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Autore: Sebassssss    28/03/2021    2 recensioni
Un Harry diverso dal canon, un combattente, che durante la battaglia di Hogwarts sconfigge Voldemort, ma ad un prezzo troppo alto. Una guerra senza vincitori, di cui lui è il solo sopravvissuto. Deciso a mettere fine alle sue sofferenze, si ritroverà catapultato in un mondo in cui sono ancora tutti vivi, compreso Voldemort, che è all'apice del suo potere, mentre Harry Potter è morto la sera di Halloween del 1981. Una nuova speranza di riavere indietro i suoi amici e la sua famiglia, una nuova speranza per il mondo magico di mettere fine alla tirannia del Signore Oscuro.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Weasley, I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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CAPITOLO XII
 
Il sole sorse su Hogwarts dando inizio ad un nuovo giorno. Stranamente, Harry non si svegliò in preda agli incubi per questa volta. Tutto sommato era stata una notte tranquilla e serena. Sbadigliò tirandosi su dal letto.
“Buongiorno.” Disse salutando Ronald nel letto affianco.
“Mmh…giorno.” Rispose quest’ultimo con la voce impastata e gli occhi socchiusi.
Harry si alzò guardando fuori dalla finestra. Il paesaggio incontaminato intorno alla scuola e al Lago Nero era illuminato dal sole immerso in un cielo terso. Si presagiva una bella giornata.
Viste le particolari difficoltà che Ron e gli altri avevano nello svegliarsi e prepararsi, Harry decise di scendere ed attenderli giù per la colazione.
Poco prima di giungere alla Sala Grande, però, una voce femminile lo chiamò da dietro le sue spalle.
 
Si voltò per vedere chi lo stesse chiamando e con grande sorpresa scoprì che era stata Sophia Decker, la ragazza che aveva salvato il giorno prima.
Portava in mano un vassoio pieno di cibo tra le mani e ora che ci faceva caso, senza gli abiti stralciati e il viso sporco di fuliggine, doveva ammettere che era veramente una ragazza carina. Poteva quasi rivaleggiare con Fleur, pensò.
Entrambe avevano gli occhi azzurri e i capelli biondi, anche se Sophia sembrava essere più giovane. Non si sarebbe stupito se avessero avuto la sua stessa età, soprattutto ora che portava l’uniforme scolastica che danno a quelli del primo anno prima di essere smistati nelle diverse case.  
“Ehm, ciao.” La salutò titubante guardandosi in giro. Sarebbe stato alquanto difficile da spiegare il come lui conoscesse la ragazza.
“Ciao.” Salutò lei imbarazzata portandosi una ciocca dorata dietro l’orecchio. “Ti chiami Jake Sullivan giusto?”
“Sì, esatto. E tu sei Sophia Decker.”
“Già, piacere.” Disse lei porgendogli la mano che Harry strinse cordialmente.
“Come sta tuo papà? È ancora infermeria?” Chiese interessato.
“Sì è ancora lì. Sta meglio. Mia mamma e i miei fratellini sono da lui adesso, l’infermiera vuole però tenerlo sotto controllo per oggi, perciò io sono venuta qui per portargli qualcosa da mangiare.” Spiegò mostrandogli il vassoio di dolci.
“Bene! Mi fa piacere che stia meglio.” Rispose Harry entusiasta.
“Ieri sei sghignato via e non ho avuto modo di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per lui e per noi. Quindi… grazie!”
“Figurati, non mi devi ringraziare, davvero.”
“Farebbe piacere anche a mio papà ringraziarti. Potresti passare da lui quando hai del tempo libero? Sempre se ti va ovviamente.”
“Certo, oggi passerò a fargli una visita.”
“Ancora grazie. Sai a prima vista pensavo che fossi un mangiamorte che voleva solo trarci in inganno, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso! Anzi, sei uno studente di Hogwarts!” Disse indicando la divisa di Harry.
“Sì, è una lunga storia. A proposito…” Disse avvicinandosi a lei e abbassando la voce “Gli studenti qui non sanno della mia piccola gita a Diagon Alley, del travestimento da mangiamorte o che sono stato io a salvarvi. E sarebbe meglio che non lo scoprissero o potrei finire nei guai. Quindi perdonami se ti chiedo di non dire niente a nessuno e… be’…far finta di…”
“Fare finta di non conoscerci?” Concluse lei sorridendo.
Harry si mise le mani in tasca. “…Sì” Confermò sentendosi in colpa.
“Sarà fatto.” Disse Sophia per nulla offesa, con fare complice. “Se c’è qualcosa che possa fare per te chiedi pure. Sarà meglio che vada ora. Ci vediamo Jake e grazie ancora.” Lo salutò dandogli un bacio sulla guancia.
 
