappello Parlante a metterlo a Corvonero. –
ribatté. Dopo
essersi assicurata che non ci fosse altra gente in giro, si
voltò verso Harry,
tendendogli la mano mentre sorrideva.
-
Io sono Charlotte
Henderson, quarto anno a Grifondoro. Piacere di conoscerti! –
messo davanti a
quelle parole, Harry guardò quella mano, decidendo poi di
stringerla.
-
Harry Lynch, secondo anno.
Piacere. – disse, mentre un piccolo sorriso gli spuntava
sulle labbra. In quel
momento, nessuno dei due avrebbe immaginato che, di lì a
poco, sarebbe nato uno
dei duo più casinisti di Hogwarts e, insieme a quello, anche
un legame
profondo.
Primo
Livello, Ministero della Magia, Londra
-Siete
sicuri che sia qui? – domandò Travis controllando
in giro per evitare di
trovare guardie e Ophelia annuì. I sei fratelli, utilizzando
il potere di
Felikz per non passare attraverso i camini, altrimenti li avrebbero
subito
presi, erano comparsi direttamente al Primo Livello dove, a detta di
Lauren, si
trovava l’Ufficio del Ministro della Magia. Dopo essersi
cambiati d’abito per
essere più comodi e grazie all’uso
dell’incantesimo Silencio stavano attenti a
girovagare per i corridoi. Stavano per svoltare l’angolo del
corridoio che
stavano percorrendo quando, ad un certo punto, Emerald, la prima della
fila, si
bloccò e Charlotte, che si trovava dietro di lei, le
andò contro.
-
Perché ti sei fermata? – le domandò ma
Numero Due la
zittì con un gesto della mano, indicandole poi la porta
dell’Ufficio del
Ministro. Sfortunatamente, di fronte ad essa si trovava una guardia,
che
controllava attentamente il corridoio.
- Va bene, voi
state pronti, io provo a stenderlo. –
fece Harry, che ricevette però in risposta una gomitata da
Katrina.
- Imbecille, se
qualcosa andasse storto chiamerebbe le
altre guardie. Non puoi andare lì come uno spaccone e
pretendere che non
succeda niente. – a quelle parole Harry le rivolse
un’occhiataccia, prontamente
ignorata dal vice-capo dell’Ordine.
- Ci penso io.
– tutti i presenti si voltarono verso
Sheryl, che li osservava sorridendo. A differenza degli altri membri
dell’Umbrella, che guardavano la sorella con grande
ammirazione, i tre ragazzi
dell’Ordine sembravano alquanto confusi. Ad un certo punto,
Charlotte ebbe
l’illuminazione.
- Ma certo,
è un’idea fantastica! –
esclamò e la
numero undici le rivolse un sorriso di ringraziamento, per poi
cominciare a
dirigersi verso la guardia. In tuto questo, Harry continuava a non
capire.
- Cosa starebbe
pensando di fare? – domandò ma ottenne
solo un occhiolino da parte di Ophelia.
- Aspetta e
osserva attentamente. – disse
semplicemente la bionda e il ragazzo riportò
l’attenzione sulla rossa. La
guardia la notò e fece per prendere la bacchetta ma,
improvvisamente, l’aria
nel corridoio si fece più calda e, attorno alla ragazza,
apparve una specie di
nube rosata. La guardia la guardò esterrefatto e Numero
Undici gli si avvicinò
tranquillamente. Nel momento in cui lei gli mise una mano sul braccio,
una
strana scintilla passò negli occhi dell’uomo, che
cominciò poi ad osservarla
adorante.
Da dove si
trovavano loro si faceva fatica a capire
quello che lei stesse dicendo alla guardia e Harry osserva a tutto
attentamente. Nel notare l’espressione sul viso
dell’amico, Charlotte rise.
-Ti ricordo che
lei ha come potere lo Charme, ovvero
la capacità di ammaliare le persone. – gli
spiegò, nel momento in cui la rossa
tornava da loro, venendo acclamata dai fratelli.
- Il tocco non
lo hai perso vedo! – esclamò Felikz
abbracciandola, mentre quella rideva.
