Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: SkyDream    15/03/2021    6 recensioni
[Raccolta][Ship!KageHina]
- Fa seguito alla storia "La presunta verità", ma può essere letta anche da sola.
.
Tobio ha accettato Lilà, la bambina brasiliana adottata da Shoyo, e decide di accoglierli entrambi nella propria vita e nella propria abitazione a Roma.
Ben presto, sia Tobio che Shoyo, si accorgeranno di come essere genitori non sia affatto semplice, ma anche di come venga ad entrambi spontaneo - in modi diversi - dimostrare il loro amore per quella bimba tutta ricci.
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questo aggiornamento è un regalo per Gaia
Che mi ha tenuto compagnia durante le colazioni del primo semestre
E che sono sicura non mi lascerà pace neanche nel secondo.

Ti voglio bene!
~ A Million Dreams ~
Chapter 2
[KageHina][+ Lilà]

Tobio, dieci anni prima, non avrebbe mai immaginato di vivere una scena così surreale.
Shoyo lo supplicava da giorni di tornare ad Ostia, lì dove lo aveva portato la prima volta che era atterrato a Roma. Voleva far vedere il Mediterraneo a Lilà, farle toccare la sabbia e il mare.
E poi, aveva ammesso arrossendo, gli mancavano le spiagge di Rio.
Non si pentiva della sua scelta di rimanere a Roma con il suo ragazzo e sua figlia, ma il Brasile aveva lasciato sulla sua pelle e sul suo cuore un segno indelebile.
Tobio si era lasciato intenerire da quelle parole e da quello sguardo basso, finendo per cedere e farlo salire sul bus appena finiti gli allenamenti di pallavolo.
Shoyo, stanco da quelle ore infinite di servizi e schiacciate, era crollato sul sedile poggiando la testa sul finestrino e addormentandosi con la bocca aperta.
Tobio, dieci anni prima, avrebbe giurato che Shoyo non sarebbe mai cambiato.
Si era seduto accanto a lui, con Lilà in braccio, e si era perso ad ammirare il paesaggio attorno a loro.
La bambina non aveva smesso un momento di aggrapparsi alla sua maglietta, così come faceva sempre nei luoghi pubblici dove vi erano sconosciuti, e indicava di tanto in tanto le case che scorrevano dietro i vetri.
Aveva da poco compiuto un anno e, da qualche settimana, aveva aggiunto al suo vocabolario dei piccoli versetti che Clara aveva inserito all’interno della “lallazione”.
Era una fase normalissima in cui i bambini imparavano le prime sillabe e le ripetevano.
Lilà assumeva un’espressione buffa quando provava a parlare, sembrava corrucciarsi e le guance si gonfiavano per dar vita alla sua parola preferita “Lalla”.
Per Lilà era tutto “lalla”, soprattutto quando sbucava dalla sua cameretta con il pallone che Shoyo le aveva regalato.
I primi passi erano stati una sorpresa per tutti e due: Lilà gattonava ormai da mesi e riusciva a tirarsi su dal boxe e tenendosi al divano, più di ogni altra cosa quando voleva intrufolarsi tra i due e guardare la tv con loro.
Una sera, però, Tobio era tornato a casa tardi, distrutto dagli allenamenti che lo avrebbero portato, qualche giorno dopo, a giocare un’importante partita.
 