Harry una volta che la ragazza si era allontanata, tornò verso la Sala Grande.
Ginny ed Hermione erano già sedute ai loro posti mentre Silente lo salutò dal tavolo dei professori.
“Buongiorno.”  Salutò le due ragazze accomodandosi di fianco a Ginny.
Il profumo di fiori dei suoi capelli lo inebriò tanto da compiere profondi respiri per non lasciarsi sfuggire nessuna di quelle note aromatiche. Aveva sempre amato quel profumo, lo faceva diventare sempre di buon umore.
“Buongiorno.” Dissero in coro le altre.
Hermione stava sfogliando il Cavillo, il giornale del padre di Luna Lovegood. Trovò buffò che una persona razionale come Herm potesse leggere un giornaletto tutt’altro che “sobrio e razionale” come il Cavillo. Proprio adesso in copertina notò una gigantesca immagine raffigurante una specie di unicorno rosa con le ali.
Si lasciò sfuggire un sorriso al pensiero, che però non sfuggì alla ragazza.
“Che c’è da ridere?” Chiese curiosa.
Harry scosse la testa “niente niente.” Disse mettendo le mani avanti.
“Su dai dimmelo.” Insistette lei posando il giornale.
“È solo che non ti facevo una da Il Cavillo.” Spiegò lui indicando la rivista.
“Sì lo so. Ma questa rivista è l’unica rimasta che spiega cosa accade veramente nel mondo. È tutto decifrato ovviamente, ma se sai come leggerlo ti spiega tutta la verità.” Spiegò Hermione, lasciando stupefatto Harry. Ingegnoso. In effetti ora che ci pensava, il Cavillo era così stravagante da non costituire un grave minaccia agli occhi della propaganda di Voldemort. Chissà se c’era una specie di Radio Potter anche qui.
“Wow. Posso?” Chiese indicando il giornale.
“Tutto tuo.” Disse Hermione porgendoglielo.
Harry lo sfogliò velocemente.
 
GLI UNICORNI SONO IN REALTA’ CREATURE MALVAGIE?
 
RIMEDI CONTRO LA SALIVA DI GIRILACCO.
 
ALLA SCOPERTA DEL COCOCIAMPA: LA CAPRA ACQUATICA
 
“Mmm.” Esclamò dubbioso Harry non trovando un nesso logico in quegli articoli.
Hermione rise assieme a Ginny vedendo la sua perplessità.
“Se vuoi ti spiego come decifrarlo.”
“Sì grazie te ne sarei grato.” Disse sorridendole.
Ginny scorse di lato andandolo quasi a sfiorare. Un brivido corse lungo la sua schiena e il cuore incominciò a battere forte. Da tempo non si trovavano così vicini e questo gli era tremendamente mancato.
“Allora parte tutto dalla prima pagina. Se noti le lettere del titolo principale hanno diversi colori.” Harry fissò il titolo dedicato agli unicorni e in effetti aveva sempre dato per scontato che le lettere colorate non fossero altro che un’altra delle stranezze di questo giornale. “Questi variano ogni giorno, ma tu devi contare le lettere in rosso. Questa volta sono quattro.” Harry annuì interessato.
“Poi basta che con la bacchetta pronunci l’incantesimo Verbum Revelio toccando il giornale per quattro volte, e le lettere cambieranno di posto formando nuove parole. Il tutto visibile solo a chi ha pronunciato l’incantesimo. Semplice ma efficace”
“Figo.” Esclamò Harry stupefatto.
“Avanti prova.” Lo spronò Ginny.
Harry allora tirò fuori la bacchetta e seguì le sue istruzioni. Una volta fatto le lettere vorticarono indistintamente e le immagini mutarono mostrando non più unicorna rosa o buffe creature, ma città in rovina e foto di diverse persone.
Harry spalancò gli occhi attratto dai nuovi articoli.
In prima pagina il titolo principale recitava:
 
STRAGE A MANCHESTER
È fallita la resistenza dei cittadini della comunità magica di Manchester all’occupazione nemica, iniziata più di 7 mesi fa e conclusasi in una vera e propria strage. Mezzo centinaio dei ribelli sono stati fatti prigionieri e altrettanti hanno perso la vita. Un’altra città è caduta nelle mani di voi-sapete-chi, che si va a sommare alle altre come Liverpool, Londra, Birminghman, Newcastle e Bristol.
Voi-sapete-chi ha così conquistato tutta l’Inghilterra meridionale e centrale.
Solamente i territori a nord sembrano ancora resistere, ma temiamo che sarà solo questione di tempo prima che le forze oscure muoveranno verso settentrione.