- Diciamo che me
la cavo ancora. Forza adesso, non perdiamo
tempo: andiamo a vedere cosa si nasconde nell’ufficio di
papà. -
Sala
Principale, Criterion Restaurant
-Come
mai quel muso lungo? Sembra che tu abbia bevuto del succo di zucca
andato a
male. – a quella frase, Caleigh rivolse
un’occhiataccia a Jem, che la osservava
sorridendo mentre, tra le mani, teneva due bicchieri di champagne.
- Brutti
incontri. – si limitò a dire la corvina
mentre accettava la flûte offerto. Sperava tanto di evitare
quella
conversazione ma, sfortunatamente per lei, Jem era più
furbo. O forse, aveva
più esperienza.
- Caleigh, ti
ricordo che sono stato il tuo insegnante
e che ti conosco. Allora, chi hai incontrato che ti ha fatto comparire
quella
brutta smorfia sul viso al punto da farti comparire quelle brutte
rughe? –
domandò ancora e la ragazza sbuffò, sia per
l’insistenza del suo ex professore
che per il commento.
- Ho incontrato
mio padre. – disse, pentendosi subito
dopo di averne parlato: ogni membro dell’Ordine di Morgana
conosceva la storia
e il passato degli altri e la ragazza aveva mene in mente quello che
aveva
passato l’uomo durante la sua giovinezza. Tuttavia, anche Jem
conosceva la sua
storia, per questo le sorrise.
- Non
preoccuparti cara. Da quello che ricordo, tuo
padre è stato molto duro con te e con tua madre.
E’ normale che ti abbia
turbato così tanto vederlo qui questa sera. – fece
lui. Caleigh si ritrovò ad
osservare la sala, dove le persone si divertivano e parlavano tra loro.
Notò
subito il padre ad un lato della sala, mentre parlava e rideva con
altri e
quella visione le fece storcere il naso. Jem notò subito
l’espressione
dell’amica e si mise a ridere.
- Non dargli
importanza. Ormai è un capitolo chiuso
della tua vita, no? – le domandò e lei
annuì. Ad un certo punto, i due vennero
raggiunti da Fëdor, che era rimasto lì con loro.
- Cameron,
qualcosa non va? – chiese Caleigh, avendo
subito notato l’espressione cupa del biondo.
- Pensiamo che
chi ha cercato di intrufolarsi in casa
nostra sia qui presente. – sussurrò lui,
controllando di non essere visti da
occhi indiscreti.
- Come fate a
dirlo? – gli chiese Jem, facendosi
improvvisamente più serio.
- Scarlett pensa
che qualcuno ci stia tenendo
d’occhio. Ci conviene avvertire gli altri e controllare
meglio. Io cercherò un
modo di avvertire che si trova al Ministero. –
comunicò Numero Uno. I tre si
accordarono e poi, dopo un breve cenno, si separarono, cercando di
trovare i
loro compagni.
Dicembre
2009, Foresta Proibita, Hogwarts
In quel momento, Harry si pentì di aver deciso
di portare
con sé Neve, la sua piccola gatta siamese. Se
l’avesse lasciata a casa, come
consigliato da sua zia Isabelle, non avrebbe dovuto cercarla in lungo e
in
largo per il territorio scolastico. Stava ormai per perdere le speranze
quando,
in lontananza verso la capanna di Hagrid, intravide
l’animale, che lo osservava
come a volersi prendere gioco di lui. Non appena quella
cominciò a scappare,
Harry gli andò dietro, senza rendersi conto di essersi
avvicinato troppo alla
zona della Foresta Proibita. Si fermò ma, nel vedere la sua
gatta entrare senza
problemi e volendo recuperarla, decise di addentrarsi, ringraziando il
cielo
che fosse inverno e che non ci fosse anima viva ad Hogwarts, ma solo
qualche
professore impegnato a controllare la Sala Grande. Così,
inseguì il gatto,
riuscendo poi ad acchiapparlo qualche minuto dopo.
-Ti
ho presa! Guai se mi
scappi un’altra volta! – le disse lui
accarezzandole le orecchie. In risposta,
l’animale cominciò ad agitarsi e a ringhiare,
scatenando la curiosità e la
preoccupazione del ragazzo, stranito dal comportamento anomalo della
creatura.
