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Autore: Lodd Fantasy Factory    06/04/2021    1 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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6 Aprile 2021,

 

 

Rileggere i resoconti di Philipp Lloyd mi trasmette una strana sensazione. È un po’ come se li avessi già vissuti sulla mia pelle. Sento vicine le parole dello Sciamano Zhùt, posso immaginarmi chiaramente questo (o questa?) Ziggurat. A dirvi la verità, ne avevo solo una vaga idea. Ho sempre pensato alle classiche piramidi Azteche, con i quadratoni. Ma non è esattamente la stessa cosa, non del tutto. Si apre alla mia mente un possibile legame tra tutte queste strutture molto simili fra loro.

Ho avuto il tempo d’informarmi un po’, e pare che gli attuali studiosi le reputino una sorta di connessione con le stelle. Ne parlano anche alcuni degli studiosi che Philipp ed il Prof. Poegrim si sono portati dietro. A leggerle oggi, alcune loro teorie sono così fantasiose che fatico a crederli degli esperti; proprio per questo non ho voluto includere tutti i loro dialoghi, perché temo la comprensione del testo diverrebbe quasi comica. Ma è una cosa che vi avevo già anticipato.

Scrivo di Philipp perché mi aiuta a non pensare a Anduin.

Ho sentito che altre persone sono sparite di recente, sempre nella stessa modalità degli ultimi. Cosa sta accadendo a questo paese?

La scorsa notte, in preda allo strazio, ho avuto l’istinto di percorrere il pianerottolo e buttare giù a colpi di mazza il portone del vicino. Non si è ancora trasferito nessuno, e spero nessuno lo faccia. La mia pazienza ha però un limite, ed il lamento di quel bambino oscuro mi sta portando allo stremo dalla ragione. Voglio dare in pasto alle fiamme questo luogo! Che bruci insieme a me questo palazzo di mentecatti! Come gli riesce di dormire con tutto questo baccano?

Avorio ha provato inutilmente a calmarmi, ma non può più contenere il mio furore.

Se solo Anduin fosse qui, sarebbe più facile rispondere a questa nuova minaccia.

Dove sei Anduin?

 

Non sono riuscito a chiudere occhio, ovviamente, non sino all’alba. Il suono dei camion della nettezza urbana hanno suonato la mia ninnananna. Mi sono risvegliato dopo aver sognato Anduin. Era legata da strani stracci, il volto trasformato in una maschera di sangue, privato della pelle al punto da mettere in mostra l’ossatura. Potevo vederle l’attaccatura dei denti.

Erano stati i topi!

Potevo vedere quei piccoli bastardi fare a gara a chi le strappava il lembo di pelle più gustoso. Non aveva più guance, naso e labbra; le avevano tuttavia risparmiato gli occhi: era di certo il desiderio dell’Uomo Ombra. Lei doveva vedere: Il suo sguardo doveva perseguitarmi nei miei incubi peggiori; e la lingua, quella non avrebbero mai dovuto toccarla, per permetterle gridare il mio nome, all’infinito.

Quale orrore è convivere con i propri peccati, con i propri errori!

Come ha potuto Philipp Lloyd?

Ecco cos’è la pazzia… è dimenticarsi di essere umani, pur avendone consapevolezza. La pazzia è una degenerazione dell’animo umano; quando si tocca troppo il fondo, si smette anche di essere umani. Io, dopo quello che ho fatto, come posso reputarmi ancora tale? Sono un fallimento…

 

Mi sono compianto abbastanza.

Siete qui per udire altro che i miei vaneggi.

Torniamo al Tempio.

 

 

Andrej incedeva spedito a capo della fila. Seguirlo, dopo un po’ divenne per noi un’abitudine tale da non fermarci più a controllare che stesse seguendo il percorso segnato dai chiodi e dal filo. Si udivano i rumori distanti di picconi, che riecheggiavano nell’intera struttura come lamenti spettrali; era ben diverso per le voci, per il sangue, o per qualsiasi altro liquido che entrasse a contatto con quella superficie che sarebbe forse più corretto definire organica.

Al tatto, così come appurarono i due geologi, era morbida e pigmentata, rendendo quelle venature straordinariamente simili al tessuto umano. Ma nessun piccone aveva avuto la forza di penetrarla!

A differenza di altri templi, in questa Ziggurat dai corridoi a forma di pentagono non erano presenti affreschi, mosaici o altro che potesse definirne la cultura a cui erano legati gli inventori, o l’inventore. Ci domandammo tutti chi avesse costruito quella struttura, in che modo e con quale tecnologia?