RINVENUTO IL CORPO DI CORNELIUS CARAMELL
Dopo tre settimane dalla sparizione dell’ex Ministro della Magia, la peggiore tra le ipotesi si è avverata: il suo corpo è stato rinvenuto in un canale di scolo nei pressi di Lancaster. Caramell è stato l’ultimo ministro del vecchio ordinamento prima dell’ascesa di voi-sapete-chi. (…)
 
Harry finì di leggere gli altri articoli e di visionare le fotografie del necrologio. Ben 7 pagine. C’erano anche bambini con meno di cinque anni per la miseria. Alla fine della lettura si passò una mano tra i capelli frustrato e arrabbiato.
“Grazie.” Disse restituendo il giornale ad Hermione.
“Purtroppo non ci sono mai buone notizie. La maggior parte della gente spera solo di non trovare il nome di qualche famigliare o amico.” Disse sconsolata Ginny.
Il ricordo di Ron, sempre in attesa ad ascoltare dalla sua piccola radio l’elenco delle vittime durante la guerra, riaffiorò nella mente di Harry. “Li posso capire.” Disse tirando un respiro profondo.
In quel momento giunsero Ron, Dean e Seamus e tutti presero a fare colazione.
 
Silente ad un certo punto si alzò, richiedendo l’attenzione dei presenti tintinnando con il coltello su un calice di cristallo.
“Potrei avere cortesemente la vostra attenzione cari studenti?” Chiese educatamente facendo zittire tutta la sala.
“Come molti di voi sapranno, questo sabato sarà il 14 febbraio. San Valentino, la festa degli innamorati.” Tutti cominciarono a scambiarsi sguardi in attesa di sapere dove volesse andare a parare il preside: le ragazze con trepidazione, mentre i ragazzi con un velo di panico.
“Ebbene, in via eccezionale abbiamo organizzato una visita ad Hogsmade per l’occasione.”
E si alzò un reboante chiacchiericcio.
Hermione e Ginny si guardarono elettrizzate.
“Fantastico, saranno passati mesi dall’ultima volta!” Disse Herm.
“Finalmente una bella burrobirra come si deve ai tre manici di scopa!” Esultò Ron con Seamus.
“Ronald…” Lo ammonì Hermione.
“Che c’è?” Chiese quest’ultimo ingenuamente.
 
C’era stato un grande fermento dopo l’annuncio di Silente che continuò fino all’inizio delle lezioni. Quella mattina avevano trasfigurazione con la McGranitt. Lei era con Silente quando Harry aveva riportato i Decker al castello, e non gli aveva rivolto parola da quel giorno. Si limitò solo a fissarlo per qualche secondo prima di cominciare l’argomento del giorno: gli animagus. 
 
Harry ne sapeva qualcosa. Sirius e suo padre erano animagus, e anche egli stesso aveva tentato di trasformarsi, riuscendoci dopo poco più di anno di pratica, ma lo sforzo necessario alla trasformazione e al mantenimento della propria forma animale, lo hanno portato a lasciar perdere questa pratica. Seguì comunque con interesse la lezione della professoressa, almeno per staccare per un po' dalla sua missione, dove era meglio lasciar calmare un attimo le acque. Il diario, l’anello e il serpente si trovavano nel cuore del dominio di Voldemort, e sarebbe stato sospetto se dopo Diagon Alley fossero stati attaccati anche uno di questi siti. Aveva deciso quindi di far terminare questa settimana prima di agire nuovamente.
 
