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Autore: Emeerery    07/04/2021    0 recensioni
"Se avesse dovuto stilare una lista dei peggiori criminali affrontati nel corso della sua carriera, Clorofilìa avrebbe scelto quello ad occhi chiusi. Diamine, anche la volta che aveva retto l’edificio pericolante sembrava una piccolezza al confronto!"
Genere: Azione, Comico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Come ogni aspetto dell’attività eroica di Cloro, la ronda notturna presentava pregi e difetti. Fra i pro rientrava sicuramente il ridotto numero di spettatori (e potenziali vittime) degli incidenti che si trovava a gestire, ma di contro l’assenza di luce solare riduceva drasticamente la sua autonomia, costringendola ad affiancarsi ad un eroe. Fino a quando il capo era stato in agenzia, ritagliava due o tre pattuglie a settimana da fare insieme, dopo il tramonto. Non che la ragazza fosse del tutto incapace di agire, semplicemente si rendevano conto entrambi che era preferibile avesse qualcuno con lei per aiutarla in caso di svenimento da ipoglicemia. L’accordo era stato tacitamente stilato e siglato, ed erano andati avanti con questa pratica per tutti gli anni della loro collaborazione. Poi il principale se n’era andato e lei aveva dovuto fare i conti con l’immenso dubbio delle notti. Continuarle o meno? Se da un lato sarebbe stato logico limitarsi ad uscire di giorno (quando era sicuramente più efficiente), dall’altro le pattuglie notturne erano quelle più ricche di interventi e richieste di soccorso, quindi più necessarie alla comunità (e remunerative per l’agenzia).
 All’inizio aveva provato ad uscire da sola, ma i risultati erano stati peggio che umilianti. Diverse volte si era trovata costretta a contattare comunque un’agenzia perché le inviassero un eroe in loco, troppo stremata per battagliare contro un nemico per più di dieci minuti. Altre erano stati i passanti stessi a chiamare le forze dell’ordine quando, rientrata l’emergenza, aveva perso i sensi.
 Così da diverso tempo aveva preso l’abitudine di organizzare le ronde notturne riferendosi agli incarichi dei colleghi. Ogni settimana si metteva d’accordo con gli eroi, scegliendo in base a giorni, zone di pattuglia e stato d’animo. L’ultima discriminante l’aveva introdotta quando, poco tempo dopo aver preso quella combattuta risoluzione, aveva incautamente accettato di affiancare Castle. Il suo spirito demoralizzato, già provato dalla situazione, si era trovato del tutto impreparato all’assalto dell’esuberante energia dell’eroe che, allegramente ignaro, l’aveva strapazzata più di un villain. Da quel momento si era ripromessa di evitare assolutamente quei colleghi eccessivamente vivaci e vitali, salvo riuscire a reperire una più che dignitosa dose di caffè forte.
 Quella notte in particolare aveva deciso di prepararsi tre caffettiere, stiparle in un thermos e sperare per il meglio. Era di pattuglia proprio con Castle, partiva armata ad ogni evenienza. Il turno le era capitato fra capo e collo quando Range[1], suo amico d’infanzia, le aveva dato buca all’ultimo. Avrebbe potuto rimanere a casa e ridurre l’orario, per una settimana non sarebbe successo niente, ma aveva voluto comunque controllare il prospetto con i turni degli altri eroi, compilato pazientemente di mese in mese. Castle era di ronda in una zona relativamente tranquilla, con ville di proprietà ed in affitto di un certo livello, al massimo c’era da aspettarsi un’effrazione (cosa per cui, a meno di abuso di quirk, non erano nemmeno tenuti ad intervenire). In fondo era da molto che non uscivano di pattuglia insieme e ultimamente l’umore della ragazza era in costante ascesa. Forse avrebbe potuto reggerlo.
 “Sono rimasto mezz’ora fermo, con la signora che sbraitava e mi colpiva con la borsa per averla fatta cadere. Gli operai non si fidavano a tirarla via, era indemoniata!” E giù a sbellicarsi entrambi.