Tuttavia, impegnato com’era, non s’era accorto
dell’Acromantula, dalle
dimensioni di un bisonte, che gli si avvicinava di soppiatto. Sentendo
un’improvvisa presenza dietro di sé, Harry si
voltò, proprio nel momento in cui
il ragno spiccò il salto.
-
Aragna Exumai! – un
improvviso fascio di luce gialla passò accanto al ragazzo e
finì contro la
creatura che, ferita, si allontanò velocemente,
addentrandosi ancora di più
nella foresta. Harry, spaventato, si voltò per vedere il
viso del suo salvatore
e sbiancò nel riconoscere Emanuel, suo compagno di casa del
settimo anno e
Caposcuola. Dopo aver controllato di essere da soli, il moro gli
riservò uno
sguardo di fuoco.
-
Mi spieghi cosa diavolo ti
è saltato in mente? Non lo sai che è pericoloso
qui? Ringraziami che non sei
diventato cibo per ragni giganti! – iniziò a dire
quello, mentre Harry
abbassava lo sguardo a terra stizzito: di tutte le cose che poteva
odiare,
farsi riprendere era forse la prima
-
Beh si… Grazie. – si
ritrovò però a dire, riconoscendo che, senza il
compagno, probabilmente, non ce
l’avrebbe fatta. A quelle parole, Emanuel annuì e
gli fece cenno di iniziare ad
avvicinarsi alla scuola, altrimenti sarebbero stati beccati. Lungo la
via del
ritorno, Harry si voltò per osservare il suo compagno, che
sembrava perso tra i
suoi pensieri.
-
Non lo dirai ai professori
vero? – domandò lui e l’altro si
fermò. Dopo qualche secondo, si voltò verso di
lui e sorrise.
-
Certo che non lo dirò. Ma
in cambio, mi dovrai un favore. – replicò Emanuel
e Harry alzò gli occhi al
cielo, dovendosi aspettare una cosa del genere.
-
Di cosa si tratta? –
-
Lo saprai tra qualche
anno. –
Ufficio
del Ministro della Magia
-Okay
ragazzi, cominciamo a cercare. Molte cose di papà sono
già state portate via ma
non ha importanza, perché di sicuro non avrebbe nascosto i
diari a vista.
Quindi, ci conviene cominciare dalle librerie e… Oberon, la
smetti di toccare
tutto? Potrebbero averci messo su qualche incantesimo
d’allarme! – Emerald, da
brava sorella maggiore qual era, aveva deciso di esercitare il suo
potere di
più grande per prendere in mano la situazione e
richiamò subito il fratello,
che sfiorava con le dita ogni oggetto che gli si parasse davanti. A
quel
rimprovero, Numero Sei sorrise.
- Vorrei
ricordarti, cara sorella, che il mio potere è
proprio questo: questi oggetti sono pieni di cose da raccontare.
– le disse
semplicemente e la ragazza roteò gli occhi, cominciando a
cercare per conto
suo. Accanto a lui, Harry lo osservava attentamente.
- Quindi riesci
a vedere tuo padre? – gli chiese e
Oberon annuì. Poteva vedere tutto: quando aveva spostato
quel determinato
libro, quante volte aveva utilizzato la penna stilografica che si
trovava sulla
scrivania… A detta di Oberon, gli oggetti raccontavano un
mondo.
- In tutto
ciò, come faremo a trovarli? Un mago
potente come lui non si fa fregare da incantesimi base o da un semplice
incantesimo di disillusione. – replicò Travis,
mentre cominciava ad osservare
vicino alla scrivania, per cercare di trovare possibili cassetti
nascosti o
altro.
- Non possiamo
saperlo. Di sicuro avrà usato di ogni
per nasconderli. – rispose Sheryl, che cercava nella libreria
insieme a Ophelia
e Felikz. A quelle parole, Katrina la guardò scettica.
- Siete sicuri?
E se non fossero nemmeno qui? –
domandò la mora e Numero Undici sospirò.