A fine della lezione, mentre tutti uscivano dall’aula la professoressa McGranitt chiamò Harry.
“Sig. Sullivan, può venire qui alla cattedra gentilmente.” Harry un po' confuso fece segno a Ron ed Hermione di continuare e raggiunse la professoressa che lo fissava con il classico cipiglio.
“Mi dica professoressa.” Chiese cordialmente.
Ormai tutti gli studenti avevano lasciato l’aula ed erano rimasti loro due.
“Prego si accomodi.” Disse indicando una sedia accanto alla cattedra. Harry obbedì. “Le volevo parlare di quello che è successo ieri.” Cominciò lei.
Harry respirò a fondo e la lasciò continuare.
“Sarò franca. Mi appare molto sospetto il suo comportamento: il modo in cui è arrivato qui, le sue sparizioni, le capacità da lei dimostrate durante le mie lezioni e infine l’avvenimento di ieri pomeriggio. Certo, è stato una bella azione quella che lei ha compiuto, però capisce che molte cose non tornano. Ho chiesto al Preside delucidazioni e lui mi ha ribadito a me e al resto del corpo docenti più volte la sua fiducia in lei, ma non mi ha voluto riferire nessuna informazione. Nulla.”
Fissò negli occhi Harry per un attimo prima di continuare.
“Io mi fido del preside, e se lui si fida di lei, io farò altrettanto. Ovviamente so che lei ha un secondo fine, buono o cattivo che sia. So che lei sta mentendo a tutti noi. E se metterà in pericolo la scuola, o la vita degli studenti stessi, se la dovrà vedrà personalmente con me. Intesi?”
Harry non rispose. Ammirava la professoressa, la ammirava profondamente. Sa che, come lui, avrebbe dato la vita per proteggere la scuola. Voleva raccontarle la verità, voleva raccontarla a tutti, ma non poteva o li avrebbe messi veramente in pericolo.
“Mi dispiace professoressa. Ha ragione, su tutto. Ho un secondo fine, sto mentendo a tutti voi, e non sono chi dico di essere.” Ammise, provocando un leggero tremito nel sopracciglio della McGranitt “Non so se sia la cosa migliore, ma credo sia la cosa più giusta. Non posso dirle niente per adesso, ma arriverà presto il momento in cui saprete tutti la verità. Ma una cosa gliela posso dire.” Disse sporgendosi verso la professoressa che rimase impassibile. “Le giuro, su tutto ciò che mi è più caro al mondo, che io non metterei mai in pericolo la vita degli studenti di Hogwarts. Tutto ciò che faccio…” Disse riflettendo attentamente sulle sue parole “è per salvarvi tutti, e far fuori Voldemort una volta per tutte.” Disse con risolutezza.
La McGranitt si aggiustò gli occhiali fissandolo attentamente, come se lo stesse scrutando nel profondo. Poi annuì.
“Va bene, sig. Sullivan. Le darò fiducia. Può raggiungere i suoi compagni. Buona giornata.”
Harry le sorrise. “Grazie professoressa. Buona giornata.” E così dicendo uscì dall’aula.
 
Giunse con leggero ritardo alla lezione di Incantesimi, ma per il resto la mattinata procedette fluidamente. Poco prima di pranzo, Harry decise di far visita ai Decker in infermeria.
Con la scusa di andare in bagno prese un passaggio segreto che lo porto a due passi dall’infermeria. Aprì la porta con cautela e sbirciò all’interno.
Vide i Decker in fondo alla stanza, Sophia e sua madre erano in piedi ai piedi del letto dove era coricato il Signor Decker, mentre i due bambini sembravano dormissero sul lettino affianco. Il resto dell’infermeria era stranamente vuota. Meglio così. Harry entrò silenzioso chiudendosi delicatamente la porta alle spalle. Una volta a metà stanza, Poppy uscì fuori dal suo stanzino come una pantera a cui hanno violato il territorio. “Signor Sullivan come mai da queste parti?”
In quel momento la famiglia alle spalle di Madama Chips si accorse della sua presenza e lo salutarono sorridenti.
Sophia e sua madre si avvicinarono a lui.
“Ciao!” Lo salutò Sophia raggiante.
“Ciao! Salve signora Decker.” Contraccambiò Harry per poi rivolgersi a Poppy: “Sono venuto a trovare loro.”
“Sì glielo chiesto io.” Confermò Sophia.
L’infermiera parve pensarci su. “Mh. D’accordo. Ma solo dieci minuti.” Disse con agitando l’indice come uno schermidore con la spada.
“Nessun problema.” Rispose Harry.
“Buongiorno sig. Decker, non ci siamo ancora presentati, mi chiamo Jake Sullivan. Come sta?” Chiese Harry una volta davanti all’uomo, porgendogli la mano. Parlava a bassa voce per non svegliare i piccoli.
“Piacere mio Jake, ti prego chiamami William! Sto molto bene grazie. Dicono che mi dimetteranno questa sera.”
“Ottimo! Silente vi ha trovato un posto sicuro dove andare?”
“Sì, ha parlato di un piccolo villaggio nell’ovest del paese. Lo sapremo con precisione quando ci arriveremo. Una passaporta è prevista per domani mattina all’alba.”
“Spero possiate rifarvi una vita lì in tranquillità.” Commentò Harry.
“Ci proveremo… Ovviamente tutto per merito tuo.” Disse grato il signor Decker.
Harry sorrise leggermente in soggezione, mentre tutti lo guardavano con gratitudine e ammirazione.
“Non solo per merito mio, mi creda. Ho avuto parecchia fortuna.” Tentò di minimizzare.
“Troppo modesto…”
“Tempo scaduto!” Giunse il grido ammonitore di Poppy.
“Va bene, è meglio che vada. Se non ci dovessimo più vedere, è stato un vero piacere incontrarvi.”
“Anche per noi.”
La signora Decker e Sophia andarono ad abbracciarlo, e una volta salutati tutti uscì dalla stanza.
 