Il setter aveva chiuso la porta con troppa veemenza, suscitando la curiosità del suo ragazzo e della bambina. Aveva poi gettato il borsone a terra e si era seduto, poco dopo, nel bel mezzo del corridoio.
Aveva poggiato la testa sulle ginocchia e si era lasciato andare alla stanchezza e alla frustrazione.
«Ehi, che ti succede?» Shoyo era rincasato da poco con tre pizze fumanti in mano e uscì dalla camera dove si stava cambiando, trovando il ragazzo ai suoi piedi.
«Lasciami stare.» Tobio aveva portato le mani sulla nuca, in un evidente dimostrazione di dolore interiore. Non era da lui abbattersi in quel modo.
Shoyo scivolò al suo fianco e gli cinse la spalle con un braccio, portandolo a poggiare la testa contro la sua spalla.
«Il nostro Re oggi è caduto? Si è fatto male?» Chiese con un mezzo sorriso sperando che non fosse nulla di troppo serio. Non era mai stato bravo a gestire quelle situazioni.
Tobio si strinse un po’ di più contro la spalla del suo ragazzo, contro quel pigiama verde ancora troppo largo.
«Oggi ho fatto davvero schifo all’allenamento. Non ho alzato bene neanche una palla.» Il tono frustrato si sparse per tutto il corridoio, Tobio strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
«Forse eri stanco? Non hai mangiato abbastanza?» Shoyo lo coccolò un po’, poggiando il suo viso contro i capelli lisci dell’altro. Tobio chiuse gli occhi e inspirò come se dovesse scoppiare a piangere. Non aveva ancora imparato a non sciogliersi sotto quei gesti d’affetto.
«No. No, Sho, non-» Era un singhiozzo. Shoyo potè sentire un pezzo del suo cuore andare in frantumi.
«Tobio? Che succede?».
«Mi fanno male le dita della mano destra.» La voce risuonò, di nuovo, tra le pareti del corridoio. Fu seguita da alcuni secondi di totale silenzio.
Gli occhi di Shoyo cercarono le mani del suo ragazzo, le trovò pallide come sempre, con i polpastrelli leggermente arrossati.
«Avrai preso una botta, non sarà nulla di che. Domani chiameremo un dottore e ti farai controllare!».
«Mi fanno male da … l’anno scorso, l’inverno scorso il dolore era insopportabile la notte, ma durante il giorno e dopo il riscaldamento non lo sentivo. Oggi però non è bastato nemmeno quello e ho avuto-» Tobio non riuscì a finire la frase. Detestava piangere, un po’ meno quando era da solo con il suo ragazzo, ma lo detestava comunque.
«Hai avuto paura. Anche io ne avrei se dovessero farmi male le mani o le ginocchia. Penserei subito “Cavolo, non potrò più giocare a pallavolo!”».
Tobio annuì e poi rimase in silenzio.
Fu in quel momento che si sentì un rumore strano, di scarpe che strisciano.
Lilà, con il ciuccio in bocca e i capelli disordinati, si stava avvicinando a loro tenendosi con il muro.
Guardava Tobio con un’espressione addolorata e finì per cadere a terra quando tentò di aprire le braccia per avvolgerlo contro di sé.
«Ehi, nanetta! E tu da quando cammini?» Il setter si asciugò le lacrime e le sorrise prima di portarla sulle sue ginocchia e abbracciarla. Shoyo le scompigliò i capelli ricci e si inserì nell’amorevole quadretto riempiendo di baci sia la piccola che il suo ragazzo.
Lilà era riuscita a consolare il suo “Tobio-otosan”, un’impresa titanica di cui ancora non conosceva l’immensità. E, soprattutto, aveva camminato da sola!
«Dobbiamo assolutamente farlo vedere a zia Natsu! Vado a prendere il telefono!».
 
Tobio aveva scoperto di soffrire di un comunissimo disturbo di vasocostrizione chiamato Sindrome di Reynaud. Avrebbe continuato a giocare, come sempre, ma con qualche accortezza in più verso le sue mani e con la consapevolezza che, a volte, avrebbero potuto dargli qualche fastidio.
Aveva stretto Shoyo, quella sera, ringraziandolo per quel supporto che solo lui aveva saputo dargli.
Nonostante fossero fidanzati da diversi anni, tra i due vi era ancora difficoltà con parole come “grazie”, “scusa”, “ti amo”.
Per cui Shoyo aveva reagito con eccessivo entusiasmo a quelle parole, beccandosi qualche pugno in testa e qualche bacio di troppo dopo.
 
Tobio si ridestò dai suoi pensieri e svegliò immediatamente Shoyo, la loro fermata sarebbe stata la successiva.
«Svegliati, idiota, o ci ritroveremo da tutt’altra parte!» Tobio prese in braccio Lilà e tirò il suo ragazzo per un polso.
Shoyo scese dall’autobus ancora con gli occhi chiusi, si ravvivò solo quando i brillanti colori del tramonto gli ricordarono dov’era.
Il mare di Ostia era calmo e si infrangeva lentamente sulla spiaggia fine e desolata.
«Il mare! Lilà questo è il mare!» Shoyo si caricò la bambina sulle spalle e cominciò a correre per poi tuffarsi con i piedi dentro l’acqua.
«Ae! Ae!» Ripeteva la piccola con gli occhi pieni di gioia e curiosità.
Tobio era rimasto alle loro spalle a godersi la scena. Dieci anni prima non avrebbe di certo immaginato di vivere una cosa simile.
Shoyo gli sorrideva felice, una gioia incontenibile che aveva trasmesso anche alla bambina, come fosse realmente figlia sua.
Come poteva aver pensato che fosse sbagliato? Come poteva aver detto a Sho che adottare Lilà era stato uno sbaglio, una forzatura del destino che avrebbe portato solo dolore?
Shoyo si era seduto sulla spiaggia portando le dita di Lilà tra la sabbia umida, sotto gli ultimi raggi del sole.
E tutto era illuminato, tra quelle onde, da due sorrisi genuini rivolti ad un mare infinito che, in qualche modo, li ricollegava a quella terra che li aveva uniti per sempre.
«Lalla?» Lilà guardò Tobio con aria interrogativa e carica di aspettative.
«Sì, ho portato la palla!» Il ragazzo uscì un piccolo pallone e lo tirò alla bambina che lo accolse a braccia aperte. Subito si mise in piedi, ancora instabile, rilanciandola prima ad uno, poi all’altro ragazzo.
E Tobio pensò che non avrebbe mai potuto essere più felice di quel momento.
A Ostia, con un pallone, il suo ragazzo e Lilà.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: SkyDream