- Non abbiamo
scelta. Se i diari sono veramente
nascosti qui, la nostra unica possibilità è
cercare. -
Giardino
Lontano
dal casino della Sala Principale e della Sala da Ballo, Gabriel se ne
stava
seduto sui rami di una grande quercia vicino ad una delle aiuole
presenti nel
grande giardino del posto. Aveva evitato la zona centrale, quella della
fontana
e le panchine appena sotto la terrazza, in modo da allontanarsi il
più
possibile dalle persone. Aveva visto Elaija parlare nuovamente con
Andrew e
aveva sorriso, felice che suo fratello fosse rimasto in buoni rapporti
con l’ex
fidanzato. Nel vedere come fosse tranquillo il fratello minore, il
numero tre
non aveva avuto il coraggio di allontanarlo dalla conversazione,
decidendo così
di rintanarsi da solo nel giardino. Aveva sempre odiato le feste o i
balli che
venivano organizzati e, ancora di più, aveva odiato dover
fare la bella
statuina per il padre, fiero di mostrare i suoi dodici figli. O
esperimenti,
non vi era poi così tanta differenza.
-Allora qui ti
nascondi! – esclamò all’improvviso
qualcuno facendolo sobbalzare. Si voltò, notando il viso
sorridente di Mathias
e si tranquillizzò, avendo pensato di trovarsi di fronte uno
di quei
giornalisti della Gazzetta del Profeta. Cosa buffa, perché
era già successo, un
altro dei tanti motivi per i quali stava seduto in giardino, nella zona
meno
illuminata e nascosto dai rami dell’albero.
- Mathias, mi
hai spaventato. Ti avrei potuto
affatturare. – disse il rosso ma il fratello
scoppiò a ridere.
- Non ci crede
nessuno. Avrei potuto anche essere il
Signore Oscuro in persona ma non mi avresti fatto mai del male. Magari
dopo
tanta insistenza da parte mia, ma non sei credibile. –
rispose lui, mentre si
arrampicava sull’albero per sedersi accanto al fratello.
Gabriel sentì il viso
andare a fuoco e voltò lo sguardo dall’altra
parte, cercando di non farsi
vedere dal numero dieci. Fortunatamente per lui, l’altro non
se ne accorse,
troppo impegnato a cercare qualcosa nella sua tasca che doveva essere
stata
ingrandita da un incantesimo, visto che ormai il fratello ci aveva
infilato
quasi metà braccio. Con un piccolo grido di gioia, Mathias
tirò fuori due
pacchettini, che aveva creato lui con i tovaglioli di seta dei tavoli e
ne
porse uno a Gabriel, che lo guardò incuriosito.
- Ho visto che
sul tavolo si trovava una bellissima
torta con la crema Chantilly e non ho resistito a prenderne due grosse
fette.
Ho fatto fatica a prenderle perché, per Merlino,
c’era una folla immensa. Penso
ci fosse un famoso artista, Edgar qualcosa. –
dichiarò sorridendo mentre
scartava il suo pacchetto. Nel sentire quelle parole, il numero tre
arrossì
ancora di più ma, questa volta, si voltò verso
Mathias, che sbocconcellava
allegramente la sua torta, nonostante nei suoi occhi si potesse ancora
leggere qualche
scintilla di preoccupazione, che non aveva mollato il ragazzo da dopo
la sua
confessione. Gabriel notò immediatamente la loro stretta
vicinanza: poteva
sentire il calore dell’altro attraverso il braccio,
leggermente appoggiato al
suo. Come spinto da una forza sconosciuta, cercò di
avvicinarsi il più
possibile all’altro…
- Gabriel! Mi
spieghi dove cazzo sei finito?! – dallo
spavento preso per quell’improvvisa esclamazione, per poco il
rosso non cadde dall’albero,
salvato solamente da Mathias che l’aveva afferrato per il
braccio. I due
guardarono in basso, dove notarono Cameron che li osservava.
- E’
da un quarto d’ora che vi stavo cercando. – fece
il numero quattro in modo brusco, cercando di nascondere la
preoccupazione che,
fino ad un secondo prima, lo aveva colpito.
- Scusami Cam,
ma davvero non ce la facevo a stare lì
dentro ancora un minuto. – ammise imbarazzato Gabriel,
scendendo per poi essere
imitato dal numero dieci.
- Avevi bisogno
di qualcosa? – chiese Mathias, non
accorgendosi dell’occhiata che Cameron gli stava riservando.