Si stava dirigendo a pranzo quando ad un certo punto il passaggio venne intralciato da un gruppo di ragazzine Tassorosso che parlavano fittamente tra loro con agitazione e coinvolgimento.
Per Harry era ormai troppo tardi per cambiare percorso perciò decise di passarci attraverso. Mai errore fu più grave.
Quando lo videro partirono gridolini acuti e risatine. Harry non capiva cosa stesse succedendo, ma l’unica cosa certa era che doveva allontanarsi da lì il prima possibile.
“Permesso” disse cercando di farsi strada “permesso per favore.”
Con la coda dell’occhio notò una ragazza dare un colpetto con il gomito alla sua compagna indicando Harry concitata.
“Permesso!” Disse spazientito prima di riuscire finalmente ad uscire da quel pantano infernale. Si girò riservando uno sguardo d’astio a tutte quante, prima di continuare per la sua strada. Cosa stava succedendo?
 
***
 
Quel pomeriggio c’era l’allenamento al campo da Quidditch, ma la bellissima giornata di sole era stata scansata da una fitta nebbia, che non permetteva di vedere ad un palmo dal naso.
“Non si vede un cazzo!” Esclamò frustrato Dean.
“Miseriaccia ha ragione! Non vedrò mai la pluffa in queste condizioni.” Convenne Ron grattandosi la testa.
“Forse dovremmo rinviare l’allenamento, Ginny.” Propose Demelza Robins.
Ginny fissò sconsolata il cielo, o almeno dove avrebbe dovuto esserci il cielo.
“Maledizione!”
“Potremmo provare con uno degli incantesimi metereologici che ci ha insegnato il professor Vitious!” Propose invece Katie Bell.
“Con un nebbia del genere è impossibile!” Rispose Dean scettico facendo calare una rassegnazione generale.
“Jake! Potresti provarci tu!” Saltò fuori d’un tratto Ron facendogli aggrottare le sopracciglia. “Perché io?” Chiese Harry perplesso.
“Perché sei il più bravo della classe… con Hermione.”
“O andiamo, è troppo anche per lui.” Disse Dean alzando gli occhi al cielo.
 
Harry lo fissò male, ma poi Ginny si avvicinò a lui, guardandolo in un modo così tenero che lo aveva da sempre conquistato. Quando stavano assieme era la carta che Ginny giocava per fargli fare tutto quello che voleva, o “per tenerlo al guinzaglio” come diceva Ron per prenderlo in giro. Era una delle tante qualità di quella ragazza, conquistarlo con un semplice sguardo.
“Ci riusciresti?” Gli chiese implorante.
Come poteva dirle di no? Dopotutto tentare non gli costava nulla. E poi se ci fosse riuscito l’avrebbe resa felice e questa era la cosa più importante.
“Posso provarci.” Disse prima di solcare il manto erboso del campo. Prese la bacchetta e si concentrò.
Nebula Absumo.” Una volta pronunciato l’incanto la nebbia si diradò lenta ma inesorabile. Era come qualcuno avesse messo una cupola invisibile sul campo. Così sbucarono gli spalti, le torri e gli anelli.
 
“Grandissimo!”
“Evvai!”
“Ottimo lavoro Jake!”
La squadra si complimentò con lui affascinata.
“Grazie.” Gli sussurrò Ginny grata. “E ora tutti sulle scope razza di sfaticati, abbiamo molto lavorò da fare!” Urlò poi severa agli altri, ma con un suo sorriso che faceva trapelare la sua felicità.
Harry prese la sua Comet 180 e con una spinta si vibrò in aria pronto ad un nuovo massacrante allenamento.
 
Terminato l’allenamento Harry e Ron si stavano cambiando negli spogliatoi maschili.
“Accidenti oggi mia sorella ci voleva proprio morti!” Esclamò Ron massaggiandosi una spalla.
“Già.” Convennero tutti un po' acciaccati.
Anche Harry era un po' dolorante. Lui era molto meno duro nell’assegnazione degli esercizi quando era capitano; in effetti Ginny sembrava più la reincarnazione di Oliver Baston. Gli vennero i brividi al solo pensiero, mentre indossava il maglione a righe arancioni e rosse della sua casa.
“Ora mi tocca anche andare a studiare per pozioni o Hermione mi ucciderà.” Disse Ron rassegnato.
“Posso venire con te? Anche io sono messo male in quella materia.” Aggiunse Dean.
“Certo. Forse Hermione concederà delle ripetizioni anche a te, ahahah. Dai andiamo. Jake vieni con noi?” Chiese Ron.
“No no andate pure. Caso mai vi raggiungo dopo.” Rispose Harry, che non voleva avere Dean nelle vicinanze. Era messo così male?
“Okay, a più tardi allora!” Lo salutò Ron uscendo e lasciandolo solo nello spogliatoio.
 
