Tre
per tre
1. Chiacchiere
tra vecchi amici (gli shinobi della Foglia, meno uno)
“Festa?”
Quel
suggerimento, ovviamente, era
arrivato da Kiba.
Non
che fosse una cattiva idea, negli
ultimi giorni Naruto aveva avuto così tanto da fare, studio,
carte da compilare,
simulazioni, riunioni, incontri, che non gli era stato mai possibile
riposarsi
davvero. Per la prima volta dopo settimane finalmente se ne stava
seduto alla
scrivania con le mani giunte sulla pancia, la testa reclinata verso la
finestra
e gli occhi chiusi, ad assaporare quel raro momento di silenzio e
solitudine.
Se
ci pensava in quel momento, non aveva
affatto voglia di partecipare ad una festa: festa significava
confusione, chiacchiere,
alcol a fiumi e non si sentiva pronto per tutto questo. Ma forse
avrebbe
significato anche poter mangiare qualcosa con calma, finalmente dopo
giorni,
poter vedere facce amiche che non lo torturassero di domande, di
richieste,
poter staccare un po' la spina.
Per
questo motivo, qualche ora prima,
ancora bloccato nel suo futuro ufficio, davanti ai suoi amici schierati
in
formazione completa davanti a lui un
“sì” gli era scivolato dalle labbra da
solo, senza dar modo al suo cervello di pensarci un momento in
più.
“Ok,
cominciamo a bere o non se ne esce
più!” ordinò Kiba con un sorriso troppo
largo per nascondere le sue intenzioni.
Erano
soltanto le sette, e le botteghe
nella via già avevano acceso le luci nelle vetrine, anche se
il sole dietro le
loro spalle ancora si scorgeva.
Mentre
prendeva posto tra Shikamaru e
Sai, Naruto si guardò intorno, incuriosito: da quando
Ichiraku aveva aperto un
angolo bar?
Eppure
eccoli lì, tutti seduti in fila
al bancone su cui di solito mangiava il ramen ad aspettare che venisse
servito
da bere. Mancava da un po', era vero - negli ultimi tempi non aveva
avuto mai
tempo per andare a gustarsi in pace una ciotola di ramen, ma le cose
erano
cambiate parecchio dell'ultima volta che si era recato lì.
Adesso Ayame aveva
allargato il chiosco del signor Teuchi, che era diventato un bel
ristorantino
affollato di tavolini stretti e lunghi, e aveva assunto due dipendenti
in
cucina. Naruto li scorse con la coda nell’occhio mentre
alzava lo sguardo al
soffitto per rendersi conto di quante altre novità si fosse
perso in quei mesi.
“Buonasera
signori! Cosa prendete?”
domandò, squillante, la voce di Ayame dietro le sue spalle.
Naruto
si voltò con un sorriso
larghissimo.
“Sono
io, Ayame!”
La
ragazza strabuzzò gli occhi
stringendosi il blocchetto su cui prendeva gli ordini al petto.
“Settimo
Hokage!” squittì nervosamente
“Non l’avevo riconosciuta, mi
dispiace…”
“Settimo
Hokage?” chiese Naruto, incredulo “Ma
comincio dalla prossima settimana! Certo
che le voci corrono
nel Villaggio…”
“Cosa
ti aspettavi?” intervenne Sai come
se si trattasse di un’ovvietà “Mica se
ne stano tutti chiusi in ufficio per
giorni come te…”
Ed
era vero. Erano mesi che studiava per
prendere il posto del maestro Kakashi come Hokage, anche se gli erano
sembrati
anni se pensava a quante cose aveva dovuto fare, e non aveva avuto
molto tempo
per star dietro a quanto era accaduto fuori dal suo futuro ufficio.
Ayame
sorrise.
“Si
tratta di una bella notizia, perciò
siamo tutti così ansiosi!”
