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Autore: Roanoke_Wilde    29/03/2021    1 recensioni
Prima di poterci ripensare, si rifugiò in quei pensieri che sapeva avrebbero riempito fino all’orlo la sua mente e, con un po’ di fortuna, l’avrebbero accompagnato nell’incoscienza bandendo il dolore. Quei pensieri, lo sapeva benissimo, erano l’unica cosa in grado di distrarlo dall’emicrania – ed erano l’unica cosa che si era ripetutamente ripromesso di far sparire, di seppellire, di dimenticare ogni volta che indossava il suo elmo e il suo Credo.
Avrebbe rievocato la sua casa, e chi era stato un tempo, prima della Tribù.
Avrebbe rievocato la notte in cui i suoi genitori erano morti e il suo destino di Mandaloriano era stato suggellato.
Allora, forse, avrebbe ritrovato la via per andare avanti.

[Missing Moments // Kid!fic // Introspettivo // PoV Din // Traduzione di _Lightning_]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Din Djarin, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Fan Art: shima_spoon // Graphic: _Lightning_

Capitolo 5

Da solo





 

«Un po' di brodo caldo è il massimo in cui puoi sperare quando porti un elmo tutto il giorno, eh?»

Raanan ridacchiò tra sé e, tolto l'elmo una volta chiusa la porta, inclinò la ciotola di zuppa verso la bocca. Din non reagì.

Prima, un Mandaloriano adulto li aveva intercettati fronte alla casa in cui era scomparso Raanan prima che Paz attaccasse Din – quella che adesso sapeva essere la Casa Vizsla, come il cognome di Paz – per poi fare loro strada fino a una casupola vuota ai margini del villaggio. 

Aveva poi preso da parte Raanan, così che Din non potesse sentire, e aveva discusso a lungo con lui, lasciandolo da solo con tutte le sue domande prive di risposta. Quando i due guerrieri avevano finito di parlare, Din era ormai sul punto di appisolarsi, a dispetto di ogni suo sforzo, e il sole stava tramontando. Fortunatamente, almeno, nessun altro Mandaloriano l'aveva attaccato.

Ne aveva a malapena visti altri, a dire il vero.

Poco dopo che Raanan e Din avevano riposto i loro bagagli nella casa, per poi iniziare a pensare in silenzio alla cena, lo stesso Mandaloriano di prima era tornato, offrendo loro una ciotola di zuppa a testa, spiegando poi che Din sarebbe stato presentato in modo ufficiale il mattino seguente, dopo che lui e il suo "buir" – un termine chiaramente riferito a Raanan – si fossero rifocillati e riposati.

Raanan aveva accolto la cena con entusiasmo, prendendo subito a mangiare. Din, d'altro canto, posò la propria ciotola intonsa accanto a sé, ricordando la sua ultima esperienza con la zuppa e constatando che il suo appetito stentava a farsi vivo. Si sentiva debole e fiacco – anche un po' dolorante, dopo il suo incontro con Paz. Niente gli sembrava appetibile, anche se accettò la tazza di coccio piena d'acqua che gli porse Raanan.

La loro piccola baracca era spartana e buia – resa ancor più buia dal tramonto rapido e pallido – con l'unica potenziale fonte di luce situata in un focolare invaso di cenere nell'angolo opposto a quello in cui era seduto. Il pavimento era di legno scuro e scricchiolante, ma così polveroso che avrebbe anche potuto essere di terra battuta. Non c'era alcun mobile, così Raanan si sedette sulla propria sacca per mangiare. Din non sapeva cosa ci fosse nella propria – se fosse fragile o prezioso, o chissà cos'altro – così aveva optato per sedersi a terra a scanso di danni.

Raanan non aveva detto nulla riguardo all'accendere il fuoco, preferendo apparentemente mangiare e muoversi al buio. E Din non aveva intenzione di proporre di accenderlo, anche se faceva molto freddo.

Così, rimasero seduti insieme nella luce morente, mentre Din ascoltava il suo salvatore che ripuliva la ciotola di zuppa fino all'ultima goccia. Prese a osservare le rozze pareti di legno, in cerca di qualunque cosa in grado di distrarlo dai brontolii traditori del suo stomaco e dalle domande che gli affollavano la testa.