Gli indiani, per quanto fossero un popolo straordinario, erano sprovvisti di tale ingegno; d’altro canto, è anche vero che la storia è famosa per ricordarci di come certi popoli abbiano finito per smarrire la propria tecnologia a seguito di rovinose guerre e crolli d’imperi. Nel medioevo, ad esempio, in alcuni luoghi si era del tutto perso l’utilizzo della ruota!

Il Sig. Poegrim potrebbe non avere tutti i torti […]’ Era Jean Anderson, uno dei due geologi, dalle basette folte tanto quanto le sopracciglia, i capelli biondi rasati sino a mostrare il cuoio capelluto e la faccia lunga tipica degli slavi. “Una scoperta che potrebbe stravolgere l’intera concezione della vita su questo pianeta. Forse non è la Mesopotamia, così come abbiamo creduto, ad esser stata la culla della vita. Supponiamo che, a causa delle inondazioni, i popoli originari dell’America siano stati costretti ad attraversare gli oceani. Riuscite, Signori, ad immaginate quali navi maestose per una simile impresa!?’

Anticipare a tal punto la conoscenza della navigazione?’ provò a sminuirlo il collega, Harry Collins […]; il loro dibattito sarebbe finito per spegnersi quando Andrej impose il silenzio.

Davanti a noi si apriva una stanza a forma di pentagono, con alti scalini che scendevano e salivano a partire dall’imboccatura del corridoio, restringendosi verso il centro, caratterizzati da più grandi e distinte venature pulsanti. Avremmo potuto toccarle, se solo qualcuno di noi ne avesse avuto il coraggio. Pur non condividendo i nostri pensieri, potemmo leggere sui nostri volti illuminati di verde e viola il disagio per una simile scoperta. Io – lo ricordo chiaramente – mi sentii come un bocconcino nello stomaco di un’enorme balena di pietra.

Che luogo è mai questo?’ mormorai, studiandone la bizzarra architettura. Nessun pilastro.

Innalzammo le torce, mettendo in risalto i bagliori e le pulsazioni, rivelando anche un paio di larghi fori nel soffitto – perfettamente simmetrici e sempre a forma di pentagono, laddove si restringeva l’ultimo gradino. Non vi erano altri accessi.

Un luogo dove non troveremo i nostri compagni!’ si affrettò a rispondere Harry. ‘Abbiamo seguito Andrej senza fare domande, senza più controllare il percorso. Abbiamo scelto la svolta sbagliata!’

Svolta?’ domandai, sconcertato. Come gli altri, mi ero fidato dell’architetto, ma nessun dubbio mi aveva assalito proprio in mancanza di altre alternative.

Io ho visto un secondo corridoio’ ribatté il geologo, l’unico di noi ad averlo veduto.

Abbiamo abbandonato il percorso circa cinque minuti fa’ rivelò Andrej. ‘Ho contato i passi.’ Nel dirlo, lo vedemmo incamminarsi a piccoli salti verso il centro della sala. Lo invitammo tutti a prestare maggiore attenzione, e Jean lo affiancò nella sua esplorazione.

Seppure responsabile di quegli uomini, trovai il loro coraggio fuori luogo [...]; la mia mente era ancora affollata dall’immagine della mano del povero operaio. Mi portai un passo indietro, oltre la soglia della stanza; Harry mi fu subito accanto. Il desiderio di scoperta in me era grande, ma l’avvertimento dello Sciamano aveva innescato nella mia persona una cautela in cui mi riusciva difficile riconoscermi. Il mio corpo gridava dal desiderio di essere lì con il Sig. Andrej, e al contempo avvertivo un senso di pericolo che mi spingeva a farmi da parte.

Mi concentrai sui dettagli, su quei fori nel soffitto.

A cosa erano collegati? Se solo avessimo avuto il tempo di analizzarli, piazzare delle pedane per raggiungerli, forse ci sarebbe stato possibile comprenderlo. Il destino però ci avrebbe fatto risparmiare tempo sulla tabella di marcia. E con quale sconvolgente orrore!