“Ansiosissimi!”
le fece eco Kiba, che
aveva presto posto alla destra di Sai, con una vocetta che non
prometteva nulla
di buono “Chi non sarebbe ansioso di avere uno stupido del
genere a capo del
Villaggio…”
“Ricordatevi
che siamo qui per
festeggiare!” lo interruppe Choji dal lato opposto del
bancone, visibilmente
preoccupato di eventuali reazioni esagerate. Ma nessuno stupido
commento
avrebbe mai potuto rovinare il sogno di una vita e la serata che lo
precedeva.
“Kiba
è solo invidioso perché non potrà
mai indossare un fighissimo
mantello da
Hokage davanti a tutti, domani mattina!” replicò
Naruto alzando le spalle senza
dar segno di essersela presa. Poté giurare che anche Shino,
seduto alla fine
del bancone accanto a Choji, avesse sorriso.
“Kiba
sospirò rumorosamente.
“Se
ti piace quel pezzo di antiquariato!
Io non-”
“Per
me birra.” lo interruppe Shikamaru,
voltandosi verso Ayame. Tutti lo imitarono; Naruto ordinò
anche una ciotola di
ramen, perché non aveva mangiato nulla dalla mattina, e gli
shinobi si
lasciarono sprofondare sul bancone. Era stata una giornata lunga per
tutti;
Choji continuava a sbadigliare lanciando di tanto in tanto uno sguardo
in
cucina.
“Fame?”
gli chiese Naruto con un
sorriso, sporgendosi oltre Shikamaru per poterlo guardare.
“Da
morire. Non sai quanto sia faticoso
star dietro ad una figlia femmina!”
“La
mia Himawari è ancora piccola,
grazie al cielo!” gli disse, e lo pensava davvero,
perché Chocho Akimichi,
nonostante la sua corporatura, sembrava piena di voglia di fare.
Chissà se
anche Sarada era così. Gli dispiaceva che Sasuke non fosse
lì con loro per
poterglielo chiedere. Anche se forse non avrebbe mai risposto ad una
domanda
del genere, ma era certo che certe cose
sulle figlie femmine poteva capirle solo un papà.
“Sei
fortunato!” commentò Choji con una
sottile invidia nella voce “Passo metà della mia
giornata a litigare con lei!
Se le dico che deve fare una cosa, lei fa l’esatto opposto,
mi fa impazzire!”
“Per
fortuna non ho una femminuccia!”
sospirò Shikamaru, inespressivo, mentre anche Naruto, con
grande sollievo,
ringraziava gli dei del cielo che Himawari avesse ereditato il
carattere dolce
di Hinata e non il suo.
“Ma
i bambini devono fare le loro
esperienze!” esclamò Lee alzando una mano per
attirare la loro attenzione dal
fondo del bancone “Anche io e Metal-”
“Lee
ha ragione!” Kiba lo interruppe ghignando
“Scommetto che siete dei padri schifosamente protettivi, del
tipo “se ti avvicini a mia figlia ti
impalo al
frigorifero”!”
“Tu
cosa penseresti se tua figlia
all’improvviso ti dicesse che vuole uscire con le amiche in minigonna?” si difese Choji
battendo un pugno che fece vibrare
vistosamente il bancone.
“Che
certamente non sta uscendo con le
amiche.” sussurrò Kiba in risposta, mentre Rock
Lee soffocava una risata
portandosi il pugno davanti alla bocca, poi commentò,
funereo “Per questo non
voglio marmocchi tra i piedi, per non diventare come voi!”
“Ma
tu hai Akamaru, non è come un
figlio?” domandò Sai, stranamente incuriosito. Poi
sorrise: “Per fortuna Inojin
ha preso tutto da me.” (“Che
fortuna!”
sussurrò ironicamente Kiba facendo quasi soffocare Rock Lee
e Naruto dalle
risate) “Se avesse il carattere di sua madre sarebbero guai
seri.”
“L’hai
detto.” gli diede manforte
Shikamaru “Sai che seccatura.”