- I membri
dell’Ordine pensano che qui ci siano le
persone che hanno attaccato casa nostra. Dobbiamo parlare di alcune
cose. –
rispose il rosso spostando lo sguardo sul gemello. Gabriel
annuì e, insieme a
Mathias, si incamminò, mentre Cameron li seguiva da dietro.
Numero Quattro
continuava a pensare a quando i due si fossero avvicinati
così tanto quando,
sovrappensiero, andò a scontrarsi con qualcuno, afferrandolo
prima che cadesse.
- Merda, mi
dispiace molto. Ti sei fatta male? – fece
lui non appena si accorse di aver urtato una ragazza. Quella gli mise
una mano
sul braccio e gli sorrise, segno che non si era fatta niente. Non
appena il
rosso si fu allontanato, lo sguardo della ragazza tornò
neutro e si guardò le
mani, dove cominciava ad apparire della polvere nera.
Adder, Red.
Diamo inizio alla festa.
Agosto
2018, Diagon Alley
Da qualche minuto, Harry attendeva pazientemente vicino
al negozio di bacchette di Olivander, aspettando la persona che gli
aveva dato
appuntamento. Con la punta della scarpa continuava a picchiettare per
terra
mentre, ogni tanto, si passava le dita tra i riccioli dorati.
Controllò
l’orologio un’altra volta nell’arco di
dieci minuti e sbuffò: aveva sempre
odiato i ritardatari e, come se non bastasse, odiava rimanere
lì fermo come un
allocco, mentre la gente gli passava accanto. Stava per ricontrollare
il suo
orologio per l’ennesima volta quando,
all’improvviso, sentì una folata di vento
dietro di lui.
-Perdona
il mio ritardo, ma
ho avuto un piccolo contrattempo. E’ da tanto che non ci
vediamo. – fece
Emanuel mentre si sistemava i capelli con la mano destra. Harry
sbuffò.
-
Sai che detesto aspettare
e si presuppone che se una persona fa un invito come minimo
è la prima ad
arrivare. – puntualizzò il biondo seccato, ma
l’altro fece spallucce, come a
sminuire la frase appena detta.
-
Sarà. Comunque sia, ti ho
chiesto di incontrarmi perché avrei una cosa molto
importante da chiederti. Sei
pregato di seguirmi. – replicò il più
grande e Harry, seppur titubante, decise
di fidarsi del suo ex compagno di scuola. I due si inoltrarono per le
vie
secondarie di Diagon Alley e, quando si avvicinarono
all’entrata di Nocturn
Alley, Harry si fermò bruscamente.
-Okay,
dimmi cosa sta
succedendo. Adesso. – sbottò lui ed Emanuel si
fermò, voltandosi verso il
biondo.
-
Sei ancora testardo come
ricordavo, lo sai? E va bene, ti dirò tutto. Quello che ti
sto per dire è
altamente riservato e non potrai dirlo a nessuno, intesi? –
fece quello e Harry
inarcò un sopracciglio.
-
Come faccio a sapere che
posso fidarmi? – domandò e l’altro gli
sorrise.
-
Mi devi ancora un favore,
no? – di fronte a quelle parole, Harry si ricordò
immediatamente di quando,
anni prima, il suo compagno lo aveva aiutato. Sospirò,
sapendo che non poteva
tirarsi indietro da quello, in quanto il suo onore e il suo orgoglio
glielo
impedivano. Così, ricevendo un sorriso di gratitudine,
decise di seguirlo.
Ufficio
del Ministro della Magia
-Niente,
niente, niente! Non abbiamo trovato niente, è stato tutto
inutile! – sbottò
Oberon tirando un calcio al muro. D’altronde, gli altri lo
capivano benissimo:
avevano passato le ultime tre ore a cercare nell’ufficio del
padre,
controllando in ogni angolo possibile ma non avevano trovato niente.
Dei diari,
nessuna traccia.
- A quanto pare,
papà era molto più furbo di noi. –
commentò Emerald, appoggiata alla scrivania accanto a
Travis. Katrina sospirò,
passandosi una mano tra i capelli nel vano tentativo di cacciare via lo
stress.