«Hai intenzione di mangiare, vero, ragazzino?»

Din non distolse lo sguardo da un brutto bozzo che aveva appena scovato di fianco alla porta.

«Non ho fame.»

Un lieve tramestio seguì quell'affermazione mormorata, e Din deglutì quando si rese conto che Raanan gli si stava avvicinando, di certo per vederlo meglio nella penombra. Il Mandaloriano tacque, le mani sui fianchi, squadrandolo dall'alto. La sua figura era leggermente più scura rispetto all'interno della baracca, con la sagoma irregolare e torreggiante dell'armatura che incombeva su di lui.

Din ripensò ai suoi genitori, al fatto che anche loro lo avevano guardato dall'alto in modo simile, quando era nella cantina, e poi era arrivato il droide–

E poi l'ombra di Raanan, un guerriero senza volto né nome né una ragione per salvarlo.

Alzò lo sguardo verso di lui. Riuscì a distinguere un'espressione neutrale dipinta sul volto dell'uomo, che aveva la bocca tesa in una linea diritta e piatta. Quando incrociò i suoi occhi, lui inarcò un sopracciglio.

«Devi mangiare, Din. Quanto è passato? Qualche giorno? Avrei dovuto costringerti prima, ora che ci penso.»

«Non avevo fame.»

Raanan sospirò.

«Questo lo so, e non ti biasimo. Ma non farai alcun favore ai tuoi genitori se ti lasci deperire, non credi?»

Din strinse i pugni e distolse lo sguardo, con le lacrime che bruciavano agli angoli degli occhi.

Non è giusto. Non mi va di mangiare e basta.

E poi, spuntò un pensiero più nitido...

Non parlare così di amma e dada.

«Mangia. Sono serio.»

Din non rispose, si limitò a voltare la testa verso il muro.

«Bene. Se non mangi, allora ti faccio mangiare io. E penso che nessuno di noi due voglia arrivare a questo, sbaglio?»

Raanan lasciò che quel concetto divenisse chiaro, e sembrò soddisfatto solo quando fu certo che lui avesse sentito e capito che aveva ogni intenzione di mettere in atto quella minaccia, se necessario. Tornò quindi nel proprio angolo della baracca per togliersi il resto dell'armatura.

Din avvicinò con riluttanza la ciotola al volto, osservando Raanan che tentava di stipare la sua armatura rigida nella sacca relativamente piccola. Si concesse un istante per annusare l'aroma di carne che gli arrivava in lievi zaffate dalla superficie, poi prese un piccolo sorso di brodo. E poi un altro, stavolta più grande – e un altro.

Non aveva davvero mangiato per giorni e adesso gli sembrava di non riuscire a tracannare la zuppa abbastanza in fretta. Era buonissima, e lui aveva una fame tremenda – perché si era rifiutato di mangiare fino ad allora?

È quello che vorrebbero i miei genitori?

Arrivato a metà della ciotola adesso troppo piccola, l'aria fu spezzata dal suono potente di qualcuno che bussava con forza alla porta, facendola tremare in modo precario sui suoi cardini fragili. Raanan imprecò e, oltre il bordo della ciotola, Din lo vide afferrare di corsa l'elmo dal pavimento per calcarselo in testa con altrettanta foga.

E lo fece appena in tempo, perché la porta si spalancò nemmeno un intero secondo dopo che il metallo fu scivolato oltre il suo mento. Din batté le palpebre e abbassò la ciotola nel vedere che era Paz – con ancora indosso l'elmo, ma con un aspetto decisamente meno minaccioso in quella penombra, messo di fronte alla sagoma aggressiva di Raanan. Il bambino Mandaloriano, composto e impettito, porse una pila di vestiti e oggetti a Raanan.

«La Ronda della Morte e la Casata dei Vizsla estendono formalmente la loro accoglienza a te e al tuo trovatello, Mandaloriano.»

Raanan guardò dall'alto in basso il nuovo arrivato, lanciando un'occhiata di sottecchi a Din, che invece fissava apertamente Paz. Poi sospirò, accettando i doni.