“Anche
Shikadai è identico a te!”
esclamò Naruto, sorridendo a quelle parole così
conosciute “L’ultima volta che
è venuto a casa continuava a ripetere sempre “che
seccatura!”!
Tutti
risero mentre Shikamaru spostava
lo sguardo lontano, lievemente imbarazzato.
“E
Boruto, allora?” ribatté sulla
difensiva.
“È
la tua copia sputata!” si
intromise Kiba gesticolando “Com’è
possibile con una
mamma così carina come Hinata..! Per fortuna non ha eredato
il tuo pessimo
carattere…”
“Non
c’è bisogno di litigare.” disse
improvvisamente
Shino, voltandosi verso il centro del bancone, dove
era seduto Naruto. Il suo tono era
solenne e il suo viso come al solito stoico sotto gli occhiali.
“Siete
diventati tutti degli ottimi genitori. Ogni bambino non vede
l’ora di superare
i-”
“Ma
per favore, Shino-sensei!”
esclamò Kiba in tono
canzonatorio, tirando una gomitata a Rock Lee senza accorgersene
“Oh, sono arrivate le birre!”
Ayame
svuotò il contenuto di due grandi
vassoi quadrati sul bancone e tutti cominciarono a bere. Naruto divise
la sua
ciotola di ramen con Choji che, non sazio, ne ordinò altre
due.
“Qual
è il tuo record attuale?” si
informò con Naruto, mentre Shikamaru, tra di loro,
sorseggiava in silenzio la
sua birra, perso tra i pensieri.
Naruto
gli sorrise.
“Ho
mollato molto tempo fa. Quando ho
cominciato a portare qui Hinata non potevo farle vedere quante ciotole
riuscissi
a mangiare!”
“Sono
certa che Hinata lo sapesse
comunque.” commentò Sai con noncuranza, disegnando
sulle sue guance un lieve
rossore.
“Forse.”
abbozzò Naruto, vago “Comunque non venivo qui da
un po’, ultimamente sto
mangiando sempre in ufficio, Hinata mi prepara il bento!”
Choji
annuì con convinzione.
“Anche
Karui. Anche se devo dire che io
e Chocho lo troviamo troppo dietetico. Ci credete che non ci mette
neppure un
dolcetto?”
“Non
ho difficoltà a crederlo.” disse
Shikamaru con un mezzo sorriso.
“Temari
cucina bene?” si informò allora Choji
tuffandosi nella terza ciotola di ramen della serata.
Shikamaru
alzò le spalle con una mezza
smorfia.
“Diciamo
di sì. Ma nulla di eccezionale.
Riesce meglio in altre cose.”
“Tipo?”
chiese Sai in tono fin troppo innocente.
Allo sguardo torvo che ricevette in risposta replicò con un
sorriso: “Ino,
invece, odia cucinare! A casa
cucino
io.”
“Anch’io
preparo da solo i miei pasti!”
disse Lee “ Un vero ninja deve saper fare anche questo per
non morire di fame
in missione!”
“Ma
ormai non è più come prima, Lee!”
commentò
Naruto sospirando teatralmente “Si può mangiare
praticamente dovunque! E
voi? Shino? Kiba?” aggiunse guardando prima
alla sua destra, poi alla sua sinistra.
Se
si aspettava di non ricevere risposta
da Shino, non si poteva dire lo stesso da parte di Kiba. Lo shinobi se
n’era
rimasto al suo posto a bere per tutto quel tempo, stranamente
silenzioso.
“Kiba?”
ripeté Naruto.
“Ayame,
qualcosa di più alcolico per
tutti,
grazie!” gridò all’improvviso
l’interpellato sbattendo il boccale sul bancone e
schizzandosi con quello che restava della sua quarta birra.
“Mi avete stufato
con i vostri commenti su quanto siano fantastiche
le vostre famiglie!” esclamò lo shinobi con una
smorfia larghissima. “Adesso
decido io. Basta parlare di figlie, pranzi e mogli! Facciamo un
gioco!”