Mentre Harry riponeva la sua scopa nel capanno, gli giunse un inconfondibile profumo di fiori da campo e sentì alcuni passi soffocati dalla neve avvicinarsi alle sue spalle.
“Weasley.” Disse sorridendo senza nemmeno voltarsi.
“Come facevi a sapere…” Chiese stupita Ginny.
“Il tuo passo pesante è inconfondibile.”
“EHI! IO NON HO IL PASSO PESANTE!” Esclamò fintamente offesa la ragazza.
Harry si girò ridendo. Non una risata maligna, ma innocente e sincera, che fece addolcire Ginny. Quel ragazzo era un vero mistero per lei, a volte sembrava freddo e distaccato e altre dolce e gentile. La spiazzava.
“Dammi pure.” Disse Harry allungando la mano.
Ginny sembrò non comprendere.
“C-cosa?”
“La scopa. Non sei venuta per metterla nel capanno?” Spiegò accennando alla Scopalinda 6 che Ginny teneva in mano.
“Ah sì. Ehm, grazie…” Disse porgendogliela imbarazzata.
“Ecco fatto.” Esclamò Harry rimettendo il lucchetto al capanno.
Stava facendo buio ormai e la nebbia era diventata densissima.
“Sarà meglio tornare al castello, che dici?” Chiese Harry mentre una nuvoletta di condensa gli usciva dalla bocca e andava a fondersi con la nebbia grigiastra.
“Dovrei aspettare Dean.” Rispose Ginny guardandosi attorno.
“Dean è andato con Ron a studiare pozioni.” Disse Harry avvicinandosi “non te l’ha detto?” Chiese titubante.
“No, non me l’ha detto.” Disse amareggiata.
Reprimendo l’impulso di andare a strozzare Dean per la sua stupidità Harry accompagnò Ginny al castello.
Agitò la bacchetta creando una piccola sfera di luce celeste che gli fece strada, facendoli orientare all’interno di quella disorientante massa grigiastra. 
“Come ti stai trovando ad Hogwarts?” Chiese lei mentre risalivano su per la collina.
“Come a casa.” Rispose Harry sincero.
“Sì, per molti studenti è lo stesso.”
“Anche per te?”
“Per un certo senso sì. Certo, non sarà mai come la mia vera casa. Preferirei aiutare la mia famiglia, combattere come fanno loro. Ma mia madre è più serena sapendo che due dei suoi figli sono al sicuro, soprattutto dopo la morte di mio fratello, e quindi rimango qua.” Disse lei malinconica. Dopo averlo detto, Ginny si rese conto che Jake era rimasto indietro di qualche metro.
Fratello morto? Chi? Harry era catatonico, il discorso di Ginny gli fece rendere conto di essere stato così impegnato a combattere Voldemort da non aver mai chiesto a Ron o a Ginny della loro famiglia.
Aveva dato per scontato che stessero bene, perché dovevano stare bene, ma se non era così? Che egoista che era stato.
“Jake?” Lo chiamo Ginny, facendo fatica a riconoscerlo nella nebbia.
Harry si avvicinò lentamente.
“Scusa, è che non sapevo nulla di tuo fratello…”
Ginny abbassò lo sguardo.
“Si chiamava Percy.” Disse cupa tornando a camminare, seguita da Harry.
Percy? Merda. Per un periodo lui e Harry avevano avuto qualche alterco, per la sua fedeltà verso il Ministero, ma avevano fatto pace e Percy si era riscattato in pieno.
Gli rincresceva veramente questa notizia. Doveva saperne di più.
“Mi dispiace Ginny.” Disse Harry addolorato.
“Anche a noi.” Rispose lei.
“Come è successo?” Chiese lui “Se te la senti di dirmelo.” Aggiunse poi.
Ginny si prese un minuto prima di rispondere.
“Lui… lui… lui è stato assassinato l’anno scorso. Lavorava al Ministero della Magia, ed aiutava la resistenza come spia. Ma un giorno lo scoprirono. Hanno trovato il suo cadavere impiccato all’entrata del Ministero, con un cartello con su scritto traditore.”
Raccontò con difficoltà Ginny, ma non pianse, anche se sembrava sul punto di farlo. Ginny non piangeva mai. Harry le poso una mano sulla spalla facendola fermare.
Lei teneva il capo chinato e lui glielo alzò delicatamente con due dita, portando i loro sguardi ad incrociarsi.
Ed Harry ritornò alla guerra. Un ricordo lontano, assopito nella memoria. C’erano loro due, ma non era inverno come in quel momento, ma fine estate. Erano sulla torre uno di fronte all’altro con un meraviglioso tramonto a fargli da cornice. Un arancio vivissimo fuso ad un rosso fuoco. Ginny aveva perso praticamente tutta la sua famiglia e nei suoi occhi c’era la stessa sofferenza, lo stesso dolore che Harry vedeva adesso.
Lo sguardo di chi soffre ma che non vuole farlo trasparire all’esterno.
“Oh Ginny.” Disse prima di abbracciarla. Fu un gesto spontaneo e antico.
Ginny si irrigidì, ma lentamente si rilassò godendosi quella sensazione di protezione che le infondevano le braccia di Harry. Come se il corpo del ragazzo fosse diventato la sua armatura, il suo scudo contro il male del mondo. E lo abbracciò a sua volta. E rimasero così per diverso tempo, ma nessuno dei due voleva lasciare l’altro.
Quando si staccarono il freddo vento invernale li investì prepotentemente. E leggermente imbarazzati, senza dire niente continuarono per il loro cammino.
“Percy è sempre stato un po' particolare.” Continuò lei “la persona più pignola e rispettosa delle regole che abbia mai conosciuto. Ma era lui che mi raccontava le favole da piccola, che giocava con me, ed era con lui che mi confidavo.”
Harry sorrise al pensiero di Percy giocare con le bambole con Ginny nella sua cameretta, o a bere con lei il tè immaginario in piccole tazzine rosa.
“Sembrava una gran persona.” Commentò Harry.
“Lo era.” Confermò lei.
Ma Harry voleva sapere anche del resto della famiglia Weasley.
“E il resto della tua famiglia?” Chiese mentre varcavano il portale del castello, lasciandosi il freddo pungente alle spalle.
“Oh noi siamo numerosi. Ho altri 4 fratelli, oltre a Ron. Bill, Charlie e i due gemelli Fred e George. Io sono la più piccola… È facile riconoscerci” Disse ridendo indicando i suoi inconfondibili capelli rossi “Ora sono tutti impegnati a contrastare Tu-Sai-Chi con i miei genitori. I gemelli sono due personaggi… dovresti conoscerli.”
Harry ringraziò Merlino che gli altri fratelli di Ginny stessero bene, anche se rischiavano le proprie vite. Probabilmente facevano tutti parte dell’Ordine della Fenice ora.
“Mi piacerebbe.” Rispose mentre si fecero largo tra un gruppo di Corvonero del terzo anno. Fra i esse, notò alcune ragazze indicarlo ridacchiando e parlottando tra loro.
“Qualche problema?” Chiese Harry scocciato e minaccioso.
Loro rizzarono intimorite senza rispondere.
“Bah.”
Attraversarono l’ultimo corridoio prima della Sala Comune.
“Probabilmente aspettano di sapere con chi uscirai a San Valentino.” Gli confidò Ginny in merito al gruppo incontrato prima.
“E come mai?” Chiese Harry confuso.
“Non lo sai?”
“Cosa dovrei sapere?”
“Come posso dire… Molte ragazze qui ti trovano… attraente?” Disse lei arrossendo leggermente.
“Ah. Strano forte.” Rifletté Harry. Non si era mai ritenuto un figo, anzi tutt’altro. Non era di certo come un Cedric Diggory o un Victor Krum o anche un Seamus Finnigan. Ma chi le capiva le ragazze? E soprattutto…
“Anche tu?” Chiese provocando Ginny.
Chissà cosa pensava lei. Ma il lieve rossore che comparve sulle sue guance rispose per lei.
“Io sono fidanzata, Jake.” Rispose lei a bassa voce.
“Purtroppo.” Sussurrò Harry, facendo strabuzzare gli occhi a Ginny, “Ghirigoro” pronunciò poi la parola d’ordine il ragazzo davanti al quadro della Signora Grassa.
 