- Non vi viene
in mente nessun altro posto in cui
possa averli messi? – domandò la ragazza ma Lauren
scosse la testa.
-
Papà non ci ha mai detto niente riguardo ai suoi
affari, eravamo all’oscuro di tutto. Ci ha mentito sempre,
quindi perché non
farlo con questo? – fece Numero Otto con tono neutro,
dimostrando tutto l’astio
che aveva sempre provato per l’uomo.
- A quanto pare
mentire è un vizio di famiglia… -
commentò il numero sette e Travis lo guardò truce.
- Felikz,
piantala. – esclamò il dodici, ma Ophelia,
che si trovava accanto al fratello più grande, li
guardò stranita.
- Cosa dovete
dirci, ragazzi? – chiese, portando così
l’attenzione generale su di loro. Sorridendo pacatamente,
Felikz si voltò verso
il più giovane.
-
Perché non glielo dici tu, fratello? –
replicò e
Numero Dodici avanzò verso di lui, fermandoglisi di fronte.
Subito, Sheryl si
mise di fianco ai due, per evitare che iniziassero a litigare.
- Abbiamo
promesso che non avremmo detto niente. –
Travis assottigliò lo sguardo, cercando di fermare il
fratello dal suo
tentativo di spifferare il segreto di Cameron. Sapeva che, in
circostanze
normali, non lo avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe tagliato la
lingua: ma
allora, cos’era successo di così sconvolgente da
aizzarlo come una vipera e per
di più contro un membro della sua famiglia? Il numero sette
fece per
rispondere, ma venne fermato da Numero Undici, che si mise in mezzo a
loro.
- Non so cosa vi
sia preso ma adesso calmatevi, non è
il momento per le vostre pagliacciate. E tu, - disse poi voltandosi
verso
Felikz, - ti conviene piantarla. Se sei arrabbiato perché
una persona di nostra
conoscenza, e sai a chi mi riferisco, ha dato attenziona a qualcuno che
non sia
tu, è perché sei talmente idiota da non riuscire
ad affrontare da solo quello
che effettivamente provi e sì, ce ne siamo accorti tutti.
– finito il discorso
della rossa, nell’ufficio non volava una mosca. Numero Sette
deglutì,
abbassando poi lo sguardo incapace di gestire quello della sorella.
Fece per
mormorare qualcosa, ma un improvviso rumore nel corridoio lo
fermò.
-
Cos’è stato? – domandò
Charlotte, affrettandosi per
prendere la sua bacchetta e imitata da Harry. Emerald, la
più vicina alla
porta, afferrò la sua bacchetta e uscì dalla
stanza, imitata poi dagli altri:
il corridoio era completamente deserto e, dove in teoria doveva
trovarsi la
guardia, adesso non vi era più nessuno. Numero Due fece
alcuni passi avanti per
controllare gli altri corridoi ma non trovò niente. Si
voltò verso i fratelli
per avvisarli ma, nel momento in cui si voltò, vide dietro
ai ragazzi un alone opaco,
dovuto ad una delle tante candele presenti ad illuminare il corridoio,
troppo
grande per essere solo un riflesso del pavimento lucido. In quel
momento, ebbe
una rivelazione.
Un incantesimo
di disillusione.
-Oberon, dietro
di te! – urlò la ragazza. Numero Sei
si voltò di scatto, evitando per un pelo la fattura che gli
avevano lanciato,
finita poi contro il muro. Da quel momento, scoppiò il caos,
alcuni maghi si
smaterializzarono nel corridoio, cominciando ad attaccarli da entrambe
le
parti. Si ritrovarono così in uno scontro diretto e Oberon
pensò che fossero
gli stessi maghi che li avevano attaccati alla Villa.
- E io che
pensavo di avere una serata
tranquilla. -
Sala
Principale, Criterion Restaurant
-Quindi
voi pensate che, chiunque vi abbia attaccato alla Villa, vi abbia
seguiti qui?
- domandò
Jem, mentre Elaija annuiva
fortemente.
- A questo punto
pensiamo che il colpevole
dell’omicidio di papà possa avercela anche per
noi. Il problema è che non
abbiamo neanche il minimo sospetto. – spiegò
Gabriel. Accanto a lui, Fëdor
sembrava pensieroso.