“Ok.”
concesse Naruto rassegnato,
sospirando. Kiba sembrava già brillo, e non aveva senso
cercare di farlo
ragionare, dato che non ci riuscivano neanche quando era sobrio.
“Di che si
tratta?”
“Diciamo
a turno qualcosa che riguarda
uno di noi, e chi non è d’accordo con quanto detto
deve bere. Quando finisce
questo giro, ordiniamo il prossimo!”
“Che
gioco stupido.” commentò Shikamaru
senza neppure guardarlo.
“Dato
che sei così intelligente, allora comincia
tu!” lo rimbeccò Kiba, sentendosi oltraggiato
personalmente.
“Va
bene va bene, vediamo…” Shikamaru si
passò stancamente una mano sul viso, pensando. Poi disse:
“Non trovo giusto che
Kiba adotti solo cani; che hanno fatto di male i gatti per essere
esclusi?”
Tutti
lo fissarono, stupiti, e nessuno
bevve.
“Vuol
dire che tutti amate i cani?”
chiese allora.
“A
me stanno indifferenti.” replicò Sai
alzando le spalle.
“Ma
che affermazione del cavolo era?”
ululò Kiba, sconvolto. Non erano quelle le cose che voleva
sentire.
“Un’affermazione
stupida come questo
gioco. Io me ne tiro fuori, o chi vi riporterà casa quando
sarete tutti
ubriachi?”
Kiba
gli lanciò uno sguardo al veleno e
si voltò di scatto verso Lee, alla sua destra,
borbottando:” Vi faccio vedere
io che tipo di affermazioni servono per movimentare la
serata!”, poi si schiarì
la voce.
“Cos’è
questa storia che Lee ha un
figlio senza avere una compagna? Non si potrebbe, non
me lo spiego!”
A
disagio, tutti si affrettarono a bere
per dissociarsi da quanto detto. Lee guardò Kiba, troppo
dubbioso e
probabilmente annebbiato dalle tre birre che aveva già
bevuto, e bevve a sua
volta. Trionfante, Kiba continuò: “Eccone
un’altra! Non credevo che Naruto ce
l’avrebbe mai fatta a diventare Hokage!”
Bevvero
di nuovo tutti, Naruto un sorso
così grosso che quasi si soffocò, ma non
Shikamaru. Naruto, però, non se ne
accorse. Sbatté il suo bicchiere ormai mezzo vuoto sul
bancone e scattò in
piedi esclamando: “Come osi! Vienimelo
a
dire in faccia!”.
“L’ho
appena fatto!” esclamò Kiba
ridendo di gusto e continuò a dire cose senza senso a ruota
per farli bere il
più possibile. Ad ogni affermazione, tutti bevevano. Il
bicchiere di Shino,
invece, era ancora pieno, ma nessuno se ne accorse, come nessuno si
accorse che
non aveva più detto una parola dopo che il suo brillante
discorso sui figli che
desiderano superare i genitori era stato brutalmente interrotto da
Kiba.
Erano
tutti troppo ubriachi per rendersi
conto che Choji ormai russava sul bancone, proprio come Rock Lee,
circondato da
almeno dieci ciotole vuote di ramen, che Sai rideva istericamente ad
ogni
parola di Kiba, che Naruto continuava a stropicciarsi gli occhi
perché cominciava
a vedere strane ombre sfrecciargli davanti al viso. Non dormiva bene da
giorni
nell’attesa dell’indomani, consumato
dall’ansia e dalle mille cose da fare. Per
fortuna i suoi amici gli avevano fatto dimenticare tutto almeno per una
sera.
“Hinata.”
borbottò all’improvviso,
sentendo che il profumo di lei si stava facendo spazio in un angolo
remoto nella
sua testa. Si voltò per guardarsi intorno, certo che sua
moglie si fosse spinta
fino a lì per trascinarlo a casa, ma di lei non
c’era traccia.