 L’uomo le stava raccontando di un salvataggio effettuato giusto un mese prima, una vecchietta che per poco non era rimasta schiacciata da un’impalcatura pericolante. Ne parlava lieto, giulivo, come si narrerebbe di un buffo incidente sul lavoro, quando sporchi la cravatta di salsa e devi cercare in ogni modo di nascondere la macchia. Cloro annuiva e concordava, si mostrava scettica e stupita, rimproverava e rideva.
 “Gli agenti sono arrivati appena in tempo, altrimenti l’avrei spedita di nuovo a gambe all’aria.”
 “Bravo, così proteggiamo i nostri civili” riuscì a ribattere Cloro, fra una risata e l’altra.
 “Certo, bisogna proteggerli dagli eccessi! Magari la pressione…”
  Lasciò la frase in sospeso. Da oltre il recinto in muratura che si trovavano a costeggiare proveniva inequivocabile il baccano di una zuffa. Bestemmie ed insulti volavano accompagnati dal rumore d’impatto tipico di un pugno che incontra ad alta velocità uno zigomo. Altra imprecazione.
 In quel momento rasentavano uno dei muri laterali e, dal frastuono, supposero che la baruffa si stesse svolgendo nel cortile anteriore. Proseguirono a passo svelto sulla loro strada, senza bisogno di coordinarsi. Se si trattava di lavoro si capivano immediatamente, uno sguardo bastava a stabilire la tattica.
 Svoltarono l’angolo. Il cancello era chiuso e solido, un’impenetrabile parete di legno dei più resistenti, Cloro se ne intendeva. Non stettero a cincischiarsi con piccolezze legali come la violazione di domicilio, i rumori di battaglia giungevano sempre più caotici. Castle le fece da gradino, la ragazza si issò su di lui fino ad aggrapparsi al bordo dei pannelli e dare una sbirciata dall’altro lato.
 Il giardino era illuminato a giorno da faretti sapientemente distribuiti che non lasciavano spazio ad ombre, stagliando netti i confini di alberi, cespugli e persone. Al centro del cortile, tre figure si fronteggiavano, frenetici nello scambio di colpi. Due di loro (un uomo con potenziamento fisico ed una telepata) facevano muro contro il terzo, un pugile mascherato, massiccio e molto veloce. Nessuno di loro si risparmiava sull’uso di unicità e Cloro considerò distrattamente che quello aveva tutta l’aria di essere un immenso abuso di quirk da entrambe le parti, ma lo sguardo le si fissò sul contendente solitario. Steam.
 Rimase interdetta a considerare le implicazioni di quel che stava osservando: un eroe era in lotta con quelli che avevano tutta l’aria di essere cittadini comuni, in una zona in cui, per quel che le risultava, non vivevano eroi. Possibile…?
 Clorofilìa si calò silenziosamente dalla postazione, riflettendo frenetica: Steam l’aveva salvata da un cattivo (o almeno le aveva risparmiato delle fastidiosissime scottature), ma stava lottando in una villa contro quelli che presumibilmente dovevano essere i padroni di casa. Che avrebbero dovuto fare? Dargli manforte o bloccarlo e pretendere delle spiegazioni?
 Non impiegò che pochi secondi per prendere una decisione, mettere Castle al corrente della situazione e creargli un rampicante perché potesse inerpicarsi sul muro. I cittadini andavano protetti. E se Steam invece avesse avuto delle buone motivazioni… erano sempre tre eroi, se la sarebbero cavata.
 Cloro penetrò nel giardino mentre il collega si aggiungeva al mucchio, sbraitando i suoi incitamenti alla lotta e spaventando i civili che avrebbe dovuto rassicurare. Steam, invece, non mostrò turbamento, si strofinò rapidamente le braccia dalle spalle ai polsi, poi colpì.
