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Autore: kurojulia_    17/03/2021    0 recensioni
Una raccolta di vicende. Una raccolta di speciali episodi per ognuno dei personaggi del mondo di
Vampire Devil. Eventi importanti, eventi insignificanti.
[Da leggere DOPO la storia principale.]
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Noon & Princess Never Found. 







Riflessi negli occhi di una bambina, schizzi di sangue scintillarono come cristalli sporchi. Colpiti dalla tenue e pallida luce della luna, che se ne stava lì, a guardare inerme, come aveva sempre fatto – osservava con il suo sguardo materno la fine di quell'amore. La fine di molte cose, tutte insieme, nello stesso istante in cui anche lui si spense, accanto a lei, in uno specchio rosso scuro.

La fine del loro amore. La fine della nostra società, per come l'avevamo vissuta fino a quel momento.

La precaria, instabile fine della mia famiglia.









***








«... potrebbe essere vero che, la nostra principessa, non sia del tutto preparata a ricoprire il ruolo dei compianti Imperatori, cionondimeno noi non possiamo certo pensare di–».

«La principessa dovrebbe, e questo è il minimo sindacale, soffrire i suoi genitori per tutto il tempo che riterrà necessario. Non possiamo gettarla su un trono e pretendere che–».

«È compassione questa che state dimostrando? Perché io sono più che certo che si tratti solo di una subdola manipolazione mentale, tutto pur di mettere le vostre mani sul potere del trono».

«Quale onta. Come potete anche solo pensare una cosa del genere?».

«Signori. Per l'amor di... se avete desiderio di discutere, allora potete farlo fuori dalla sala delle riunioni».

«È così. Gli Imperatori sono andati incontro ad una fine quanto più tragica possibile e la principessa deve... ».

 

Sollevai le palpebre. Provai a guardare la sala, che si apriva dinanzi a me, apparentemente infinita – ma la mia vista mi tradì. Ciò che scorgevo erano solo figure indistinte, macchie scure che impregnavano le pareti, il pavimento, l'aria.
Mi veniva da vomitare.


«Principessa», uno di loro si rivolse a me, con il sorriso più caloroso del suo reperetorio – suppongo. «perché non si stende e riposa, nella comodità delle sue stanze? Mi sembra più che provata, se posso permettermi... ».


Di tutte le cose che gli avevo sentito dire, quella era l'unica sensata. Non sincera. Ma sensata.

 

Mi alzai in piedi dalla poltrona e scivolai fuori dalla porta della sala. Mi lasciai alla spalle i loro sguardi inquisitori e un silenzio di tomba. Appena fui fuori dalla stanza, le loro voci crebbero gradualmente, fino a tramutarsi in nuovi litigi – nuove discordie.

A questo punto, non mi restava altro che tornare indietro, come uno spettro.

Nell'unico luogo in cui non mi sentissi una bambola di legno, con i sottili fili che strozzavano le mie articolazioni, e giocavano con la mia testa.

La mia testa... anche se nelle mie stanze ero lontana da tutto questo, in realtà, la mia testa non se ne liberava mai. Perché i pensieri correvano sfrenati e io ero troppo giovane, troppo bambina, per riuscire a metterci un freno. Ma la domanda era: volevo farlo? Volevo fermarli? Smettere di pensare ai miei genitori, morti l'uno accanto all'altro – era la cosa giusta?


Spalancai le finestre.

La città sembrava addormentata. Era mattina. Il cielo era plumbeo, le strade erano silenziose come il fondo di un cimitero.

In onore degli Imperatori, la comunità si era spenta.

Per quanto? Perché?

Il loro silenzio li avrebbe riportati indietro? I miei genitori? – salì sulla finestra, sul davanzale bianco, e il vento mi abbracciò possessivo. Guardai giù, avvolta in quel freddo straniero, tra le chiome degli alberi che circondavano il palazzo. Pensai a cosa sarebbe successo.


«Mi mancate. Mi mancate così tanto che non riesco nemmeno a pensare. Mi mancate. Perché? Perché a voi? Perché è successo? Vi rivoglio indietro». Misi un piede oltre la finestra e il vento mi tirò giù. «Mi mancate».

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

«Rujiya!».


Sbuffai, tirandomi su in piedi, e raccogliendo l'arco che mi era scivolato a terra. Mi spostai la treccia dietro al collo, tirai giù il cappuccio, e sorrisi in direzione della voce – poi la voce divenne un ammasso di schiamazzi e risate, e nascosi la freccia sporca di sangue.

I bambini mi assalirono, saltandomi intorno, afferrandomi le mani, concitati. «Calma, le braccia mi servono ancora. Cosa c'è? Niente di brutto, spero».

«Abbiamo saputo che eri a caccia e volevamo venire a cercarti».

«Tra un po' è l'ora del pasto, lo sai? Devi mangiare anche tu!».

Sollevai i bambini da terra, quelli che si erano aggrappati alle mie braccia. Non me la raccontavano giusta. «Ah sì? Tutto qua? Siete sicuri che», i loro sguardi si fecero timidi. «non ci sia nient'altro?».

«... e poi speravamo ci raccontassi qualche altra storia del tuo passato».

 

Sorrisi.

Un arco alle spalle, una treccia intorno al collo, ed un gruppo di bambini irrequieti. La foresta ci salutava, il verde brillante delle sue foglie ci sospingeva.


Guardai in alto, oltre le fronde, osservando la lontana silhouette del palazzo. 

Un nostalgico passato.

«Allora, stavolta vi racconterò di... ».




 

   
 
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