“Hinata.”
ripeté ancora, alzandosi a
fatica e crollando di nuovo sullo sgabello perché le gambe
non lo reggevano. “Voglio andare
da Hinata.”
Voleva
accoccolarsi contro di lei, al
caldo del loro letto, e respirare il suo profumo per il resto della
notte prima
di un altro dei giorni più importanti della sua vita. Che
continuavano a
moltiplicarsi, grazie al cielo.
“Direi
che è ora di andare, prima che ci
mandino via perché disturbiamo i clienti.”
acconsentì Shikamaru con un sospiro,
guardando gli altri poggiati sul bancone in stato quasi catatonico.
Era
risaputo che Kiba reggesse bene
l’alcool, infatti era l’unico in piedi sulle sue
gambe; aveva soltanto un lieve
rossore sulle guance e nessuno avrebbe mai potuto dire che era brillo
finché
non avesse detto qualcosa di strano. Gli fece cenno di avvicinarsi e,
sbuffando, egli lo aiutò a rimettere in piedi Naruto che
continuava a
borbottare il nome di Hinata.
“Ma
guarda tu se devo portarti a casa a farti concepire il tuo terzo
figlio!”
Con
un ghigno, Kiba si fece strada verso
l’uscita del locale, seguito lentamente dal resto della
comitiva infreddolita e
mezzo addormentata. Shikamaru trascinava, ben abbarbicato sulle sue
spalle, un
Naruto che non smetteva di russare rumorosamente, boccheggiando.
“Giro
lungo per smaltire la sbornia?”
propose Kiba, e tutti lo seguirono senza dire una parola, Shino a
chiudere la
fila, mentre imboccava la strada verso casa di Naruto. Camminarono per
una
ventina di minuti in silenzio, lentamente, tremando nelle loro vesti
troppo
leggere, fino ai gradini d’ingresso di casa Uzumaki.
Note:
Tra
la stesura di una shot KagaKuro molto sentita, rimasta chiusa nel mio
PC per troppo tempo (argh!) e la ricerca spasmodica di ispirazione per
scrivere la mia prima KageHina (sì, in questo periodo I'm all into spokon!
:D), eccomi qui a postare finalmente la prima parte di una storia che
mi gira in testa da un po' con protagonista il mio adorato Naruto.
Questo capitolo è stato ispirato dal
capitolo 28, intitolato “Chiacchiere al maschile”,
della splendida fic di
WishfulThinking “Buon
compleanno, Hinata”.
Spinta da una vera e propria fame chimica di fanfiction NaruHina
qualche settimana da sono tornata a
ripescare “Buon compleanno, Hinata” (che vi
consiglio caldamente, anche se è
ancora in corso e, spero con tutto il cuore, che prima o poi arrivi a
conclusione! Silvia, se per caso
passassi di qui, sappi che manchi come l’acqua durante la
siccità! ç_ç) e
l’idea dei nostri eroi che non vedono l’ora di fare
quattro chiacchiere sulle
loro famiglie come ogni buon padre innamorato dei propri pargoli hanno
dato
vita a questo sclero a cuore aperto. XD È inutile dire che i
personaggi hanno
cominciato a pensare da soli mentre scrivevo, e ad un certo punto, mi
sono
sentita come se fossi lì ad origliare e ho provato imbarazzo
per loro XD
Kiba
in questa fic, infatti, sono io. XD
Attorno a me, amici, conoscenti e colleghi mettono su figli e famiglia
o ne
hanno di già e continuano a bombardarmi delle nozioni
più diverse, mentre io
cerco di resistere come posso, ma almeno il tutto è tornato
utile per una fic
XD
Mi
sono divertita molto a scrivere
questo capitolo, e spero che si evinca anche dalla narrazione. Spero
che
leggerlo possa divertire un po’ anche voi! :)
Vi
ringrazio sin d’ora se deciderete di
leggere o recensire. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e se
vale la
pena continuare! :)
Ja
ne,
Ayumi