 Dato l’effetto, fino a quel momento aveva dovuto trattenersi. Con i suoi abbondanti due metri per oltre cento chili di muscoli e baldanza, Castle non era il tipo da farsi abbattere dal primo pugno piazzato allo sterno, ed infatti resistette. Così come al secondo, al terzo e al quarto. La sorpresa aveva bloccato gli altri due sul posto, tanto che ancora non riuscivano ad attaccare l’avversario distratto, ormai al sesto colpo. Ci fu un attimo di pausa mentre Steam riprendeva a passarsi le mani sulle braccia, ma Castle non riuscì ad approfittarne. Provò a reagire, ma l’impeto del suo sfidante lo portò inesorabilmente in difesa, a cercare di parare attacchi troppo rapidi per essere evitati. Venne giù al nono, mentre Cloro posava i piedi per terra. L’eroe che l’aveva preceduta di pochi secondi era stato abbattuto, i due guardiani improvvisati erano ancora ipnotizzati e lei si trovava a fronteggiare da sola l’avversario. Che riprese col suo eccentrico cerimoniale.
 L’eroina non perse tempo ad architettare complicate strategie d’attacco. Come vide le mani dell’altro poggiarsi la prima volta sulle spalle rilasciò i suoi tralci d’arresto. Li avvolse stretti intorno al torace dell’uomo, bloccandogli le braccia a metà del movimento. Immobilizzato, l’altro provò ad opporre resistenza, divincolandosi e cercando in ogni modo di strappare i rami da quella scomoda locazione, ma Cloro si limitò a stringere ulteriormente la presa.
 Da quel momento, a descrivere gli eventi successivi, Clorofilìa si sarebbe trovata in imbarazzo. I civili finalmente si stavano riprendendo, scuotevano la testa e si avvicinavano sospettosi all’aggressore. Castle, ancora stordito dall’attacco, si tirò a sedere e fissò inebetito il contendente, cercando di capire come quel mingherlino (in realtà parecchio grosso anche lui) era riuscito ad atterrarlo. Il centro convergente dell’attenzione generale, il sedicente eroe Steam, si era nel frattempo calmato, rendendosi conto di non potersi liberare. Fino a quel punto Cloro avrebbe giurato che andasse tutto bene, anche se un insolito tremore le giungeva dai tralci.
 “Spiegati” gli ingiunse.
 Si era allenata costantemente nel corso degli anni per affinare le sue capacità percettive. Il debole senso tattile delle foglie e le vibrazioni dei rami le fornivano ormai ogni informazione dell’universo cieco con cui venivano in contatto. I movimenti oscillatorii che le arrivavano alle braccia (radice delle sue armi) le comunicavano ‘spostamenti’ muscolari, non semplici spasmi o contrazioni. Come se i muscoli del suo prigioniero stessero scivolando via dalla loro sede abituale.
 “Stai fermo e spiegati” ripeté, infondendo nella voce un tono autoritario riservato solitamente ai peggiori criminali. Ma a quel punto le cose si fecero complicate.
 Steam scivolò verso il basso, sfuggendo alla sua cattura come una saponetta umida. I rami si strinsero in aria mentre il delinquente (come ormai doveva considerarlo) sgattaiolava rasoterra nella sua direzione. Castle imprecò sonoramente quando lo vide rialzarsi e Cloro lo osservò interdetta avanzare nella sua direzione a gran velocità.
 Via via che si avvicinava la ragazza poté riconoscere nella porzione frontale dell’elmo (così come in tutte le protezioni delle giunture maggiori) la riproduzione della sezione anteriore di un treno a vapore, quella griglia fatta per resistere agli incauti animali che attraversavano le rotaie al passaggio del mezzo. Sparata verso di lei.
 D’istinto divaricò le gambe, si radicò al terreno e richiamò i tralci, preparandosi all’assalto. Ma all’intruso evidentemente occorreva solo una rincorsa. Mentre lei, con l’uomo ormai a pochi passi, tentava nuovamente la cattura, lui si accovacciò e spiccò un balzo, sorvolando le mura che circondavano la villa. Andato.
 Impiegarono qualche secondo per riprendersi dalla sorpresa. Cloro, con i tralci ormai inutili poggiati al suolo, poté sentirlo atterrare dall’altra parte del recinto e fuggire via, i passi che si affievolivano in una direzione imprecisata. L’aveva seguito con lo sguardo fino all’ultimo, al momento in cui era sparito dall’altro lato del muro.
 “Merda!”