Mai visto niente di simile. Sembra una specie di alveare.’ disse Jean, ormai giunto al centro insieme al suo compagno di avventure, in una spiazzo di circa tre metri ‘Il pavimento sembra quasi pulsare…’

Agorà!’ esclamò con enfasi Andrej; la sua voce echeggiò come un tuono. “Al chiuso. È più corretto forse definirlo anfiteatro!’ preso dall’emozione, risalì alcuni scalini, si mise a sedere, ed appurò che la posizione fosse adeguata alla propria statura. ‘Comodo…’ commentò, ed il suo tono era ormai teatrale. ‘Presumo che questo potesse essere un luogo di raduno. […] è una Sala Grande!’

Discussioni politiche?’ ipotizzai, arrogandomi il diritto di rispondere con la stessa enfasi.

Esatto, Sig. Lloyd.’ Poi, quasi si fosse trasformato nel Professore Poegrim, chiamò in causa Collins, invitandolo ad aggiungere altro.

Io ho pensato più ad un pozzo, considerata la forma. […] Non dobbiamo dimenticare quei fori nel soffitto. Il loro impiego era forse di raccogliere acqua piovana?’

Esaminai con stupore quella sua teoria. Era sensata.

[…]

Ricordiamoci che potrebbe esserci una porta” nel riportare l’attenzione sul corridoio, sperai di ricondurre la spedizione sulle tracce del resto del gruppo. Mi premeva trovare il Professore il prima possibile.

Andrej invitò Jean a cercare eventuali segni distintivi nelle vicinanze dello spiazzo, frattanto che lui s’involava verso di me. Cominciò a frugare nei dintorni dell’accesso.

Signori!’ li richiamai a gran voce. ‘Ci sarà tempo per tornare con il resto della compagnia.’

Harry, nonostante fosse al mio fianco, protestò: ‘E se i corridoi cambiassero? Potrebbe essere la nostra unica possibilità.’

Sono a capo della spedizione, Sig. Collins. Ritengo questa sia una perdita di tempo: io vi sovvenziono; io decido l’itinerario di questa gita; io decido quando sacrificare il tempo che sto investendo in voi!’

Una stanza sacrificale…’ mormorò Andrej, scuotendomi per le spalle. ‘Eravamo così presi dall’interno, da non averne esaminato l’esterno! Abbiamo visto che i liquidi vengono assorbiti, come il sangue di quell’operaio. Sul tetto, la vetta, potrebbe esserci un altare per compiere dei sacrifici!’ Il suo entusiasmo mi fece raggelare.

Lo vidi estrarre un pugnale dalla cintura e pungersi la falange dell’anulare. Vidi la goccia vermiglia del suo sangue, scintillante del riflesso della fiamma, affondare nel pavimento quasi fosse una superficie liquida. Poi, sotto i nostri occhi increduli, il pavimento brillò in risposta, e fu come se quella goccia scorresse nelle pulsanti vene caratteristiche della stanza, risalendo sino al soffitto.

Non chiedetemi come sia possibile, considerata la nostra distanza, ma vedemmo distintamente la goccia ricadere da uno dei fori.

Aveva ora un colore verdognolo/violaceo.

Cadde sulla guancia di Jean, in tutto il suo visibile disgusto.

Poi, udimmo un lamento agghiacciante!

Era Jean! Il dolore non lo colse subito, ma gli richiese qualche attimo per accorgersi della sua guancia consumata ad opera di un acido altamente corrosivo. Cadde carponi, mentre l’acido si diffondeva anche sulla mano che si era portato a tamponare la ferita. Più sanguinava, più acido zampillava su di lui!

L’istinto ci spinse verso il corridoio. Una porta calò dall’alto, sopra di noi, portandosi via la punta del naso di Harry.”

 

Vi avevo già anticipato quanto questa parte del racconto di Philipp apparisse surreale. Quasi stesse descrivendo un altro mondo. Non ho inserito tutte le volte che ha fatto menzione al dolore che lo prendeva alla testa ogni volta che faceva per ritornare a quegli eventi, così come accadeva a me con la questione delle grotte.

Non vorrei smettere di scrivere, come al solito lasciandovi in sospeso in un momento drammatico. Ma devo andare. Sono stanco e, a furia di scrivere, mi fa molto male la schiena. Sento dolori in tutto il braccio. Non si tratta solo di trascrivere, ormai. Sono costretto a riadattare intere parti per rendere scorrevole la storia. Un lavoraccio. Cerco sempre di lavorare sinché non sento di non farcela più, così che il ricordo di Anduin possa gravare meno sulla mia coscienza.

È una cosa impossibile, lo so.

La colpa è mia.

 

 

Aggiornerò,

 

 

Philipp Lloyd

   
 
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