«Che c'è nella sacca?»

«Sapone,» rispose Paz, con quel tono rigido che fino a un istante prima l'aveva fatto sembrare un messaggero formale adesso del tutto assente. Raanan annuì.

«Bene, uh, quindi... grazie, allora.»

Paz fissò Din, nell'angolo – o almeno, Din pensò che lo stesse fissando – e poi inclinò il capo verso Raanan.

«Questa è la Via,» disse il ragazzino, di nuovo solenne. Raanan si mosse a disagio, poi si schiarì la voce.

«Questa è la Via.»

Paz si voltò e sparì di nuovo nell'oscurità. Raanan si affrettò a richiudere la porta dietro di lui. Din osservò in silenzio l'uomo che bofonchiava qualcosa tra sé mentre spiegava i vestiti – biancheria, una maglia e un paio di pantaloni a testa – esaminandoli al buio. Strizzò gli occhi, faticando a vederli, e poi parlò di nuovo.

«È stato un bel pensiero. Non so come pretendono che ci laviamo al buio, però, quindi passerò la doccia.»

Lanciò i vestiti verso Din.

«Almeno cambiati. Magari puoi ripulirti per bene domattina.» Din lo sentì sbadigliare, anche se adesso l'oscurità era così fitta che era difficile distinguere qualcosa, a parte il vago profilo di ciò che occupava la stanza. «Io sono pronto a dormire. l'iper-lag non scherza... non penso che ci si abitui mai del tutto. Tu lo senti già, ragazzino?»

Ma Din non sapeva né di cosa stesse parlando, né gli interessava particolarmente, e gli sembrava comunque che Raanan stesse parlando tra sé, più che a lui.

Si sentiva spiacevolmente pieno dopo aver trangugiato la zuppa, e adesso che non era occupato a tenere a bada i morsi della fame non poté impedirsi di chiedersi cosa distinguesse Raanan dagli altri Mandaloriani. Gli sembrava ovvio che quelli che vivevano lì – gente come Paz, che facevano forse parte del gruppo che quest'ultimo aveva nominato prima – non si toglievano l'elmo, o almeno non di frequente.

Ma cosa importava?

E perché Raanan non era come gli altri Mandaloriani?

Perché Raanan avrebbe dovuto lasciarlo con quei Mandaloriani se non era come loro – se forse nemmeno si fidava?

Ma, di nuovo, Din non ruppe il proprio silenzio; Raanan l'aveva comunque salvato. Bastava quello. E i suoi genitori, loro...

Din lasciò che una marea nera di qualcosa che assomigliava a senso di colpa – più forte di qualunque altra volta avesse disobbedito ai suoi genitori – lo investisse, facendogli di nuovo rivoltare lo stomaco per la nausea. Mentre Raanan stendeva due coperte per terra a mo' di letto – una su ciascun lato della stanza, adiacenti ai muri – Din respirò piano e osservò e attese.

Aspettò finché le domande non sfumarono nel buco che sembrava aver inghiottito la sua voce e consumato tutti i pensieri, se non per quelli sui suoi genitori e sulla sua casa, poi si preparò per dormire.

Non molte ore più tardi, mentre Din oscillava senza volerlo tra un sonno agitato e un dormiveglia ancor più agitato, Raanan radunò le sue cose e se ne andò.


 


 

"Oh, se non fossi stato certo di vedere
la bontà dell'Eterno nella terra dei viventi!
Spera fermamente nell'Eterno;
sii forte, si rinfranchi il tuo cuore;
spera fermamente nell'Eterno.
"

[Salmi 27:13 - 14]

Tradotto da The Way Forward – Chapter 5: Alone di Roanoke_Wilde da _Lightning_  



Note della Traduttrice:

Cari Lettori,
stavolta il capitolo è molto più breve degli altri, ma non preoccupatevi: gli altri compenseranno egregiamente :')
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire, leggere e commentare: sia io che l'autrice siamo felicissime di vedere il vostro entusiasmo ♥

Alla prossima (forse anche prima del solito eheh) :D

-Light-

   
 
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