***
 
Regulus Black si massaggiò il braccio sinistro dolente dove il marchio nero gli stava ustionando la pelle. Si era attivato dieci minuti prima, mentre stava supervisionando alcune spedizioni di pozioni esplosive giunte al porto di Londra da contrabbandieri olandesi. Era il particolare modo del Signore Oscuro di convocare i suoi seguaci. Così si era immediatamente smaterializzato a Little Hangleton, fuori dal perimetro della tetra Riddle Manor. Voldemort aveva fatto erigere nei dintorni della villa un accampamento militare ospitante 450 mangiamorte, 200 ghermidori e addirittura due giganti. Questo, unito alle decine di fatture e incantesimi difensivi tra i più oscuri e antichi conosciuti posti da Voldemort stesso, rendevano il posto inespugnabile a chiunque.
Faceva fottutamente freddo quel giorno, con nuvole in cielo talmente dense da sembrare una distesa di cemento che non faceva passare neanche un flebile raggio di sole.
All’interno dell’imponente magione in pietra era consentito smaterializzarsi esclusivamente al Signor Oscuro, chiunque altro doveva per forza passare dall’accampamento, e dalle dieci guardie poste all’ingresso principale.
Regulus dopo aver superato i controlli salì lo scalone monumentale interno di marmo nero che dava al primo piano. La temperatura interna non era molto dissimile da fuori, nonostante i candelabri disseminati lungo le pareti.
Percorse un lungo corridoio austero e tenebroso con grandi vetrate gotiche che si aprivano su di un lato e un alto soffitto. I suoi passi riecheggiavano nel vano nonostante il tappetto di velluto verde scuro disteso a terra. In fondo al corridoio c’era una porta a due battenti da cui si accedeva alla stanza dove il Signor Oscuro riceveva i suoi sudditi.
Chissà perché aveva convocato solo lui. Non gli sembrava di aver fatto nulla di sbagliato. Forse voleva affidargli un altro incarico?
 