- Sarei dovuto
andare con loro… - mormorò il numero
uno, in ansia per l’idea di aver lasciato da soli i fratelli
più piccoli.
Scarlett, con fare materno, gli sorrise.
- Vedrai che se
la caveranno, sono tutti ragazzi molto
in gamba. – fece lei e il biondo le riservò un
sorriso di gratitudine.
-
L’unica speranza che abbiamo è che trovino i
diari.
Da quelli almeno possiamo partire a formulare delle ipotesi.
– Cameron era
l’unico che sembrava preoccupato per qualcos’altro:
aveva chiesto a Travis di
controllare Felikz per impedire che facesse qualche cavolata,
nonostante si
fidasse ciecamente del fratello più piccolo.
All’improvviso, uno scoppiò li
colse alla sprovvista e delle urla iniziarono a riempire tutta la sala.
I
ragazzi corsero verso la Sala da Ballo, dove era partito il tutto, e
rimasero
pietrificati: alcuni maghi e streghe, con i volti coperti da delle
maschere
nere, avevano cominciato ad attaccare le persone, che scappavano in
ogni
direzione possibile. Al centro della sala, vi si trovavano due maghi,
che
Scarlett e Cameron riconobbero subito essere i ragazzi che avevano
visto.
- Guarda Red,
sono arrivati tutti. Come previsto. –
esclamò la ragazza, osservandoli attentamente uno ad uno.
Fëdor, Cameron,
Mathias, Jem ed Emanuel si misero in prima fila. Senza aspettare alcun
segnale,
Numero Quattro usò il suo potere e, dopo aver creato delle
grosse nubi di
polvere nera, le scagliò contro i due ragazzi. Tuttavia, le
cose non andarono
come previsto: con sua grande sorpresa, la ragazza riuscì a
fermare le nubi,
dissolvendole nell’aria. Poi, come se niente fosse,
creò dalle sue mani delle
nubi nere. Maledettamente simili alle sue.
- E’
impossibile, dannazione! – esclamò Caleigh, mentre
Elaija osserva ad occhi sbarrati la scena.
- Ha il tuo
stesso potere… - sussurrò Mathias al
numero quattro, improvvisamente sbiancato. I due ragazzi si scambiarono
uno
sguardo d’intesa e in quel momento, dopo aver visto gli
sguardi preoccupati
degli altri, Fëdor si rese conto di una cosa: erano
completamente fottuti.
ANGOLO AUTRICE
Io non ho
più parole, davvero. Questo è un ritardo
vergognoso, lo ammetto. In questi due mesi è successo di
tutto e mi sono
trovata sommersa da tante cose. Ma non ho mai rinunciato a questo
capitolo, ho
fatto una promessa e sono decisa a mantenerla.
In questo
capitolo, scopriamo nel dettaglio la vita di
Harry, membro più giovane dell’Ordine e di tutta
la storia. So che alcuni
paragrafi risultano più corti di altri ma è stata
una mia scelta, dettata sia
dalla mancanza di tempo che dal bisogno di avere pezzi un po’
più “dinamici”,
passatemi il termine. Finiamo poi in bellezza! Avevo promesso
dell’azione ed
eccola qua!
Per questo
capitolo non ho domande per voi. Prima di
lasciarvi alla lista di nomi, però, ci tenevo ad avvisarvi
per una cosa: nei
prossimi mesi inizierò ad occuparmi di più delle
lezioni universitarie fino ad
arrivare alla sessione estiva. Ergo, fino a giugno/luglio non
toccherò le
interattive. Entro la fine del mese (inizio Aprile salvo imprevisti)
dovrei
aggiornare le altre due e poi bloccherò la scrittura.
Scusatemi davvero, so di
aver fatto sempre ritardi, ma questa volta è un motivo serio
e voglio
impegnarmi al cento per cento, per avere poi libera l’estate
e lavorare meglio
alle storie. Detto questo, ecco la lista dei fratelli:
Fëdor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Oberon
Felikz
Sheryl
Travis
Comunico che
sulla mia pagina Instagram rimarrò attiva
e, ogni tanto, posterò qualcosa, Nel frattempo, ci vediamo
al prossimo
capitolo! Bacioni,
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