 Si girò di scatto, in direzione di Castle. L’impropero riassumeva per sommi capi il giudizio che anche l’eroina dava a tutta la faccenda. Aveva in mente un altro paio di epiteti poco lusinghieri per l’estemporaneo incontro, ma decise di tenerli per sé. Il capo non aveva mai dato direttive particolari sull’argomento, ma lei riteneva fosse più urbano non fare uso di un linguaggio eccessivamente colorito, quindi si limitò a ripetere l’imprecazione del collega.
 “Merda, già. Come stai?”
 Scoprì che Castle stava abbastanza bene, grazie, anche se si massaggiava vistosamente lo sterno. I civili, una volta rassicurati sull’occupazione lavorativa dei nuovi venuti, spiegarono che il criminale si era introdotto nel giardino poco prima, mentre loro rientravano, e aveva iniziato ad attaccarli appena resosi conto di essere stato colto in fallo. Supponevano fosse semplicemente un ladro molto determinato.
 Clorofilìa li squadrò. Erano una coppia sulla quarantina. L’uomo, quello con l’unicità di potenziamento, era quello messo peggio, con varie ecchimosi che andavano affiorando nei tratti di pelle scoperti. La compagna sembrava solamente stanca, avendo lottato prettamente dalla distanza (aveva cercato di affrontare l’intruso scagliandogli addosso gli ornamenti del giardino, limitandosi ad oggetti leggeri).
 Non che la loro teoria non la convincesse, era solo che… non la convinceva. Non aveva alcun senso che un comune ladro avesse insistito così tanto nei suoi propositi nonostante l’arrivo dei proprietari. Considerando poi che quel malvivente due settimane prima l’aveva aiutata nella cattura di un criminale…
 Sospirò, incapace di trovarci una logica. Si accertò comunque che loro fossero effettivamente i legittimi occupanti dell’abitazione (un rapido controllo di chiavi e documenti le tolse ogni dubbio). Valutarono insieme se chiamare la polizia, ma le vittime innocenti di quell’efferato crimine ritennero di non voler essere ulteriormente disturbate. Niente danno, niente denuncia. E accompagnarono gli eroi al cancello.
 Fuori dalla proprietà Clorofilìa si affrettò a comunicare a Castle le modalità del precedente incontro con Steam.
 “Questo è strano”, convenne l’eroe. “Forse dovremmo veramente chiamare la polizia e chiedere loro di verificare.”
 “Mmh” espresse concisamente la ragazza. Chiamare le autorità era sempre una buona idea, a suo modesto parere, ma non le veniva in mente nessuno da contattare (tanto meno a quell’ora) per mettere in moto l’arcano meccanismo denominato ‘indagini’.
 “Tranquilla”, le disse il compagno, interpretando il mugugno, “ci penso io in giornata, ho qualche aggancio in centrale.”
 “Sì, beh, dovrei averli anch’io…” replicò incerta Cloro.
 “… ma lui non te ne ha lasciato nessuno” completò per lei l’eroe. “Dovresti veramente cercare di superare questa cosa, sai? Avresti bisogno di iniziare a comportarti come un’eroina indipendente, senza sentirti assillata dal suo retaggio” concluse con fare paternalistico, mentre allungava una mano a darle buffetti sulla testa.
 Clorofilìa decise di non raccogliere la provocazione. Quello era un argomento particolarmente delicato da trattare, soprattutto in presenza di Castle (la storia dell’elefante e della cristalleria probabilmente l’avevano inventata per lui e i suoi interventi a gamba tesa in questioni più complesse dell’arresto di un criminale). Certo che avrebbe avuto bisogno di un agente fidato, e in effetti un numero lo aveva, anche se il poliziotto a cui corrispondeva non aveva giurisdizione nel suo distretto, ma il punto era che lo aveva ereditato dal capo. Come la maggior parte degli aspetti eroici della sua vita.
 Sospirò prima di cambiare argomento.
 “Range mi ha detto di averti visto litigare con una manichetta dei vigili del fuoco, l’altro giorno.”
 Risero per il resto della ronda.
 
[1]  L’escursione fra due valori distinti, un minimo ed un massimo.
   
 
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