Bussò per farsi ricevere e aprì timoroso la porta.
La sala era a pianta quadrata, con grandi quadri di battaglie appesi alle pareti e uno stemma d’argento sul lato opposto raffigurante un intimidatorio teschio dalla cui bocca usciva un lungo serpente avvolto in spire. Lo stesso impresso sul braccio di Regulus. Il loro simbolo.
 
Davanti al mangiamorte, seduto su un trono di ossidiana ornato con centinaia di crani umani e figure grottesche, c’era Voldemort.
Gli occhi iniettati di sangue nella penombra lo facevano risultare ancora più minaccioso e letale, non uomo, ma demone.
“Mio signore.” Regulus si avvicinò di qualche passo per poi inginocchiarsi con riverenza “Desiderava vedermi?” Chiese con voce tremante.
“Sì, Black. È così.” Sibilò. “Mi sono giunte spiacevoli notizie: abbiamo subito un attacco a Diagon Alley due giorni fa.”
Regulus inarcò un sopracciglio sorpreso. Erano anni che nessuno attaccava più Diagon Alley, fin dalla purga del 1992, che ha visto la morte di centinaia di civili e la distruzione della città. 
“Attaccata? Chi? Chi è stato mio Signore?”
“Curioso che tu me lo chieda, Black. Si direbbe che sia stato un ragazzo.”
“Un ragazzo?”
“Sì, un ragazzo con la divisa da mangiamorte, che ha ucciso Yaxley e Selwyn e ridotto in fin di vita Jugson. Ho ordinato che venissero fatte delle ricerche sull’accaduto e risulterebbe che tu Black, fossi alla Gringott a Diagon Alley poco prima dell’attacco, mentre dovevi essere a Manchester.”
Regulus sbiancò e fissò spaventato il suo padrone.
“N-no, impossibile. È falso io non sono mai stato a Diagon Alley. È una menzogna io…” Voldemort gli fece cenno di tacere.
“Non mentire a me.” Soffiò.
“Non oserei mai. Io le giuro, le giuro che non sono mai stato lì. AHHHH-“
Regulus si contorse per terra urlando per via della cruciatus che gli era stata scagliata.
Voldemort si avvicinò all’uomo ansimante accasciato a terra.
“Cosa ci facevi a Londra?” Chiese impaziente.
“Non c… non c’ero. Mio Signore.”
Con un colpo di bacchetta il corpo di Regulus si rimise in ginocchio e alzò la testa così andando a fissare gli occhi cremisi del Signore Oscuro.
Legilimens.”
Voldemort scavò a fondo nei ricordi del mangiamorte, ripercorse le sue azioni, i gesti da lui compiuti, fino a giungere al momento dell’attacco e… scoprì che diceva il vero. Era veramente a Manchester. Ma come era… un momento. Cosa era quello? C’era qualcosa che non tornava. Nella mattina di quel giorno c’era un buco. Non c’era nulla. Come se mancasse un tassello nella sua memoria. Era stata rimossa, cancellata dall’esterno. Lo avevano obliviato… Sì, ne era certo.
Interruppe il collegamento più adirato che mai, iniziando a camminare meditabondo per la stanza.
Regulus confuso e spaventato rimase lì immobile.
“Idiota!” Urlò d’un tratto Voldemort cruciandolo sul posto.
“AHHHHH!”
“Ti sei fatto obliviare come uno stupido! Crucio!
Le grida di Regulus riecheggiarono per la villa per diversi minuti.
Una volta sfogatosi, Voldemort tornò a sedere sul suo trono.
“Incapaci. Vattene!” Ordinò a Black, che sofferente e con le ultime forze rimaste si mise in piedi e dopo aver fatto i suoi ossequi uscì zoppicando dalla stanza.
 
“Andrò a capo di questa faccenda, Nagini.” Sussurrò Voldemort all’enorme serpente appena giunto ai suoi piedi.
   
 
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